TAR Campania (NA) Sez. III n. 4420 del 4 luglio 2018
Urbanistica.Sanatoria e ordinanza di demolizione

La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità ovvero di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, non cagiona illegittimità dell’ordinanza di demolizione, la quale cede unicamente e temporaneamente la sua efficacia a seguito della presentazione della predetta istanza; l’efficacia è destinata a riespandersi ove il Comune definisca negativamente la domanda di sanatoria respingendola, per cui in caso di rigetto – anche tacito – dell’istanza stessa, la pregressa ordinanza di demolizione riacquista efficacia.



Pubblicato il 04/07/2018

N. 04420/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03640/2013 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3640 del 2013, proposto da
Concetta Izzo, rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Coppola, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R.;

contro

Comune di Terzigno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gaetano Vito, Aristide Bravaccio, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Tremante in Napoli, via Toledo, 256;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Maria Casillo, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Giugliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Elena Pisa in Napoli, via F. Petrarca 35;

per l'annullamento

dell'ordinanza n.7710/2013 emessa dal Comune di Terzigno di demolizione di opere ritenute abusive.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Terzigno in persona del Sindaco pro tempore;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di Casillo Maria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 18 maggio 2018 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti l’avv. Francesco Savanelli su delega dell'avv Michele Coppola, per la parte ricorrente, e dell'avv. Paolo Giugliano, per l'interveniente ad adiuvandum; l'avv. Angelo Nappo su delega dell'avv. Aristide Bravaccio per il Comune di Terzigno;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in trattazione, depositato il 31.7.2013, la ricorrente, premesso di essere proprietaria di un fondo in Terzigno ove realizzò sine titulo un fabbricato oggetto di ordinanza di demolizione n. 86/2003 e di essere stata raggiunta da una sentenza penale di condanna comportante anche la demolizione del predetto fabbricato, eseguita per conto della Procura generale presso la Corte d’appello di Napoli come da certificato di fine lavori del 28.3.2013, impugna l’ordinanza n. 7710 del 16.5.2013 con la quale il Comune acquisiva l’intera particella n. 932 ove insisteva la costruzione e avente una superficie pari a mq 1015, inferiore a dieci volte quella di 115 mq occupata dalla stessa.

1.1. Si costituiva il Comune di Terzigno con memoria e produzione documentale del 7.11.2013 per poi nominare nuovo difensore con atto del 2.1.2015.

Con atto notificato e depositato il 13 aprile 2018, è intervenuta ad adiuvandum Casillo Maria, allo scopo di sostenere le ragioni della ricorrente.

Alla pubblica Udienza del 18 maggio 2018 la causa è passata in decisione.

2. Con un unico motivo la ricorrente svolge diverse censure. Con la prima deduce che l’acquisizione ha come presupposto l’inottemperanza alla demolizione, ma diviene inefficace allorché per l’immobile in questione venga presentata istanza di accertamento di conformità ovvero di condono, che nella specie, la prima, risulta essere stata presentata dal comodatario il 29.4.2010 al prot. n. 7885.

2.1. La doglianza è infondata alla luce di pacifica giurisprudenza, poiché la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità ovvero di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, non cagiona illegittimità dell’ordinanza di demolizione, la quale cede unicamente e temporaneamente la sua efficacia a seguito della presentazione della predetta istanza; l’efficacia è destinata a riespandersi ove il Comune definisca negativamente la domanda di sanatoria respingendola (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II, 14.9.2009, n. 4961; Cons. di Stato, Sez. IV, 19.2.2008, n. 849 ord.; T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 5.12.2012, n. 4941; ID, 17.5.2012, n. 2787), per cui in caso di rigetto – anche tacito – dell’istanza stessa, la pregressa ordinanza di demolizione riacquista efficacia (in tal senso, da ultimo T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 28.1.2013 n. 651; ID, 5.12.2012, n. 4941).

Giova evidenziare che il delineato avviso è stato enunciato anche da altri Tribunali: “alla fattispecie dell’accertamento di conformità non può applicarsi la sospensione dei procedimenti sanzionatori prevista per i condoni a partire dall’art. 44 della legge n. 47 del 1985, come richiamato dalle successive disposizioni di cui all’art. 39 della legge n. 724 del 1994 e dell’art. 32 della legge n. 326 del 2003” in quanto “A seguito della presentazione della domanda di sanatoria ex art. 13, l. 28 febbraio 1985, n. 47 (attuale art. 36 del d.P.R. n. 38 del 2001) “non perde efficacia l’ingiunzione di demolizione precedentemente emanata, poiché a tal fine occorrerebbe una specifica previsione normativa, come quella contenuta negli artt. 38 e 44, l. n. 47 del 1985 con riferimento alle domande di condono edilizio” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I – quater, 2 marzo 2012, n. 2165).

Il Consiglio di Stato ha confermato tale orientamento condivisibilmente individuandone anche la ratio, consistente nell’evitare di rimettere alla volontà del privato colpito dall’ordinanza di demolizione il potere di determinare de facto, per via della propugnata elusione del provvedimento demolitorio mediante la mera presentazione dell’istanza di accertamento di conformità e la conseguente necessità che il Comune, in caso di rigetto della stessa, debba adottare un nuovo provvedimento, la paralisi del provvedimento di demolizione, equivalente a un sostanziale annullamento di essa.

Ha infatti efficacemente chiarito che l’opposto orientamento “si è formato in tema di condono (Cons. di Stato, Sez., VI, 26 marzo 2010, n. 1750) ossia di richiesta che trova il suo fondamento in una norma di carattere legislativo, che, innovando alla disciplina urbanistica vigente consente, a determinate condizioni, e per un limitato potere di tempo, la sanatoria degli abusi commessi”, ragioni per ci tali principi non possono essere estesi “al caso di specie, in cui il ricorrente ha formulato istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ossia i sensi di una norma che, prevedendo quella che, sinteticamente, si definisce doppia conformità, limita la valutazione dell’opera sula base di una disciplina preesistente per cui “Sostenere che…nell’ipotesi di rigetto, esplicito o implicito, dell’istanza di accertamento di conformità, l’amministrazione debba riadottare l’ordinanza di demolizione, equivale al riconoscimento in capo a un soggetto privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, quel medesimo provvedimento” (Consiglio di Stat, Sez. VI,, 6 maggio 2014, n. 2307).

Ancor più di recente il Giudice d’appello, richiamando la persuasività della decisione ora riportata, ha stabilito, confermando la sentenza della Sezione n. 1211 del 26.2.2014, che “da tutto ciò consegue la correttezza della sentenza di primo grado nella parte in cui si richiama la giurisprudenza per cui l’istanza di accertamento di conformità non incide sulla legittimità della previa ordinanza di demolizione pregiudicandone definitivamente l’efficacia, ma soltanto sospendendone temporaneamente gli effetti fino alla definizione, espressa o tacita, dell’istanza, con il risultato che essa potrà essere portata ad esecuzione se l’istanza è rigettata, decorrendo il relativo termine di adempimento dalla conoscenza del diniego” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 466).

Questa Sezione ha confermato la ricostruita esegesi, precisando che “La validità o l'efficacia dell'ordine di demolizione non risulta pregiudicata dalla successiva presentazione dell'istanza di accertamento di conformità. Tale orientamento appare più aderente alle disposizioni e alla ratio del sistema normativo in tema di repressione e sanzione degli abusi edilizi, sistema nel quale non è individuabile alcuna previsione, nemmeno implicita, dalla quale desumere che l'istanza di accertamento di conformità produca un effetto caducante sull'ordine di demolizione. Sicché l'efficacia di tale ordine rimane soltanto sospesa e quiescente fino alla conclusione del procedimento di sanatoria per conformità.” (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. III, 7 settembre 2015, n. 4392). Più di recente ha ribadito che “la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità non inficia la legittimità dell’ordinanza di demolizione, la quale dismette unicamente e temporaneamente la sua efficacia a seguito della presentazione dell’istanza di conservazione, efficacia destinata a riespandersi ove il Comune riscontri negativamente la domanda di sanatoria respingendola” (T.A.R. Campania - Napoli, Sez. III, 24.10.2017 n. 4943).

2.2. Rimarca anche il Collegio che a norma dell’art. 36, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001, ove il Comune non si pronunci espressamente sull’istanza di accertamento di conformità entro sessanta giorni, la stessa si intende respinta.

Si forma, cioè, sulla domanda, una tipica fattispecie di silenzio significativo sub specie di c.d. silenzio diniego o silenzio rigetto a cui il legislatore annette natura ed effetti di provvedimento di rigetto dell’istanza (T.A.R. Lazio - Latina, 9 ottobre 2006 n. 1044;T.A.R. Campania - Napoli, Sez. II, 12 luglio 2013 n. 3644), con tutto quanto ne consegue ovverosia, in sintesi, sul piano sostanziale la cessazione dello stato di quiescenza dell’ordinanza di demolizione adottata relativamente alle opere oggetto dell’accertamento di conformità, quiescenza che perdura solo fino a quando il Comune non si sia pronunciato sull’istanza, espressamente o tacitamente.

Nel caso di specie l’istanza del 29.4.2010 è da considerare respinta per silentium dal Comune, conseguendone l’irrilevanza della stessa.

3. Con la seconda censura si lamenta che l’intervenuta demolizione del manufatto avrebbe privato l’acquisizione del suo presupposto basilare e ulteriormente il difetto di motivazione.

Quanto alla prima doglianza va osservato che il fatto che rileva ai fini dell’acquisizione è la demolizione spontanea dell’immobile, ove intervenuta oltretutto nel termine dilatorio di novanta giorni dalla notifica dell’ordinanza.

Alcuna rilevanza può invece annettersi ad una demolizione eseguita da un terzo e nella specie alla Procura della Repubblica e oltretutto oltre il termine di novanta giorni.

Quanto alla seconda doglianza si rammenta che l’ordinanza di acquisizione come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi essendo un atto vincolato non richiede l’espressione di alcuna motivazione.

Si è in tal senso, infatti, di recente puntualizzato che “L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'immobile abusivo, del sedime e della relativa area di pertinenza, costituendo un effetto automatico della mancata ottemperanza alla ordinanza di ingiunzione della demolizione, ha natura meramente dichiarativa e non implica, pertanto, scelte di tipo discrezionale, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, una volta avveratisi i suddetti presupposti, non incombe all'amministrazione alcun peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura dell'acquisizione.” (T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. I, 11 luglio 2016 n. 1877).

In definitiva, alla luce di quanto osservato il ricorso si presenta infondato e va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza come determinate in dispositivo. Appaiono sussistere le giuste ed eccezionali ragioni per compensarle integralmente nei confronti dell’interveniente ad adiuvandum.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente a pagare al Comune di Terzigno le spese di lite, che liquida in € 2.500,00 (duemilacinquecento) oltre eventuali accessori di legge. Compensa nei confronti dell’interveniente ad adiuvandum.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 18 maggio 2018 con l'intervento dei Magistrati:

Gianmario Palliggiano, Presidente FF

Alfonso Graziano, Consigliere, Estensore

Giuseppe Esposito, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Alfonso Graziano        Gianmario Palliggiano