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Nel plenum del 9 giugno 2005 il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato, all'unanimità, una delibera concernente i criteri di utilizzo, presso gli uffici di Procura, del personale di polizia giudiziaria.
La pratica aveva tratto origine da notizie di stampa del luglio del 2004 relative ad una nota del Ministero della Giustizia riguardo ad un dedotto improprio uso, nelle segreterie delle Procure della Repubblica, di personale delle Sezioni di polizia giudiziaria.
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Nella delibera approvata si afferma testualmente che la nota in questione, a firma del Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, con cui si sollecitava l'osservanza delle disposizioni ministeriali, "portava in allegato, in modo inopportuno e ingiustificato, una missiva anonima che in alcuni passaggi assurge a livello di vera e propria delegittimazione della funzione giudiziaria ed il cui contenuto ebbe, purtroppo, una non imprevedibile amplificazione attraverso gli organi di stampa che ne riferirono".
Quanto al merito delle indicazioni si rimanda alla delibera in questione (riportata di seguito) ove viene sviluppata un'analisi su funzioni ed incombenze di carattere amministrativo e funzioni ed incombenze più propriamente attinenti all'attività di indagine, nonché sulla difficile individuazione di esatti e certi confini ed, ancora, sui concorrenti poteri del capo dell'Ufficio e del singolo sostituto procedente.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 9 giugno 2005, ha adottato la seguente delibera:
«Con nota del 26 novembre 2002 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia ha investito il Consiglio superiore della magistratura della questione relativa ai limiti di utilizzazione del personale componente la Sezione di polizia giudiziaria, ed in particolare se ad esso possano essere conferite, e in quale misura, incombenze di natura amministrativa che rientrano, in via ordinaria, fra i compiti delle segreterie.
Agli atti della procedura consiliare sono presenti alcuni ordini di servizio dei dirigenti gli uffici di procura della Repubblica che attribuiscono espressamente al personale della sezione incombenze di carattere amministrativo. Sono acquisite, altresì, le circolari del Ministero della giustizia, Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria, datate 21 novembre 2002 e 22 gennaio 2003, che contengono inviti e raccomandazioni affinché il personale delle sezioni sia destinato a compiti di polizia giudiziaria, motivando tale indicazione con preoccupazioni di ordine finanziario e contabile, alla luce di richieste avanzate da alcuni addetti alle sezioni di corresponsione dell'indennità prevista dalla legge in favore del personale amministrativo dell'amministrazione della giustizia.
Ciò premesso, la circolare del 2003 non sembra raccomandare un'assoluta esclusione di compiti diversi, esprimendosi essa nel senso che le funzioni di polizia giudiziaria debbono considerarsi quelle ordinarie e prevalenti, ma riconoscendo la possibilità, ai sensi dell'art.59, comma 3, c.p.p., che gli appartenenti alla sezione in via ordinaria "non possono essere distolti dall'attività di polizia giudiziaria, se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono", e possono ricevere una "diversa e marginale utilizzazione" con riferimento a compiti di altra natura.
Con nota del 20 luglio 2004 alcuni consiglieri chiesero l'apertura di una pratica volta a valutare i riflessi della missiva con cui il Capo del Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia sollecitava i procuratori generali presso le corti di appello ad una adeguata vigilanza circa l'utilizzazione del personale delle sezioni di polizia giudiziaria, allegando una missiva anonima pervenuta al Ministero in cui si segnalavano asseriti contrasti fra le prassi esistenti e il quadro normativo in vigore.
Le due pratiche sono state riunite e vengono qui trattate congiuntamente
1. Sembra necessario affrontare il tema dei limiti di utilizzazione del personale delle sezioni di polizia giudiziaria muovendo dalla premessa che esso si pone essenzialmente sul terreno delle esigenze e delle prassi di organizzazione degli uffici ed è stato assai poco esaminato sul piano dottrinario e dell'esegesi delle norme, così come ha assunto minimo rilievo nelle pronunce della giurisprudenza.
A tal proposito, come evidenziato nel parere dell'Ufficio Studi del Consiglio n.50/05 del 21 febbraio 2005, si segnala che nessuno spunto rilevante sembra emergere dall'esame della giurisprudenza amministrativa sviluppatasi a seguito del contenzioso originato dai ricorsi diretti ad ottenere in favore del personale delle sezioni di polizia giudiziaria l' indennità giudiziaria corrisposta al personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie ai sensi della legge 22 giugno 1988, n.221. Dopo iniziali oscillazioni da parte dei Tribunali amministrativi, le richieste di riconoscimento dell'indennità hanno trovato risposte negative da parte del Consiglio di Stato.
Tali decisioni, tuttavia, si limitano ad evidenziare la differenza dei compiti di istituto del personale addetto alle sezioni rispetto all'attività svolta dal personale amministrativo, e la conclusione negativa si fonda su tale elemento, senza esaminare, evidentemente perché non dedotte, situazioni ibride, in cui a compiti di polizia giudiziaria si affianchino anche incombenze di carattere amministrativo.
Se, dunque, una indicazione può giungere dalla giurisprudenza è esclusivamente quella che, in via di principio, può essere definita una netta distinzione e separazione
tra le attività di polizia giudiziaria e le attività amministrative che si svolgono all'interno degli uffici di Procura.
2. Le disposizioni di legge in materia sono rinvenibili all'interno del codice di rito (in particolare gli articoli 55-59) e nelle disposizioni di attuazione e di coordinamento (artt.5-20).
Le prime, collocate nella parte del Titolo III dedicata ai "soggetti" del processo, definiscono i compiti della polizia giudiziaria (art.55) ed individuano coloro che ne sono titolari, avendo cura di distinguere "i servizi di polizia giudiziaria" e gli "altri organi" cui sono demandati per legge compiti di indagine dalle "sezioni" istituite presso ogni procura della Repubblica (art.56). Per tutti opera il principio generale secondo cui l'attività di polizia giudiziaria è svolta "alla dipendenza e sotto la direzione dell'Autorità giudiziaria" (art.56). Si tratta di disposizione centrale nel sistema processuale perché posta a diretta attuazione dei principi fissati dagli artt.101, 109 e 112 della Costituzione e destinata a sottrarre da condizionamenti esterni le iniziative d'indagine e le attività dei magistrati.
Tale rapporto di stretta dipendenza funzionale viene rafforzato per gli appartenenti alle sezioni di polizia giudiziaria istituite con la legge che introdusse il nuovo codice di procedura penale e ridisegnò i compiti dei magistrati del pubblico ministero. Gli artt.58 e 59 sottolineano tale specificità: il comma 3 dell'art.58 prevedendo che " L'autorità giudiziaria si avvale direttamente del personale delle sezioni a norma dei commi 1 e 2 e può altresì avvalersi di ogni servizio o altro organo di polizia giudiziaria " e l'art.59 stabilendo che le sezioni di polizia giudiziaria dipendono dai magistrati che dirigono gli uffici presso i quali sono istituite (comma 1) e che coloro che vi appartengono non possono essere distolti dall'attività giudiziaria se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono (comma 3). Tale ultima disposizione sottrae sul piano funzionale il personale delle sezioni agli obblighi nascenti dalla gerarchia dell' amministrazione di appartenenza.
L'allentamento dei vincoli di dipendenza gerarchica viene rafforzato dalle norme di attuazione e di coordinamento del codice che disciplinano lo stato giuridico e la carriera del personale delle sezioni, riservando particolari competenze e poteri al Procuratore Generale ed al Procuratore della Repubblica in materia di valutazione professionale, di promozioni e di trasferimenti. In particolare, l'art.10, comma 3, disp att. espressamente esonera il personale delle sezioni, "quanto all'impiego, dai compiti e dagli obblighi derivanti dall'Amministrazione di appartenenza non inerenti alle funzioni di polizia giudiziaria, salvo che per casi eccezionali o per esigenze di istruzione e addestrative, previo consenso del capo dell'ufficio presso il quale la sezione è istituita ".
Si può conclusivamente osservare che se il sistema prevede per il personale addetto alle sezioni una chiara attenuazione del vincolo con l' amministrazione di appartenenza, funzionale ad evitare interferenze di tipo gerarchico sull'attività svolta dalle sezioni alle dirette dipendenza dell' Autorità giudiziaria, nel contempo il legislatore non ha inteso configurare le sezioni come corpi separati e autonomi di polizia alle esclusive dipendenze del pubblico ministero.
3. Appare evidente che il quadro normativo così sintetizzato non sembra contenere indicazioni risolutive ai fini della risoluzione del quesito. In tale contesto assume rilevanza la lettura coordinata del comma 3 dell'art.59 c.p.p. e del comma 3 dell'art.10 disp.att.. Quest'ultima disposizione prevede che l'impiego del personale delle sezioni in incarichi non di polizia giudiziaria possa essere ordinato soltanto in casi eccezionali o per esigenze di istruzione e di addestramento e sempre previo consenso del capo dell'ufficio giudiziario presso il quale la sezione è istituita. Seppure con riferimento ad attività richieste dall'amministrazione di appartenenza, la norma dimostra che gli addetti alla sezione, sia pure alle condizioni stabilite dalla legge, possono essere impiegati in compiti ed obblighi non inerenti a funzioni di polizia giudiziaria. A sua volta, l'art.59, comma 3 citato, dettato esclusivamente per le sezioni, prevede che "Gli appartenenti alle sezioni non possono essere distolti dall'attività di polizia giudiziaria se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono a norma del comma 1", e cioè dal magistrato che dirige l'ufficio presso il
quale sono istituite. Come si vede, anche tale disposizione consente la destinazione del personale ad attività non di polizia giudiziaria, e questa volta lo fa con espresso riferimento alle attività interne all'ufficio di procura della Repubblica.
Merita evidenziare che entrambe le disposizioni formulano un espresso rinvio ai poteri organizzativi e decisori del magistrato che dirige l'ufficio giudiziario, poteri di ordine generale e non riferibili all'ambito di applicazione dell'art.58, co.2 c.p.p. che, nel prevedere che la "autorità giudiziaria si avvale direttamente del personale delle sezioni", opera un riferimento al singolo procedimento ed alla funzione del sostituto quale magistrato designato per la trattazione. In effetti, la Relazione al codice di procedura penale del 1988 al riguardo precisa che "Il potere di disporre della polizia giudiziaria fa capo ai singoli magistrati cui è affidato il processo e non all'ufficio giudiziario cui appartengono i magistrati e al loro dirigente".
Se, dunque, il potere del dirigente dell'ufficio di "distogliere" il personale assegnato alla sezione dai compiti esclusivi di polizia giudiziaria non può operare con riferimento al singolo procedimento, la disposizione di legge può essere letta esclusivamente come diretta a disciplinare le funzioni generali di istituto assegnate alle sezioni.
Risulta in tal modo evidente che, al pari di tutti gli altri agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, anche per il personale assegnato alle sezioni le funzioni di polizia giudiziaria non hanno carattere di assoluta esclusività ed è possibile la destinazione di quel personale a compiti diversi su disposizione del dirigente dell'ufficio giudiziario.
4. Rimane a questo punto la questione di quali siano i compiti o gli incarichi non di polizia giudiziaria che possono essere affidati al personale assegnato alle sezioni.
Si è visto poco sopra, esaminando congiuntamente l'art.10, comma 3 disp.att. e l'art.59,co.3 c.p.p. che la seconda disposizione opera con riferimento a compiti interni all'attività dell'ufficio di procura della Repubblica e diversi da quelli previsti dalle amministrazioni di appartenenza. Per la destinazione del personale delle sezioni a compiti interni diversi da quelli di polizia giudiziaria, l'art.59 richiede una espressa "disposizione del magistrato", mentre per il loro impiego in attività presso le amministrazioni di appartenenza occorre il mero "consenso" rispetto alla richiesta avanzata dai vertici di tali amministrazioni.
Una volta affermato che l'art.59 c.p.p. prevede che il magistrato che dirige l'ufficio di procura della Repubblica possa dare disposizioni (di ordine generale e non riferite al singolo procedimento) affinché il personale assegnato alla sezione sia destinato a compiti diversi da quelli di polizia giudiziaria, una interpretazione sistematica del quadro normativo sembra comportare che a detto personale possano essere attribuiti compiti ausiliari a sostegno delle attività istituzionalmente svolte dall'ufficio, e dunque anche compiti che rivestono natura amministrativa. In tal senso si sono orientati i magistrati dirigenti che, preso atto delle carenze di organico dell'ufficio e delle difficoltà organizzative che ne conseguono, hanno interessato il Consiglio superiore della magistratura con le note sopra menzionate.
A questo proposito merita osservare che tra i compiti ordinariamente attribuibili alla polizia giudiziaria nell'ambito delle indagini sono ricomprese, in quanto strettamente finalizzate allo svolgimento e alla prosecuzione delle indagine stesse, anche attività coincidenti con tipici atti amministrativi di competenza delle segreterie o di altri soggetti ausiliari; a titolo di esempio, possono ricordarsi la ricezione di nomina del difensore, la notificazione, la convocazione, l'invito a presentarsi davanti al magistrato. Né va dimenticato che non vi sono ragioni per escludere che il personale delle sezioni possa essere destinato a svolgere attività di raccordo tra le indagini delegate ai servizi territoriali e i necessari adempimenti operati dall'ufficio di procura della Repubblica con riferimento ai procedimenti in corso ed alla loro gestione documentale.
Avendo riguardo alle attività amministrative che possono essere attribuite al personale assegnato alle sezioni, appare evidente che l'art.59 c.p.p., utilizzando il verbo "distogliere" e richiedendo un espresso provvedimento del magistrato dirigente, introduce consapevolmente una eccezione rispetto ai compiti ordinari che restano quelli di polizia giudiziaria. Ne consegue che le attività amministrative eventualmente svolte dal personale delle sezioni di polizia giudiziaria debbono avere carattere ausiliario e secondario rispetto a quelle proprie e ordinarie previste dalla legge e non possano assumere una rilevanza ed una sistematicità che si pongano nei fatti in contrasto con quel carattere e diventino tali da snaturare il ruolo e le funzioni tipiche che giustificano la presenza organica del personale di polizia giudiziaria all'interno degli uffici giudiziari..
5. Così ricostruito il quadro normativo, anche in considerazione delle ricordate circolari emanate negli anni 2002 e 2003 dal Dipartimento dell' organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia, è data esauriente risposta anche agli interrogativi sollevati circa le disposizioni interne e le prassi in vigore negli uffici di procura della Repubblica dalla nota del 16 luglio 2004 del Capo Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria, citata in premessa, che in modo inopportuno e ingiustificato portava in allegato una missiva anonima che in alcuni passaggi assurge a livello di vera e propria delegittimazione della funzione giudiziaria ed il cui contenuto ebbe, purtroppo, una non imprevedibile amplificazione attraverso gli organi di stampa che ne riferirono.»