Relazioni Penali della Corte di Cassazione n. 1046-2008

SANITA' PUBBLICA - IN GENERE -
Inquinamento atmosferico - Reato di inizio di costruzione di impianto senza autorizzazione - Momento di consumazione del reato - Orientamento di giurisprudenza.
Testo del Documento
Rel. n. 46/08 Roma, 17 aprile 2008
Orientamento di giurisprudenza: Art. 24, comma primo, d.P.R. 24
maggio 1988 n. 203; Art. 279, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006 n.
152.
OGGETTO: 614001 - SANITA' PUBBLICA - IN GENERE - Inquinamento atmosferico - Reato di inizio di costruzione di impianto senza autorizzazione - Momento di consumazione del reato - Orientamento di
giurisprudenza.

RIF. NORM.: Art. 24, comma primo, d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203; Art. 279, comma primo, D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152.

1. La natura del reato di inizio di realizzazione di impianto di emissione in assenza di autorizzazione.

La Sez. III, 9 ottobre 2007 - 17 gennaio 2008, n. 2488, Staffilani, rv. 238790, ha affermato il principio cosi' massimato:
"Il reato di realizzazione di impianto in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 24, comma primo, del d. P. R. n. 203 del 1988, ora sostituito, con continuita' normativa, dall'art. 279, comma primo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, pur non esaurendosi, in ragione della sua natura permanente, al momento di inizio della costruzione, in tal modo ricomprendendo anche le condotte di coloro che abbiano proseguito l'esercizio dell'impianto omettendo di controllare l'avvenuto rilascio dell'autorizzazione, perdura, in ogni caso, solo fintantoche' lo svolgimento dell'attivita' soggetta a controllo rimanga ignota alla pubblica amministrazione. (Fattispecie nella quale la consumazione del reato e' stata fatta coincidere dalla Corte con l'avvenuta comunicazione all'autorita' competente dell'inizio delle prove di funzionamento, con conseguente irrilevanza penale della condotta di prosecuzione di esercizio dell'impianto da parte di soggetto subentrato nella titolarita' successivamente a tale momento)".
La pronuncia ha riguardo alla problematica della natura della condotta penalmente illecita di inizio di costruzione di un nuovo impianto, capace di produrre emissioni nell'atmosfera, senza la necessaria autorizzazione.
Tale fattispecie, gia' contemplata dall'art. 24, comma primo, del d.P.R. n. 203 del 1988, (di attuazione delle direttive CEE concernenti norma in materia di qualita' dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali), e' stata, come noto, successivamente trasfusa nell'art. 279, comma primo, prima parte, del D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) ove si prevede, tra le altre, con una lieve variazione lessicale rispetto alla originaria norma, la condotta di chi inizia ad "installare...un impianto...in assenza della prescritta autorizzazione"1.
Premesso che tra le due disposizioni, di analogo tenore salva appunto la differenza letterale evidenziata quanto al verbo utilizzato, appare sussistere continuita' normativa (in tal senso essendosi appunto espressamente pronunciata la decisione sopra menzionata nonche', tra le altre, Sez. III, 30 novembre 2007 - 18 gennaio 2008, n. 2866, Martinengo, rv. 238579 , e Sez. III, 29 novembre 2007 - 9 gennaio 2008, n. 573, Colo', rv. 238577, e ancora, antecedentemente ad esse, sia pure solo implicitamente, Sez. III, 11 gennaio - 27 febbraio 2007 n. 8051, Zambrotti, rv. 236078; Sez. III, 12 ottobre - 29 novembre 2006, n. 39350, Morelli, rv. 235498), ci si e' dunque interrogati sulla natura, se cioe' istantanea o permanente, della contravvenzione in oggetto.
Sul punto, la giurisprudenza della Corte si e' da sempre, in maniera assolutamente preponderante, orientata nel senso della natura permanente del reato, qualificato inoltre, pressoche' costantemente,
quale reato omissivo2.
Si e' affermato infatti che, conformemente alla ratio della norma, l'autorizzazione non svolge unicamente il ruolo di rimozione di un ostacolo all'esercizio di alcune facolta', ma e' volta, anche e soprattutto, a controllare, in via preventiva, la tollerabilita' delle emissioni degli impianti, e, dunque, il rispetto della normativa; consegue a cio' che l'esigenza di controllo non cessa con la scadenza del termine fissato per la richiesta dell'autorizzazione, ma prosegue anche successivamente a tale momento3.
Si e' anche aggiunto, sia pure con riferimento ai reati di cui ai commi secondo e terzo dell'art.24 cit., ma esprimendo un concetto suscettibile di generale applicazione, che se il dies a quo e' fissato, come nel caso di specie, solo per il regolare e tempestivo ottemperamento di una prescrizione, che puo' essere adempiuta in modo utile anche se tardivo, non viene meno l'obbligo di agire dopo la scadenza del termine4.
Tale impostazione, cui potrebbe avere contribuito anche il bisogno di garantire piena efficacia al sistema penale di tutela, che indubbiamente risulterebbe meno adeguatamente tutelato ove il breve termine di prescrizione correlato alla natura contravvenzionale del reato venisse fatto decorrere dal momento di inizio dell'attivita' di costruzione dell'impianto5, e' stata tuttavia fermamente contestata da buona parte della dottrina, secondo cui il reato di cui all'art. 24, comma primo, cit. (e, oggi, l'art. 279 cit.) presenterebbe, invece, natura istantanea.
In tal senso vengono infatti valorizzate da un lato la formulazione della norma, imperniata, come gia' detto, sull'utilizzazione di espressione quale "inizia la costruzione", e, dall'altro, in conformita' alla tesi, da sempre dominante in dottrina, secondo cui il momento consumativo dei reati omissivi propri e' rappresentato dalla scadenza del termine fissato per l'adempimento6, l'enucleazione, da parte della norma - precetto (ovvero l'art. 6 del d.P.R. n. 203 del 1988), di un determinato termine entro il quale presentare la domanda di autorizzazione ed il cui superamento, quindi, segnerebbe il momento consumativo7.
In particolare si precisa che la delimitazione della condotta in termini temporali definiti e rappresentati, nella specie, dall'inizio dell'attivita' di costruzione (di talche', superato tale momento, la condotta e' ormai trascorsa), si pone in contrasto con il presupposto, richiesto ai fini della configurabilita' del reato
permanente, di un "modello di tipicita' in grado di perdurare in modo inalterato per un lasso di tempo"8, potendo, al piu', ritenersi la sussistenza di un reato istantaneo con effetti permanenti (peraltro inidoneo ad influire sui termini di prescrizione) .
Si precisa inoltre che l'interpretazione giurisprudenziale, gia' di per se' debole alla luce del dato testuale, diverrebbe del tutto insostenibile ove rapportata alle nuove norme introdotte dal D. Lgs. n. 152 del 2006 e in particolare a fronte della introduzione, nell'art. 279 cit., accanto alla condotta di chi, appunto, "inizia ad installare" un impianto, dell'ulteriore condotta di chi "esercisce un impianto" senza autorizzazione; tale integrazione della fattispecie, infatti, avrebbe avuto la finalita' di incriminare anche la persistente gestione di un impianto a distanza di tempo dal momento della sua costruzione e attivazione, ovvero, nella sostanza, una condotta che, invece, alla luce della giurisprudenza sin qui citata, dovrebbe senz'altro rientrare nella fattispecie tradizionale (posto che, appunto, tale reato perdurerebbe anche oltre l'inizio della costruzione per cessare solo, come si vedra' oltre, alla presentazione della domanda o al rilascio dell'autorizzazione)9.
Se, pertanto, il legislatore ha ritenuto di introdurre una nuova siffatta condotta, cio' ha fatto, evidentemente, sul presupposto della natura istantanea della condotta di chi inizia a costruire od installare posto che, diversamente, la nuova configurazione di illecito non avrebbe alcun senso10.
Il nuovo dato non risulta, tuttavia, preso in considerazione, neppure a fini di confutazione della interpretazione che ne deriverebbe, dalla giurisprudenza di legittimita' atteso che le pronunce successive all'adozione del D. Lgs. n. 152 del 2006 appaiono recepire, anche nei termini letterali, il costante assunto della natura permanente del reato senza dar conto delle novita' normative intervenute (se non per precisare, come gia' osservato sopra, la continuita' normativa tra art. 24 e art. 279).
Di piu': pur dopo l'introduzione di tale nuova fattispecie persiste inalterata, e senza distinzioni tra una mera attivita' di prosecuzione della costruzione e una attivita' di vero e proprio esercizio dell'impianto, l'impostazione di riferibilita' della condotta illecita anche agli amministratori subentrati a colui che non abbia inizialmente richiesto l'autorizzazione, gravando sui medesimi l'onere di accertare la conformita' alle norme dell'impianto gia' esercitato da altri11.
Va peraltro precisato che secondo altra dottrina, invece, risulterebbero integrati entrambi i requisiti della permanenza giacche':
a) la lesione dell'interesse pubblico tutelato dalla fattispecie avrebbe carattere continuativo poiche', malgrado la scadenza del termine di legge, permane pur sempre in capo al titolare dell'impianto l'obbligo di presentazione della domanda sussistendo comunque l'interesse ad un adempimento tardivo;
b) il protrarsi della lesione al bene giuridico protetto e' imputabile ad una persistente condotta volontaria del soggetto, per cui questi, pur essendo in grado di porre fine alla situazione offensiva mediante l'inoltro dell'istanza di autorizzazione, si sottrae al controllo preventivo dell'autorita' competente .

2. Il momento di cessazione della permanenza.

Nell'ambito della impostazione aderente alla natura permanente del reato, tuttavia, va segnalato che, mentre alcune pronunce, traendo le conseguenze di tale impostazione, hanno individuato la cessazione della permanenza, e, dunque, la consumazione del fatto, in coincidenza con il momento di tale effettuato controllo, ovvero del rilascio dell'autorizzazione, potendo evidentemente ritenersi cessata l'esigenza di tutela relativa solo con tale atto, altre hanno individuato la consumazione nel momento, anteriore, della presentazione della domanda di autorizzazione, pur se intervenuta oltre il termine di legge prescritto.
Nel primo senso si e' infatti, affermato, sin dalla pronuncia Sez. III, 29 novembre - 21 dicembre 1994 n. 12710, D'Alessandro, rv. 200951, che "la contravvenzione di cui all'art. 24, primo comma, d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 e' un reato la cui permanenza dura fino al rilascio della prevista autorizzazione, poiche' la norma e' finalizzata alla tutela della qualita' dell'aria e l'autorizzazione costituisce mezzo di controllo preventivo sugli impianti inquinanti onde verificare la tollerabilita' delle emissioni e l'adozione di appropriate misure di prevenzione dell'inquinamento atmosferico, sacche il reato permane finche' il
competente ente territoriale non abbia effettuato tale controllo".
Il concetto della permanenza del reato sino al rilascio della prevista autorizzazione risulta inoltre ribadito, a seguire, da Sez. III, 14 gennaio - 15 febbraio 1999, n. 1918, Busetto, rv. 213324; Sez. III, 13 dicembre 2000 - 13 febbraio 2001, n. 5920, Gullotta, rv. 218699 12 .
Nel secondo senso vanno invece ricordate Sez. III, 14 marzo - 25 luglio 1995, n. 8324, Cascone, rv. 202483, secondo cui, appunto,"In materia di inquinamento atmosferico, il reato punito dall'art. 25 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 e' reato omissivo che permane sino a quando il responsabile dell'impianto esistente non presenti alla regione - anche oltre il termine prescritto - la domanda di autorizzazione per le emissioni atmosferiche prodotte", nonche', a seguire, Sez. III, 27 giugno - 21 settembre 2001, n. 34378, Trovato, rv. 220196; Sez. III, 12 febbraio - 27 maggio 2004, n. 24189, Armenio, rv. 228879; Sez. III, 27 aprile - 12 luglio 2006, n. 24057, Giovannini, rv. 234478; Sez. III, 11 gennaio - 27 febbraio 2007, n. 8051, Zambrotti, rv. 236078; Sez. III, 20 febbraio - 20 marzo 2008, n. 12436, Contento, rv. 238924 .
Nel contesto sino a qui delineato, la decisione Sez. III, 9 ottobre 2007 - 17 gennaio 2008, n. 2488, Staffilani, rv. 238790, in principio riferita, pur ribadendo la natura permanente del reato in esame, si segnala, dunque, per l'introduzione, quanto all'individuazione del momento di cessazione della permanenza, di una "variante" ulteriore, quantunque apparentemente inserita all'interno del secondo dei due filoni appena menzionati; infatti, trattando specificamente della condotta di coloro che abbiano
proseguito l'esercizio dell'impianto omettendo di controllare che l'autorizzazione fosse stata rilasciata all'origine, la pronuncia attribuisce comunque, in via generale, efficacia di cessazione della permanenza alla circostanza che la pubblica amministrazione sia in ogni caso (anche prima, quindi, della richiesta di autorizzazione inoltrata, pur oltre i termini prescritti, dall'interessato) venuta a conoscenza dello svolgimento dell'attivita' soggetta al controllo, circostanza nella specie desunta dalla comunicazione all'autorita' competente dell'inizio delle prove di funzionamento dell'impianto.
Sicche', se tale conoscenza l'amministrazione puo', nella generalita' dei casi, acquisire sulla base della presentazione della domanda di autorizzazione, non possono escludersi casi, come quello esaminato appunto dalla Corte in tale ultima pronuncia, nei quali la conoscenza possa intervenire ancor prima dell'inoltro della domanda di autorizzazione, con conseguente consumazione del reato a tale data.
Cio' posto, va osservato che la soluzione che individua la cessazione nel momento del rilascio dell'autorizzazione parrebbe piu' coerente da un lato con le ragioni che hanno condotto, come detto, la Corte a ravvisare la natura permanente del reato, e, dall'altro, con lo stesso dato letterale della norma, la quale richiede, infatti, l'ottenimento dell'autorizzazione e non gia' la presentazione della mera domanda (come invece previsto per l'art. 25, comma primo, del d.P.R. n. 203 del 1988) ai fini di un regolare inizio di costruzione13.
Del resto, in via generale, quanto al profilo della cessazione della permanenza del reato, in dottrina si e' chiarito che il reato permanente "cessa nel momento in cui cessa la condotta volontaria del soggetto, il che avviene di regola col compimento dell'azione che pone fine alla situazione antigiuridica", ovvero anche "per la sopravvenuta impossibilita' di compiere l'azione anzidetta"14.
Va in ogni caso precisato che le differenze di impostazione delineate sopra non appaiono ripercuotersi sulla questione della responsabilita' degli amministratori eventualmente subentrati ai precedenti in carenza di regime autorizzativo, discendendo la responsabilita' dei nuovi titolari, come precisato sopra, dalla prosecuzione della situazione di illiceita' anche nel "nuovo" periodo di gestione, cio' che impone ai nuovi amministratori l'onere di verificare la regolarita' dell'impianto sotto il profilo
autorizzativo.
Redattore: Gastone Andreazza
Il vice direttore
(Domenico Carcano)

1 Va ricordato invece che il recente D. Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4, di "ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D. Lgs. n. 152 del 2006, non ha operato modifiche di sorta, rispetto alla pregressa normativa, in ordine alla struttura del reato in oggetto.

2 Contra, nel senso che il reato in oggetto sarebbe commissivo, Sez. III, 24 settembre - 12 novembre 2004, n. 44249, Casciana, rv. 230468, in Ambiente, 2005, 380. Quanto alla natura istantanea o permanente, non risulta adottata dalla Suprema Corte alcuna pronuncia che, specificamente in ordine all'art. 24 comma primo, ne affermi la natura istantanea; risultano invece pronunce in tal senso in ordine ai reati, di omologa struttura, e, dunque, equiparabili a quello in esame, dell'art. 24, comma secondo e 25, comma sesto, del d.P.R. n. 203 del 1988: vedi infatti, in tal senso, Sez. III, 23 marzo - 13 maggio 2005, n. 17840, Salerno, rv. 231647; Sez. III, 21 febbraio - 6 aprile 2001, n. 13992, Uva, rv. 218775, in Riv. Amb. 2002, 1000; Sez. III, 15 marzo - 4 maggio 2000, n. 5207, Murri, rv. 216068, in Ambiente, 2001, 65. E' da notare che la prima di tali pronunce fonda l'assunto circa la natura istantanea sulla circostanza che la comunicazione richiesta dall'art. 24 comma secondo deve precedere l'attivazione del nuovo impianto mentre l'adempimento postumo non e' in alcun modo contemplato dalla norma, in tal modo argomentando secondo uno schema che appare pienamente
valorizzabile anche con riguardo al reato di cui all'art. 24 comma primo.

3 Vanno richiamate in tal senso, tra le tante, Sez. III, 20 febbraio - 20 marzo 2008, n. 12436, Contento, rv. 238927; Sez. III, 11 gennaio - 27 febbraio 2007, n. 8051, Zambrotti, rv. 236078; Sez. III, 19 dicembre 2006 - 7 febbraio 2007, n. 5025, Morello e altri, non massimata, in www.lexambiente.com; Sez. III, 23 novembre 2006 - 12 gennaio 2007, n. 456, Alamprese, non massimata; Sez. III, 13 dicembre 2000 - 13 febbraio 2001, n. 5920, Gullotta, rv. 218699; Sez. III, 29 novembre - 21 dicembre 1994, n. 12710, D'Alessandro, rv. 200951, in Cass. pen. 1995, 3509; Sez. III, 27 aprile - 12 luglio 2006, n. 24057, Giovannini, rv. 234478; Sez. III, 12 febbraio 2004, Armenio, rv. 228879; Sez. III, 27 giugno - 21 settembre 2001, n. 34378, Trovato, rv. 220196. Con riferimento all'art.25, comma primo ovvero sesto, nel medesimo senso, Sez. III, 12 febbraio - 18 marzo 2004, n. 13204, Merico e altro, rv. 227571, in www. lexambiente.com; Sez. III, 27 marzo 2002, Pinori, rv. 221954; Sez. III, 1 febbraio 2002, Magliulo, rv. 221267, in Dir. giur. agr. amb., 2003, 377; Sez. III, 13 marzo - 12 aprile 2001, n. 15441, Migliorato ed altro, rv. 219499; Sez. III, 7 ottobre 1999, Cipriani, rv. 214989; Sez. III, 18 novembre - 18 dicembre 1997, n. 11836, Pasini, rv. 209339. Con riferimento all'art. 24, comma secondo, cit., Sez. III, 16 dicembre 2005 - 4 maggio 2006, n. 15521, Pappacena, rv. 233921.

4 Cosi', in particolare, Sez. III, 16 gennaio - 26 febbraio 2008, n. 9403, Ronchi, rv. 238923.

5 Vedi la relazione di orientamento di questo Ufficio n. 2006-1080. Peraltro la scelta tra natura istantanea o permanente del reato incide anche su ulteriori istituti di diritto penale, come ad esempio l'amnistia o l'indulto , la cui applicabilita' e' condizionata alla consumazione del fatto entro una certa data.

6 Sul punto vedi A. CADOPPI, Il reato omissivo proprio, Padova, 1988, 871 e ss.

7 In tali termini, vedi A. MARTINI, Commento agli artt. 24, 25 e 26 del d.P.R. n. 203 del 1988, in F.C. PALAZZO - C. E. PALIERO (a cura di), Commentario breve alle leggi penali complementari, Padova, 2007, 131; D. MICHELETTI, Norme in materia ambientale, in AA. VV. Codice commentato dei reati e degli illeciti ambientali, a cura di F. GIUNTA, Padova, 2007, 465; F. MUCCIARELLI, Tutela dell'aria dall'inquinamento atmosferico ed attuazione delle direttive comunitarie, in Leg. Pen., 1989, 282. Va peraltro osservato che l'art. 6 cit. non individua espressamente alcun termine che va, invece, fatto indirettamente derivare dalla attivita' di inizio della costruzione dovendo essere precedente a quest'ultima.

8 Cosi', ancora, D. MICHELETTI, cit., 466.

9 Il che equivale a dire, in altri termini, che, continuandosi a configurare il reato di inizio di costruzione come reato permanente, si "finirebbe per cadere in un'interpretatio abrogans di quella parte del nuovo precetto che ha incriminato per la prima volta colui che "esercisce" l'impianto abusivo": cosi', infatti, D. MICHELETTI, cit., 467.

10 Va tuttavia evidenziato che non necessariamente, come parrebbe invece presupposto da tale dottrina, la condotta successiva all'inizio della costruzione corrisponde gia' ad una condotta di esercizio posto che, specie ove i tempi di realizzazione dell'impianto non fossero brevi, tra il momento di inizio e il momento di esercizio residuerebbe la fase della costruzione, gia' iniziata e non ancora ultimata; tale fase, dunque, non rientrerebbe nella nuova fattispecie introdotta dall'art. 279, che, sanzionando l'esercizio, presupporrebbe la cessata costruzione, potendo invece, nella tradizionale visione permanente della giurisprudenza di legittimita', trovare spazio nella fattispecie di inizio della
costruzione.

11 E' costante, infatti, l'orientamento secondo cui il reato di cui all'art. 24, comma primo, d.P.R. n. 203 del 1988, e, oggi, art. 279, comma primo, parte prima, del D.Lgs. n. 152 del 2006, non si esaurisce con il comportamento del legale rappresentante della societa' al momento nel quale e' iniziata la costruzione dell'impianto senza la preventiva autorizzazione, ma, trattandosi di reato permanente, e' integrato anche da coloro che successivamente assumono la qualita' di legali rappresentanti, atteso che anche su questi grava l'obbligo di chiedere l'autorizzazione, o di cessare l'attivita' in assenza della stessa : vedi, da ultimo, Sez. III, 11 gennaio - 27 febbraio 2007, n. 8051, Zambrotti, rv. 236078; 27 aprile - 12 luglio 2006 n. 24057, Giovannini, rv. 234478; ancor prima, Sez. III, 29 maggio - 29 luglio 1996, n. 7300, Simonetti ed altro, rv. 206237. Nel senso che, tuttavia, in tal modo, si sanzionerebbe inammissibilmente la "mancata delazione" da parte dei successivi amministratori che, adempiendo tardivamente all'obbligo, avrebbero infatti finito per rivelare l'inadempienza dei colleghi, innescando cosi' nei loro confronti un procedimento penale per l'iniziale omissione resa imprescrittibile dalla giurisprudenza, D. MICHELETTI, cit., 468.

12 In tal senso, anche Sez. III, 23 novembre 2006 - 12 gennaio 2007, n. 456, Alamprese, non massimata, e, da ultimo, anche in relazione alla "nuova" norma dell'art. 279 cit., anche Sez. III, 19 dicembre 2006 - 7 febbraio 2007, n. 5025, Morello e altri, non massimata, e Sez. III, 30 novembre 2007 - 18 gennaio 2008, n. 2866, Martinengo, rv. 238579, in www.lexambiente.it.

13 Tale e' infatti l'argomentazione di Sez. III, 13 dicembre 2000 - 13 febbraio 2001, n. 5920, Gullotta, cit.

14 Cosi' F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, cit., Milano, 2003, 269.