Decreto “Cura Italia”: le modifiche introdotte al deposito temporaneo di rifiuti in sede di conversione.
Quer pasticciaccio brutto … di palazzo Madama

di Gaetano ALBORINO


Il Decreto Legge cd. “Cura Italia” convertito in Legge
Il voto definitivo nell'Aula di Montecitorio, dello scorso 24 aprile, ha portato alla conversione del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 - cd. “Cura Italia”. Non senza polemiche, causate dall'impossibilità di apportare necessarie modifiche al testo, così come licenziato precedentemente dal Senato.
Il decreto, che reca le misure di potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, è stato convertito nella Legge 24 aprile 2020, n. 27, pubblicata in G.U. Serie Generale n. 110 del 29 aprile 2020.
Tra le novità più importanti, di sicuro nel campo ambientale, quella introdotta dall’art. 113 bis, rubricato con il titolo: “Proroghe e sospensioni di termini per adempimenti in materia ambientale”, che modifica l’articolo 183, comma 1, lettera bb), numero 2), del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante la disciplina del deposito temporaneo di rifiuti. Che - è bene sempre rammentarlo! – non costituisce un’attività di gestione di rifiuti, ed è, quindi, sottratto a qualsivoglia titolo autorizzatorio.
La gestione dei rifiuti urbani. Lo scenario dopo l’emergenza COVID-19
La grave difficoltà per le aziende, data dalla chiusura delle frontiere a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19, che ha interrotto il flusso di diverse tonnellate di rifiuti dall'Italia verso i paesi stranieri che, ordinariamente erano disponibili ad accettare tali materiali ai fini del recupero o dello smaltimento, ha incrementato oltre misura le quantità di rifiuti da stoccare e successivamente da recuperare o smaltire nell'ambito del nostro territorio.
Peraltro, l'impostazione prevista dal Testo Unico Ambientale per i rifiuti urbani, che ruota attorno ai principi di autosufficienza e prossimità, in questo periodo di emergenza sanitaria e di blocco dei flussi dei rifiuti verso l'estero, non consente di assicurare la gestione dell'intera mole di rifiuti prodotti nel nostro Paese, in ambito provinciale o regionale, anche in considerazione delle carenze di impianti di riferimento o di termovalorizzatori registrate in alcune regioni.
Si è reso, dunque, necessario - a fronte del moltiplicarsi dei rifiuti, sia dei rifiuti urbani indifferenziati, sia di quelli prodotti dagli operatori sanitari nello svolgimento della loro attività di cura e assistenza primaria, che di quelli prodotti dai soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria, assimilati ex lege ai rifiuti sanitari - prevedere strumenti flessibili, che consentano di fronteggiare questa situazione emergenziale fuori dal comune, che sta mettendo a dura prova tutto il sistema di gestione dei rifiuti, prossimo al collasso.
Essenzialmente, l'articolo 113-bis avrebbe, quindi, inteso risolvere per i gestori, il sovraccarico dei rifiuti, giacenti presso i siti adibiti a depositi temporanei.
La nuova disciplina del deposito temporaneo di rifiuti
L’articolo 113-bis, introdotto in sede di conversione, durante l’esame al Senato, consente di derogare alle quantità e ai limiti temporali massimi previsti per l’effettuazione del deposito temporaneo di rifiuti.
Più precisamente, dispone:
«Fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia di prevenzione incendi, il deposito temporaneo di rifiuti, di cui all’articolo 183, comma 1, lettera bb), numero 2), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è consentito fino ad un quantitativo massimo doppio, mentre il limite temporale massimo non può avere durata superiore a diciotto mesi».
L’art. 183, comma 1, lett. bb) del D. Lgs. n. 152/2006 (con le relative modifiche evidenziate in grassetto), alla luce del Decreto cd. “Cura Italia”, viene così riformulato:
«Il deposito temporaneo: Raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 60 metri cubi di cui al massimo 20 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore a diciotto mesi;
3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo».
Nel dettaglio, per la realizzazione di un deposito temporaneo di rifiuti, dovrà, in sintesi, considerarsi:
    • Un quantitativo massimo complessivamente pari a 60 metri cubi, di cui al massimo 20 metri cubi di rifiuti pericolosi;
    • Un limite temporale massimo, che può essere elevato da un anno fino a 18 mesi.
Un deposito temporaneo … permanente
A fronte del titolo “Proroghe e sospensioni di termini per adempimenti in materia ambientale”, con cui è rubricato l’art. 113-bis, si osservi che, in realtà, non viene fissato alcun termine per l’operatività della deroga, prevista dall’articolo di legge in esame.  
Una norma, in realtà pensata dal legislatore come transitoria – nelle more, peraltro, dell’approvazione di un prossimo decreto, finalizzato al recepimento della nuova Direttiva sui rifiuti (Direttiva 2018/851/UE), che prevede una profonda riscrittura della definizione di deposito temporaneo – per come è stata scritta, ne delinea, al contrario, una disciplina destinata ad essere vigente anche dopo la fine della pandemia da COVID-19.
Un’involontaria eterogenesi dei fini o, invece, una ben ponderata operazione normativa di conclamare un deposito di rifiuti che - in ragione dell’estensione del limite temporale massimo dello stesso fino a 18 mesi – diviene, nella sostanza, non più temporaneo, e ciò nonostante, irragionevolmente non soggetto ad alcun titolo autorizzatorio?
In entrambi i casi, ancora un’imbarazzante prova offerta dal nostro legislatore, in questi ultimi mesi, per la pessima scrittura delle norme prodotte.