Cass. Sez. III n. 26526 del 2 luglio 2008 (Ud. 20 mag. 2008)
Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Maccatrozzo
Rifiuti. Recupero (responsabilità)

L\'autorizzazione al recupero non esclude la responsabilità della ditta ricevente a titolo di concorso per le attività di intermediazione o di trasporto di rifiuti non autorizzate poste in essere da coloro i quali forniscono i rifiuti da trattare. Sussiste in capo alla ditta ricevente, infatti, l\'obbligo di controllare che anche coloro che si propongono come intermediari siano debitamente autorizzati e, qualora tale doverosa verifica sia omessa, il detentore risponde quantomeno a titolo di colpa, per inosservanza delle regole di cautela imprenditoriale, della contravvenzione di cui all\'art. 51 comma primo del D.Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 256 DLgs 152-06.

Con la sentenza in epigrafe il tribunale di Padova, sezione distaccata di Este, condannava Maccatrozzo Ferruccio alla pena di euro 16.000 di ammenda per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 51 co. 1 lett. a) D.L.vo 22/97 per avere quale rappresentante legale della ditta Mac Beton spa concorso o comunque colposamente cooperato al recupero non autorizzato di rifiuti ricevendo dalla ditta Barbetta srl un prodotto miscelato di ceneri leggere di carbone e cemento utilizzato per la produzione di conglomerati cementizi in Garanze dall’agosto 2004 al gennaio 2005.
Il tribunale, accogliendo la prospettazione dell’accusa, riteneva, infatti, che il prodotto proveniente dalla ditta Barbetta costituiva ancora rifiuto in quanto le ceneri leggere ricevute da alcune centrali termoelettriche gestite da Cafaro spa, ASM Brescia ed ENEL spa, non erano state impiegate per la realizzazione di conglomerati in cemento bensì di un prodotto intermedio che, come tale, doveva essere considerato ancora rifiuto; che la Barbetta srl svolgeva principalmente attività di autotrasporto; che era sprovvista di impianti per realizzare conglomerati di cemento, disponendo, invece, solo di silos nei quali miscelava le ceneri con cemento e che era autorizzata unicamente ad utilizzare le ceneri per realizzare conglomerati in cemento.
In sostanza, dunque, l’attività di cessione di conglomerati cementizi documentata dalle fatture in atti era fittizia in quanto il prodotto ceduto era solo la miscela polverosa di cenere e cemento.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato il quale deduce:
1) Erronea valutazione dei fatti e delle prove sulla responsabilità dell’imputato, violazione dell’art. 51 D.Lgs. 22/1997; carenza e contraddittorietà della motivazione, non risultando in atti la prova che il materiale commercializzato non rappresentasse un conglomerato cementizio;
2) Erronea valutazione dei fatti e delle prove sulla responsabilità dell’imputato, violazione dell’art. 51 D.Lgs. 22/1997; dell’art. 110 cod. pen.; carenza e contraddittorietà della motivazione; violazione dell’art. 192 cpp avendo lo stesso tribunale riconosciuto a pag. 3 della sentenza che la Mac Beton che opera nel settore del calcestruzzo era autorizzata ad acquistare ceneri per la propria attività d’impresa;
3) Insussistenza del reato per carenza dell’elemento psicologico avendo il teste Favaro confermato che l’imputato, nonostante la qualifica di legale rappresentante della società, non si interessava dell’approvvigionamento dei cantieri avendo delegato tale funzione a personale dipendente;
4) Eccessività della pena e carenza di motivazione sul punto;
5) Contraddittorietà della motivazione per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche;
6) Mancata applicazione dell’indulto di cui alla L. 24 1/06.

Motivi della decisione
Il ricorso non è fondato e va, pertanto, rigettato.
1) Per quanto concerne il primo motivo la sentenza impugnata si spende con motivazione logica ed esaustiva per dimostrare che la ditta Barbetta non aveva in realtà alcun impianto per la produzione di conglomerati cementizi e che, in realtà, l’unica struttura rinvenuta dalla PG era rappresentata da silos nei quali si provvedeva esclusivamente a miscelare le ceneri con il cemento.
2) La questione posta con il secondo motivo non tiene adeguatamente conto, evidentemente, delle motivazioni del provvedimento impugnato. Alla pag. 5, si evidenzia, infatti, che l’accusa orbita sulla circostanza che la ditta Barbetta, ad onta di quanto risultava dalle autorizzazioni, non produceva conglomerati cementizi ma si limitava ad effettuare una attività di intermediazione (e di trasporto) dei rifiuti in questione non autorizzata. E’ a queste condotte - espressamente vietate anche dall’art. 256 D.Lgs. 152/06, - che la sentenza ha dunque riguardo ed è rispetto a tali attività specifiche che va rapportata l’esistenza del concorso o della cooperazione colposa nel reato.
Non rileva, pertanto, nel concreto che la ditta Barbetta fosse autonomamente autorizzata al recupero dei rifiuti, essendo altra e diversa l’ipotesi di accusa.
L’autorizzazione al recupero non esclude, infatti, la responsabilità della ditta ricevente a titolo di concorso per le attività di intermediazione o di trasporto di rifiuti non autorizzate poste in essere da coloro i quali forniscono i rifiuti da trattare. Sussiste in capo alla ditta ricevente, infatti, l’obbligo di controllare che anche coloro che si propongono come intermediari siano debitamente autorizzati e, qualora tale doverosa verifica sia omessa, il detentore risponde quantomeno a titolo di colpa, per inosservanza delle regole di cautela imprenditoriale, della contravvenzione di cui all’art. 51 comma primo del D.Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 256 D.Lgs. 152/06.
Va peraltro aggiunto che nella specie anche la sussistenza del concorso nel reato appare adeguatamente motivata dal giudice di merito che al riguardo correttamente evidenzia che sui documenti di trasporto e sulle fatture si faceva fittiziamente riferimento alla cessione di conglomerato cementizio; che al momento della ricezione del “prodotto” proprio per le caratteristiche dell’operazione non veniva compilato il formulario dei rifiuti; che nelle comunicazioni inviate alla Provincia di Venezia la Mac Beton si era limitata ad indicare che la cenere proveniva dall’ENEL la quale la ricavava dalla centrale termica di Fusine.
3) Quanto sopra vale anche a confutare le argomentazioni poste alla base del terzo motivo di ricorso.
4) Correttamente appare motivata attraverso il richiamo all’art. 133 cod. pen. la quantificazione della pena.
5) Appare adeguatamente motivata con riferimento all’esistenza di un precedente specifico la mancata concessione delle attenuanti generiche.
6) Infine l’applicazione dell’indulto può essere rimessa alla fase dell’esecuzione.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.