VIVA VIVA IL QUARTO CORRETTIVO
a cura di Gianfranco Amendola

 

Natale 2010 ci ha regalato il quarto correttivo sui rifiuti. Questa volta, per adeguare il TUA alle disposizioni della nuova direttiva del 2008. Il che è certamente un intento lodevole, tanto più che una volta tanto l’Italia è intervenuta (poco) prima che scadessero i termini comunitari.

In realtà, il quarto correttivo non si limita affatto al recepimento della direttiva ma interviene, a macchia di leopardo, su molte parti del TUA che nulla hanno a che vedere con la direttiva e  aggiunge la materia del SISTRI, cui fornisce (meglio tardi che mai) le sanzioni.

Questa poteva quindi essere l’occasione per rivedere totalmente la pessima quarta parte del pessimo TUA, rendendola comprensibile, operativa e, soprattutto, attenta alla tutela dell’ambiente più che agli interessi economici di pochi.

E, invece, l’andazzo è quello di sempre: una normativa sciatta, confusa, raffazzonata per alcune parti ed estremamente pignola per altre, che non incide minimamente sulla pessima qualità del testo precedente (nonostante le migliorie del D. Lgs n. 4/2008) e, soprattutto, come sempre, attenta ad allargare al massimo la sfera di azione degli inquinatori, sfruttando, tra l’altro, ogni spiraglio offerto dalla direttiva da recepire. Anche perché –diciamo la verità- questa direttiva UE del 2008 non è un gran che e risente visibilmente dei troppi compromessi intervenuti tra gli Stati membri prima della sua pubblicazione; sembra quasi, per alcuni articoli, che si sia “italianizzata”.

Ciò che stupisce, in questo quadro, sono alcuni gridi di giubilo provenienti da alcuni commentatori della materia, che, pubblicizzando corsi di aggiornamento, parlano addirittura di “fondamentale riforma” che rende “finalmente operativo il sistema in tutte le sue forme”.

Sono certo che, quando andranno a spiegare la riforma, questi commentatori, di solito attenti ed equilibrati, aggiusteranno il tiro.

Tuttavia, mi sembra opportuno che qualcuno dica subito e con chiarezza che il quarto correttivo è, ancora una volta, calibrato su interessi diversi dalla tutela dell’ambiente e della salute.

Del resto il primo biglietto da visita del quarto correttivo appare già dalla forma: una serie incredibile di errori di stampa, di errori di numerazione, di richiami che non esistono, già messi bene in evidenza in questo sito da un articolo di Pierobon.

Ma andiamo al merito.

Certo, a prima vista, un profano resta incantato di fronte alle tante disposizioni che si crogiolano nella “sostenibilità”, negli “ecobilanci”, nella “efficienza”, nella “trasparenza” e nel diritto all’accesso alle informazioni ambientali. E non capisce che è solo fumo negli occhi perché si tratta di enunciazioni astratte non supportate da alcuna realtà operativa.

Certo, a prima vista, un profano ammira la concretezza di una legge che finalmente pone limiti temporali ben precisi per la raccolta differenziata, il recupero ed il riciclaggio. E non capisce che, come già avvenuto per il passato, in un paese dove esiste la vergogna napoletana (e non solo), sono tutte chiacchiere perché tanto le scadenze non verranno rispettate, saranno prorogate e si ricomincerà da capo senza alcuna sanzione per gli amministratori inadempienti

Certo, a prima vista, un profano plaude alla rivalutazione della sanzione per chi abbandona rifiuti. E non capisce che il problema non è l’entità della sanzione ma la qualità e la quantità dei controlli (praticamente inesistenti). E non sa che da anni stiamo aspettando i delitti contro l’ambiente.

Certo, a prima vista, un profano guarda con soddisfazione alla riaffermazione della gerarchia dei rifiuti dove gli inceneritori e le discariche sono all’ultimo gradino. E non si accorge dello spazio sproporzionato che, con ben due commi, il nostro legislatore dedica alla possibilità di deroga rispetto alla gerarchia comunitaria, sintetizzata, invece, nella direttiva, nella semplice affermazione che “…può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti.

Certo, a prima vista un profano plaude alla introduzione del nuovo concetto di “responsabilità estesa del produttore”, ma non si accorge che tale disposizione non è affatto operativa in quanto le modalità e i criteri di introduzione sono demandati a uno o più decreti del Ministro dell’ambiente (futuri e incerti).

E lo stesso dicasi per il fondamentale concetto di “materia prima secondaria” (tanto utilizzato dai nostri inquinatori), oggi disciplinato sotto la “cessazione della qualifica di rifiuto”, dove, a parte alcune “perle” di dettaglio, tutto è rinviato a futuri decreti; e intanto restano in vigore i decreti precedenti che sono palesemente in contrasto con la nuova disciplina comunitaria. E, in più, la norma comunitaria, che riguarda solo “taluni rifiuti specifici”, viene disinvoltamente allargata a tutti i rifiuti.

E lo stesso dicasi per la vergognosa normativa di favore italiana per le terre e rocce da scavo, attualmente contenuta nell’art. 186 TUA, la quale resta in vigore, in quanto sarà abrogata solo dalla data (futura e incerta) di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 184-bis, comma 2 (articolo 39, comma 4, D.Lgs. n. 205 del 2010).

Certo, a prima vista un profano può compiacersi che una nozione controversa quale quella di “sottoprodotto” sia finalmente disciplinata su criteri normativi comunitari. E non si rende conto che, però, il legislatore italiano si è affrettato a specificare, in totale contrasto con la Corte europea di giustizia, che la ambigua definizione condizione comunitaria secondo cui deve essere “certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o” va intesa nel senso che ciò può avvenire senza limiti, e cioè “nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi”; guardandosi bene, nel contempo,  dallo specificare, invece, che cosa si intende per “normale pratica industriale”, unico “ulteriore trattamento” consentito perché un prodotto indesiderato sia considerato sottoprodotto e non rifiuto.

Potremmo continuare a lungo. Anche perché andrebbero esaminate le ragioni per cui il legislatore italiano si è completamente dimenticato di alcune materie particolarmente confuse e poco applicabili, quali le bonifiche, l’assimilazione di rifiuti, le voci a specchio dei rifiuti pericolosi ecc.

Con la chicca finale, contenuta quasi in ogni articolo che, comunque “le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Ed è certamente significativo che l’unica nota positiva del correttivo, l’operatività del SISTRI, è stata rinviata, tre giorni prima che entrasse in vigore il correttivo, con un decreto successivo emanato tra le lacrime della Ministra che lo ha firmato.