Consiglio di Stato Sez. IV n. 2355 del 21 marzo 2025
Rifiuti.Autorizzazione unica regionale

L'autorizzazione unica regionale disciplinata dall'art. 208, d.lgs. n. 152/2006 costituisce anche titolo abilitativo edilizio alla realizzazione dell'impianto di smaltimento o recupero di rifiuti, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all'amministrazione comunale rifluiscono nella prevista Conferenza di servizi, in cui viene coinvolta la stessa Amministrazione comunale e che rappresenta il luogo procedimentale deputato alla complessiva valutazione del progetto presentato. Nel provvedimento autorizzatorio in esame sono state, cioè, riunite e concentrate dal legislatore tutte le competenze amministrative di verifica e controllo di compatibilità con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l'accertamento dell'osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell'impianto in armonia col territorio di riferimento, dal momento che l'art. 208, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006, assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa l'eventuale variante urbanistica.

Pubblicato il 21/03/2025

N. 02355/2025REG.PROV.COLL.

N. 06976/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6976 del 2024, proposto dal Comune di Dragoni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sabatino Rainone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, in persona Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Vittoria De Gennaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Cannavina Biometano s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Oronzo Caputo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Comitato No Biogas a Dragoni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Ricciardi Federico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 04894/2024.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Regione Campania, del Comitato Nobiogas a Dragoni e di Cannavina Biometano s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2024 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;


FATTO

La Cannavina Biometano s.r.l., promittente cessionaria del diritto di superficie di un terreno sito in Dragoni, alla via Case Sparse 12, avente un’estensione di circa 47.000 mq, individuato in catasto alle p.lle 5043 e 5045 del foglio 13, con decreto dirigenziale n. 14, del 15 febbraio 2022, della Regione Campania, è stata autorizzata, “ai sensi e per gli effetti dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 e ss.mm.ii., … alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di biometano (LNG) della potenza di 500 smc/h alimentato da biomassa e relative opere connesse, ubicato nel comune di Dragoni (CE), in località Case Sparse” con le prescrizioni ivi riportate.

Con ricorso di primo grado Cannavina Biometano s.r.l., ha impugnato: a) il provvedimento del 6 novembre 2013, successivamente comunicato, con il quale il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Dragoni ha comunicato “la decadenza del permesso di costruire rilasciato in uno alla Autorizzazione Unica ex art. 12, del D.lgs 387/2023” rilasciata dalla Regione Campania, in data 15 febbraio 2022, per la costruzione e l’esercizio del predetto impianto di biometano; b) ogni altro atto preordinato, connesso, conseguenziale, comunque lesivo del diritto e degli interessi legittimi della ricorrente.

A sostegno del ricorso ha dedotto le seguenti censure:

I. “ violazione dell’art. 12, comma 5, del d.vo 29.12.2003 n. 387; violazione dell’art. 15, comma 2, del d.p.r. 06.06.2001 n. 380, cosi’ come modificato dall’art. 7 bis della l. 15.07.2022, n. 91; violazione dell’art. 10 septies del d.l. 21.03.2022, n. 21; travisamento dei fatti. difetto assoluto dei presupposti. erroneita’ della istruttoria e della motivazione. contraddittorieta’ dell’azione amministrativa. contrasto con i precedenti. violazione del giusto procedimento di legge. sviamento di potere”.

In via meramente subordinata:

II. “ulteriore violazione della normativa di cui al motivo che precede. violazione dell’art. 12, comma 5, del d.vo 29.12.2003 n. 387 e 14 quater della l. 07.08.1990 n. 241; travisamento dei fatti. difetto assoluto dei presupposti. erroneita’ dell’istruttoria. erroneita’ ed illogicita’ della motivazione; contraddittorieta’ dell’azione amministrativa. contrasto con i precedenti; violazione del giusto procedimento di legge. sviamento di potere. incompetenza. violazione dei principi in tema di contrarius actus”;

III. “violazione dell’art. 7 della l. 07.08.1990, n. 241. violazione del giusto procedimento di legge. violazione del principio del contraddittorio”.

Il T.a.r, con la decisione 10 settembre 2024, n. 4894, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento comunale di decadenza.

Il Comune ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.

Si sono costituiti nel giudizio di appello il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, la Regione Campania e la Cannavina Biometano s.r.l., chiedendo di dichiarare l’appello inammissibile e, in ogni caso, infondato.

Si è costituito ad adiuvandum il Comitato Nobiogas a Dragoni.

La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 5 dicembre 2024.

DIRITTO

In via preliminare il Collegio rileva che può prescindersi dagli ulteriori motivi riproposti con memoria dalla Cannavina, non esaminati dal giudice di primo grado in considerazione dell’assorbente vizio di incompetenza (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione 27 aprile 2015, n. 5, secondo cui la reiezione in relazione al vizio di incompetenza comporta il necessario assorbimento delle questioni di merito), essendo l’appello infondato nel merito.

Tanto premesso, con il primo mezzo di gravame il Comune appellante lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha accolto le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso di primo grado, già proposte nel corso del primo grado di giudizio.

Il Comune, in particolare, reitera, con il presente motivo di gravame, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo per difetto della condizione dell’azione costituita dalla legittimazione a ricorrere, in quanto, a suo dire, la ricorrente in primo grado, in data 31 dicembre 2022, quindi prima della proposizione del ricorso, avrebbe perso la disponibilità del suolo.

Ciò si desumerebbe dal contratto preliminare di concessione del diritto di superficie, stipulato tra la società Cannavina e Fazzone Maria il 15 dicembre 2020, il quale, pur non opponibile al Comune in quanto non registrato, sarebbe scaduto in data 31 dicembre 2022, in assenza della conclusione del contratto definitivo.

Pertanto, mancando la stipula del contratto definitivo entro tale data, l’inizio dei lavori non avrebbe potuto avere luogo e, tantomeno, consentire alla Cannavina di agire in giudizio a tutela del suo diritto edificatorio.

In secondo luogo, il Comune reitera con il presente motivo di appello l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado dovuto al fatto che “la perdita della titolarità del diritto di superficie, oramai costituito in capo alla Società Agricola Retina Land srl, con atto per notar Giampietro del 03.04.2024 rep. 28882” avrebbe comportato definitivamente la perdita della condizione dell’azione costituita dall’interesse a ricorrere.

In terzo luogo, la parte appellante eccepisce la sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere “atteso che l’impianto programmato dalla soc. Cannavina non è più realizzabile siccome invasivo e/o non sovrapponibile al progetto espropriativo A.N.A.S.” di cui all’Avviso del 29.2.2024”.

L’inedificabilità assoluta dell’area, in particolare, sarebbe dovuta al suo inserimento nell’ambito territoriale su cui già insisterebbero incompatibili progetti di A.N.A.S, finalizzati alla realizzazione di un’infrastruttura strategica, in relazione ai quali la stessa A.N.A.S avrebbe apposto sulle aree in esame un vincolo preordinato all’esproprio.

Il motivo è infondato.

Come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, si deve ritenere esistente l'interesse ad impugnare la decadenza del permesso in capo a chi ne era titolare, a prescindere dal fatto che si possa controvertere sulla disponibilità dell'area.

Ne discende che la Cannavina Biometano, quale titolare del provvedimento di Autorizzazione Unica, non annullato, revocato o oggetto di declaratoria di decadenza da parte della Regione Campania, doveva ritenersi, come correttamente l’ha ritenuta il giudice di primo grado, munita della legittimazione ad agire avverso il gravato provvedimento comunale di decadenza impugnato.

Analoghe conclusioni si impongono anche in relazione all’ulteriore condizione dell’azione costituita dall’interesse al ricorso, non solo sulla scorta delle considerazioni che precedono, ma anche in ragione del fatto che, in data 3 aprile 2024, è stato stipulato il contratto preliminare stipulato tra la Fazzone, la ricorrente Cannavina e la Agricola Retina Land in forza del quale si è stabilito che “il concedente (Retina Land) si obbliga a costituire, ai sensi e per gli effetti dell’art. 953 c.c., in favore del concessionario” (Cannavina), “il diritto di superficie dell’appezzamento di terreno” per cui è causa: “il contratto definitivo di costituzione del diritto di superficie sull’area superficiaria e dei diritti di servitù a questo strumentali”…”verrà stipulato entro e non oltre il 31.12.2024”.

Infine, non coglie nel segno neanche il concorrente sub-motivo con il quale si assume la sopravvenuta irrealizzabilità dell’autorizzazione contestata in ragione dell’asserito vincolo preordinato all’esproprio posto sulle aree di che trattasi da A.N.A.S, posto che tale presunta illegittimità dell'atto di autorizzazione avrebbe dovuto essere evidenziata nella competente sede dal Comune e/o fatta oggetto di impugnazione.

Con il secondo motivo di appello il Comune lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto l’incompetenza del Comune di Dragoni ad adottare l’atto di decadenza dalla Autorizzazione Unica regionale.

Ad avviso dell’appellante, in base ad una corretta interpretazione del dato normativo di riferimento, lo schema procedimentale dell’Autorizzazione Unica di che trattasi raggrupperebbe in un unico momento decisionale, al più, il rilascio delle necessarie autorizzazioni per procedere alla realizzazione di un impianto.

Tuttavia, tale schema procedimentale non sarebbe idoneo a privare il Comune del potere di governo del territorio e di vigilanza sull’attività edilizia, anche alla luce degli artt. 5 e 117 della Costituzione, che demandano la materia del governo del territorio alla competenza dei comuni.

Sicché, il potere di controllo sul territorio, sancito, in particolar modo, da una normativa di settore (l’art. 27, d.P.R. n° 380/2001) non potrebbe, ad avviso del Comune appellante, in alcun modo essere scalfito dal rilascio in un’autorizzazione unica.

A sostegno di questa conclusione il Comune osserva che un conto sono le autorizzazioni uniche adottate dalla Regione ex art. 208, D.lgs. n° 152/2006, altro conto sono i provvedimenti con cui l’Ente locale vigila sul territorio affinché le attività urbanistico-edilizie vengano esercitate nel rispetto della normativa di settore.

Siffatta impostazione, troverebbe, nella prospettiva in esame, espresso riconoscimento nella stessa A.U. n° 14/2022 nella quale, al relativo punto 9, si demanda “al comune di dragoni (ce), ai sensi del comma 3 dell’art. 11 della l.r. n. 37 del 06.11.2018, laddove ritenuto necessario, le attivita’ di sopralluogo, verifiche in loco e le attivita’ di vigilanza”.

Il motivo è infondato.

L’esame del motivo in esame presuppone una breve ricognizione del quadro normativo di riferimento.

L’art. 12, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, prevede che “L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

L'art. 208, del d.lgs. n. 152/2006, attribuisce la competenza a rilasciare l'"Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti" alla Regione all'esito di una Conferenza di servizi cui partecipano "i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d'ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l'impianto, nonché il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti", quale modulo procedimentale di emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti, anche locali, nell'ambito dell'autorizzazione stessa.

Segnatamente, alla Conferenza di servizi in esame la legge demanda il compito di acquisire e valutare tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall'articolo 177, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, ovverosia che la gestione dei rifiuti avvenga "senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente".

La Conferenza di servizi è destinata, quindi, a concludersi con una decisione "assunta a maggioranza e le relative determinazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza". Tale "decisione", tuttavia, ha valenza solo endoprocedimentale, poiché, "entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi", spetta alla Regione valutarne le risultanze e, "in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto". L'approvazione così adottata "sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori".

Il potere autorizzatorio della Regione costituisce, peraltro, espressione della più ampia competenza regionale di predisporre e adottare i piani (regionali) di gestione dei rifiuti, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201.

Sul piano sistematico, inoltre, l’art. 15, comma 2, del testo unico edilizia prevede che “Per gli interventi realizzati in forza di un titolo abilitativo rilasciato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, il termine per l'inizio dei lavori è fissato in tre anni dal rilascio del titolo”.

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, chiaramente ispirato all'esigenza di allocare le scelte definitive in ordine alla individuazione dei siti da destinare all'insediamento degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ad un livello di governo superiore rispetto a quello dell'ente comunale nel cui territorio dovrebbe essere insediato l'impianto sottoposto ad autorizzazione, occorre evidenziare che l'autorizzazione unica regionale disciplinata dall'art. 208, d.lgs. n. 152/2006 costituisce anche titolo abilitativo edilizio alla realizzazione dell'impianto di smaltimento o recupero di rifiuti, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all'amministrazione comunale rifluiscono nella prevista Conferenza di servizi, in cui viene coinvolta la stessa Amministrazione comunale e che rappresenta il luogo procedimentale deputato alla complessiva valutazione del progetto presentato.

Nel provvedimento autorizzatorio in esame sono state, cioè, riunite e concentrate dal legislatore tutte le competenze amministrative di verifica e controllo di compatibilità con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l'accertamento dell'osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell'impianto in armonia col territorio di riferimento, dal momento che l'art. 208, comma 6, D.Lgs. n. 152/2006, assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa l'eventuale variante urbanistica.

Tanto premesso, ad avviso del Collegio, la ratio del citato art. 12 va ravvisata nell’esigenza di favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, semplificando il relativo procedimento autorizzativo e concentrando l'apporto valutativo di tutte le amministrazioni interessate nella conferenza dei servizi.

In tal senso è orientata anche giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui l’autorizzazione unica costituisce il nuovo titolo edilizio direttamente legittimante la realizzazione dell'impianto, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all'amministrazione comunale rifluiscono nella prevista conferenza di servizi che rappresenta il luogo procedimentale di complessiva valutazione del progetto presentato (C.G.A., sez. I, 21 maggio 2018, n. 295).

Se, dunque, si è al cospetto di un procedimento che nasce proprio con la finalità di sostituire i provvedimenti di competenza delle singole amministrazioni coinvolte nella conferenza di servizi finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica, ne dovrebbe coerentemente conseguire l’incompetenza del Comune ad azionare quei poteri di secondo grado, tra cui quello di decadenza, sui titoli edilizi che normalmente gli competono.

Diversamente ragionando, si vanificherebbe la portata dell’art. 12, attribuendo ai comuni la capacità di paralizzare l’autorizzazione rilasciata.

A sostegno di questa conclusione depone anche l’argomento che fa leva sulla necessità di rispettare nell’ambito di un procedimento di secondo grado il medesimo procedimento finalizzato all’adozione dell’atto su cui si interviene.

La competenza ad adottare provvedimenti di secondo grado in relazione all’autorizzazione unica in esame, contrariamente a quanto assume il Comune appellante, non può, del resto, trovare fondamento nell’art. 27, del d.P.R. n. 380 del 2001.

In effetti, i poteri di controllo e di vigilanza, previsti da quest’ultima disposizione normativa, a rigore, si collocano o a valle dell’avvenuto esercizio dell’autotutela, avendo l’eventuale annullamento del titolo reso illegittimo un intervento che originariamente non lo era, ovvero del tutto al di fuori della stessa, per verificare, cioè, altri profili di illiceità che si collocano comunque al di fuori della copertura del titolo di legittimazione.

Va, infatti, ribadita, la distinzione tra controllo del territorio e controllo sulla legittimità dei titoli che ne consentono le modifiche.

Il primo, quale strumento conferito per dare effettività alle scelte di pianificazione urbanistica rimesse all’Ente locale, attiene alla verifica, effettuabile senza limiti di tempo, della conformità degli interventi al regime di edificabilità dei suoli per come cristallizzati nei titoli edilizi, ove rilasciati, ovvero all’illecita realizzazione in assenza degli stessi di modifiche che in qualche modo impattino sul territorio; il secondo, invece, implica, a monte e preventivamente, la verifica della sussistenza dei presupposti per assentire una determinata richiesta di esercizio dello ius aedificandi, onde valutare la possibilità del loro annullamento (o della loro decadenza), sussistendone i presupposti di legge, volti a contemperare le esigenze di tutela della legalità con quelle di certezza delle situazioni giuridiche e di legittimo affidamento che il privato ripone nella correttezza dell’operato della pubblica amministrazione.

Le conclusioni raggiunte non escludono, quindi, la perdurante possibilità che il Comune possa continuare ad esercitare il potere di vigilanza sul proprio territorio ai sensi del citato art. 27, anche a fronte del rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 208, del d.lgs. n. 152/2006.

Il potere di vigilanza in esame, tuttavia, deve mirare a salvaguardare l’interesse pubblico al corretto sviluppo del territorio, quale estremo rimedio per cauterizzare situazioni illecite, in particolare al fine di “recuperare” al procedimento sanzionatorio, tutto ciò che esula dal modello tipologico prescelto, non solo quanto se ne distacchi in fase esecutiva (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. II, 2 novembre 2023, n. 9415). Tale potere non può, però, essere surrettiziamente esercitato come una sorta di potere di secondo grado privo di limiti temporali, al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per assentire una determinata richiesta di esercizio dello ius aedificandi, ponendo nel nulla le esigenze di semplificazione sottese alla disciplina dell’autorizzazione di che trattasi.

A tutto volere concedere, laddove il Comune, nel corso dell’esercizio del proprio potere di vigilanza, ai sensi del più volte citato art. 27, dovesse riscontrare la presenza di vizi relativi al provvedimento di autorizzazione unica di che trattasi dovrebbe segnalare alla Regione l’opportunità di intraprendere un procedimento di riesame, nel rispetto dei principi di garanzia propri del contrarius actus.

In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

La parziale novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti integralmente le spese di questo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere, Estensore