Un intervento incomprensibile del governo complica la normativa ambientale per la classificazione dei rifiuti
di Walter FORMENTON, Mariano FARINA, Gianfranco SALGHINI, Luca TONELLO, Franco ALBRIZIO
In questa nostra nazione si sprecano ormai gli interventi a sproposito del legislatore, che invece di ridurre, chiarire e semplificare le norme, le rende ancora più incoerenti di quanto già non siano. Oramai, non si capisce più se chi propone queste norme sia conscio di ciò che sta facendo oppure se si presti ad interventi estemporanei, senza alcuna visione strategica, i cui veri fini sfuggono a qualsivoglia valutazione ragionevole.
L’ultimo esempio, destinato a diventare un classico dell’incoerenza, è l’intervento del governo con l’art. 9 del Decreto legge n. 91 del 20 giugno 2017, in tema di classificazione dei rifiuti. Si veda, in proposito, anche un recente articolo critico di Amendola 1.
Nel decreto emanato per scopi 2 di tutt’altra natura, l’unico articolo riguardante le norme ambientali elimina la premessa all’allegato D del D. Lgs. n. 152/2006 s.m.i. sostituendola con il seguente comma:
1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER ed applicando le disposizioni contenute nella decisione 2014/955/UE e nel regolamento (UE) n. 1357/ 2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché nel regolamento (UE) 2017/997 del Consiglio, dell’8 giugno 2017 .
Poiché, come noto, le decisioni ed i regolamenti dell’Unione Europea sono direttamente applicabili negli stati membri, sia la decisione 2014/955/UE e sia i regolamenti (UE) n. 1357/ 2014 e (UE) 2017/997 sono già effettivi senza necessità di pronuncia, l’intervento si risolve in una tautologia di cui non si sentiva certo il bisogno; specialmente, in modo tanto impellente da inserirlo in un decreto d’urgenza.
Allora, forse, non è sbagliato pensare che il vero scopo sia solo quello di eliminare la premessa all’allegato D alla parte IV del D.Lgs. 152/2006 s.m.i.
L’eliminazione ha, tuttavia, fatto sparire una norma operativa chiara, che, al di là di alcuni dubbi interpretativi per altro in via di risoluzione, forniva una linea di indirizzo operativo per la classificazione dei rifiuti, così come rappresentato anche dalla prassi internazionale.
La premessa all’allegato D, per il momento eliminata, recitava:
"Classificazione dei rifiuti:
1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE.
2. Se un rifiuto è classificato con codice CER pericoloso ‘assoluto’, esso è pericoloso senza alcuna ulteriore specificazione. Le proprietà di pericolo, definite da H1 ad H15, possedute dal rifiuto, devono essere determinate al fine di procedere alla sua gestione.
3. Se un rifiuto è classificato con codice CER non pericoloso ‘assoluto’, esso è non pericoloso senza ulteriore specificazione.
4. Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso, per stabilire se il rifiuto è pericoloso o non pericoloso debbono essere determinate le proprietà di pericolo che esso possiede. Le indagini da svolgere per determinare le proprietà di pericolo che un rifiuto possiede sono le seguenti:
a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso: la scheda informativa del produttore; la conoscenza del processo chimico; il campionamento e l’analisi del rifiuto;
b) determinare i pericoli connessi a tali composti attraverso: la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi; le fonti informative europee ed internazionali; la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto;
c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all’analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprietà di pericolo.
5. Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione.
6. Quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalità stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso.
7. La classificazione in ogni caso avviene prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione".
Impeccabile!
Se proprio c’era bisogno di un intervento, l’unico comma che si doveva modificare, ma non eliminare, era il n. 5 che presentava una fallacia logica3, un caso di scuola della fallacia nota come ”negazione dell’antecedente”.
Infatti, la corretta formulazione logica (modus ponens) è: “Se i componenti sono rilevati dalle analisi chimiche in modo specifico, allora sono noti i composti specifici”, che è logicamente vera, ma non è vera la negazione indicata dalla norma:
“ Se i componenti sono rilevati dall’analisi chimica in modo non specifico (aspecifico), allora non sono noti i composti specifici ”, che è una fallacia perchè i composti specifici possono essere noti non solo sulla base dell’analisi chimica, ma anche da una molteplicità di fonti, quali conoscenza del ciclo di produzione, schede informative del produttore, proprietà chimiche e fisiche dei composti chimici, ecc. L’analisi chimica è solo un tassello della conoscenza e fornisce alcune informazioni che unite ad altre, secondo una corretta deduzione e competenza scientifiche, possono permettere ragionevolmente di dedurre il composto specifico presente o quantomeno un gruppo di composti specifici.
Solo nel caso in cui ciò non sia possibile, si dovrà optare per la scelta del “composto peggiore”, che è la sostanza con la concentrazione limite di pericolo più bassa fra quelle individuate dal componente aspecifico.
Pertanto il comma 5 doveva essere così modificato, come avevamo proposto ancora nel 2015 :
“ 5. Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico e non sono noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione ”.
Il legislatore, oltre ad eliminare ciò che era utile mantenere, ha, al contempo, mantenuto diversi punti dell’introduzione dell’allegato D che risultano datati e superati, proprio in base alle norme europee citate ora nella premessa e che, proprio per tale motivo, dovevano essere eliminati.
Infatti ora, l’allegato D presenta un’incongruenza fra la premessa e l’introduzione. Basta consultare il testo attualmente in vigore e pubblicato su diversi siti 4, per accorgersene immediatamente. A titolo di esempio, ma non esaustivo, si segnala l’incongruenza del punto 3.4, che riporta simboli, come i codici di pericolo H e frasi di rischio R, oltre che limiti, ormai superati dal regolamento 1357/ 2014.
Di fatto, tutto l’allegato D poteva essere eliminato, ad esclusione della sola premessa, togliendo l’ introduzione che finisce in sé stessa con un elenco dei rifiuti datato, oltre che un punto 5, modificato dall'art. 3, comma 6 della legge n. 28 del 2012, in contrasto con le norme europee citate in premessa e mai sanato.
Non è proprio una soddisfazione leggere il testo di una norma fondamentale per la tutela dell’ambiente e notare evidenti incongruenze fra una parte e quella immediatamente successiva, testo che, per una corretta applicazione, deve essere interpretato sulla base di pronunce ministeriali o di regolamenti UE.
Questa era l’occasione ideale per sanare, aggiornare e chiarire, ma l’estensore o non ha mai classificato un rifiuto o era sviato da altri scopi, che ci sfuggono totalmente.
Un’ ultima considerazione: poiché il regolamento 1357/2014 non riporta alcuna indicazione operativa per quanto attiene il campionamento e l’analisi dei rifiuti, l’unica indicazione ora valida è quella riportata nella decisione n. 955/2014 che cita testualmente:
Ai rifiuti cui potrebbero essere assegnati codici di rifiuti pericolosi e non pericolosi, si applicano le seguenti disposizioni:
— L'iscrizione di una voce nell'elenco armonizzato di rifiuti contrassegnata come pericolosa, con un riferimento specifico o generico a «sostanze pericolose», è opportuna solo quando questo rifiuto contiene sostanze pericolose pertinenti che determinano nel rifiuto una o più delle caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 8 e/o da HP 10 a HP 15 di cui all'allegato III della direttiva 2008/98/CE. La valutazione della caratteristica di pericolo HP 9 «infettivo» deve essere effettuata conformemente alla legislazione pertinente o ai documenti di riferimento negli Stati membri.
— Una caratteristica di pericolo può essere valutata utilizzando la concentrazione di sostanze nei rifiuti, come specificato nell'allegato III della direttiva 2008/98/CE o, se non diversamente specificato nel regolamento (CE) n. 1272/2008, eseguendo una prova conformemente al regolamento (CE) n. 440/2008 o altri metodi di prova e linee guida riconosciuti a livello internazionale, tenendo conto dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1272/2008 per quanto riguarda la sperimentazione animale e umana.
Si nota subito che tale testo non è aggiornato perché, al secondo interlinea, non si fa riferimento al regolamento (UE) n. 1357/2014, entrato in vigore successivamente. Inoltre, non è specificato che la classificazione dei rifiuti possa essere fatta anche sulla base della conoscenza del ciclo di produzione del rifiuto o di altre fonti di dati, per cui questa si può fare solo utilizzando la concentrazione delle sostanze pericolose che sono pertinenti con le quattordici caratteristiche di pericolo HP elencate o mediante prove, ad eccezione di HP9 per la quale valgono le norme nazionali.
Per paradosso, da una lettura letterale del testo e a meno di interpretazione fantasiose, dopo tutti i fiumi di inchiostro che sono stati consumati sull’argomento, adesso per classificare un rifiuto con codice a specchio è assolutamente necessario eseguire la ricerca di tutte le sostanze pericolose pertinenti ai pericoli identificati dal regolamento 1357/2014 5 sulla base dei codici di pericolo H delle sostanze, che possono essere associati alle caratteristiche di pericolo HP dei rifiuti e/o eseguire le prove necessarie per escludere i pericoli enumerati.
La Decisione 955/2014 non prevede che i pericoli possano essere scartati in via presuntiva sulla base dell’origine del rifiuto, del ciclo produttivo di formazione e di altre fonti di dati, così da restringere il campo delle indagini, per economia e razionalità nella caratterizzazione del rifiuto.
In altre nazioni, Francia e Inghilterra, ma anche in ambito UE 6, si è ovviato a ciò mediante la pubblicazione di linee guida, che hanno introdotto la possibilità di eliminare razionalmente la ricerca di alcune sostanze sulla base della conoscenza del rifiuto, come si faceva in Italia prima dell’intervento sconsiderato del legislatore.
Da questo punto di vista, la nostra legge era in linea con quanto riportato nelle linee guida europee, francesi e inglesi.
Ma il nostro governo, per motivi o pressioni sconosciuti, ha pensato bene di fare un passo indietro.
Almeno, sarebbe stato più accettabile se avesse annunciato la pubblicazione di linee guide operative per la classificazione dei rifiuti.
Probabilmente, lo scopo del governo non era quello di aggiornare la normativa, come vuole far credere, perché, se così fosse, avrebbe aggiornato anche le altre parti dell’allegato D.
A noi, operatori del settore, duole dover constatare che, alla fine, tale intervento, apparentemente inutile, finisce per rendere il già difficile percorso di classificazione dei rifiuti, ancora più complicato, incerto e notevolmente costoso.
1 G. Amendola, Codici a specchio. Il miracolo estivo che elimina i rifiuti pericolosi , Impresambiente, luglio 2017.
2 Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. (17G00110) (GU Serie Generale n.141 del 20-06-2017) .
3 W. Formenton, M. Farina Rifiuti. Classificazione dei rifiuti. Osservazione sulla premessa all’allegato D. Lexambiente.it, 10/3/2015.
4 http://www.lexambiente.com/legislazione/codice-ambientale-dlv-152-06.html
http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2006_0152.htm
5 Non pertinenti ai cicli di produzione dei quali non si parla mai nella Decisione 955/2014.
6 C lassification réglementaire des déchets - Guide d’application pour la caractérisation en dangerosité (2016). http://www.ineris.fr/t%20expertise/caract%C3%A9risation-du-potentiel-de-danger-des-d%C3%A9chets/1093
Guidance document on the definition and classification of hazardous waste DRAFT VERSION from 08 June 2015 http://ec.europa.eu/environment/waste/pdf/consult/Draft%20guidance%20document_09062015.pdf
Technical Guidance WM3: Waste Classification - Guidance on the classification and assessment of waste (2015). https://www.gov.uk/government/publications/waste-classification-technical-guidance