Consiglio di Stato Sez. III n.4557 del 28 ottobre 2016
Rifiuti.Interdittiva antimafia e delitto di traffico illecito di rifiuti

Il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso al traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006, costituiscono, già di per se stessi, ragioni sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al malaffare e, sempre più di frequente, al concreto pericolo di infiltrazioni delle associazioni criminali di stampo camorristico (segnalazione Avv. M. Balletta)

Pubblicato il 28/10/2016

N. 04557/2016REG.PROV.COLL.

N. 03655/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3655 del 2016, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro dell’Interno, e dall’U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del Prefetto pro tempore, entrambi rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Lorenzo Lentini (C.F. LNT LNZ 57A19 H703F), con domicilio eletto presso l’Avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 00600/2016, resa tra le parti, concernente informativa interdittiva antimafia



visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2016 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per le Amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti e per -OMISSIS- l’Avvocato Lorenzo Lentini;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. -OMISSIS-, in proprio e quale legale rappresentante di -OMISSIS- (di qui in avanti, per brevità,-OMISSIS-), ha impugnato in un precedente giudizio avanti al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, l’informazione antimafia interdittiva prot. n. 16659, Cat. 12b.16/ANT/AREA 1^, emessa dalla Prefettura di Caserta il 3 aprile 2014 a carico suo e della società, deducendo, anche con motivi aggiunti, una serie di vizi attinenti alla violazione del d. lgs. n. 159 del 2011, all’eccesso di potere e alla carenza di motivazione, e ne ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento.

1.1. Nel primo grado di quel giudizio si è costituito il Ministero dell’Interno per resistere al ricorso, di cui ha chiesto la reiezione.

1.2. Il primo giudice, disposti incombenti istruttori, ha dapprima accolto l’istanza cautelare proposta dagli appellanti con ordinanza n. 967 dell’11 giugno 2014, con riserva di approfondire nel merito le doglianze dedotte nel ricorso e nei motivi aggiunti.

1.2. Infine, con la sentenza n. 389 del 22 gennaio 2015, il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto appello -OMISSIS- e-OMISSIS-, con ricorso rubricato al R.G. n. 896/2015, e ne hanno chiesto, previa sospensione, la riforma.

2.1. In tale giudizio si sono costituiti avanti a questo Consiglio di Stato il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Caserta per resistere all’appello.

2.2. La Sezione, con l’ordinanza n. 1014 del 5 marzo 2015, ha respinto l’istanza cautelare, proposta dagli appellanti ai sensi dell’art. 98 c.p.a., rilevando che esse stesse avrebbero potuto ovviare al pregiudizio lamentato chiedendo l’aggiornamento dell’informativa ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011.

3.-OMISSIS-, uniformandosi alle indicazioni contenute in tale ordinanza, ha proposto il 24 marzo 2015 un’istanza di aggiornamento alla Prefettura di Caserta.

3.1. La Prefettura di Caserta, con provvedimento prot. n. 31408 del 2 giugno 2015, ha confermato la informativa antimafia interdittiva precedentemente emessa.

4. Tale nuovo provvedimento è stato impugnato da-OMISSIS- avanti al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, con un nuovo ricorso, introduttivo del presente giudizio, nel quale essa, lamentando ancora una volta la violazione del d. lgs. n. 159 del 2011 e l’eccesso di potere, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, della nuova informativa avente effetto ancora interdittivo.

4.1. Si sono costituiti nel primo grado del giudizio il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Caserta per resistere al ricorso.

4.2. Il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, con la sentenza n. 600 del 29 gennaio 2016, ha accolto il ricorso ed ha annullato l’informativa.

5. Avverso tale sentenza hanno proposto appello il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Caserta e ne hanno chiesto, previa sospensione, la riforma.

5.1. Si è costituita la società appellata, con articolata memoria difensiva depositata il 17 giugno 2016, per chiedere la reiezione dell’appello.

5.2. Nella camera di consiglio del 23 giugno 2016, fissata per l’esame della domanda di sospensione, la causa, anche per la sua connessione con il giudizio R.G. n. 896/2015 dianzi menzionato, è stata rinviata insieme con questa, per la sollecita trattazione del merito, alla pubblica udienza del 13 ottobre 2016.

5.3. In tale udienza il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

6. L’appello proposto dal Ministero dell’Interno è fondato e va accolto.

7. Occorre ripercorrere brevemente, per chiarezza d’analisi, i fatti salienti del presente giudizio.

7.1. La Prefettura di Caserta, con la prima informativa del 3 marzo 2014, ha recepito e fatto propri, ai fini interdittivi antimafia, gli elementi a carico di-OMISSIS- emersi nel corso delle investigazioni dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze sul conto di -OMISSIS-, ritenuto vero dominus e gestore di fatto della società, e di altri imprenditori, indagati per l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006, oltre che per quella di truffa aggravata, nell’esecuzione delle opere per la realizzazione del nodo di Firenze della linea ferroviaria dell’alta velocità.

7.2. Il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, con la sentenza n. 389 del 2015, come si è accennato, ha ritenuto tali elementi idonei a sorreggere la valutazione di infiltrazione mafiosa compiuta dalla Prefettura di Caserta.

7.3.-OMISSIS-, che ha impugnato tale sentenza, anche per impulso dell’ordinanza cautelare n. 1014 del 2015 emanata da questo Consiglio nel giudizio di appello contro detta sentenza, ha proposto medio tempore alla Prefettura di Caserta una istanza di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011.

7.4. La Prefettura di Caserta ha emanato una nuova informativa positiva, ad effetto, cioè, interdittivo, nei confronti della società, confermando il precedente giudizio di tale permeabilità mafiosa dell’impresa e ritenendo ininfluenti gli elementi di novità addotti da-OMISSIS- nella propria istanza di aggiornamento.

8. Con la sentenza qui impugnata, la n. 600 del 2016, il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, accogliendo il nuovo ricorso proposto dalla società, ha annullato la seconda informativa, in quanto:

- lo stralcio della posizione processuale di -OMISSIS-, ritenuto dominusdella società appellata, indagato con altri soggetti in un procedimento penale per la ipotizzata violazione, tra l’altro, dell’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 (traffico illecito di rifiuti), costituirebbe un elemento di novità, rispetto all’originario impianto motivazionale della prima informativa antimafia, sul quale la Prefettura non avrebbe specificamente motivato in sede di aggiornamento (p. 6 della sentenza impugnata);

- l’esistenza di rapporti “non buoni” con la -OMISSIS-, ritenuta dalla prima informativa quale decisivo elemento di collegamento della -OMISSIS- con il -OMISSIS-, secondo quanto emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche del 28 settembre 2011, e l’assenza della necessaria connotazione mafiosa sia negli illeciti penali per i quali -OMISSIS- risulta indagato sia nelle frequentazioni di quest’ultimo riscontrate dalle forze di polizia con altri soggetti con lui coindagati dimostrerebbero la mancanza o, comunque, il venir meno di qualsivoglia motivato pericolo di infiltrazione mafiosa (pp. 6-7 della sentenza impugnata).

9. Le motivazioni del primo giudice non sono condivisibili.

9.1. Diversamente da quanto ha ritenuto il T.A.R. per la Campania, anzitutto, occorre ribadire, in sintonia con la ormai consolidata giurisprudenza di questo Consiglio sul punto (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 21 dicembre 2012, n. 6618; Cons. St., sez. III, 28 aprile 2016, n. 1632), che il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso al traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006, costituiscono, già di per se stessi, ragioni sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al malaffare e, sempre più di frequente, al concreto pericolo di infiltrazioni delle associazioni criminali di stampo camorristico.

9.2. Non a caso, infatti, l’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011 prevede che le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa, che danno luogo all’adozione dell’informativa, sono desunte, tra l’altro, dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio o che recano una condanna, anche non definitiva, per taluni dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p., tra i quali figura, espressamente, il delitto previsto dall’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006.

9.3. Né rileva che, nel caso di specie, la Prefettura di Caserta abbia tratto detti elementi da un decreto di perquisizione disposto dalla Procura della Repubblica D.D.A. di Firenze a carico di -OMISSIS- e non da uno dei provvedimenti tipici di cui all’art. 84, comma 4, lett. a), citato, poiché il Prefetto può acquisire anche elementi diversi ed ulteriori da altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale, inquirente o giudicante, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, come la Sezione ha già chiarito nella sentenza n. 1743 del 3 maggio 2016, alle cui motivazioni il Collegio, per obbligo di sintesi, qui si richiama.

9.4. L’autorità prefettizia, quindi, legittimamente assume o desume elementi indiziari di infiltrazione mafiosa nell’impresa anche dal decreto di perquisizione disposto dal p.m., laddove dalle motivazioni di tale decreto emergano fatti o anche valutazioni del materiale investigativo raccolto nel corso delle indagini, da parte del p.m., aventi una valenza sintomatica di detta infiltrazione, alla stregua del criterio del “più probabile che non”.

9.5. Nel caso di specie, sul piano fattuale, ciò è senz’altro avvenuto, perché nel decreto di perquisizione si legge che «è stato accertato dai Ros che il conferimento di questi rifiuti aveva una unitaria regia, ove le ditte smaltitrici si dividevano in pieno accordo i quantitativi, risultando in realtà solo apparenti smaltitori, ma di fatto gestendo tutta l’attività di raccolta, trasporto e smaltimento in discarica, la ditta -OMISSIS-, gestita da -OMISSIS-, che in concreto è risultata avere quasi il monopolio del trasporto e del movimento terra dell’appalto» e che «la figura del -OMISSIS- e della impresa -OMISSIS- è risultata, da accertamenti svolti e da fonti di prova acquisite in atti, strettamente collegata ad ambienti della criminalità organizzata di tipo camorristico e in particolare ai -OMISSIS- e alla -OMISSIS-».

9.6. Si tratta di elementi assai rilevanti, ai fini dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, e di valutazioni indubbiamente gravi, effettuate dalla competente Direzione Distrettuale Antimafia sulla base degli accertamenti svolti, elementi e valutazioni, posti a base del provvedimento interdittivo perché sintomatici, secondo la logica del “più probabile che non” (Cons. St., sez. III, 3 maggio 2013, n. 1743), dell’inquinamento mafioso, che non possono ritenersi in alcun modo superati da quelli addotti nell’istanza di aggiornamento, come ha correttamente ritenuto il Prefetto nell’informativa prot. n. 31408 del 2 giugno 2015, qui impugnata.

9.7. Quanto allo stralcio della posizione di -OMISSIS- rispetto a quella degli altri indagati, che sono stati rinviati a giudizio, correttamente l’informativa ha rilevato, infatti, che si tratta di un elemento neutrale rispetto alle motivazioni sottese alla precedente interdittiva, peraltro confermata dalla sentenza n. 389 del 2015 del T.A.R. per la Campania, per quanto oggetto di impugnazione avanti a questo Consiglio.

9.8. Lo stralcio della posizione processuale di -OMISSIS-, che può essere determinato dalle più varie esigenze processuali e dalle più diverse strategie investigative soprattutto in procedimenti penali, come quello in esame, con numerosi indagati, non costituisce certo un provvedimento che elide o smentisce, in alcun modo, gli elementi e le valutazioni contenute nel provvedimento di sequestro e posti a base del provvedimento interdittivo, poi riconfermato dalla Prefettura di Caserta.

9.9. Nei confronti di -OMISSIS-, anche attualmente, non risulta essere stata richiesta l’archiviazione da parte del p.m. né essere stato emesso dall’autorità giudiziaria penale alcun provvedimento avente efficacia anche lato sensu scagionante.

10. Tanto basta a sorreggere, sul piano motivazionale, il nuovo provvedimento interdittivo emesso dalla Prefettura, non essendovi elementi che consentano di ritenere mutato il grave quadro indiziario posto alla base della prima informativa.

10.1. Tali non sono certo, a differenza di quanto ha ritenuto il T.A.R., i contenuti dell’intercettazione telefonica tra -OMISSIS- e la sorella -OMISSIS-, avvenuta il 28 settembre 2011 (doc. 6 fasc. parte appellata), dai quali non è possibile desumere, come fa la sentenza impugnata, che i rapporti tra -OMISSIS- e la -OMISSIS- non siano buoni o, addirittura, siano recisi e/o venuti meno per il solo fatto che -OMISSIS- abbia posto all’incasso tre assegni emessi da -OMISSIS- per l’acquisto delle quote della -OMISSIS-, pure gestita dalla -OMISSIS-.

10.2. L’irritazione mostrata nel corso della telefonata da -OMISSIS- per l’incasso degli assegni emessi per ingenti importi, senza essere stato preavvisato, non dimostra affatto che i rapporti tra la -OMISSIS- e la -OMISSIS- siano venuti meno, ma anzi conferma che tali rapporti vi sono stati, peraltro in riferimento ad altra società, -OMISSIS-, pur sempre riconducibile alla -OMISSIS-.

10.3. La nota informativa del Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente del 17 maggio 2012 (doc. 5 fasc. parte appellata), sulla quale più volte la difesa dell’appellata, nella propria memoria, insiste al fine di dimostrare l’assenza di legami tra-OMISSIS- e le organizzazioni criminali, pur essendo precedente agli elementi investigativi posti a fondamento del successivo e sopra richiamato decreto di perquisizione, sottolinea al riguardo, comunque, l’esistenza di un’altra nota informativa, secondo cui la improvvisa cessione delle quote della-OMISSIS- da parte di -OMISSIS- coincide temporalmente con l’incriminazione del di lui figlio, -OMISSIS-, definito come contiguo all’organizzazione del -OMISSIS-.

10.4. Quanto alla natura delle condotte e delle frequentazioni contestate a -OMISSIS-, svalutate dal T.A.R. perché non aventi sicura connotazione “mafiosa”, si è detto che il delitto di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 è invece uno dei delitti-spia previsti dall’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, e nel caso di specie dalle motivazioni del decreto di perquisizione si evince, sulla base degli elementi raccolti nelle investigazioni, che -OMISSIS- sarebbe il “regista” dell’intera operazione, coordinando gli altri imprenditori coindagati, in compagnia dei quali, infatti, è stato trovato dalle forze di polizia.

10.5. È irrilevante, infine, anche la circostanza, erroneamente valorizzata dal primo giudice, che nella richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli altri coindagati non sia stata contestata l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. n. 152 del 1991 o il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., poiché la valenza sintomatica del delitto di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 ben può prescindere e prescinde, nella stessa astratta valutazione del legislatore, dalla contestazione di tale aggravante o della stessa associazione di stampo mafioso.

11. In conclusione, per tutte le ragioni vedute, l’appello proposto dalle Amministrazioni è fondato e deve essere accolto, sicché, in integrale riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso proposto in primo grado da-OMISSIS-.

12. Ulteriori elementi di novità, realmente significativi, potranno essere rappresentati dall’impresa alla Prefettura in una eventuale nuova istanza di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011.

12.1. Va qui ribadito, infatti, quanto di recente la Sezione precisato, che è in tale sede e, cioè, in quella procedimentale finalizzata all’aggiornamento, fondamentale punto di snodo nella disciplina di questa materia, che la pretesa rilevanza degli elementi sopravvenuti deve essere esaminata dalla Prefettura ai fini di un eventuale aggiornamento c.d. liberatorio dell’informativa (Cons. St., sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4121).

13. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza di-OMISSIS- e sono liquidate in dispositivo.

13.1. Rimane definitivamente a carico dell’appellata anche il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado.

13.2.-OMISSIS- corrisponderà, altresì, anche il contributo unificato prenotato a debito dall’Amministrazione appellante.

13.3. L’istituto della prenotazione a debito infatti, se per un verso esenta la pubblica amministrazione dal pagamento degli importi delle imposte e delle tasse – ivi compresi quelli afferenti al contributo unificato – che gravano sul processo, assolve, altresì, alla funzione, sotto il profilo amministrativo-contabile, di evitare che di detta esenzione possa giovarsi la controparte in caso di soccombenza (v., ex plurimis, Cass., sez. VI - Lav., 3.11.2015, ord. n. 22439; Cons. St., sez. III, 6 giugno 2016, n. 2401).

13.4. Nella ipotesi cui la parte privata è soccombente, come quella presente, la stessa è dunque tenuta al pagamento, in favore dell’erario, delle spese prenotate a debito, analogamente a quanto sarebbe avvenuto nei confronti di qualsiasi altra parte vittoriosa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado da -OMISSIS-

Condanna -OMISSIS- a rifondere in favore del Ministero dell’Interno le spese del doppio grado di giudizio, che liquida nel complessivo importo di € 7.000,00, di cui € 2.500,00 per il primo grado ed € 4.500,00 per il secondo grado, oltre gli accessori (spese generali, IVA e CPA) come per legge.

Pone definitivamente a carico di -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo grado nonché il contributo unificato prenotato a debito dal Ministero dell’Interno per la proposizione dell’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del d. lgs. n. 196 del 2003, a tutela dei diritti o della dignità delle parti interessate, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, la -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2016, con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere