Eow-fine rifiuto. situazione attuale e possibili soluzioni tampone

di Gianfranco AMENDOLA

PREMESSA. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Molto si è discusso, anche in questo sito, della problematica relativa a EoW , cioè alle condizioni in presenza delle quali un rifiuto cessa di essere tale e, pertanto, non è più soggetto agli obblighi ed ai divieti della relativa disciplina, specie dopo la sentenza n. 1129, pubblicata il 28 febbraio 2018, in cui la quarta sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che, in base alla normativa comunitaria ed italiana, in assenza di specifico provvedimento comunitario, spetta solo allo Stato -e non alle Regioni- il potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto.

Rinviando,anche per richiami, a scritti precedenti 1 , sembra sufficiente, in questa sede, richiamare, in primo luogo, la normativa in vigore e, in particolare, l'art. 184 D. Lgs. 152/06, nel testo oggi vigente introdotto nel 2010 per adeguarlo alla direttiva n. 98 del 2008.

Entrambi i testi, sono, quindi, appresso riportati:

DIRETTIVA 2008/98/CE

Articolo 6

Cessazione della qualifica di rifiuto

  1. 1 Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell’articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio,

e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

2. Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, che riguardano l’adozione dei criteri di cui al paragrafo 1 e specificano il tipo di rifiuti ai quali si applicano tali criteri, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 39, paragrafo 2. Criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale dovrebbero essere considerati, tra gli altri, almeno per gli aggregati, i rifiuti di carta e di vetro, i metalli, i pneumatici e i rifiuti tessili.

3. I rifiuti che cessano di essere tali conformemente ai paragrafi 1 e 2 cessano di essere tali anche ai fini degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti nelle direttive 94/62/CE, 2000/53/CE, 2002/96/CE e 2006/66/CE e nell’altra normativa comunitaria pertinente quando sono soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero di tale legislazione.

4. Se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformità della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile. Essi notificano tali decisioni alla Commissione in conformità della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, ove quest’ultima lo imponga.

D. LGS 152/06

dopo D. LGS 205/2010

Articolo 184-ter

(Cessazione della qualifica di rifiuto)

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e' stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

2. L'operazione di recupero puo' consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformita' a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.

3. Nelle more dell'adozione di uno o piu' decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione.

4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo e' da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Per quanto interessa in questa sede, appare evidente che, a livello letterale, le condizioni stabilite per individuare la fine-rifiuto in sede comunitaria e nazionale non sono, di per sè, direttamente operative 2 . E infatti sia per la direttiva del 2008 che per il nostro art. 184-bis, un rifiuto cessa di essere tale solo quando, dopo una operazione di recupero, vengano soddisfatti "criteri specifici" che devono essere "elaborati" e "adottati" in conformità e nel rispetto delle suddette condizioni.

Occorre, quindi, un provvedimento intermedio che individui questi criteri specifici nel cui ambito si garantirà anche il rispetto di quelle condizioni e che, peraltro, "includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto ".

Questo provvedimento intermedio può essere emesso in sede comunitaria (regolamento) ovvero, in sua assenza, dagli Stati membri, che, in tal caso, secondo quanto dispone la direttiva, dovranno emanarlo " tenendo conto della giurisprudenza applicabile" e informandone la Commissione.

In conclusione, quindi, se pure la normativa comunitaria e italiana indicano alcune condizioni generali per valutare la fine-rifiuto, in realtà trattasi di condizioni che devono essere rese operative attraverso un provvedimento, comunitario o nazionale, che le recepisca nell’ambito di criteri specifici relativi a singole categorie di rifiuti. Ed è chiarissimo, in proposito che, come ribadito dal Consiglio di Stato, in assenza di criteri comunitari, l'unico provvedimento ammesso dalla legge italiana sono i decreti del Ministero dell'Ambiente di cui al comma 2 dell'art. 184 ter.

Nelle more, per la fase transitoria, il comma 3 dello stesso articolo dispone che continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210; decreti ormai obsoleti, predisposti per l'applicazione di procedure semplificate e che non riguardano tutti i rifiuti.

SITUAZIONE ATTUALE. LA NUOVA DIRETTIVA COMUNITARIA DEL 2018.

Il problema si pone in quanto, dopo oltre 8 anni, il Ministero dell' Ambiente non ha ancora provveduto (salvo pochissimi casi) ad emanare questi decreti, rinviando, per la fase transitoria, ai criteri molto datati del comma 3. Si noti che nel 2017 il Ministero dell'Ambiente, su pressione di alcune Regioni, aveva emanato una circolare in cui demandava genericamente alle Regioni, in sede di rilascio di autorizzazioni, anche EoW. Ma tale soluzione veniva bocciata dal Consiglio di Stato, che, nella sentenza sopra citata, la riteneva giustamente contrastante con la legge.

Resta, quindi, il problema di chiudere il cerchio per i rifiuti non oggetto di specifica normativa EoW in base alla normativa comunitaria ed italiana di portata generale.

A questo punto, si deve precisare che, nel frattempo, è cambiata la normativa comunitaria, in quanto attualmente la problematica in esame è disciplinata dall' art. 6 della direttiva UE n. 851 del 2018, che ha sostituito il sopra riportato art. 6 della direttiva n. 98 del 2008.

Leggiamolo insieme:

Articolo 6 Direttiva n. 851 del 30 maggio 2018

Cessazione della qualifica di rifiuto

1. Gli Stati membri adottano misure appropriate per garantire che i rifiuti sottoposti a un’operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo cessino di essere considerati tali se soddisfano le seguenti condizioni:

a)

la sostanza o l’oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

2. La Commissione monitora l’evoluzione dei criteri nazionali per la cessazione della qualifica di rifiuto negli Stati membri e valuta la necessità di sviluppare a livello di Unione criteri su tale base. A tale fine e ove appropriato, la Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire i criteri dettagliati sull’applicazione uniforme delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti.

Tali criteri dettagliati garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e agevolano l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Essi includono:

a)

materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;

b)

processi e tecniche di trattamento consentiti;

c)

criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

d)

requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; e

e)

un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 39, paragrafo 2.

In sede di adozione di tali atti di esecuzione, la Commissione tiene conto dei criteri pertinenti stabiliti dagli Stati membri a norma del paragrafo 3 e adotta come punto di partenza quelli più rigorosi e più protettivi dal punto di vista ambientale.

3. Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione ai sensi del paragrafo 2, gli Stati membri possono stabilire criteri dettagliati sull’applicazione delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti. Tali criteri dettagliati tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell’oggetto e soddisfano i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e).

Gli Stati membri notificano alla Commissione tali criteri in applicazione della direttiva (UE) 2015/1535 ove quest’ultima lo imponga.

4. Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità della direttiva (UE) 2015/1535.

Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti.

5. La persona fisica o giuridica che:

a)

utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato; o

b)

immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato un rifiuto,

provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al paragrafo 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto

Come si vede, la nuova normativa comunitaria sottolinea espressamente che, in assenza di criteri comunitari, i criteri adottati in sede nazionale siano dettagliati e tali da garantire una applicazione uniforme in tutta la Ue, precisandone, nel comma 2, i contenuti, insieme all'obbligo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e agevolare l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.

Contenuti ed obbligo che, nel comma 4, vengono richiamati espressamente anche qualora, in assenza di criteri a livello di Unione o a livello nazionale, gli Stati membri decidano "caso per caso".

Oggi occorre, quindi, adeguare l'art. 184-ter D. Lgs 152/06 alla nuova direttiva, specie per quanto concerne i nuovi aspetti appena evidenziati.

E occorre farlo con urgenza soprattutto per quanto concerne i rifiuti non contemplati dai (pur vetusti) decreti ministeriali previsti per la fase transitoria dal comma 3, prendendo atto che certamente il Ministero dell'Ambiente non può rimediare in pochi mesi ad una inerzia (per la emanazione dei decreti di cui al comma 2) che perdura da oltre 8 anni. Ma nel frattempo prendendo anche atto che occorre evitare disparità di trattamento anche e soprattutto nel territorio nazionale.

Tanto più che, proprio con riferimento a possibili ritardi od omissioni per dichiarare EoW, è in fase di decisione una procedura (Causa C‑60/18) presso la Corte europea di giustizia rispetto alla quale il 29 novembre 2018 l'Avvocato Generale ha formulato le seguenti conclusioni:

" In conformità dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, gli Stati membri possono prevedere che, di norma, i rifiuti siano assoggettati alla normativa relativa ai rifiuti fintantoché non soddisfino i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto stabiliti, per il rispettivo specifico tipo di rifiuti, mediante un atto giuridico europeo o nazionale di portata generale.
Tuttavia, in mancanza di tali criteri, il detentore dei rifiuti ha diritto di chiedere all’autorità competente o a un giudice di uno Stato membro di accertare, per determinati rifiuti, la cessazione della qualifica di rifiuto se, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti e dello stato più avanzato delle conoscenze scientifiche e tecniche, tali rifiuti sono stati resi utilizzabili al di là di ogni ragionevole dubbio attraverso un’operazione di recupero, senza compromettere la salute umana o danneggiare l’ambiente o senza che il detentore se ne disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsene a norma dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98
."

UNA POSSIBILE SOLUZIONE TAMPONE

Ovviamente, in questo quadro e a questo punto, qualsiasi soluzione tampone è discutibile ma appare inevitabile se non si vuole veramente correre il rischio di collocarsi al di fuori della legalità comunitaria e dare argomenti alle nuove vestali dell'economia circolare per le quali sinora la panacea consisteva nell'affidare tutto incondizionatamente alle Regioni; con buona pace della uniformità di condizioni per il territorio nazionale.

E allora, senza alcuna pretesa di completezza, in attesa dei decreti ministeriali del comma 2, che vanno messi in cantiere con la massima urgenza, una possibile soluzione tampone per eliminare vuoti di intervento, garantendo, nel periodo transitorio, il rispetto della normativa comunitaria e la uniformità di trattamento, potrebbe essere la seguente integrazione dell'art. 184-ter D. Lgs. 152/06, con un comma 3-bis che anticipa i nuovi criteri della nuova direttiva sotto il controllo del Ministero dell'Ambiente:

Articolo 184-ter

(Cessazione della qualifica di rifiuto)

3 bis Qualora si tratti di rifiuti non previsti dai decreti di cui al comma precedente, nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, i criteri specifici di cui al comma 1 possono essere stabiliti per il singolo caso, nel rispetto delle condizioni indicate nel comma 1, tramite autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 e delle disposizioni contenute nel titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.

Tali criteri garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana, agevolano l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e includono:

a)

materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;

b)

processi e tecniche di trattamento consentiti;

c)

criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

d)

requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; e

e)

e) un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

Le autorizzazioni di cui sopra devono essere trasmesse entro 20 giorni dal rilascio al Ministero dell'ambiente, il quale provvede a controllare il rispetto delle condizioni di cui ai commi precedenti, adottando gli eventuali provvedimenti necessari a garantire una applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale. "

Quanto alle autorizzazioni già rilasciate dalle Regioni (da ritenersi illegittime ai sensi della sentenza Consiglio di Stato) si potrebbe sancire per legge che restano valide per 6 mesi, con obbligo di immediata trasmissione al Ministero dell'Ambiente, il quale, entro 6 mesi, provvede a confermarle, controllando il rispetto delle condizioni di cui ai commi precedenti ed apportando alle stesse, se necessario, le modifiche eventuali atte a garantire una applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale.

Infine, si potrebbe, contestualmente, istituire una apposita commissione presso il Ministero dell'Ambiente, con il compito di coadiuvarlo in questa materia e di predisporre con urgenza i decreti governativi di cui al comma 2, provvedendo gradualmente alla sostituzione di quelli oggi ancora vigenti per la fase transitoria.

1 AMENDOLA,Codice ambiente, quando un rifiuto cessa di essere tale, inAmbiente e sicurezza sul lavoro 2011, n. 3, pag. 62 e segg. ;Fine rifiuto dopo recupero: quando si verifica veramente?, in www.industrieambiente.it, ottobre 2016; End of Waste e Consiglio di Stato: solo lo Stato può intervenire sulla cessazione della qualifica di rifiuto , inwww.lexambiente. it, marzo 2018; End of waste, recupero di rifiuti e Consiglio di stato. Chiariamo le responsabilità in www.rivistadga.it n. 3, 2018

Per il diritto comunitario, è la stessa Corte europea ad evidenziare che "siffatte

2 Per il diritto comunitario, è la stessa Corte europea ad evidenziare che " siffatte condizioni non possono, di per se stesse, consentire di dimostrare direttamente che taluni rifiuti non devono più essere considerati tali ". Cfr. n. 55 CGCE 7 marzo 2013.