Consiglio di Stato Sez. IV n. 8276 del 12 settembre 2023
Rifiuti.Produzione e attività di lavorazione industriale e TARI

Le aree o locali destinate specificamente alla produzione e attività di lavorazione industriale sono generative di rifiuti speciali e, come tali, sottratte al prelievo Tari. L’art. 184, comma 3, lett. c), d.lgs. n. 152 del 2006 considera infatti rifiuti speciali «i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2», e cioè se diversi dai rifiuti urbani, come definiti dal precedente art. 183, comma 1, lettera b-ter); quest’ultimo elenca a sua volta varie categorie di rifiuti, cui sono estranei quelli formati nell’ambito delle attività di lavorazione industriale, anche rispetto alla categoria generale di cui al n. 2 (i.e., «i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies»), considerato che, in radice, le attività di cui al richiamato allegato L-quinquies non includono quelle relative alla lavorazione industriale”.


Pubblicato il 12/09/2023

N. 08276/2023REG.PROV.COLL.

N. 01895/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1895 del 2023, proposto dal Consiglio di Bacino Brenta per i rifiuti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefano Colombari, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;

contro

la società Fornaci Zulian s.r.l. e la società Sariv s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Alessandro Veronese, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;

nei confronti

del Comune di Fontaniva e del Comune di Bassano del Grappa, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Terza, n. 1945 del 22 dicembre 2022, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Fornaci Zulian s.r.l. e Sariv s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2023 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato la decisione sull’appello proposto dal Consiglio di Bacino Brenta per i rifiuti (d’ora in avanti, Consiglio di Bacino) avverso la sentenza del T.a.r. per il Veneto n. 1945 del 22 dicembre 2022.

2. Risulta controversa la legittimità della deliberazione emanata il 17 giugno 2021, n. 5, prot. n. 210 dell’assemblea del Consiglio di Bacino, con la quale, da un lato, è stato adottato lo schema unico di “Regolamento gestione rifiuti”, dall’altro, è stato direttamente approvato il medesimo regolamento, immediatamente efficace per i Comuni appartenenti al sub-ambito di Bacino dell’ex Consorzio Padova.

3. Il regolamento in questione ha ad oggetto “i principi generali e le disposizioni attinenti al servizio pubblico di gestione integrata dei rifiuti urbani ed il suo finanziamento attraverso la tariffa rifiuti avente natura di corrispettivo” (art. 1) e, per la parte che interessa questo giudizio, disciplina la tariffa di cui all’art. 1, comma 641, della legge n. 147/2013, relativa alla produzione di “rifiuti urbani” (art. 8, comma 1).

3.1. In particolare, con il ricorso di primo grado, le imprese appellate hanno domandato l’annullamento del regolamento impugnato, nelle parti in cui:

(i) resta ferma “la rilevanza ai fini tariffari delle restanti aree e dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finali della lavorazione e comunque delle parti dell’area dove vi sia produzione di rifiuto urbano” (art. 11, comma 1, ultimo capoverso);

(ii) i locali e le aree che, in tesi, non sarebbero assoggettabili a tariffa – in quanto ivi si producono rifiuti speciali – possono beneficiare dell’esenzione, previa dimostrazione dell’avvenuto trattamento dei rifiuti speciali in conformità alla normativa vigente, “a pena di decadenza, mediante idonea attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di trattamento entro il termine del 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento” (art. 11, comma 1, lett. a);

(iii) sono state inserite tra le attività non domestiche, che producono rifiuti urbani, anche “altre attività di produzione di beni specifici” (Allegato A-2).

3.2. Le imprese hanno dedotto che le norme impugnate lederebbero i loro interessi atteso “che si vedrà sottoporre a tariffa i magazzini e le aree di stoccaggio del prodotto finito, pur se ciò non sia consentito dalla legge”.

4. Con la sentenza n. 1945 del 22 dicembre 2022, il T.a.r. per il Veneto ha parzialmente accolto il ricorso e ha annullato alcune disposizioni impugnate, compensando le spese del giudizio tra le parti.

4.1. Segnatamente, il T.a.r.:

a) ha respinto l’eccezione pregiudiziale di difetto di interesse a ricorrere formulata dal Consiglio resistente;

b) ha parzialmente accolto il ricorso e i motivi aggiunti, annullando l’art. 11, comma 1, ultimo capoverso, e l’Allegato A-2 del regolamento e respingendo, invece, le censure riguardanti l’art. 11, comma 1, lett. a).

5. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello il Consiglio di Bacino, formulando tre motivi di appello.

5.1. Con il primo motivo di appello, il Consiglio di Bacino impugna il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione di difetto di interesse ad agire.

L’appellante deduce che:

a) le disposizioni impugnate e annullate dal T.a.r. non possono considerarsi immediatamente lesive per le imprese ricorrenti, in quanto l’art. 11, comma 8, del regolamento consentiva di fornire la prova che talune aree dello stabilimento produttivo dovessero essere esentate dall’imposizione tariffaria, in quanto non produttive di rifiuti urbani;

b) “l’interesse dell’impresa all’impugnazione potrà, casomai, sorgere solo nella fase applicativa dei Regolamenti (quando si tratterà di individuare in concreto le aree produttive di rifiuti urbani e speciali), mentre i Regolamenti di per sé sono neutri.”.

Si aggiunge che l’insussistenza della condizione dell’azione sarebbe confermata dalla circostanza che l’impresa ricorrente in primo grado non ha provato di disporre di aree diverse da quelle che, anche in base ai Regolamenti del Consiglio di Bacino, sono esentate dalla tariffa.

5.2. Con il secondo motivo, il Consiglio di Bacino deduce l’erroneità della sentenza per aver accolto la tesi difensiva della società appellante, che circoscrive la produzione di rifiuti urbani (e, conseguentemente, l’applicazione della relativa tariffa) da parte delle attività industriali alle sole superfici e locali destinati allo svolgimento delle ordinarie attività civili (mense, uffici, servizi).

L’appellante dà conto degli indici normativi e di altra natura (piano di gestione dei rifiuti e circolare del MITE), che deporrebbero, in tesi, per non escludere i magazzini (come, ad esempio, i magazzini adibiti allo stoccaggio della produzione) e gli altri luoghi non specificamente adibiti o funzionali alla produzione industriale, e che in concreto potrebbero produrre rifiuti urbani (e sono dunque assoggettabili al pagamento della relativa tariffa).

5.3. Con il terzo motivo, il Consiglio di Bacino censura la sentenza che avrebbe affermato che “ogni tipo di magazzino, e in particolare quelli dei prodotti finiti, sono sempre e comunque esentati dalla tariffa”, mentre, secondo l’appellante, “le norme dell’UE e interne richiedono, rispetto a tali aree, di considerare la natura e la composizione dei rifiuti prodotti in prevalenza”. In particolare, si censura il punto della motivazione che ravvisa il contrasto fra l’Allegato A-2 del Regolamento e l’Allegato L-quinquies del d.lgs. n. 152/2006.

Del tutto legittimamente, secondo l’appellante, l’art. 11, comma 1, ultimo periodo del regolamento del Consiglio di Bacino, prevedrebbe di assoggettare a tariffa i magazzini e le altre aree ivi indicate nel caso in cui «vi sia produzione di rifiuto urbano», evenienza che sarebbe “da accertare anche in relazione alla comunicazione obbligatoria da parte dell’utenza non domestica ai sensi del comma 8 del medesimo art. 11, non impugnato dalla ricorrente in primo grado.”.

In particolare, secondo l’appellante, “La specificazione dell’Allegato A-2 rientra, del resto, nel potere regolamentare attribuito all’Ente locale, costituzionalmente garantito dall’art. 117, comma 6 Cost., e che, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 267/2000, incontra unicamente i limiti dei principi fissati dalla legge cui, come si è appena evidenziato, il Consiglio di Bacino si è certamente attenuto”.

5.4. Si sono costituite in giudizio le società appellate, che hanno resistito all’impugnazione.

5.5. Il 19 giugno 2023, sia l’appellante che l’appellata hanno depositato una memoria difensiva (l’appellante, in verità, si è meramente riportata all’appello).

5.6. Il 29 giugno 2023, il Consiglio di Bacino appellante ha depositato le repliche alle deduzioni avversarie.

6. All’udienza del 20 luglio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. I motivi di appello vanno esaminati congiuntamente per connessione e stretta interdipendenza delle questioni sollevate in considerazione dei principi enunciati dalla sentenza n. 6266 del 27 giugno 2023 della Sezione Quinta di questo Consiglio, che il Collegio condivide e richiama anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a., e con valore di precedente giurisprudenziale conforme.

7.1. Secondo questo precedente:

a) il regolamento scrutinato non viola le norme primarie in quanto assoggetta a prelievo “…le sole aree e locali che generano rifiuti urbani, con esclusione di quelle produttive di rifiuti speciali (fra cui rientrano quelli «prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali»), salvo l’onere dell’interessato di dare indicazione di queste e dimostrazione dell’attività di smaltimento compiuta sui rifiuti speciali prodotti, in termini non difformi dalle previsioni dell’art. 1, comma 649, primo periodo, l. n. 147 del 2013 e in sé non illegittimi o irragionevoli”.

b) per quel che rileva con riferimento all’art. 8, comma 7, ultimo periodo del regolamento sub iudice, si afferma che “Alla luce della nozione di rifiuto speciale ormai accolta dal legislatore (art.184, comma 3, lett. c), d.lgs. n. 152 del 2006), infatti, anche il magazzinaggio di prodotti finiti e semilavorati nell’ambito di lavorazioni industriali ben può farsi rientrare nel quadro delle attività sottratte al prelievo Tari (cfr., al riguardo, anche la circolare prot. n. 37259 del 12 aprile 2021 del Ministero della Transizione ecologica), di guisa che risulta illegittima la limitazione delle esenzioni in tal senso ai soli magazzini di materie prime o merci, nei termini suindicati, con esclusione sic et simpliciter di quelli relativi a prodotti finiti e semilavorati”.

c) si puntualizza, nondimeno, che “In tale contesto, fermo restando che anche per i locali di magazzino devono trovare applicazione i presupposti dichiarativi e dimostrativi dell’esenzione, ai sensi dell’art. 8, comma 9 nei termini suindicati (i.e., indicazione del locale e dimostrazione del corretto smaltimento del rifiuto speciale prodotto), rimane il fatto che la sottrazione sic et simpliciter al regime d’esonero di quelli destinati a prodotti finiti e semilavorati, pur se rientranti nell’ambito delle lavorazioni industriali (con esenzione, invece, soltanto di quelli destinati alle materie prime e merci) e il consequenziale regime documentale suindicato, risultano illegittimi, finendo con l’attrarre a tassazione attività industriali che per leggevi sono sottratte”;

d) si afferma che “…è da ritenersi corretta (e, invero, in sé pacifica) la deduzione dell’appellante in ordine al fatto che le aree o locali destinate specificamente alla produzione e attività di lavorazione industriale siano generative di rifiuti speciali e, come tali, sottratte al prelievo Tari.

L’art. 184, comma 3, lett. c), d.lgs. n. 152 del 2006 considera infatti rifiuti speciali «i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2», e cioè se diversi dai rifiuti urbani, come definiti dal precedente art. 183, comma 1, lettera b-ter);

quest’ultimo elenca a sua volta varie categorie di rifiuti, cui sono estranei quelli formati nell’ambito delle attività di lavorazione industriale, anche rispetto alla categoria generale di cui al n. 2 (i.e., «i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies»), considerato che, in radice, le attività di cui al richiamato allegato L-quinquies non includono quelle relative alla lavorazione industriale”.

7.2. Si puntualizza che i principi enucleati dal citato precedente hanno riguardato l’impugnazione del regolamento avente ad oggetto la disciplina della medesima tipologia di prelievo emanato dal Comune di Marcianise e che le norme impugnate in quel contenzioso sono sostanzialmente analoghe alle norme impugnate nel presente giudizio (e, in particolare, all’art. 11, comma 1, ultimo capoverso), in base all’interpretazione compiuta dal Collegio decidente delle relative disposizioni.

7.3. Con riferimento a quest’ultimo aspetto si evidenzia che:

a) la norma del regolamento del Comune di Marcianise è la seguente: “L’esclusione si estende alla porzione di superficie dei magazzini, funzionalmente ed esclusivamente collegata all’esercizio dell’attività produttiva, occupata da materie prime e/o merci, merceologicamente rientranti nella categoria dei rifiuti speciali, la cui lavorazione genera comunque rifiuti speciali; resta fermo l’assoggettamento alla tassa delle restanti porzioni superfici e dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finiti e di semilavorati e comunque delle superfici produttive di rifiuti urbani” (art. 8, comma 7);

b) la norma impugnata nel presente processo è costituita dall’ultima parte (già riportata con riferimento alla sola parte impugnata in precedenza, al §. 3.1.) del seguente enunciato: “Parimenti rimangono escluse dal computo della superficie assoggettabile a tariffa le aree dei magazzini funzionalmente ed esclusivamente collegate all’esercizio dell’attività produttive di rifiuti speciali, occupata da materie prime e/o merci la cui lavorazione genera comunque rifiuti speciali, ferma restando la rilevanza ai fini tariffari delle restanti aree e dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finali della lavorazione e comunque della parti dell’area dove vi sia produzione di rifiuto urbano” (art. 11, comma 1, ultimo capoverso).

7.4. Secondo il Collegio, dunque, l’effetto della norma impugnata (art. 11, comma 1, ultimo capoverso) è quello di prevedere nel “computo della superficie assoggettabile a tariffa” le “restanti aree e dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finali della lavorazione” e, perciò, quello di imporne la loro “rilevanza ai fini tariffari” alla medesima maniera di quanto disposto dall’equivalente norma del regolamento del Comune di Marcianise.

7.5. Sempre in via preliminare (e con specifico riferimento al primo motivo di appello), il Collegio ritiene che vada ribadito l’orientamento che afferma che: “Gli atti regolamentari o i provvedimenti amministrativi a carattere generale non sono immediatamente impugnabili quando la lesione non derivi direttamente dagli stessi, ma solo dai successivi atti esecutivi, i cui contenuti non siano già preordinati e vincolati dalla fonte regolamentare. Sono, invece, immediatamente impugnabili quando tale vincolo sia configurabile e gli atti da emanare in base al regolamento assumano quindi carattere di mera applicazione delle norme in esso contenute” (Cons. Stato, sez. V, 01 ottobre 2018, n. 5619; sez. V, 13 giugno 2016, n. 2518; sez. IV, 17 marzo 2003, n. 1379; sez. V, 27 aprile 1990; n. 379; sez. V, 9 dicembre 1986, n. 601).

Nel caso di specie, per quanto in precedenza evidenziato, la norma prevede in via immediata e vincolante l’esclusione dell’esonero e l’assoggettamento a tariffa delle “restanti aree e dei magazzini destinati allo stoccaggio di prodotti finali della lavorazione”, senza che residui alcun margine di scelta in sede di emanazione dei vari atti applicati.

7.6. A questo proposito, in un precedente di questo Consiglio si è affermato che: “Il regolamento comunale, con cui, in sede di determinazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, s'assoggettano a prelievo pure le aree scoperte di stoccaggio di materie prime, semilavorati, prodotti finiti e merci, onera i proprietari ed i conduttori di tali aree all'immediata impugnazione dell'atto regolamentare, perché esso pone in tal modo una previsione di contenuto specifico ed univoco, la cui attuazione non richiede alcuna valutazione discrezionale della p.a., ma postula il mero accertamento obiettivo dell'appartenenza dell'area alla categoria dei beni imponibili” (Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2001, n. 1437).

Tale principio, pertinente al caso di specie, consente di rigettare quella parte delle censure, articolate con il primo motivo di appello, relativa al difetto di interesse per l’avvenuta impugnazione di un regolamento in assenza dell’impugnazione del conseguente atto applicativo, nonché quelle difese del Consiglio di Bacino che tendono a fornire un’interpretazione del dato normativo indicato diversa da quella accolta dal Collegio.

7.7. Neppure risulta fondata la deduzione secondo cui “la ricorrente in primo grado non ha provato di disporre di aree diverse da quelle che, anche in base ai Regolamenti del Consiglio di Bacino, sono esentate dalla tariffa”.

L’impresa ricorrente ha infatti proposto la domanda di annullamento delle disposizioni regolamentari impugnate proprio partendo dall’assunto di avere a disposizione queste aree.

8. Quanto, infine, alla censura del primo motivo, sintetizzata “sub a”, il Collegio osserva che trattasi di questione che va decisa unitamente al secondo motivo e respinta per le considerazioni che seguono.

8.1. I principi contenuti nel precedente richiamato conducono a ritenere che non si possa escludere “a priori” dall’esonero e conseguentemente assoggettare ineluttabilmente alla tariffa le aree aziendali che sono adibite ad ospitare i magazzini dei prodotti semi-lavorati e dei prodotti finiti.

Infatti, nel precedente n. 6266/2023 si afferma che: “risulta illegittima la limitazione delle esenzioni in tal senso ai soli magazzini di materie prime o merci, nei termini suindicati, con esclusione sic et simpliciter di quelli relativi a prodotti finiti e semilavorati”.

8.2. Per contro, secondo i principi innanzi richiamati, la condizione, prevista dalla stessa legge, per fruire dell’esenzione, è quella secondo cui i produttori di rifiuti speciali ne dimostrino “l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente (art. 1, comma 649, ultima parte del primo periodo, cit.; cfr., similmente, l’art. 238, comma 10, e l’art. 198, comma 2-bis, d.lgs. n. 152 del2006 in ordine ai rifiuti urbani autonomamente smaltiti nell’ambito delle utenze non domestiche)”, anche in considerazione del consolidato orientamento secondo cui “spetta al contribuente offrire evidenza delle condizioni che gli consentono di beneficiare di esenzione o riduzione della superficie tassabile, cfr., inter multis, Cass., V, 16 novembre2021, n. 34635; 14 marzo 2022 n. 8222; 23 gennaio 2017, n. 2711; 31 luglio2015, n. 16235” (cfr. Cons. Stato, n. 6266 del 2023, §. 2.3.1.3.).

8.3. Conseguentemente, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, l’art. 11, comma 8, non influisce sulla sussistenza dell’interesse a ricorrere delle imprese ricorrenti in primo grado.

9. Inoltre, risulta infondata la prospettazione contenuta nel secondo motivo di appello, dovendosi ritenere corretta, per i principi su enunciati, l’affermazione del T.a.r. secondo cui “i magazzini di stoccaggio, sia quelli utilizzati per le materie prime e le scorte, sia quelli per i prodotti finiti, nonché le aree strettamente collegate funzionalmente all’attività imprenditoriale, devono essere considerate superfici strettamente connesse al “ciclo produttivo”, con riconoscimento di produzione di rifiuti (solo) industriali; proprio per tale ragione, in quanto aree strettamente e oggettivamente connesse alla produzione, sono soggette al regime giuridico proprio dell’attività principale alla quale ineriscono, con la conseguenza che non possono essere incluse nel concetto di “rifiuti urbani” o rifiuti ad essi assimilati”.

9.1. Resta ovviamente salvo che “anche per i locali di magazzino [destinati allo stoccaggio di prodotti finali della lavorazione] devono trovare applicazione i presupposti dichiarativi e dimostrativi dell’esenzione”, nei termini indicati dal regolamento del Consiglio di bacino di Brenta per i rifiuti.

10. In ragione del principio di diritto riportato al §. 7.1., sub lett. d), della presente sentenza, va infine dichiarato infondato il terzo motivo di appello, “considerato che, in radice, le attività di cui al richiamato allegato L-quinquies non includono quelle relative alla lavorazione industriale” e, dunque, l’allegato A-2 che ha inserito tra le attività non domestiche, che producono rifiuti urbani, anche “altre attività di produzione di beni specifici” si pone in contrasto con il corrispettivo ed equivalente allegato disciplinato da una fonte primaria.

11. In definitiva, l’appello va respinto e va pertanto confermata la sentenza di primo grado.

12. Nella novità delle questioni controverse, si ravvisano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c. per compensare integralmente le spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 1895/2023, lo respinge.

Compensa le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Silvia Martino, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore

Fabrizio Di Rubbo, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere