Consiglio di Stato, Sez. III, n. 119, del 15 gennaio 2014
Elettrosmog.Legittimità diniego autorizzazione ai sensi del Regolamento regionale e comunale riguardante le antenne radiofoniche

La giurisprudenza Costituzionale ha riconosciuto la sussistenza di un peculiare spazio della fonte regolamentare comunale in materia di impianti di cui trattasi, sia al fine di assicurare il corretto posizionamento urbanistico e territoriale degli impianti, sia al fine di minimizzare l’impatto delle installazioni sulle popolazioni, purché la pianificazione adottata non sia tale da impedire od ostacolare, ingiustificatamente, l’insediamento nel territorio comunale degli impianti stessi, i quali rispondono ad un interesse di carattere generale. Il comune è invece incompetente a fissare limiti di esposizione a campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dalla normativa statale di cui al d.P.R. 10 settembre 1998, n. 381, ma è competente a dettare diverse e specifiche misure (anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 36 del 2001), la cui idoneità emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori di carattere scientifico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00119/2014REG.PROV.COLL.

N. 00055/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 55 del 2012, proposto da: 
Radio Italia s.p.a.,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Mauro Amiconi e Marzia Amiconi, con domicilio eletto presso Mauro Amiconi, in Roma, viale Mazzini n. 88;

contro

- Comune di Porto Cesareo,
in persona del Sindaco pro tempore,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Degli Atti, con domicilio eletto presso Barbara Cataldi, in Roma, corso del Rinascimento n. 11; 
Antonio Falli, Claudia Giannaccari, Cosimo Migali, Carmela Caione, Cosima Rizzello, Emilia Conte e Pino Catullo,
non costituitisi in giudizio; 
Katia Pino,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Rodolfo Petrucci, con domicilio eletto presso Massimiliano Salvatore Torrisi, in Roma, via Federico Cesi n. 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA di LECCE - SEZIONE I n. 01691/2011.

Visto il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Porto Cesareo e di Katia Pino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il Cons. Roberto Capuzzi;

Udito per il Comune, alla stessa udienza, l’avvocato Bavaro su delega di Degli Atti, nessuno essendo ivi comparso per le altre parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO

La ricorrente, titolare della concessione ministeriale n. 900081 per la radiodiffusione sonora in ambito nazionale per l’emittente Radio Italia solo Musica Italiana rilasciata con d.m. 28 febbraio 1994, impugnava davanti al Tar per la Puglia, sede di Lecce, il provvedimento n. 2231 in data 19 ottobre 2007 del Comune di Porto Cesareo con cui è stata respinta l’istanza ex regolamento regionale n. 14/2006, punto H, nonché il regolamento comunale asseritamente presupposto.

Censurava tali atti sotto vari profili ed in specie lamentando:

che il comune non ha alcuna competenza in materia di controllo e vigilanza dei campi elettromagnetici;

che l’autorizzazione avrebbe dovuto intendersi accolta perché si sarebbe formato il silenzio-assenso;

che il regolamento regionale si applica solo ai nuovi impianti;

che le uniche norme che si applicano agli impianti preesistenti riguardano l’obbligo di mettersi in regola con i limiti di esposizioni alle emissioni elettromagnetiche;

che gli impianti in questione hanno carattere di pubblica utilità con possibilità di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale e che quindi non necessitano di autorizzazione paesaggistica;

che non era stata data la comunicazione di avvio del procedimento;

che l’impianto non produce irradiazioni nocive;

che il provvedimento impugnato contrasta con le concessioni assentite dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni;

che la ricorrente ha maturato un affidamento circa la regolarità dell’attività dell’impianto.

Si costituiva il Comune e spiegavano atto di intervento ad opponendum i sigg.ri Falli, Giannacari, Migali, Caione, Rizzello, Conte e Pino, rilevando come, nel corso dell’anno 2002, il traliccio su cui era posizionata l’antenna era stato innalzato sino a raggiungere l’altezza di circa 20 mt sul livello del mare e che l’impianto in questione necessitava quindi di un’autorizzazione paesaggistica, così come opposto nel provvedimento impugnato.

Il Tar respingeva il gravame con ampia motivazione.

Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la emittente radiofonica sostenendone la erroneità.

Nel giudizio si sono costituiti il Comune di Porto Cesareo e la sig.ra Katia Pino, già interventrice ad opponendum in primo grado.

Non si sono invece costituiti gli altri interventori.Sono state depositate numerose memorie difensive.

Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado la emittente radiofonica, odierna appellante, ha impugnato il provvedimento del comune di Porto Cesareo con cui le era stata negata l’autorizzazione di cui al punto H del regolamento Regionale n. 14/2006 riguardante le antenne radio adottato in applicazione della legge regionale n. 5/02, nonché il regolamento comunale asseritamente presupposto.

La emittente deduceva in primo grado la incompetenza in materia del comune, nonché la violazione e falsa applicazione di legge in relazione al codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. n. 259/03 ed al regolamento regionale n. 14/06, la carenza di motivazione e di istruttoria, l’ingiustizia manifesta e lo sviamento, nonché vari vizi procedimentali.

Il Tar, con la sentenza appellata, ha respinto il ricorso, rilevando come da un lato non potesse ritenersi formato il silenzio assenso come sostenuto dalla emittente e dall’altro fosse nel caso di specie necessaria una preventiva autorizzazione paesaggistica ai fini del rilascio della pretesa autorizzazione, dal momento che l’antenna era ubicata in un territorio sottoposto a vincolo.

2. La appellante muove le proprie argomentazioni lamentando il mancato esame, da parte del primo giudice, di tutte le censure dedotte in primo grado in violazione dell’art. 112 c.p.c. ed in specie delle censure riferite alla legittimità del regolamento adottato dal comune in materia di campi elettromagnetici e sistemi di telecomunicazione (artt. 2, 4, 5, 10, 12 e14) nonché delle censure dirette a stigmatizzare i vizi del procedimento conclusosi con la approvazione di detto regolamento, non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

L’appellante espone che, mentre in virtù dell’art. 8 della legge n. 36/2001 sono di competenza regionale, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissate dallo stato, l’esercizio delle funzioni relative alla individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti e le modalità per il rilascio delle autorizzazioni per la installazione, in capo alle province e ad ai comuni residua solo la competenza ad adottare regolamenti per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare la esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Nel caso in esame il comune avrebbe invaso la competenza riservata allo Stato ed alle regioni, prescrivendo adempimenti che non riguarderebbero specificatamente il profilo urbanistico e la minimizzazione della esposizione, ma attengono invece alla funzione di vigilanza propria dello Stato ed a quella concernente le modalità per il rilascio delle autorizzazioni propria delle regioni.

Inoltre, nonostante la normativa nazionale ed il regolamento regionale n. 14/06 differenzino in materia di adempimenti la posizione degli impianti preesistenti da quelli di nuova attivazione o successivamente modificati, il comune, in maniera illegittima, con il regolamento adottato, oltre a disciplinare la installazione di nuovi dispositivi di telecomunicazioni, ha fissato nuove regole ed obblighi di adeguamento anche agli impianti preesistenti (art.10), venendo così ad introdurre una disciplina più restrittiva rispetto a quella del legislatore nazionale e regionale, al solo scopo di ingerirsi nella tutela della popolazione da immissione radioelettriche.

Ulteriore motivo di erroneità della sentenza risiederebbe nella mancata considerazione che mentre la legislazione nazionale prevede che in caso di superamento dei limiti di esposizione debbano essere predisposti piani di risanamento e delocalizzazione da parte delle regioni, il regolamento comunale, saltando tutto l’iter del risanamento e del trasferimento nei nuovi siti, arriverebbe a sanzionare con la rimozione dell’impianto, non una effettiva violazione dei limiti di legge, ma un mero inadempimento di tipo amministrativo quale la mancata acquisizione del parere paesaggistico per un impianto come l’antenna di cui si controverte, che non determina di per sé modificazione del territorio comunale e per la quale era stata presentata istanza di sanatoria.

Inoltre, la normativa di settore posta dall’art. 4 della legge n. 223/90, come modificata dall’art. 3, co. 22, della legge n. 249/97 e successivamente dall’art. 90 del d. lgs. n. 259/2003, prevede numerose facilitazioni per superare eventuali problematiche ambientali e vincoli paesaggistici in relazione al riconoscimento della qualifica di servizio pubblico attribuita dalla legge al servizio radiofonico; l’art. 90 di tale ultimo decreto prevede infatti che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno carattere di pubblica utilità, con possibilità di essere ubicati in qualunque parte del territorio comunale essendo essi compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche.

Nella specie, nonostante il possesso in capo a Radio Italia dei legittimi titoli abilitativi, la compatibilità radioelettrica della risorsa e l’assenza di inquinamento elettromagnetico e benché l’impianto fosse preesistente alla emanazione della legge regionale n. 5 del 2002 ed al d. lgs. n. 259/03, l’Amministrazione ha sanzionato con il diniego la semplice inadempienza al precetto di deposito documentale previsto esclusivamente per impianti, non di vecchia realizzazione, ma di nuova attivazione.

La sentenza inoltre viene censurata dalla appellante nella parte in cui non ha ritenuto applicabile alla fattispecie il silenzio assenso, ritenendolo ammissibile solo ai manufatti di nuova autorizzazione pur avendo riconosciuto come pacifica la modifica apportata nel corso del 2002 al palo di sostegno del sistema radiante dell’impianto su fr. 94.100 Mhz.

3. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità dell’appello sollevate dai resistenti, in quanto lo stesso si rivela infondato.

In punto di fatto deve sottolinearsi che l’immobile, sul cui lastrico solare sorge l’antenna della società appellante, è posto all’interno di un’area soggetta a vincolo paesaggistico di cui al d.lgs. n. 42/04 imposto dal D.M. 20.02.1968 e che nel 2002 l’antenna, già esistente dalla fine degli anni ottanta, è stata oggetto di una modifica, che l’ha portata ad una altezza prossima a venti metri sul livello del mare, senza che venisse richiesto alcun titolo edilizio e paesaggistico.

Come è stato rilevato in giurisprudenza, per le antenne di telecomunicazioni assumono valore determinante non la natura e la finalità della struttura, ma la dimensione e l'impatto dell'opera.

Si è affermato che, in una ottica generale, l'installazione di una antenna di una stazione radioelettrica di limitata consistenza non costituisce trasformazione del territorio comunale agli effetti delle leggi urbanistiche ed edilizie e non necessita di un titolo edilizio più di quanto ne necessitino le antenne televisive poste sui tetti delle case, ma tutto ciò risulta valido solo là dove ci si trovi di fronte ad impianti di modeste dimensioni mentre a fronte di tralicci o antenne di notevoli dimensioni, la realizzazione di simili manufatti, in relazione alla loro obiettiva consistenza, richiede un titolo edilizio e se del caso la autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato, V, n. 4391 del 2003).

3.1. Nel caso in esame non è dubbio che l’antenna in questione, diversamente da come argomenta la ricorrente, dovesse essere assentita con titolo edilizio attesa la sua funzionalità permanente, le sue caratteristiche ( essendo stabilmente infissa sul lastrico solare di un edificio di proprietà di terzi ) e la sua rilevante altezza, tutte circostanze sostanzialmente non smentite dalla appellante.

3.2. Fatta tale precisazione in fatto, la Sezione rileva che col primo motivo la società ricorrente indulge in una ricostruzione complessiva del sistema normativo in materia, sia di fonte nazionale che regionale, per giungere ad affermare la illegittimità della normativa regolamentare comunale che avrebbe invaso campi riservati alla legislazione di altre autorità, stigmatizzando, nel contempo, un vizio di ultrapetizione della sentenza appellata, che non avrebbe esaminato tali censure, pur dedotte in primo grado.

3.3. Al riguardo occorre osservare che l’interesse della appellante è limitato alla sola impugnativa delle norme direttamente rilevanti nella fattispecie ed applicate dal comune in sede di adozione del contestato provvedimento di diniego ( da qualificarsi piuttosto come atto di verifica negativa ), mentre non viene dichiarato, né si evince diversamente, l’interesse della appellante alla caducazione di quelle parti della disciplina regolamentare comunale non direttamente rilevanti nel giudizio; conseguentemente non appaiono pertinenti le questioni di carattere generale, sulle quali si dilunga la appellante in ordine alla esatta identificazione dei poteri comunali e regionali in materia.

3.4. In ordine a tali poteri, è sufficiente peraltro sottolineare che la giurisprudenza costituzionale (Corte Cost., n. 303/2003) ha riconosciuto la sussistenza di un peculiare spazio della fonte regolamentare comunale in materia di impianti di cui trattasi, sia al fine di assicurare il corretto posizionamento urbanistico e territoriale degli impianti, sia al fine di minimizzare l’impatto delle installazioni sulle popolazioni, purché la pianificazione adottata non sia tale da impedire od ostacolare, ingiustificatamente, l’insediamento nel territorio comunale degli impianti stessi,i quali rispondono ad un interesse di carattere generale.

Il comune è invece incompetente a fissare limiti di esposizione a campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dalla normativa statale di cui al d.P.R. 10 settembre 1998, n. 381, ma è competente a dettare diverse e specifiche misure (anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 36 del 2001), la cui idoneità emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori di carattere scientifico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3.6.2002, n.3095).

3.5. Con riferimento agli impianti radiofonici e venendo al punto nodale della causa, sottolineato che vertesi in materia di atto di “diniego” emesso all’esito del procedimento previsto dalla lett. H del Reg. reg. n. 14/2006 ( che, in applicazione della L.R. n. 5/2002, prevede la presentazione, da parte dei soggetti gestori degli impianti di telecomunicazione e radiotelevisione, di una “istanza di verifica della compatibilità dei limiti applicabili”, ai cui fini l’art. 12, comma 2, della legge prevede la presentazione al Comune ed all’ARPA di una perizia giurata con le indicazioni di cui all’art. 9, comma 1, che prevede tra l’altro l’inquadramento territoriale dell’area interessata con riferimento alle aree vincolate ), non può essere messa in dubbio la rilevanza della mancanza della autorizzazione paesaggistica posta dal Comune alla base del diniego impugnato (la cui necessità è stata poi condivisa dal Tar), così come non può seguirsi la tesi della appellante, pure rigettata dal Giudice di primo grado, in ordine alla pretesa formazione nella fattispecie del silenzio assenso.

4. Quanto a tale ultimo aspetto si ricorda che, in generale, la disciplina del silenzio assenso, ai sensi dell’art. 20, co. 4, della legge n. 241 del 1990, è inapplicabile agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico.

In ogni caso, la formazione del silenzio assenso presuppone che la domanda sia corredata di tutta la documentazione prevista dalla normativa di settore, non implicando detto meccanismo procedimentale alcuna deroga al potere-dovere della amministrazione pubblica di curare gli interessi pubblici nel rispetto dei principi fondamentali sanciti dall’art. 97 Cost. ed implicando quindi siffatta disciplina che l’amministrazione sia posta nella condizione di verificare la sussistenza di tutti i presupposti legali per il rilascio della autorizzazione (Cons. Stato, Sez. V, 1.4.2011, n. 2019).

Si aggiunga più nello specifico che il silenzio-assenso, di cui all'invocato art. 87, co. 9, del d. lgs. n. 259 del 2003, non è applicabile al caso di manufatti già realizzati, come è desumibile dal co. 10 dello stesso art. 87, il quale rende evidente che la fattispecie autorizzativa (anche) silenziosa è riferibile esclusivamente ad opere che "devono essere realizzate" e quindi, appunto, non già edificate (Cons. Stato, sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6276); deve dunque concludersi sul punto che al procedimento ex lett. h) cit. non si applica l’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 87 cod. comunic. e di cui all’art. 8 della l.r. n. 5/2002, che riguardano i nuovi impianti..

4.1. Nel caso in esame, è indiscusso che l’antenna era preesistente, essendo stata installata nel 1989 e modificata nel 2002; quindi, in applicazione dei principi sopra riportati, non può ritenersi che il mancato diniego nel termine di formazione del silenzio assenso possa aver comportato l’accoglimento dell’istanza di verifica.

4.2. Nemmeno è condivisibile la affermazione della appellante in ordine alla non necessità di un’autorizzazione paesaggistica nella sede procedimentale di cui si tratta, fondata sul rilievo che le strutture di telecomunicazioni non sono soggette alle prescrizioni urbanistico-edilizie e quindi neanche alla preventiva autorizzazione paesaggistica in virtù dell’art. 86, co. 3, del Codice delle comunicazioni elettroniche, che, assimilandole alle opere di urbanizzazione primaria, riterrebbe prevalente l’interesse alla diffusione del servizio radio rispetto alla tutela del vincolo paesaggistico.

4.3. È da rilevare in proposito che la stessa disciplina del d. lgs. n. 259/2003, con l’art. 86, co. 4, nel prevedere espressamente che “restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490”, fa salve le disposizioni a tutela dei beni culturali e paesaggistici, con la logica conseguenza che qualora, come nel caso in esame, l’impianto risulti collocato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, è necessario richiedere una preventiva autorizzazione paesaggistica, la cui mancanza è rilevabile, da parte dell’ente comune preposto alla verifica di compatibilità di cui si tratta, in ogni tempo ed a maggior ragione in sede di esame della relativa istanza presentata dall’interessata.

Ed infatti, come anche rilevato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la mancanza del parere concernente la compatibilità paesaggistica o storico artistica deve ritenersi legittimo motivo di reiezione della richiesta di autorizzazione alla installazione o al mantenimento della stazione radio (Cons. Stato, VI, 3.12.2009, n. 7566).

Si noti ancora che la illegittimità esiste indipendentemente dal momento della realizzazione dell’antenna, perché la previsione normativa che sottopone qualsiasi trasformazione del territorio a preventivo rilascio della autorizzazione paesaggistica risale al 1939 ed il vincolo che incide sull’area in questione è stato imposto con DM 202.1968 (anche se l’area non é soggetta al Piano Urbanistico Territoriale Tematico, c.d. PUTT, Paesaggio, approvato dalla Regione Puglia con delibera di G.R. n.1748 del 15.12.2000), mentre l’antenna è stata realizzata nel 1989 e portata alla attuale consistenza nel 2002 senza che nessuna autorizzazione paesaggistica sia stata mai richiesta ed ottenuta.

La incompatibilità paesaggistica dell’impianto, posta a base del predetto atto di verifica negativa, risulta dunque correttamente evocata dal Comune ( sulla base delle norme statali e regionali, sì che non viene affatto in considerazione il pur discusso regolamento ) sulla base delle vedute disposizioni della L.R. n. 5/2002 ( cui è da aggiungere la disposizione dell’art. 14, comma 4, che, nel fare “salvi i pareri regionali e le autorizzazioni comunali relativi alla installazione degli impianti e apparecchiature rilasciati fino alla data di entrata in vigore della presente legge”, presuppone che detti impianti abbiano avuto le necessarie autorizzazioni - fra le quali nel caso di specie quella paesaggistica – e che la loro esistenza sia accertata in sede di “verifica” ai sensi della lett. H del Regolamento ) e del Relativo Regolamento, così come dell’art. 86, comma 4, del D. Lgs. n. 258/2003, che testimonia del fatto che la tutela dei valori paesaggistici non è recessiva rispetto all'esercizio delle radiotrasmissioni e telecomunicazioni.

Nel caso di specie, come s’è detto, l’impianto di cui trattasi risulta insediato in zona di particolare pregio paesaggistico/ambientale, soggetta a vincolo paesaggistico, espressivo di un interesse altior nella gerarchia dei valori in giuoco.

Né può indurre a diversa conclusione la circostanza che il predetto art. 86, al comma 3, stabilisca che le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria; tale disposizione, infatti, nell'assimilare le stazioni radio base ad opere di urbanizzazione primaria, afferma la compatibilità delle stesse a qualsiasi destinazione urbanistica (in termini Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4557), senza produrre peraltro alcun effetto sul vincolo paesaggistico.

Si noti infine che l’atto di verifica impugnato lascia impregiudicata per la emittente la possibilità della delocalizzazione dell’impianto in zona non sottoposta a vincolo paesaggistico; richiesta, questa, che la appellante risulta avere avanzato con istanza che è in corso di esame; ed invero, ai sensi dell’art. 14 della legge regionale, l’esito di non adeguatezza comporta la presentazione da parte del soggetto gestore di un piano di risanamento.

Pertanto non appaiono pertinenti le considerazioni svolte dalla appellante in ordine alla definitiva rimozione dell’impianto quale effetto del diniego impugnato, che in ogni caso non impinge sulla legittimità dell’atto stesso.

5. In conclusione l’appello, come s’è detto, non merita accoglimento.

6. Spese ed onorari del giudizio, in relazione alla peculiarità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensati tra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Cacace, Presidente FF

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore

Dante D'Alessio, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)