Il Regolamento 333/2011/UE sulla cessazione di rifiuto e l'interazione con il regime autorizzativo nazionale
di Giovanni Tapetto
Il nuovo regolamento 333/2011/UE costituisce una rilevante innovazione normativa comunitaria che riprende e fa propria, allargandola, la posizione normativa italiana che, con il DM 05/02/98, aveva previsto la possibilità di recuperare i rifiuti metallici, trasformandoli in MPS, in un momento precedente la fusione negli impianti metallurgici che, secondo la Corte di giustizia Europea, costituiva unico atto di recupero.
Con questo nuovo provvedimento, atto normativo valido in tutti Paesi dell’Unione, si dà ragione al legislatore italiano (ed alle imprese nazionali del settore) che, fin dal 1998, aveva ritenuto di regolamentare le attività di recupero esistenti anziché eliminarle.
Ciò doverosamente premesso intendiamo di seguito analizzare l’impatto applicativo di tale nuovo disposto normativo comunitario in correlazione ai criteri autorizzativi previsti dalla normativa nazionale.
Riteniamo necessario sottolineare la superiorità di rango giuridico della regolamentazione comunitaria, rispetto alla normativa nazionale, in ragione della rilevanza di tale concetto per le successive considerazioni.
Il nuovo regolamento è applicativo dell’art. 6 della direttiva 2008/98/CE, recepito nel nostro ordinamento con l’art. 12 del D.lgs. 205/2010 che modifica il D.lgs. 152/2006 introducendo l’art. 184ter – “Cessazione della qualifica di rifiuto”.
Il comma 1 dell’art. 184 ter riprende i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto posti dall’art. 6 mentre il comma 2 , secondo periodo, dispone che “I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti …(omissis)”.
Tale disposto è indicativo dell’attesa prioritaria di una norma comunitaria che disciplini la materia e, nel solo caso che tale norma non venga emessa entro il 25/12/20121, possono essere emessi decreti ministeriali atti a regolare, caso per caso, le specifiche tipologie di rifiuto; ciò peraltro, in attuazione di quanto espressamente previsto dall’art. 6, c.4 della direttiva 2008/98/CE.
Il comma 3 dell’art. 184 ter, dispone che “Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti (…) 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. (…)”.
Tale disposto assume doppia valenza indicando sia la validità temporanea (provvisorietà) del riferimento agli elencati decreti sia la possibile sostituzione dei medesimi decreti con i provvedimenti regolamentari eventualmente emessi dal Ministro secondo il precedente disposto del comma 2.
Su questo punto, considerando che i previsti decreti ministeriali possono essere emessi “solo in mancanza di criteri comunitari”, si evince, dall’enunciato del comma 3, la sostituibilità del riferimento a futuri decreti ministeriali con il riferimento a futuri criteri comunitari ancorché, in forza di diritto, ciò possa comunque verificarsi in ragione della superiorità di rango giuridico dei provvedimenti comunitari.
Va considerato inoltre che il nuovo regolamento comunitario introduce, per la prima volta e con forza di Legge, criteri squisitamente tecnici pur agendo in un contesto giuridico a carattere “operativo” che finora era sempre stato lasciato alla giurisdizione dei singoli Stati membri e che, nel nostro Paese, è regolato da provvedimenti ministeriali ed è quindi su tali provvedimenti che produce tutti i suoi effetti sostitutivi in forza di lex superior.
Se ne conclude dunque che, i criteri introdotti dal Reg. 333/2011, sono sostitutivi degli esistenti corrispondenti criteri previsti dai sopraindicati decreti nazionali, a far data dalla sua entrata in vigore e cioè dal 09/10/2011.
Ciò premesso, va individuata la posizione giuridica della figura del “produttore” di rottami metallici che hanno cessato la qualifica di rifiuto, definito dell’art. 2 del Reg. 333/2011, che è un soggetto che effettua attività di recupero e dunque, secondo la vigente normativa comunitaria e nazionale, un “gestore di rifiuti” necessariamente soggetto ad autorizzazione secondo i criteri autorizzativi nazionali.
Secondo la vigente normativa nazionale, l’autorizzazione può avere forma diversa, ordinaria o semplificata, in ragione del diverso disposto degli artt. 208 e 214 del D.lgs 152/2006.
Il merito è dunque ora di analizzare le possibili quanto necessarie correlazioni con le due forme di autorizzazione per rendere applicabili le modalità operative di recupero previste dal Reg. 333/2011 nell’ambito delle autorizzazioni in essere presso gli impianti di recupero.
La diversità della natura giuridica delle due forme autorizzative impone di affrontare l’analisi secondo le due diverse fattispecie:
L’autorizzazione ordinaria2 è un atto costitutivo emesso dalla P.A. (Regione/Provincia) su domanda dell’impresa che “individua le condizioni e le prescrizioni necessarie”3 per esecuzione dell’attività richiesta;
La cosiddetta “procedura semplificata”4 opera in regime di “comunicazione di esercizio di attività”5 che viene verificata ed accettata dalla P.A. solo se viene dimostrato e verificato il possesso dei requisiti necessari previsti dalla norma.
In entrambi i casi l’attuazione delle attività previste dal Reg. 333/2011 costituisce “modifica obbligatoria”6 alle autorizzazioni in essere che richiede la presa in considerazione da parte della competente provincia in stretta correlazione con la natura giuridica dell’autorizzazione che, come già sopra indicato, costituisce condizione necessaria per poter operare anche con i criteri del Reg. 333/2011.
Va altresì evidenziato che il Reg. 333/2011 contiene un’ulteriore condizione necessaria per poter operare in modo legittimato, individuata nell’adozione di una “procedura di qualità accertata da Ente qualificato”7; tale condizione costituisce requisito indispensabile per poter applicare i criteri del Reg. 333/2011 indipendentemente dalla fattispecie autorizzativa che abiliti il soggetto recuperatore.
Non riteniamo dunque praticabile l’applicazione diretta dei nuovi criteri regolamentari in assenza di un adeguato sostegno giuridico del regime autorizzativo della singola impresa di recupero.
Indipendentemente dalla fattispecie autorizzativa, l’introduzione delle attività previste dal Reg. 333/2011 costituisce integrazione o modifica delle operazioni già autorizzate e, conseguentemente al fatto che tale integrazione costituisce “modifica obbligatoria”, non si ritiene possa essere considerata “modifica sostanziale” in quanto imposta dalla norma e non conseguente ad istanza su esigenza del soggetto autorizzato; ciò in ragione del fatto che la modifica/integrazione, corrispondente all’applicazione dei criteri del Reg. 333/2011, non prevede modifiche di quantità e qualità di rifiuti già autorizzate o comunicate e dunque, non potrà comprendere modifiche di alcuno dei valori autorizzati o comunicati nel qual caso si produrrebbe una situazione di “modifica sostanziale” con le conseguenze correlate8.
In entrambi i casi dovranno comunque essere esplicitate e documentate le eventuali modifiche del lay-out operativo all’interno dell’impianto.
In conseguenza di ciò, relativamente alle situazioni autorizzate:
in regime ordinario9, riteniamo si renda necessaria una formale richiesta alla P.A. (Regione/Provincia) di autorizzare l’integrazione in autorizzazione dell’esercizio delle attività secondo i criteri previsti dal nuovo regolamento; riteniamo altresì che sarebbe preferibile la scelta, da parte delle Regioni/Province, di emissione un provvedimento autonomo a favore del singolo soggetto autorizzato proprio in conseguenza dell’obbligatorietà applicativa della norma e della necessità di rapido adeguamento a tale nuova norma;
in regime di procedura semplificata10, va fatta una ulteriore considerazione giuridica in conseguenza del disposto del comma 4 dell’art. 214 che considera “pro tempore” l’applicazione del DM 05/02/98 e del DM 161/2002, in attesa dell’emanazione di decreti ministeriali previsti dal comma 2 (mai emessi); ne consegue che il nuovo regolamento europeo, sostituendo con forza di Legge una parte del DM 05/02/98, entra di diritto nel novero dei riferimenti regolamentari dei commi 2 e 4 dell’art. 214 e quindi dell’ambito di riferimento autorizzativo per l’applicazione della procedura semplificata. Conseguentemente si rende possibile l’applicazione dei nuovi criteri posti dal Reg. 333/2011 anche in regime di procedura semplificata. In questo caso vanno rispettate le modalità previste da tale procedura che richiede, necessariamente, la comunicazione da parte dell’impresa operante in tale contesto che deve dimostrare il possesso dei requisiti e, nella fattispecie, di possedere il documento di “accertamento dell’adozione della procedura di qualità” previsto dal Reg. 333/2011. Dati i novanta giorni necessari per l’inizio dell’attività dalla presentazione della comunicazione e la necessità della preventiva adozione della procedura di qualità e del suo accertamento, per poter operare dal nove di ottobre il tempo utile è già decorso; rimane possibile la eventuale riduzione del periodo di novanta giorni di decorrenza per l’esercizio delle nuove attività ma ciò potrebbe avvenire solo con un provvedimento ad hoc, a rango di Legge, da parte del legislatore.
Ne consegue che la tempistica di attuazione dei nuovi criteri del Reg. 333/2011 potrebbe essere attuata dal nove di ottobre solo in regime di autorizzazione ordinaria mentre per il regime semplificato sarà necessariamente scaglionato in modo correlato all’acquisizione del requisito d’accertamento ed ai novanta giorni successivi alla comunicazione.
Di fatto, è prevedibile che l’adeguamento si realizzi prevalentemente in modo scaglionato per entrambi i regimi autorizzativi.
In quest’ambito va anche considerato che i provvedimenti autorizzativi in essere, ordinari o semplificati, mantengono la loro validità operativa, in base al principio del tempus regit actum, fintantoché non arrivino a scadenza ovvero modificati/accettati dalle Province, su istanza o comunicazione del singolo soggetto recuperatore. In ragione di ciò, la data del nove ottobre, non costituirebbe termine di adeguamento obbligatorio ma solo la data di inizio del necessario adeguamento progressivo da adottare entro i termini di scadenza dei singoli provvedimenti autorizzativi.
L’obbligo di verificare l’esistenza di una procedura di qualità correlata alla “certificazione di fine della qualifica di rifiuto” da parte di chi riceve siffatta materia, previsto dall’art. 4 del Reg. 333/2011, costituisce elemento di pressione sui soggetti interessati al fine di ridurre al minimo i tempi di adeguamento delle singole imprese.
Venezia, 14/07/2011
1* Giurista ambientale - Consulente d’applicazione del D.lgs 231/2001 - Consulente alla sicurezza del trasporto merci pericolose (ADR) - Responsabile tecnico di gestione rifiuti – Amm. Unico “Evoluzione Ambiente Consulenza e Formazione srl” – Studio Legale S.Pinosio e G.Tapetto.
Ex art. 39, c.16 del D.lgs 205/2010
2ex art. 208 D.Lgs. 152/2006
3 ex art. 208, c.11 D.lgs 152/2006
4 ex art. 214 D.Lgs. 152/2006
5 ex art. 216, c.1 D.lgs 152/2006
6 ex art. 7 Reg. 333/2011/UE
7 Ex art. 5 Reg. 333/2011/UE
8 eventuale obbligo di procedura di screening o di V.I.A.
9 ex art. 208 D.Lgs. 152/2006
10 ex art. 214 D.Lgs. 152/2006