Consiglio di Stato Sez. IV n. 6137 del 14 luglio 2025
Rifiuti.Obblighi di bonifica
La bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell'inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando l'istituto della bonifica è stato introdotto nell'ordinamento giuridico, ove gli effetti dannosi dell'inquinamento permangano al momento dell'adozione del provvedimento
Pubblicato il 14/07/2025
N. 06137/2025REG.PROV.COLL.
N. 04461/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4461 del 2023, proposto dalla società 2I Rete Gas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Prati, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, piazza Bertarelli, n. 1;
contro
il Comune di Verbania, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Edoardo Giovanni Giuffria, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maurizio Piero Zoppolato in Roma, via Properzio, n. 5;
la Provincia del Verbano Cusio Ossola, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Botasso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maria Chiara Alladio in Verbania, corso Europa, n. 12;
nei confronti
dell’Arpa Piemonte, della signora Antonietta Da Prati, della società Acqua Novara Vco S.p.a. e del signor Verdelli Mario, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 242 del 2023 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Verbania e della Provincia del Verbano Cusio Ossola;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2025 il Cons. Eugenio Tagliasacchi e viste le conclusioni delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe, la società 2I Rete Gas S.p.a. ha impugnato la sentenza n. 242 del 2023 del T.a.r. Piemonte, con cui è stato respinto il ricorso dalla medesima proposto per l’annullamento della determinazione n. 2280 del 29 dicembre 2021 della Provincia del Verbano Cusio Ossola recante l’accertamento della responsabilità dell’anzidetta società, unitamente al Comune di Verbania, per l’inquinamento storico di un’area sita nel territorio del Comune stesso, denominata “ex Gasometro”, utilizzata in passato per la produzione del c.d. gas di città, con il conseguente ordine di procedere, ai sensi dell’art. 244, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, alla bonifica e al ripristino dello stato dei luoghi, nonché per l’annullamento degli ulteriori atti e provvedimenti indicati nella sentenza impugnata.
2. In punto di fatto, occorre premettere che, nel corso di alcune indagini ambientali avviate nel 2016 nell’ambito della progettazione di un nuovo parcheggio comunale multipiano sull’area dell’ex Gasometro, il Comune di Verbania ha rilevato la presenza di una possibile contaminazione dei luoghi e, conseguentemente, è stato avviato il procedimento per l’indagine ambientale del sito, ai sensi dell’art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 ed è stato altresì approvato il piano di caratterizzazione, oltre all’analisi del rischio sanitario e ambientale sito-specifica e al progetto di bonifica in relazione all’area identificata al catasto terreni, foglio 70, mappale 305/parte, 370, 368, 369 e 308.
In particolare, l’inquinamento risulta riconducibile alla produzione del gas di città o gas illuminante, che è stata esercitata nel Comune di Verbania, nel periodo intercorrente tra il 1873 e il 1954, dapprima da parte dell’impresa Henry De Thierry e della Società Anonima Officina del Gas Molteni e, a decorrere dal 1923, da parte della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini.
In questo contesto, la Provincia del Verbano Cusio Ossola, con nota prot. n. 37193 del 27 dicembre 2018, ha notificato alla 2I Rete Gas S.p.a., quale avente causa della società responsabile dell’inquinamento in relazione al periodo tra il 1923 e il 1956, la comunicazione di avvio del procedimento volto all’emissione dell’ordinanza ex art. 244, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, precisando che gli obblighi di bonifica avrebbero dovuto gravare nella misura “del 50% sul Comune di Verbania (intervento sostitutivo ex art. 250 del D. Lgs. n. 152/06 (….) e in quota parte nella misura del 50 % su 2i Rete Gas S.p.A.”.
L’amministrazione, infatti, non ha individuato i successori dell’impresa Henry De Thierry e della Società Anonima Officina del Gas Molteni ma ha ritenuto, per contro, che l’anzidetta attività inquinante sia imputabile alla società 2I Rete Gas S.p.a. quale successore universale della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini, alla quale risulta materialmente riferibile in via diretta l’inquinamento storico per il periodo tra il 1923 e il 1956.
L’anzidetta società – con la nota del 21 gennaio 2019 – ha presentato le proprie osservazioni e deduzioni ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990, facendo presente, in primo luogo, la rilevanza del ruolo rivestito dal Comune nella gestione dell’impianto di produzione del gas di città, trattandosi di un’attività affidata in concessione e, come tale, secondo la 2I Rete Gas S.p.a., “soggetta al potere di controllo e/o direzione dell’ente concedente”.
In secondo luogo, con la medesima nota, è stata contestata la circostanza che la 2I Rete Gas S.p.a. sia “il successore universale del soggetto in quota parte responsabile della potenziale contaminazione del sito (Società Anonima Officina ed Esercizi Affini)”, in quanto avrebbe assunto esclusivamente la gestione del servizio di erogazione del gas metano nell’anno 1967, tramite fusione per incorporazione della società Padana Gas S.p.a., in un’epoca, dunque, significativamente successiva alla cessazione della produzione del gas di città.
La Provincia ha, pertanto, coinvolto nel procedimento anche il Comune di Verbania e, all’esito dell’istruttoria, ha comunque adottato l’ordinanza ex art. 244, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, ordinando alla 2I Rete Gas S.p.a. di procedere alla bonifica “in quota parte determinata nella misura del 38% dei conseguenti oneri, considerati gli adempimenti e le azioni in capo al Comune di Verbania inerenti il medesimo sito” e di presentare al Comune di Verbania il piano della caratterizzazione esteso all’intera area interessata dalla contaminazione.
3. A fronte dell’adozione di tale ordinanza, la 2I Rete Gas S.p.a. ha proposto al T.a.r. Piemonte il ricorso introduttivo del presente giudizio, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza medesima e degli ulteriori provvedimenti meglio individuati in atti.
4. Con la sopra menzionata sentenza n. 242 del 2023, il T.a.r. Piemonte ha puntualmente ricostruito le vicende relative al sito in questione, ritenendo che venga in rilievo un’ipotesi di inquinamento storico, dal momento che la contaminazione, come già rilevato, risulta riconducibile all’attività di produzione del gas di città esercitata nel periodo intercorrente tra il 1873 e il 1954, in epoca antecedente dell’utilizzo del gas metano.
Ad avviso del giudice di primo grado, più precisamente, gli accertamenti compiuti dall’amministrazione avrebbero dimostrato come il soggetto che ha esercitato l’attività inquinante dal 1923 fino al 1954 sia da individuarsi nella Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini, la quale avrebbe cessato la produzione del gas di città soltanto nel 1954, avendo iniziato, in quell’anno, a erogare il servizio di distribuzione del gas metano, proseguendo tale attività fino al 1967.
Tali circostanze sarebbero pacifiche e non contestate, sicché, in tale arco temporale, l’attività inquinante sarebbe imputabile esclusivamente alla sopra richiamata società, poi incorporata nella società Padana Gas S.p.a., a sua volta incorporata in 2I Rete Gas S.p.a..
Conseguentemente, ad avviso del giudice di primo grado, nella vicenda oggetto del presente giudizio, dovrebbero trovare applicazione i principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 22 ottobre 2019, n. 10, secondo cui, in caso di fusione per incorporazione, gli obblighi di bonifica gravanti sull’attività della società responsabile del danno si trasferiscono alla società incorporante, sicché quest’ultima è tenuta a risponderne ex art. 2504-bis, comma 1, c.c., trattandosi di un’ipotesi riconducibile agli “obblighi delle società estinte”, secondo la disposizione all’epoca vigente, ovvero delle “società partecipanti alla fusione”, secondo l’attuale tenore della disposizione, in conformità altresì col principio cuius commoda eius et incommoda.
Sulla base di tali considerazioni, pertanto, il Tribunale ha respinto il ricorso.
5. Avverso tale sentenza ha proposto appello la società 2I Reti Gas S.p.a., formulando cinque motivi di gravame.
5.1. Con il primo motivo, l’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto che non avesse alcun rilievo la circostanza, prospettata nel ricorso introduttivo del giudizio, che la Società Padana Gas S.p.a. avesse incorporato la Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini in un momento in cui quest’ultima era solo una “scatola vuota”, poiché il Comune era già subentrato nella proprietà degli impianti inquinanti e nell’attività data in concessione.
Secondo l’appellante, il T.a.r. avrebbe omesso di considerare “le peculiarità della fattispecie” rispetto alla generalità delle fusioni societarie, dal momento che dal 1873 al 1966 il Comune sarebbe stato l’unico titolare del servizio pubblico e l’unico “controllore” in situ del concessionario che ha prodotto il gas di città, mentre la società Padana Gas S.p.a. si insediò nell’area soltanto nel 1967, per effetto della fusione per incorporazione della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini e il successivo conseguimento dell’appalto del servizio pubblico di erogazione del gas naturale, trattandosi, dunque, di un momento successivo alla dismissione della diversa attività di produzione del gas di città, intervenuta nel 1954 e successivo altresì a quello in cui il Comune aveva riacquisito la proprietà degli impianti inquinanti e la gestione diretta del servizio, ossia dopo che il Comune aveva estinto il precedente rapporto concessorio e aveva determinato il trasferimento all’amministrazione delle opere realizzate dal concedente e dei connessi servizi.
Nella fattispecie in questione, pertanto, ad avviso dell’appellante, non vi sarebbe stata alcuna continuazione dell’impresa originaria e della relativa organizzazione aziendale da parte della società Padana Gas S.p.a., proprio perché, al momento della fusione, l’attività data in concessione era già rientrata nella piena ed esclusiva disponibilità del Comune concedente, che l’aveva riacquisita per poi trasferirla nuovamente “purgata dalle responsabilità afferenti alla precedente gestione”.
Sotto il profilo sostanziale, pertanto, sarebbe il Comune a dover essere considerato il successore del concessionario che, per suo conto, aveva prodotto il gas di città per quasi un secolo.
Sotto un diverso profilo, sempre nel contesto del primo motivo di gravame, l’appellante ha censurato la parte della sentenza in cui il T.a.r. ha ritenuto di non dover attribuire alcuna rilevanza all’asserita etero-direzione dell’attività da parte del Comune, la quale, per contro, sarebbe dimostrata dal fatto che la concessione aveva imposto puntualmente alla Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini le condizioni di somministrazione del gas rispetto alle “materie prime da impiegarsi nella produzione del gas e sistema di fabbricazione”, “approvvigionamenti” e “requisiti del gas”, riservandosi il “diritto di visitare l’Officina (…) (e, ndr) di verificare (…) lo stato di manutenzione e di conservazione degli impianti” e, in tal senso, l’appellante ha richiamato gli artt. 4, 5, 7 e 15, del “Rinnovo Concessione Officina Gas Convenzione del 30 giugno 1934 con la Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini” - Allegato A, alla delibera di approvazione della Convenzione di rinnovo (doc. 16 del fascicolo di primo grado).
Pertanto, dall’asserita etero-direzione del Comune, il T.a.r., in applicazione del principio “chi inquina paga”, avrebbe dovuto far discendere l’integrale responsabilità del Comune – quale soggetto autore della contaminazione – anche con riferimento all’inquinamento verificatosi nel periodo tra il 1923 e il 1954.
Da ultimo, l’appellante ha rilevato che anche nel caso in cui si ritenesse che una quota di responsabilità debba comunque gravare sulla società Padana Gas S.p.a., quale successore della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini, la Provincia del Verbano Cusio Ossola, in sede istruttoria, avrebbe dovuto considerare la quota di corresponsabilità riferibile al Comune di Verbania nell’arco temporale tra il 1923 e il 1954, quantomeno sotto il profilo della culpa in vigilando, non potendosi attribuire integralmente tale responsabilità al concessionario, a fronte della etero-direzione da parte del Comune rispetto alle scelte produttive e, in ogni caso, del potere-dovere di controllo che il Comune stesso avrebbe dovuto esercitare nei confronti del concessionario medesimo.
5.2. Con il secondo motivo di gravame, la società appellante ha censurato la parte della sentenza con cui è stato respinto il secondo motivo del ricorso introduttivo, recante la contestazione relativa all’ordine della Provincia di intervenire per effettuare la caratterizzazione con riferimento a un sito che risultava già parzialmente caratterizzato e sul quale erano stati già approvati l’analisi di rischio e i conseguenti interventi, posto che, con la determinazione n. 10/16/eco del 28 novembre 2016 (doc. 5), il Comune aveva approvato il piano della caratterizzazione limitatamente alla matrice del terreno, con la determinazione n. 07/19/eco del 28 giugno 2019 (doc. 8) era stata approvata l’analisi di rischio e, con la determinazione n. 2221 del 31 dicembre 2021 (doc. 10) era stato approvato il POB, senza che l’appellante venisse in alcun modo coinvolta.
Ad avviso della 2I Rete Gas S.p.a., infatti, il Comune avrebbe errato a intervenire autonomamente con una bonifica parziale, posto che l’art. 245 del d.lgs. n. 152 del 2006 sarebbe applicabile al soggetto estraneo all’inquinamento che decida di farsi carico della bonifica, salvo poi avvalersi dell’art. 253 del medesimo decreto per rivalersi, agendo in sede civile, nei confronti del responsabile stesso.
Il Comune, invece, per recuperare le spese sostenute per la bonifica, anche per la parte del sito di cui è proprietario, avrebbe dovuto fare applicazione della procedura di cui all’art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006, ai sensi del quale “Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica entro il termine di novanta giorni dalla mancata individuazione del soggetto responsabile della contaminazione o dall’accertato inadempimento da parte dello stesso”.
Tale disposizione sarebbe chiara nel subordinare la possibilità del Comune di agire in danno del presunto inquinatore al preventivo esperimento della procedura di individuazione del responsabile dell’inquinamento stesso e alla conseguente inerzia di quest’ultimo e, sul punto, ha richiamato Cons. Stato, sez. IV, n. 5863 e n. 5864 del 12 luglio 2022, secondo cui sarebbe legittimo il rifiuto opposto dal comune nei confronti della proposta di frazionamento mediante suddivisione in lotti, volta a limitare gli obblighi di messa in sicurezza alla sola parte di proprietà esclusiva della ricorrente, non essendo, viceversa, frazionabile l’operazione di messa in sicurezza delle acque di falda inquinate, trattandosi di un’obbligazione indivisibile, caratterizzata, in particolare, dal criterio “dell’indivisibilità materiale”, atteso che, per rendere efficaci gli interventi, è necessario intervenire in modo unitario su tutta l’area.
In altri termini, il Comune avrebbe illegittimamente frazionato gli interventi sul sito contaminato all’area di sua proprietà, utilizzando impropriamente la facoltà di cui all’art. 245 del d.lgs. n. 152 del 2006, omettendo di coinvolgere la società odierna appellante nel procedimento a cui avrebbe avuto diritto di partecipare e la Provincia avrebbe “avallato tale condotta” attraverso una diffida postuma, allo scopo di agevolare il Comune a recuperare parte di quanto speso senza avere seguito l’unica procedura che glielo avrebbe consentito, ossia quella ex art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006.
5.3. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante ha, poi, contestato la parte della sentenza in cui il T.a.r. ha respinto il terzo ordine di censure del ricorso introduttivo, con cui era stato sostenuto che, con il provvedimento impugnato, le era stato imposto di completare l’intervento di bonifica avviato dal Comune già nell’ottobre del 2016, pur non avendo partecipato al relativo procedimento e senza aver potuto offrire un qualsiasi contributo istruttorio, avendone avuto notizia solo alla fine del 2018, quando gran parte della caratterizzazione del sito era già intervenuta e la bonifica era già in corso.
A tale proposito, il T.a.r. avrebbe “reiterato il medesimo errore” di cui al motivo che precede, in quanto il Comune non si sarebbe potuto avvalere della facoltà di cui all’art. 245 del d.lgs. n. 152 del 2006, trattandosi di un soggetto obbligato alla bonifica dell’intero sito, ai sensi dell’art. 250 del medesimo decreto, sicché avrebbe avuto l’obbligo di attivarsi per recuperare le spese sostenute per la bonifica e avrebbe dovuto utilizzare la procedura di cui all’art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006, che presuppone il procedimento ex art. 244 del predetto decreto.
5.4. Con il quarto motivo di gravame, l’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha respinto il quarto motivo del ricorso introduttivo, concernente l’illegittimità del provvedimento della Provincia sotto il profilo dell’eccesso di potere, dell’illogicità manifesta e della contraddittorietà, trattandosi dell’ordine rivolto alla ricorrente di intervenire in un procedimento di bonifica che la Provincia stessa aveva giudicato fondato su progetti basati su presupposti tecnici errati e illegittimamente approvati dal Comune.
Sul punto, la sentenza impugnata sarebbe errata e ingiusta, in quanto finirebbe per avallare la decisione del Comune di attivare la procedura di bonifica “fingendo di ignorare” di essere un soggetto obbligato ex art. 242 e 250 del d.lgs. 152 del 2006, intervenendo così solo su una parte dell’area e senza coinvolgere gli altri soggetti interessati al procedimento.
5.5. Con il quinto motivo di gravame, infine, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto legittima l’approvazione di un progetto di bonifica “frazionato” che consentisse all’amministrazione di procedere alla bonifica della sola area di proprio interesse, in contrasto con i pareri delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, fermo restando che, se anche il Comune fosse stato il soggetto che doveva determinare la prevalenza delle posizioni espresse nella Conferenza di Servizi, nel caso in questione, il giudizio di prevalenza risulta viziato da eccesso di potere, in quanto il Comune, sia quale soggetto proponente sia quale autorità approvante, avrebbe perseguito il fine del risparmio di spesa e della velocizzazione dell’intervento edilizio, evitando di intervenire “in modo coerente ed organico” sull’intera area, come avrebbe invece dovuto ai sensi dell’art. 242 del d.lgs. n. 152 del 2006.
6. Si è costituita in giudizio la Provincia del Verbano Cusio Ossola, replicando alle censure proposte e chiedendo il rigetto dell’appello, osservando, in particolare, che la società concessionaria aveva assunto il rischio economico e operativo dell’attività oggetto della concessione, traendo il proprio utile d’impresa dall’attività svolta, mentre in capo al Comune sussistevano esclusivamente gli usuali poteri di controllo riferibili all’ipotesi di affidamento a terzi di un bene o di un servizio, senza alcuna ingerenza nell’attività svolta dai concessionari e, in questo senso, le clausole alle quali ha fatto riferimento l’appellante sarebbero del tutto irrilevanti.
Più precisamente, il Comune si sarebbe limitato ad autorizzare la società concessionaria a occupare il suolo e il sottosuolo comunale per la posa di tubazioni e per l’utilizzo dell’area su cui insisteva l’impianto della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini e tali circostanze sarebbero di per sé insufficienti per sostenere che sia stato il Comune a gestire il servizio configurando altresì la responsabilità dell’amministrazione per la contaminazione del sito, posto che l’amministrazione medesima non aveva mai compiuto alcuna “scelta produttiva”, come del resto sarebbe documentalmente dimostrato dall’allegato A alla Delibera di Approvazione della Convenzione di Rinnovo del 1934 (depositato sub doc. 16 di parte ricorrente), ove, all’articolo 7, risulta precisato che la concessionaria “potrà impiegare come materie prime per la produzione del gas, combustibili di qualsiasi origine e natura e sarà libera di adottare qualsiasi processo e sistema di produzione”.
Sotto un diverso profilo, la Provincia ha fatto presente che è da reputarsi pacifico che la 2I Rete Gas S.p.a. sia successore della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini e della Padana Gas S.p.a., sicché l’inquinamento di cui l’appellante è chiamata a rispondere è quello verificatosi quando la Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini produceva il gas di città, nel periodo di tempo intercorrente tra il 1923 e il 1954, per cui non avrebbero alcun rilievo per determinare la responsabilità della ricorrente le vicende successive relative alla produzione del gas metano, fermo restando che l’impegno del Comune “a saldare ogni e qualsiasi pendenza” relativa alla precedente gestione del 1966-1967 non sarebbe in ogni caso riferibile agli oneri derivanti dalla contaminazione, non essendo detta contaminazione imputabile al Comune.
Del resto, secondo quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 22 ottobre 2019, n. 10, il danno all’ambiente è inquadrabile nella fattispecie generale dell’illecito civile di cui all’art. 2043 c.c. e “la successione dell'incorporante negli obblighi dell'incorporata è espressione del principio espresso dal brocardo cuius commoda eius et incommoda, cui è informata la disciplina delle operazioni societarie straordinarie, tra cui la fusione, anche prima della riforma del diritto societario, per cui alla successione di soggetti sul piano giuridico-formale si contrappone nondimeno sul piano economico-sostanziale una continuazione dell'originaria impresa e della sottostante organizzazione aziendale. Anche prima che venisse sancito il carattere evolutivo-modificativo di quest’ultimo tipo di operazione era infatti indubbio che l'ente societario subentrato a quello estintosi per effetto dell'incorporazione acquisiva il patrimonio aziendale di quest'ultimo, di cui sul piano contabile fanno parte anche le passività, ovvero i debiti inerenti all'impresa esercitata attraverso la società incorporata”. Conseguentemente, nel caso di specie, non sarebbe ravvisabile alcuna violazione dell’art. 2054-bis c.c., né alcuna violazione del principio “chi inquina paga”, dal momento che, secondo tale principio, i costi corrispondenti ai danni causati all’ambiente ricadono sui soggetti responsabili e la Provincia ha, per l’appunto, agito in conformità con tale principio, non essendo dunque configurabile alcun eccesso di potere né carenza di istruttoria e/o sviamento, in quanto la società ricorrente e odierna appellante è stata correttamente individuata come responsabile della contaminazione.
Inoltre, non è stato leso alcun diritto della 2I Rete Gas S.p.a. a partecipare ai procedimenti avviati dal Comune, posto che i relativi atti sono stati posti in essere nell’esclusivo interesse dell’amministrazione comunale, senza alcuna necessità di coinvolgimento di altri soggetti e, in tale prospettiva, non sarebbe corretto ritenere che la Provincia sia intervenuta per sopperire alle carenze procedimentali del Comune.
Infatti, la Provincia del Verbano Cusio Ossola, dopo essere venuta a conoscenza degli elementi necessari per avviare il procedimento per l’adozione dell’ordinanza ex art. 244, coma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, ha comunicato, con nota n. 37193 del 27 dicembre 2018, l’anzidetto avvio a tutti i soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, assicurando, così, il rispetto dei diritti partecipativi. Conseguentemente, sarebbe corretta la decisione del T.a.r. secondo cui non può reputarsi necessario che l’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento intervenga prima dell’avvio delle procedure di messa in sicurezza o di bonifica dell’area inquinata, né che a tali attività debba necessariamente partecipare con apposito contraddittorio anche il soggetto responsabile, posto che quest’ultimo potrebbe non essere stato ancora individuato con certezza dall’amministrazione, sicché “sarebbe illogico anticipare a questa fase il contributo partecipativo del privato, tenuto conto anche che l’emanazione di provvedimento appare del tutto eventuale”. In altri termini, si tratterebbe di due procedimenti distinti con diversi presupposti, che non potrebbero essere considerati unitariamente.
7. Si è costituito in giudizio anche il Comune di Verbania, chiedendo, a sua volta, il rigetto dell’appello, facendo presente che, dopo aver rilevato la possibile presenza dell’inquinamento, ha proceduto ex art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, ad affidare la predisposizione del piano di caratterizzazione dell’area, nella sua qualità “di soggetto proprietario di (parte di) tale area e non come responsabile dell’inquinamento”.
L’anzidetto piano, comunque, ha preso in considerazione la parte del sito inquinato di proprietà comunale, individuata catastalmente al foglio 70 del NCEU del Comune di Verbania, particelle 305 (frazione), 370, 368, 369, 308 e tale elaborato è stato sottoposto alla Conferenza di Servizi del 16 novembre 2016 con la partecipazione del Comune di Verbania, della Provincia del Verbano Cusio Ossola e dell’Arpa Piemonte (doc. 26 fascicolo provincia primo grado), ed è stato approvato con la determinazione dirigenziale del Comune n. 10/16/eco del 28 novembre 2016, trasmessa in pari data alla Provincia del Verbano Cusio Ossola, all’ARPA Piemonte e alla Regione Piemonte (doc. 25 del fascicolo della Provincia del primo grado di giudizio) e la Provincia stessa, in ragione del risultato della caratterizzazione, ha avviato le opportune indagini che hanno avuto come esito una prima relazione istruttoria ai sensi degli artt. 242 e 244 del d.lgs. n. 152 del 2006, prot. n. 17854 del 28 luglio 2017 (doc. 23 del primo grado).
Con riferimento al secondo motivo di appello, il Comune ha osservato che per la giurisprudenza è pacifico che l’operazione di fusione per incorporazione ex art. 2504-bis c.c. – anche nella formulazione antecedente alla riforma introdotta con il d.lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003 – non comporta l’estinzione della società incorporata e la costituzione di un nuovo soggetto giuridico, bensì “l’integrazione reciproca delle due società partecipanti all’operazione, con passaggio in capo al soggetto incorporante di tutte le posizioni giuridiche attive e passive già facenti capo all’ente incorporato, tra cui l’obbligazione di bonifica del sito inquinato”.
Ha poi replicato anche agli altri motivi di gravame, osservando come nel caso di specie non ricorrano le condizioni richieste dall’art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006 per l’esercizio del potere sostitutivo di bonifica dell’intera area contaminata, essendo stato individuato il responsabile per l’appunto nella società 2I Reti Gas S.p.a..
8. Tanto premesso, il Collegio – trattenuta la causa in decisione all’udienza del 26 giugno 2025 – reputa che l’appello non sia fondato per le ragioni che di seguito si espongono, con la precisazione che il difensore del Comune di Verbania, presente nel corso dell’udienza pubblica, ha dichiarato che, nelle more della definizione del presente giudizio, l’odierna appellante è stata, a sua volta, incorporata nella società Italgas Reti S.p.a., senza tuttavia depositare alcun atto a dimostrazione dell’avvenuta fusione, che, comunque, non costituisce causa di interruzione del processo. In questo senso, infatti, si può richiamare l’orientamento della Corte di Cassazione, sez. VI, 16 maggio 2017, n. 12119, secondo cui: “In tema di fusione per incorporazione, l'art. 2504-bis c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità”.
8.1. Ferme le considerazioni che precedono, il primo motivo di gravame è infondato poiché dall’istruttoria svolta risulta accertato che la fonte della contaminazione, come già rilevato, risulta riferibile all’attività di produzione del gas illuminante esercitata nel periodo compreso tra l’anno 1873 e l’anno 1954. Tuttavia, in riferimento al periodo che va dal 1873 al 1923 non risultano soggetti successori delle società che avevano, all’epoca, gestito il complesso produttivo (si tratta, più precisamente, dell’impresa Henry De Thierry e della Società Anonima Officina del Gas Molteni) e, in applicazione dell’art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006, è stato conseguentemente posto a carico del Comune di Verbania l’obbligo di realizzazione degli interventi di bonifica.
Per contro, per il periodo di tempo intercorrente tra il 1923 e il 1954, l’inquinamento risulta riferibile alla Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini e, per effetto delle plurime operazioni societarie sopra richiamate, alla 2I Rete Gas S.p.a..
Risulta, infatti, dimostrato dagli atti di causa che, nel predetto periodo, l’attività di produzione del gas di città era esercitata dalla Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini e, del pari, sono provati e, comunque, incontestati i plurimi passaggi societari sopra menzionati.
Per contro, è del tutto irrilevante il momento specifico in cui è intervenuta la fusione per incorporazione della Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini nella società Padana Gas S.p.a.. Infatti – benché tale fusione abbia avuto luogo in epoca successiva alla cessazione della produzione del gas di città o gas illuminante – in base ai principi affermati dalla più volte menzionata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 22 ottobre 2019 (e come meglio si illustrerà nel prosieguo), assume esclusivo rilievo il trasferimento delle situazioni giuridiche passive verificatosi per l’appunto per effetto della fusione per incorporazione, essendo viceversa irrilevante la circostanza che – nel momento in cui detta fusione è intervenuta – fosse cessata la produzione del gas di città, per l’evidente ragione che, essendo già verificatasi la contaminazione in epoca antecedente alla fusione per incorporazione, ossia nel periodo di tempo compreso tra il 1923 e il 1954, la situazione giuridica passiva derivante dall’inquinamento del sito risultava di per sé già sorta in capo alla Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini e, conseguentemente, per effetto della fusione per incorporazione, si è trasferita alla società Padana Gas S.p.a., dalla quale la prima società è stata incorporata con atto del 4 settembre 1968 (e con effetto dall’1 gennaio 1967). Successivamente, nel solo – limitato – periodo intercorrente tra l’1 luglio 1966 e il 31 luglio 1967, vi è stata una “gestione provvisoria” del Comune di Verbania e, poi, la Padana Gas S.p.a. è stata a sua volta incorporata dalla società 2I Rete Gas S.p.a., con un’ulteriore fusione per incorporazione.
Da tali considerazioni deriva che gli effetti dell’illecito commesso dalla Società Anonima Officina del Gas ed Esercizi Affini seguono i passaggi societari sopra descritti e quindi gravano, in ultima analisi, sulla 2I Rete Gas S.p.a..
Occorre, infatti, rammentare che, come anticipato, in tema di obblighi di bonifica, la giurisprudenza ha espressamente riconosciuto la riferibilità alla società incorporante degli anzidetti obblighi anche per l’ipotesi di eventi o fattori causali risalenti a un periodo precedente rispetto all’introduzione nel nostro ordinamento degli obblighi di bonifica: “La bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell'inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando l'istituto della bonifica è stato introdotto nell'ordinamento giuridico, ove gli effetti dannosi dell'inquinamento permangano al momento dell'adozione del provvedimento”; cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 22 ottobre 2019, n. 10 e, in tempi più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2023, n. 1397.
Ne consegue che, nel caso di specie, gli obblighi di bonifica sono certamente riferibili alla 2I Rete Gas S.p.a..
Sotto un diverso profilo, è da reputarsi priva di fondamento la tesi prospettata dall’appellante, secondo cui sarebbe configurabile una responsabilità del Comune di Verbania quale ente concedente, poiché, da un lato, risulta indimostrata l’asserita etero-direzione dell’attività da parte del Comune stesso, non essendo stato indicato alcun elemento che vada oltre la normale posizione di controllo che caratterizza il rapporto di concessione e, dall’altro lato, come correttamente eccepito dall’amministrazione, la società concessionaria ha gestito il servizio nel proprio interesse e traendone utili, sicché, in tal modo, ha accettato il rischio derivante dalla gestione, ivi incluse le conseguenze dell’inquinamento. Da ultimo risulta del tutto evidente che la gestione diretta del Comune nel periodo 1966-1967 non ha alcuna rilevanza causale perché è successiva alla cessazione della produzione del gas di città.
8.2. Il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di appello possono essere trattati congiuntamente in quanto risultano tutti connessi alle contestazioni riferite all’intervento di bonifica compiuto dal Comune. I motivi sono complessivamente infondati, poiché l’intervento del Comune non può avere alcuna conseguenza sulla legittimità del provvedimento impugnato nel presente giudizio, trattandosi di situazioni e procedimenti del tutto distinti, sul piano logico prima ancora che giuridico, dal momento che l’intervento del Comune in qualità di proprietario non può pregiudicare la possibilità di imporre la bonifica al soggetto individuato come responsabile dell’inquinamento in epoca successiva all’intervento del Comune medesimo. In altri termini, i due procedimenti devono essere tenuti distinti e non si delineano conseguenze sulla legittimità del provvedimento impugnato in questa sede per il semplice fatto che il Comune aveva precedentemente avviato un intervento di propria iniziativa. Del resto, diversamente opinando, si perverrebbe all’irragionevole conclusione che all’ente pubblico proprietario dell’area inquinata sarebbe comunque preclusa in via generale la possibilità di intervenire sull’area stessa quando il responsabile dell’inquinamento non è ancora stato individuato.
Conseguentemente, risulta infondata anche la censura con cui viene lamentata la mancata partecipazione della società appellante al procedimento avviato dal Comune, posto che, per le ragioni già illustrate, collegate all’esigenza di tenere distinti i due procedimenti, ciò che assume esclusivo rilievo è la partecipazione della società al procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento impugnato, partecipazione che, nel caso di specie, ha avuto pacificamente luogo, essendo stata trasmessa la comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota prot. n. 37193 del 27 dicembre 2018.
9. Dalle considerazioni che precedono discende, dunque, il rigetto dell’appello.
10. Le spese processuali del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante 2I Rete Gas S.p.a. alla rifusione, in favore del Comune di Verbania e della Provincia del Verbano Cusio Ossola, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 8.000,00, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge, da ripartirsi in misura eguale tra le anzidette parti vittoriose.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Silvia Martino, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Eugenio Tagliasacchi, Consigliere, Estensore