Consiglio di Stato Sez. IV n. 6417 del 21 luglio 2025
Rifiuti.Siti di interesse nazionale
L’inclusione di una data area, che potrebbe coincidere anche con il territorio di un Comune, all’interno di un SIN non significa che ciascuna di esse all’interno del relativo perimetro sia contaminata e debba essere sottoposta a bonifica; l’inclusione nel SIN infatti ha di per sé una sola conseguenza, ovvero l’accentramento in capo al Ministero delle competenze per la bonifica stessa, che deve poi avvenire applicando le relative norme generali: ciò si ricava dall’art. 1 commi 3 e 5 della citata l. 426/1998, che demandano appunto al Ministero di predisporre il programma di bonifica e di attuarlo. Quest’affermazione va però precisata ed approfondita nella sua esatta portata. L’inclusione nel SIN di un dato terreno assorbe, e quindi ne rappresenta un equivalente normativo, il presupposto indicato dall’art. 242 d.lgs. 152\06 del “verificarsi di un evento … potenzialmente in grado di contaminare il sito” che obbliga ad attivare le relative procedure di bonifica: ciò si desume dalla lettera dell’art. 252 d.lgs. 152/2006, che prevede appunto l’individuazione del SIN sulla base di presupposti inerenti la pericolosità degli inquinanti presenti nonché sulla base dell’impatto ambientale in termini di rischio sanitario ed ecologico. In questo modo, l’inclusione di un terreno nel SIN viene a costituire un vero e proprio vincolo ambientale, del quale si deve tener conto, ad esempio, nel momento in cui si rilasci un permesso di costruire
Pubblicato il 21/07/2025
N. 06417/2025REG.PROV.COLL.
N. 09157/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9157 del 2023, proposto dalla società Acs Dobfar S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Prati ed Elisabetta Alexandra Scotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
i Ministeri dell'ambiente e della sicurezza energetica, delle imprese e del Made in Italy e della salute e l’ISPRA -Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Teresa Chieppa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale, in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
l’ASL- Azienda sanitaria locale Roma 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Mollo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’ente, in Roma, borgo Santo Spirito 3;
la Città metropolitana di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanna Albanese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso l’Avvocatura dell’ente, in Roma, via IV novembre 119/a
la Provincia di Frosinone, i Comuni di Colleferro, Anagni, Ferentino, Ceprano, Gavignano, Patrica e Supino; l’ARPA- Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Lazio; l’ASL di Frosinone e i Consorzi di bonifica Valle del Liri e Sud di Anagni, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, sezione II, 25 ottobre 2023 n.14759, che ha respinto il ricorso n. 1951/2017 R.G. proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ora dell’ambiente e della sicurezza energetica, nella parte in cui includono le aree di proprietà ovvero disponibilità della ricorrente appellante nel perimetro del sito di interesse nazionale “Bacino del fiume Sacco”:
a) del decreto 22 novembre 2016 n.321, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 16 dicembre 2016 n.293, di perimetrazione del sito;
b) del verbale 20 ottobre 2016 del tavolo tecnico;
c) del verbale 7 novembre 2016 della conferenza di servizi decisoria;
d) della nota 2 novembre 2016 prot. n.20135 e allegati;
e) della bozza di perimetrazione trasmessa dalla Regione Lazio e acquisita con note 23 novembre 2015 prot. n.18873/STA e 10 dicembre 2015 prot. n.20139/STA;
f) del verbale 15 dicembre 2015 della conferenza di servizi;
g) della nota 22 settembre 2014 prot. n.24838/TRI;
h) del verbale della riunione 25 novembre 2014;
e di ogni altro atto e comportamento preordinato, consequenziale ovvero connesso;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2025 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente appellante, impresa del settore, gestisce in forza dell’autorizzazione integrata ambientale – AIA 31 dicembre 2012 n.320 (doc. 9 ricorso I grado) uno stabilimento che produce principi attivi per farmaci e si trova ad Anagni (Fr), in via Fontana del Ceraso 1, sui terreni distinti al relativo catasto al foglio 96, particelle 1, 5, 8-13, 19, 24, 28, 32, 33, 35, 36, 57, 137, 159; foglio 97, particelle 113, 114, 288 e 334; foglio 107, particelle 1, 2, 5, 12, 29, 43, 53, 58-60, 62, 63, 67, 114-116, 181, 184, 186, 188, 190, 192, 194, 200, 201, 205-207, 2010, 212, 234 e 235 (doc. 11 ricorso I grado, nota 9 agosto 2016; a p. 23 del file le osservazioni presentate nel procedimento, ove i dettagli dello stabilimento). In questa sua qualità, contesta gli atti di cui in epigrafe, e principalmente il D.M. 22 novembre 2016 n.321 (doc. 1 ricorso I grado), che hanno incluso i terreni nella sua disponibilità nel perimetro del sito di interesse nazionale- SIN “Bacino del fiume Sacco”.
2. Ai fini di causa, è pertanto necessario illustrare preliminarmente la disciplina generale SIN come istituto, per poi spiegare come il SIN di cui si tratta sia stato istituito e come esso sia arrivato a comprendere i terreni in questione.
3. La disciplina in materia di SIN si può riassumere nei termini che seguono.
3.1 In generale, un SIN è una porzione, di regola abbastanza estesa, del territorio nazionale, considerata di particolare pregio ambientale e intesa con riferimento alle diverse matrici ambientali che la compongono, compresi gli eventuali corpi idrici superficiali e i relativi sedimenti, individuata per legge, ai fini della bonifica, in base a caratteristiche di contaminazione che comportano un elevato rischio sanitario ed ecologico in ragione della densità della popolazione o dell’estensione del sito stesso, nonché un rilevante impatto socio-economico e un rischio per i beni di interesse storico-culturale.
3.2 Il concetto normativo di sito di interesse nazionale è stato introdotto dalla l. 9 dicembre 1998 n.426, la quale dispone in materia di “concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”, in proposito, all’art. 1 comma 4, prevede che “sono considerati primi interventi di bonifica di interesse nazionale quelli compresi nelle seguenti aree industriali e siti ad alto rischio ambientale i cui ambiti sono perimetrati, sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell'ambiente…” e di seguito li elenca. Il relativo elenco contenuto nel testo originario della legge è stato successivamente integrato con il metodo della cd. novellazione e in questo modo, come si vedrà, è arrivato in particolare a comprendere il SIN per cui è causa.
3.3 Nel testo originario della l. 426/1988, era previsto che il perimetro del sito, fosse determinato, ai sensi del citato art. 1 comma 4, “sentiti i comuni interessati, dal Ministro dell'ambiente sulla base dei criteri di cui all'articolo 18, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni”, cd. decreto Ronchi, che rinviava ad un regolamento attuativo, poi emanato come d.m. Ambiente 25 ottobre 1999 n.471. Questo regolamento, all’art. 15 comma 1, conteneva i criteri stessi, che dopo l’abrogazione del decreto Ronchi sono stati trasfusi, e successivamente integrati, nell’art. 252 comma 2 del testo unico d. lgs. 3 aprile 2006 n.152.
3.4 Il testo rilevante ai fini di causa è quindi quello di quest’ultima norma, per cui: “All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale; b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata; d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante; e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale;
f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni; f-bis) l’insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie”.
3.5 Questa Sezione, in particolare nella sentenza 14 febbraio 2023 n.1547, ha avuto già modo di affermare che l’inclusione di una data area, che potrebbe coincidere anche con il territorio di un Comune, all’interno di un SIN non significa che ciascuna di esse all’interno del relativo perimetro sia contaminata e debba essere sottoposta a bonifica; l’inclusione nel SIN infatti ha di per sé una sola conseguenza, ovvero l’accentramento in capo al Ministero delle competenze per la bonifica stessa, che deve poi avvenire applicando le relative norme generali: ciò si ricava dall’art. 1 commi 3 e 5 della citata l. 426/1998, che demandano appunto al Ministero di predisporre il programma di bonifica e di attuarlo. Quest’affermazione va però precisata ed approfondita nella sua esatta portata.
3.6 Una giurisprudenza che si condivide ha avuto infatti modo di affermare che l’inclusione nel SIN di un dato terreno assorba, e quindi ne rappresenti un equivalente normativo, il presupposto indicato dall’art. 242 d.lgs. 152\06 del “verificarsi di un evento … potenzialmente in grado di contaminare il sito” che obbliga ad attivare le relative procedure di bonifica: ciò si desume dalla lettera, sopra riportata, dell’art. 252 c. lgs. 152/2006, che prevede appunto l’individuazione del SIN sulla base di presupposti inerenti la pericolosità degli inquinanti presenti nonché sulla base dell’impatto ambientale in termini di rischio sanitario ed ecologico. In questo modo, l’inclusione di un terreno nel SIN viene a costituire un vero e proprio vincolo ambientale, del quale si deve tener conto, ad esempio, nel momento in cui si rilasci un permesso di costruire (in questi termini, Cass. pen. sez. III 2 febbraio 2018 n.5075 imp. Buglisi ed altri, nonché T.a.r. Lazio Roma sez. I 15 ottobre 2008 n.8920 e T.r.g.a. Trento 20 novembre 2013 n.382, sentenze di I grado non appellate e passate in giudicato, che si citano in mancanza di precedenti di questo Giudice negli esatti termini).
3.7 In questi termini va allora intesa l’affermazione del Ministero nel quadro dell’incontro 20 ottobre 2016 di cui si dirà, per cui (doc. 2 ricorso I grado, p.5 del file) “l’inclusione all’interno del perimetro del SIN non comporta alcuna preclusione delle attività produttive e di trasformazione urbana rispetto alle aree esterne, che devono essere compatibili con l’attuazione dei necessari interventi di messa in sicurezza/bonifica delle matrici ambientali nonché con l’adozione di misure di prevenzione e non devono comportare rischi sanitari per i lavoratori e, più in generale, per i fruitori delle aree”.
3.8 Per completezza, ancorché essa non rilevi in via diretta ai fini di causa, va precisato che la disciplina della bonifica di un SIN è complessa.
3.8.1 La norma originaria, ovvero l’art. 1 comma 3 della l. 426/1998 rinviava per la bonifica alle norme in materia allora vigenti, e prevedeva quindi si tenesse conto “dei limiti di accettabilità, delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni” e precisamente del già citato d.m. 471/1999.
3.8.2 Il d. lgs. 22/1997, come si è detto, è stato abrogato e sostituito dal d. lgs. 152/2006, che prevede a sua volta, negli artt. 242 e ss., una specifica procedura di bonifica, ora espressamente richiamata per il SIN dal comma 4 bis, introdotto dall’art. 53 comma 1 del d.l. 16 luglio 2020 n.76, convertito dalla l. 11 settembre 2020 n.120.
3.8.3 Le due procedure, quella prevista dal d.m. 471/1999 e quella prevista dal d. lgs. 152/2006, sono sostanzialmente identiche negli strumenti previsti, che sono la messa in sicurezza di emergenza- m.i.s.e. ed il piano di caratterizzazione, prodromico alla bonifica vera e propria; differiscono però nei presupposti della loro adozione.
3.8.4 L’art. 4 comma 1 d.m. 471/1999 prevede infatti che “in caso di superamento o di pericolo concreto ed attuale di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti di cui all'articolo 3, comma 1, il sito interessato deve essere sottoposto ad interventi di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica e ripristino ambientale per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti a valori di concentrazione almeno pari ai suddetti valori di concentrazione limite accettabili, ai sensi e con le modalità previste dal presente decreto”. In altre parole, gli interventi scattano per il sol fatto che nel sito interessato si siano superate le concentrazioni di sostanze inquinanti previste in via generale ed astratta dal decreto in questione, per le quali vige, in sostanza, una presunzione assoluta di pericolosità.
3.8.5 Nel quadro delineato dall’art. 242 d. lgs. 152/2006, che invece tiene conto dell’evoluzione scientifica e tecnologica nel frattempo verificatasi, vi è una maggior considerazione delle concrete caratteristiche del sito e il procedimento si svolge in più fasi. La prima fase si attiva nel momento in cui vengono superate le cd concentrazioni soglia di contaminazione, ovvero CSC, concentrazioni di sostanze inquinanti che fanno, per così dire, scattare l’allarme e obbligano a verificare la effettiva necessità di provvedere. Superate le CSC, occorre infatti attivare un’indagine preliminare cd sito specifica, la quale deve accertare attraverso la caratterizzazione se siano superate le concentrazioni soglia di rischio, ovvero CSR, per quelle stesse sostanze, ai sensi dell’art. 242 comma 4 d. lgs. 152/2006, e se ciò è in concreto avvenuto si deve procedere alla bonifica ai sensi dell’art. 242 comma 7 dello stesso decreto.
3.8.6 Il coordinamento fra le due disposizioni è stato dato dall’art. 264 comma 1 lettera i) del d. lgs. 152/2006, che da un lato ha abrogato in modo espresso il d.lgs. 22/1997, dall’altro però ha previsto che “Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”.
4. Ciò posto, vanno ricostruite le vicende che hanno portato ad istituire il SIN per il quale è causa.
4.1 Come dato storico, da considerare localmente notorio, nella valle del fiume Sacco, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, si sono insediate importanti industrie chimiche, a cominciare dai poli di Ceccano e di Colleferro, facenti capo alla BPD- Bomprini- Parodi- Delfino, produttrice di esplosivi e munizioni ad uso militare. Dopo la Seconda guerra mondiale, questo complesso produttivo si riconvertì ad uso civile, in particolare con la produzione di plastiche, antiparassitari ed insetticidi. Fra questi ultimi, ebbe rilevante importanza il lindano, insetticida cloro-organico attualmente in Italia di uso proibito e non più prodotto perché considerato pericoloso per l’ambiente, che veniva impiegato sia in agricoltura, sia nella produzione farmaceutica, per il trattamento di alcune parassitosi umane.
4.2 Proprio un sottoprodotto della produzione del lindano, il β-esaclorocicloesano, un inquinante organico persistente, che quindi tende ad accumularsi negli organismi e nei tessuti, è all’origine dei primi interventi nel sito, dal momento che nel 2005 fu rilevato in quantità superiori al livello limite consentito dalla normativa europea nel latte di alcune aziende agricole della zona, creando una situazione di inquinamento aggravata dalle esondazioni del fiume Sacco, che hanno disperso ulteriormente nell’ambiente questo composto e gli altri inquinanti ivi presenti.
4.3 Ciò posto, con D.P.C.M. 19 maggio 2005, fu dichiarato lo “stato di emergenza economico ambientale” nel territorio del bacino del fiume Sacco, con riferimento ai comuni di Colleferro, Segni e Gavignano della provincia di Roma, ed ai comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino, della provincia di Frosinone, appunto con riguardo all’accertata “gravissima situazione di inquinamento ambientale che ha causato la contaminazione dei prodotti agricoli, nonché' la presenza di sostanze organo-clorurate-fitofarmaci nel latte prodotto dagli allevatori titolari di talune aziende zootecniche”.
4.4 Successivamente, con ordinanze della Presidenza del Consiglio 10 giugno 2005 n.3441 e 14 luglio 2005 n.3447, per questo territorio venne nominato Commissario straordinario il Presidente della Regione Lazio, con l’incarico di procedere alla caratterizzazione e perimetrazione dell'area interessata dall’ inquinamento, nonché alla programmazione ed all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, e di successiva bonifica e ripristino ambientale.
4.5 Parallelamente, l’art. 11 quaterdecies comma 15 del d.l. 30 settembre 2005 n.203 ha classificato l’area complessiva come SIN, aggiungendo al citato elenco di cui all’art. 1 comma 4 della l. 426/1998 una lettera p-quaterdecies, relativa appunto all’area “del territorio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 2005”, che secondo la norma dello stesso articolo sopra citata si sarebbe dovuta perimetrare con successivo decreto del Ministero dell’ambiente.
4.6 Una prima perimetrazione del SIN è infatti intervenuta con il decreto 31 gennaio 2008 n.4352 dell’allora Ministero per la tutela del territorio e del mare- MATTM (all. 24 amministrazione I grado), che ha approvato un perimetro provvisorio, demandando all’ARPA competente di “validare” all’interno di esso le aree sulle quali si dovesse effettivamente intervenire; ciò però ferme le competenze del Commissario straordinario di cui si è detto, e quindi, secondo logica, con esclusione delle aree interessate dal suo intervento.
4.7 La gestione commissariale, per parte sua, è cessata al 31 dicembre 2012, senza che però le operazioni sulle aree coinvolte fossero completate: per questo motivo, l’ordinanza 14 marzo 2013 n.61 del Capo dipartimento della Protezione civile ha devoluto alla Regione Lazio “il superamento del contesto critico” e la “ricognizione ed… accertamento delle procedure e dei rapporti giuridici pendenti, ai fini del definitivo trasferimento dei medesimi alla regione Lazio, unitamente ai beni ed alle attrezzature utilizzate”.
4.8 Parallelamente, il decreto MATTM 11 gennaio 2013 (all. 25 amministrazione I grado) ha declassato il SIN in questione a sito di interesse regionale; questo decreto però, impugnato dalla Regione Lazio, è stato annullato con sentenza T.a.r. Lazio Roma sez. II bis 16 luglio 2014 n.7586.
4.9 Il SIN valle del fiume Sacco ha quindi ripreso giuridica esistenza.
5. Si arriva in questo modo ai fatti direttamente rilevanti ai fini di causa, che si riassumono nei passaggi fondamentali così come segue.
5.1 Con nota 16 ottobre 2014 prot. n.27106 (ricorso di I grado, p. 5 § 5, fatto non contestato), il MATTM, preso atto dell’annullamento di cui sopra, ha comunicato alla Regione Lazio la necessità di procedere ad una riperimetrazione del sito.
5.2 Nel corso del relativo procedimento, come risulta dal verbale della conferenza di servizi 15 dicembre 2015 (doc. 6 ricorso I grado p. 10), si è deciso di procedere alla consultazione dei soggetti privati – fra i quali, evidentemente, la ricorrente appellante- proprietari delle aree considerate interne al perimetro.
5.3 Di conseguenza, la ricorrente appellante ha fatto pervenire una prima nota 15 febbraio 2016 (doc. 10 ricorso I grado), in cui ha fatto presente di non comprendere le ragioni per cui la sua proprietà si trovava inclusa nel perimetro del SIN, sostenendo che essa si troverebbe a più di un chilometro dal fiume e che, sulla base della relazione di un laboratorio privato fatta predisporre a propria cura e allegata alla nota, essa non sarebbe inquinata. La ricorrente appellante ha ribadito questi concetti nella propria successiva nota 9 agosto 2016 (doc. 11 ricorso I grado).
5.4 Il successivo 20 ottobre 2016, il Ministero ha poi indetto un “incontro tecnico” per illustrare agli interessati le controdeduzioni alle osservazioni formulate, che per quanto riguarda la ricorrente appellante hanno il contenuto ora illustrato (doc. 2 ricorso I grado, p. 136 del file).
5.4.1 L’ osservazione della società, che porta il numero 139, è stata sintetizzata nei seguenti punti, numerati da 1 a 6: “1. Il sito non è mai stato oggetto di eventi accidentali che possano aver causato l’alterazione o la contaminazione delle matrici ambientali. 2. Le indagini ambientali hanno dimostrato l’assenza di contaminazione del suolo e della falda, posto che tutti i parametri ricercati sono risultati inferiori alle corrispondenti CSC. 3. Non sussistono le condizioni di cui all’Art. 252 comma 2 lettera f del D.lgs. 152/06. 4. L’azienda, dalla data di insediamento, non ha mai subito alcun evento di esondazione da parte del fiume Sacco. 5. Sono state inserite nel perimetro del SIN anche aree di proprietà ad uso agricolo, che non sono invece riportate nella cartografia presente nell’avviso pubblico. 6. Il sito non rientra tra le aree inquinate inserite nel piano regionale di bonifica, non è mai stata oggetto di notifiche, non rientra tra le aree oggetto di attività potenzialmente inquinanti (All. A, D.M. 16.05.89).”
5.4.2 La risposta dell’amministrazione segue lo stesso ordine espositivo: “1. A seguito dell’approvazione definitiva del perimetro del SIN, si procederà alle analisi dirette di dettaglio ai fini della caratterizzazione del sito, così come previsto dall’art. 252 del D. Lgs. 152/06 e ss.mm. ii. Solo a seguito della caratterizzazione potrà essere accertata la presenza di contaminazione ed eventuali correlazioni con le attività svolte nel sito. Inoltre, sarà avviata la fase istruttoria relativa allo stato degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica, ove già avviati. La conferenza di servizi valuterà la documentazione tecnica già in possesso dei proprietari e delibererà in merito. 2. Vedi commento 1. 3. La perimetrazione è intervenuta in conformità dei principi e criteri direttivi previsti dall’art. 252 comma 2 del D. Lgs. 152/2006 e tenuto conto del parere espresso dall’autorità di bacino dei fiumi Liri Garigliano Volturno in merito alle zone a rischio esondazione da considerare. Data l’estensione della contaminazione riscontrata nelle aree di maggiore criticità, si è ritenuto necessario estendere il perimetro alle aree limitrofe potenzialmente interessate dalla diffusione della contaminazione al fine di limitare il relativo impatto sull’ambiente circostante. Ciò premesso, occorre precisare che nei casi in cui le attività di caratterizzazione dovessero evidenziare valori delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione sotto i limiti previsti dalla norma, si procederà, in sede di conferenza di servizi, all’immediata chiusura del procedimento ex Art. 242 del D.lgs. 152/06. 4. Vedi commento 3. 5. Osservazione recepita da ARPA Lazio con nota prot. n. 77746 del 18.10.2016 (prot. MATTM n. 19095 del 18.10.2016): “Le aree agricole indicate nell’osservazione sono state inserite nell’elenco catastale perché o rientravano ‘ in toto’ nella perimetrazione richiesta dal Comune di Anagni (nonché anche in zona ASI) o rientravano in minima parte (al di sotto del metro di distanza dal perimetro); queste ultime sono state stralciate dal perimetro.”. Si rimanda alla nota predisposta da ARPA Lazio per un esame di dettaglio delle controdeduzioni formulate. 6. A seguito dell’approvazione definitiva del perimetro del SIN, si procederà alle analisi dirette di dettaglio ai fini della caratterizzazione del sito, così come previsto dall’art. 252 del D. Lgs. 152/06 e ss.mm. ii.. Solo a seguito della caratterizzazione potrà essere accertata la presenza di contaminazione ed eventuali correlazioni con le attività svolte nel sito. Inoltre, sarà avviata la fase istruttoria relativa allo stato degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica, ove già avviati. La conferenza di servizi valuterà la documentazione tecnica già in possesso dei proprietari e delibererà in merito.”.
5.4.3 A sua volta, la nota 18 ottobre 2016 prot. n.77746 dell’ARPA Lazio (doc. 14 ricorso I grado) quanto all’osservazione suddetta non contiene nulla di più del testo riportato.
5.5 All’esito, la conferenza di servizi del giorno 7 novembre 2016 (doc. 3 ricorso I grado, verbale) ha approvato la perimetrazione nel senso sfavorevole alla ricorrente appellante, e questa decisione è stata recepita nel decreto impugnato.
6. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha respinto il ricorso proposto dall’interessata contro questo provvedimento, con la motivazione che di seguito si riassume.
6.1 In primo luogo, il T.a.r. ha respinto il motivo di ricorso fondato sulla presunta violazione delle relative garanzie previste dall’art. 252 d. lgs. 152/2006 e ritenuto che un’effettiva partecipazione dell’impresa al procedimento ci sia stata, così come dimostrato dal fatto stesso che essa, come si è visto sopra, ha potuto presentare le proprie osservazioni, sulle quali l’amministrazione ha puntualmente controdedotto.
6.2 In secondo luogo, il T.a.r ha respinto il secondo motivo di ricorso, centrato sulla presunta violazione dell’art. 242 del d. lgs. 152/2006. Ha infatti respinto la tesi della società, secondo la quale per perimetrare il SIN includendovi una data area sarebbe prima necessario individuare i responsabili dell’inquinamento.
6.3 Infine, il T.a.r. ha respinto il terzo motivo di ricorso, centrato nella sostanza su un presunto difetto di motivazione della scelta amministrativa, ritenendola corretta e congrua pur in presenza della documentazione di parte per cui le aree non sarebbero contaminate.
7. Contro questa sentenza, l’impresa ha proposto impugnazione, con appello che contiene cinque motivi, così come segue.
7.1 Con il primo di essi, deduce preliminarmente la nullità della sentenza ai sensi degli artt. 79 c.p.a. e 301 c.p.c. e ne chiede l’annullamento con rimessione al Giudice di I grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a. per presunta violazione del contraddittorio. Risulta infatti (cfr. doc. 1 appello) che certo avv. Gino Scaccia, difensore di una delle parti costituite nel giudizio di I grado, ovvero del Comune di Anagni, sia stato cancellato dall’albo degli avvocati nel corso del giudizio stesso, senza essere sostituito, il che, in tesi, determinerebbe appunto la radicale nullità della sentenza.
7.2 Con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 252 comma 3 del d. lgs. 152/2006 e ripropone il motivo, già respinto in I grado, per cui la propria partecipazione procedimentale sarebbe stata solo formale e ineffettiva.
7.3 Con il terzo motivo, deduce propriamente ulteriore violazione dell’art. 252 comma 3 del d. lgs. 152/2006 e ripropone il motivo, già respinto in I grado, per cui l’area non si sarebbe potuta includere nel SIN se non previa individuazione dei responsabili dell’inquinamento.
7.4 Con il quarto motivo, deduce eccesso di potere per irragionevolezza e ripropone il motivo, già respinto in I grado, per cui l’amministrazione avrebbe illogicamente incluso le proprie aree nel SIN in assenza di contaminazione o anche solo di eventi che potrebbero aver contaminato il sito.
7.5 Con il quinto motivo, deduce infine ulteriore eccesso di potere per irragionevolezza con riferimento all’inclusione nel SIN delle zone ricomprese nei consorzi ASI, ovvero nei consorzi d’area di sviluppo industriale.
8. Hanno resistito le amministrazioni statali, con atto 27 novembre 2023, l’ASL Roma 1, con atto 28 novembre 2023, la Città metropolitana, con atto 29 novembre 2023 e la Regione Lazio, con atto 10 marzo 2024, e chiesto tutte la reiezione dell’appello.
9. Con memoria 24 aprile 2025, le amministrazioni statali hanno precisato la loro posizione, così come segue.
9.1 Preliminarmente, la difesa ha chiesto l’estromissione dal processo dei Ministeri delle imprese e della salute, non risultando impugnato alcun atto di loro competenza.
9.2 Sul primo motivo, ne ha poi dedotto l’inammissibilità, perché formulato in modo generico, e comunque la infondatezza nel merito, dato che la lesione del contraddittorio dedotta riguarda altra parte, il Comune di Anagni, che era l’unico legittimato a farla valere e lo avrebbe dovuto fare con un proprio appello.
9.3 Infine, ha sostenuto l’inammissibilità del secondo motivo perché, in tesi, generico, e comunque la infondatezza di esso e dei residui motivi e la correttezza della motivazione della sentenza impugnata
10. Con replica 15 maggio 2025, la ricorrente appellante ha insistito sulle proprie tesi.
11. Alla pubblica udienza del giorno 05 giugno 2025, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.
12. Preliminarmente, accogliendo la relativa richiesta, vanno estromessi dal processo i Ministeri delle imprese e del Made in Italy, nonché della salute, essendo del tutto evidente che essi non sono gli autori del provvedimento impugnato.
13. Ciò posto, l’appello è fondato nel merito, per le ragioni ora esposte.
14. È infondato il primo motivo di appello, centrato sulla violazione del contraddittorio di cui si è detto, non controversa quanto al dato storico, che secondo la parte appellante comporterebbe l’annullamento con rinvio al Giudice di I grado.
14.1 La sentenza della Sezione 11 marzo 2022 n.1734, citata dalla parte appellante a sostegno della propria tesi, ad avviso del Collegio riguarda infatti un caso non esattamente identico al presente. In quel caso, infatti, la cancellazione del difensore dall’albo, verificatasi in I grado all’insaputa delle parti e del Giudice e non dichiarata, riguardava una parte necessaria del processo, ovvero l’amministrazione, in quel caso un Comune, autrice dell’atto impugnato.
14.2 Nel caso presente, invece, la cancellazione del difensore ha riguardato il Comune di Anagni, che appare non direttamente interessato alla causa, dato che non è autore dell’atto impugnato, e quindi evocato in giudizio solo per scrupolo di difesa. Appare quindi corretto, sulla scorta di quanto affermato da Cass. civ. VI 6 ottobre 2020 n.21359, citata correttamente dalla difesa dell’amministrazione, ritenere che solo quella parte, la diretta interessata, potesse far valere la lesione, in base al principio di cui all’art. 152 comma c.p.c. secondo il quale può far valere una nullità solo la parte nel cui interesse essa è stabilita. Trattandosi di principio generale, esso deve infatti ritenersi applicabile anche al processo amministrativo, in forza dell’art. 39 c.p.a.
15. È infondato anche il secondo motivo di appello, secondo il quale alla ricorrente appellante sarebbe stata preclusa la partecipazione al procedimento. In termini logici, prima ancora che giuridici, la norma che garantisce la partecipazione al procedimento si può dire rispettata per il solo fatto che l’interessato abbia avuto in tempo utile notizia dell’avvio di esso e abbia avuto la possibilità di interloquirvi, ciò che nella specie è pacificamente avvenuto, dato che, come si è detto sopra ai §§ 5.3 e 5.4.1, la società ha presentato articolate memorie all’amministrazione. La circostanza che l’apporto procedimentale del privato non sia stato affatto valutato, ovvero sia stato valutato in modo erroneo, integra invece un altro tipo di vizio, propriamente un vizio della motivazione. La differenza, è il caso di osservare, non è nominalistica, perché ove si ragioni esclusivamente di lesioni alla partecipazione procedimentale l’annullamento dell’atto comporta un effetto conformativo formale, ovvero che l’amministrazione debba riadottarlo previa corretta instaurazione del contraddittorio; ove invece si ragioni di un difetto di motivazione l’effetto conformativo è più ampio e sostanziale, come si vedrà
16. I motivi terzo, quarto e quinto sono connessi e vanno esaminati congiuntamente, in quanto riguardano più aspetti della stessa questione, ovvero individuare i presupposti in base ai quali un dato terreno va incluso o escluso nel perimetro di un SIN.
16.1 Ad avviso del Collegio, la risposta segue secondo logica dall’elaborazione giurisprudenziale di cui si è dato conto sopra al § 3.6 e che si condivide. L’inclusione nel perimetro del SIN è l’equivalente normativo, il presupposto indicato dall’art. 242 d.lgs. 152\06 perché si proceda ad una bonifica, ovvero l’equivalente del “verificarsi di un evento … potenzialmente in grado di contaminare il sito”, accertato facendo applicazione dei criteri contenuti nell’art. 252 comma 2 del d. lgs. 152/2006.
16.2 Ciò posto, è anzitutto evidente – e ne segue l’infondatezza del terzo motivo- che per includere un terreno nel SIN non è necessaria la previa individuazione del responsabile della contaminazione, dato che si ha riguardo ad un oggettivo pericolo potenziale, che rileva per il solo fatto di essersi verificato.
16.3 È però altrettanto evidente – e ne segue, al contrario, la fondatezza del quarto motivo- che l’inclusione nel SIN non può essere arbitraria: è necessario, in applicazione dei criteri di legge, individuare indizi di sufficiente gravità tali da far ritenere, secondo logica, che il terreno stesso sia stato apprezzabilmente interessato dall’evento contaminante che ha giustificato l’istituzione del sito, e dar conto in motivazione del percorso logico seguito per arrivare a questo risultato.
16.4 Nel caso di specie, questa illustrazione del percorso logico non vi è stata; l’amministrazione, in buona sostanza, si è rifatta senz’altro “alle analisi dirette di dettaglio ai fini della caratterizzazione del sito” successive all’inclusione, ma ciò non è legittimo, perché esse rappresentano una fase ulteriore della bonifica: in base alle norme generali ad essa relative, si compiono quando è già accertato che una data area è stata interessata da un evento potenzialmente contaminante.
16.5 Sotto questo profilo, la motivazione contenuta nella risposta all’osservazione è quindi insufficiente, perché dà per scontato quanto invece si doveva dimostrare, ovvero che si trattava di aree “sospette”, proprio perché tali da assoggettare a più approfondite indagini. Non è in particolare condivisibile l’affermazione del Giudice di I grado per cui (motivazione p. 9 in fondo) “La circostanza per cui il sito in oggetto non presenterebbe, in base alle analisi effettuata dalla ricorrente, contaminazione non implica che il sito possa ritenersi non contaminato”, perché l’amministrazione motivando avrebbe invece dovuto spiegare per quali ragioni, pur in presenza degli elementi contrari rappresentati dalle indagini di parte, riteneva ugualmente le aree “sospette” di contaminazione.
16.6 Quanto sopra riguarda tutte le aree della ricorrente appellante e quindi assorbe il quinto motivo, che riguarda invece il caso particolare di alcune di esse.
17. In riforma della sentenza impugnata, il ricorso di I grado va quindi dichiarato fondato e va accolto, con le precisazioni che seguono.
17.1 In primo luogo, gli effetti dell’annullamento riguardano il provvedimento indicato in dispositivo, ovvero il D.M. 22 novembre 2016 n.321, nella sola parte in cui esso interessa le aree della ricorrente appellante; le aree stesse, indicate in dispositivo, sono quello che essa ha indicato come proprie e interessate dalla perimetrazione nelle osservazioni di cui si è detto sopra al § 1. Tutti gli altri atti indicati in epigrafe, che sono all’evidenza atti interni al procedimento, privi come tali di autonoma attitudine lesiva, appaiono invece impugnati per mero scrupolo di difesa
17.2 Ciò posto, nel riesaminare l’affare, l’amministrazione dovrà verificare, attraverso corretta e completa istruttoria che faccia specifica applicazione dei criteri di cui all’art. 252 comma 2 del d. lgs. 152/2006 e tenga conto in modo altrettanto specifico delle osservazioni della parte, se quanto ai terreni di cui sopra si possa dire verificata una situazione equivalente alla verificazione di un evento contaminante, dare conto degli esiti in una congrua motivazione e solo in caso in cui la situazione predetta si possa dire secondo logica verificata includere i terreni stessi nel perimetro del SIN.
18. La particolarità del caso deciso, sul quale non constano precedenti editi di questo Giudice di appello negli esatti termini, è giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.9157/2023), così provvede:
a) dichiara l’estromissione dal processo dei Ministeri delle imprese e del Made in Italy e della salute;
b) accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di I grado (T.a.r. Lazio Roma, n. 1951/2017 R.G.) e annulla il decreto del Ministero dell’ambiente, del territorio e del mare 22 novembre 2016 n.321, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 16 dicembre 2016 n.293, nella parte in cui esso include nel Sito di Interesse Nazionale “Bacino del fiume Sacco” i terreni di proprietà della ricorrente appellante distinti al catasto del Comune di Anagni al foglio 96, particelle 1, 5, 8-13, 19, 24, 28, 32, 33, 35, 36, 57, 137, 159; foglio 97, particelle 113, 114, 288 e 334 e foglio 107, particelle 1, 2, 5, 12, 29, 43, 53, 58-60, 62, 63, 67, 114-116, 181, 184, 186, 188, 190, 192, 194, 200, 201, 205-207, 2010, 212, 234 e 235;
c) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Consigliere
Riccardo Carpino, Consigliere
Martina Arrivi, Consigliere