TAR Puglia (BA) ord. 73 del 24 aprile 2008
Rifiuti. Divieto smaltimento rifiuti pericolosi e non prodotti fuori regione

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata - per violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s), dell’art. 120, comma 1 e dell’art. 41, comma 1, della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell\'art. 3, comma 1, della legge della regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 353/2008 proposto da:
società Recuperi Pugliesi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vito Di Natale e Giuseppe Mariani, con domicilio eletto presso il primo in Bari, via Guido De Ruggiero 9;

contro

la Provincia di Bari, in persona del Presidente pro – tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Rosa Dipierro e Sabatino Minucci, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Bari, lungomare Nazario Sauro 29;
la Regione Puglia, non costituita in giudizio;

per l\'annullamento
previa sospensione dell\'efficacia,

- della nota prot. n. 4/11 - 6/Rif, del 2 gennaio 2008, successivamente pervenuta alla ricorrente, con la quale si fa espresso divieto di smaltire rifiuti pericolosi e non pericolosi prodotti al di fuori dalla Regione Puglia;

- di qualunque altro atto ad esso connesso, ancorché non conosciuto.

Per l\'accertamento e la declaratoria del diritto della ricorrente, ai sensi dell\'art. 35 del d. lgs n. 80/1998, come modificato dall\'art. 7 della legge n. 205/2000, ad ottenere il danno ingiusto, conseguente all\'illegittimo operato della provincia di Bari, attraverso il risarcimento per equivalente.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;

Vista la domanda di sospensione dell\'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l\'atto di costituzione in giudizio della provincia di Bari;
Relatore il referendario Laura Marzano;
Uditi, nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2008, i difensori delle parti come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO

La ricorrente, società operante nel settore dello smaltimento e recupero dei rifiuti, smaltisce rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi presso il proprio impianto in Modugno, ancorché prodotti in ambito extraregionale, in virtù di autorizzazione conseguita con delibera n. 1622 della Giunta Provinciale in data 23 giugno 1994.

In data 31 ottobre 2007, il Consiglio regionale pugliese ha approvato la legge regionale di iniziativa popolare n. 29 recante la “Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia”; in particolare, la nuova legge regionale è caratterizzata da una disciplina limitativa che legittima lo smaltimento sul territorio regionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi prodotti fuori dalla Regione, solo nell’ipotesi in cui gli impianti di smaltimento “siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali” (art. 3, comma 1, l.r. n. 29 del 2007), prevedendo, a questo proposito, un complesso sistema di certificazioni delle autorità extraregionali, sostituibili da autocertificazioni, in ordine al rispetto della condizione di “viciniorità” indispensabile per lo smaltimento dei rifiuti sul territorio regionale.

Con nota del 28 novembre 2007, la ricorrente, onde poter continuare a trasportare e smaltire rifiuti speciali provenienti dal Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Basilicata ed Emilia Romagna, ha chiesto al Presidente della Provincia di Bari nonché al Dirigente del settore Ecologia ed Ambiente della Provincia di Bari:

- “ai sensi dell’art.3, commi 2 e 3, b) della legge regionale n.29/97, il rilascio del certificato per il trasporto di rifiuti speciali destinati allo smaltimento, anche in assenza della dichiarazione di cui al richiamato articolo 3, comma 3, b), ovvero in assenza di una autodichiarazione di cui all’art. 3 comma 5, della legge regionale predetta”;

- “di essere espressamente autorizzata allo smaltimento dei rifiuti provenienti da altre regioni, presso il proprio impianto sito in Modugno (Ba), alla via c. da Gammarola, 3 Z.I., ovvero, in alternativa, essere sin d’ora espressamente esonerata dall’invio, con cadenza semestrale, dei certificati e dichiarazioni di cui all’art. 5 della legge regionale n. 29/07, per la sola attività di smaltimento dei rifiuti speciali provenienti da altre regioni”.

Con nota del 2 gennaio 2008, prot. n. 04/11.6/Rif., il Dirigente del servizio “Rifiuti” della Provincia di Bari, espressamente in riscontro alla richiesta della ricorrente protocollata al n. 4386/11.6/Rif. del 30 novembre 2007, previo richiamo alla disciplina contenuta nella legge regionale n. 29 del 31 ottobre 2007, ha così provveduto: “… conformemente al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, alla direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975 e successive modificazioni e integrazioni, al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove lo smaltimento di rifiuti speciali, presso impianti ubicati nel territorio regionale, avvenga in violazione delle richiamate disposizioni, si riterranno inadempiute le prescrizioni di gestione contenute nei provvedimenti autorizzatori con conseguente comminatoria delle sanzioni normativamente previste”.

Il provvedimento del Servizio Rifiuti della Provincia di Bari è stato impugnato dalla ricorrente per i seguenti motivi: 1) Illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 5 e 6 della legge regionale pugliese 31 ottobre 2007, n. 29, per violazione degli articoli 117, 3, 41, 120 della costituzione; 2) Violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa; 3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 7, 8, 9, 10, 11 del regolamento CE n. 1013/06; violazione e falsa applicazione del considerando n. 10 e degli artt. 4, 5, 6, 7 della direttiva 2006/12/CE; 4) Violazione e falsa applicazione degli artt 28, 29 Trattato CEE; violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Bari che, controdeducendo sul merito del ricorso, ha affermato la piena legittimità del provvedimento impugnato il quale, come riconosciuto dalla ricorrente, “costituisce puntuale applicazione della legge regionale pugliese n. 29/07”.

Alla Camera di consiglio del 13 marzo 2008, la Sezione ha accolto, con l’ordinanza n.158/2008, l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, sospendendo “fino alla decisione che sarà assunta dalla Corte costituzionale sulla emananda ordinanza di rimessione, il provvedimento impugnato nella parte in cui impone al ricorrente di attenersi, per lo smaltimento dei rifiuti speciali, alla norma di legge regionale citata anziché alla normativa statale di settore”.

DIRITTO
1. SULLA RILEVANZA NEL GIUDIZIO A QUO.

1.1. In via preliminare, la Sezione rileva che la decisione del ricorso non può prescindere dalla questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 117, comma 2, lettera s), 120, comma 1 e 41, comma 1, della Costituzione, dell’art.3, comma 1, della legge della regione Puglia 31 ottobre 2007 n. 29, recante la “Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia”.

In particolare va rimarcato che il T.A.R. è chiamato a pronunciarsi sulla nota-provvedimento del 2 gennaio 2008, prot. n. 04/11.6/Rif. del Servizio Rifiuti della Provincia di Bari, impugnato dalla ricorrente, che ha sostanzialmente vietato lo smaltimento nella discarica sita in Modugno dei rifiuti speciali provenienti dalle Regioni Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Basilicata ed Emilia Romagna, sulla base dell’unica circostanza giustificativa della normativa sopravvenuta di cui alla l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29.

Sul punto osserva il Collegio che l’impugnata nota, sebbene adoperi la formula impersonale e ipotetica del richiamo alla suddetta legge regionale per affermare che “ove lo smaltimento di rifiuti speciali, presso impianti ubicati nel territorio regionale, avvenga in violazione delle richiamate disposizioni, si riterranno inadempiute le prescrizioni di gestione contenute nei provvedimenti autorizzatori con conseguente comminatoria delle sanzioni normativamente previste”, in realtà, essendo adottata espressamente in risposta alla precisa richiesta di autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti speciali in deroga alle norme della citata legge regionale, indirizzata dalla ricorrente con nota del 28 novembre 2007, assume il valore inequivocabile di provvedimento di diniego implicito di autorizzazione.

Non possono sussistere dubbi, pertanto, in ordine al carattere provvedimentale dell’atto impugnato che, oltre a provenire dall’organo fornito di competenza in materia, reca un contenuto dispositivo individuabile proprio nella valutazione, in concreto, dell’impossibilità di smaltire nella discarica in questione i rifiuti provenienti dalle regioni italiane ben individuate, per relationem, nell’istanza cui detto provvedimento fornisce riscontro, salvo incorrere nelle sanzioni di legge per violazione delle prescrizioni contenute nei provvedimenti di autorizzazione.

Esiste, invero, uno stretto collegamento tra la nuova disciplina regionale dello smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, e l’emanazione dell’atto impugnato; difatti il contenuto normativo della nuova disciplina regionale, di cui il provvedimento impugnato costituisce piena e coerente applicazione, rende di fatto impossibile lo smaltimento dei rifiuti provenienti dalle regioni italiane non confinanti con la Puglia.

1.2. Strettamente collegato e dipendente dalla questione di costituzionalità della norma denunciata è il secondo motivo di ricorso.

Sul punto osserva il Collegio che il motivo non gode di autonoma rilevanza impugnatoria atteso che la denunciata violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa è riguardata, dalla parte ricorrente, in stretta correlazione con la norma della quale denuncia l’incostituzionalità.

Invero, nel censurare l’atto impugnato per violazione del principio di proporzionalità, la parte ricorrente da atto che le prescrizioni imposte dalla Provincia di Bari “mutuano pedissequamente quelle imposte dalla Regione Puglia con la legge 29/07”, sicché il secondo motivo di ricorso appare, di fatto, assorbito dal primo.

1.3. Sostanzialmente irrilevante è poi, ai fini della problematica della costituzionalità delle previsioni della legge regionale n. 29 del 2007, il riferimento al diritto comunitario sviluppato dalla parte ricorrente con il terzo e il quarto motivo di ricorso.

In particolare, l’art. 7, 4° comma della dir. 5 aprile 2006 n. 2006/12/CE (“gli Stati membri hanno la facoltà di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comunicati alla Commissione e agli Stati membri”) e, in generale, l’intera sistematica del provvedimento, si limitano semplicemente a legittimare la potestà degli Stati membri di limitare il movimento dei rifiuti, senza prevedere prescrizioni dal contenuto preciso ed autoapplicativo che possano trovare applicazione nel caso concreto.

Il regolamento CE 14 giugno 2006 n. 1013/2006 (regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo alle spedizioni dei rifiuti) contiene poi una serie di prescrizioni tese a regolamentare le spedizioni di rifiuti (soprattutto, provenienti da Stati siti al di fuori dell’Unione europea), ma non vieta in linea di principio la movimentazione degli stessi; soprattutto il regolamento non contiene disposizioni che possano direttamente essere applicate alla fattispecie in decisione.

1.4. La problematica deve quindi essere decisa sulla base del diritto interno.

In altri termini, applicando l’art. 3, comma 1, della legge regionale della Puglia n. 29 del 2007 – della cui legittimità costituzionale si dubita – il ricorso in esame dovrebbe essere rigettato.

Diversamente, la dichiarazione d’incostituzionalità della norma ed il superamento del principio di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti speciali, di cui essa è espressione, priverebbe di base legale il provvedimento amministrativo impugnato nel presente giudizio.

2. SULLA NON MANIFESTA INFONDATEZZA.

2.1. Quanto al primo motivo di ricorso, il Collegio ritiene che esso sia astrattamente fondato, non potendosi dubitare dell’applicazione, alla attività di trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non, svolta dalla ricorrente, delle disposizioni contenute nell’art. 3 della legge della regione Puglia n. 29 del 31 ottobre 2007.

In particolare, sui commi 1 e 2 della suddetta norma, grava il sospetto di contrarietà ai principi costituzionali di cui agli artt. 117, comma 2, lettera s), 120, comma 1 e 41, comma 1, della carta fondamentale per quanto si dirà nel prosieguo.

2.1.1. In proposito la Sezione rileva come, negli ultimi anni, la Corte costituzionale abbia seguito una linea ricostruttiva (Corte cost. 14 luglio 2000 n. 281; 19 ottobre 2001 n. 335; 4 dicembre 2002 n. 505; 21 aprile 2005 n. 161; 26 gennaio 2007 n. 12) che porta a concludere per la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sviluppata dalle censure che sorreggono il primo motivo di ricorso.

La Consulta ha affrontato specificatamente la problematica in una sentenza (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335) resa in fattispecie (rifiuti speciali non pericolosi) identica a quella oggi in decisione; in quella sede, è stata ribadita la necessità di scrutinare la questione di costituzionalità delle leggi che vietano lo smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale, sulla base della sistematica complessiva del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale) che “disciplina la "gestione dei rifiuti" mediante disposizioni che si autoqualificano principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell\'art. 117 della Costituzione, nonché "norme di riforma economico-sociale" nei confronti delle regioni a statuto speciale” (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335).

Tuttavia non va sottaciuto che, per quanto illuminante, la giurisprudenza costituzionale da ultimo richiamata è maturata sotto la vigenza dell’art. 117 cost, nel testo ante riforma del titolo V della parte II della Costituzione, operata con legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.

Nei più recenti arresti, infatti, il Giudice delle Leggi, pur prendendo spunto e facendo propria la ricostruzione sistematica della materia in precedenza operata, si è misurato con il nuovo parametro costituzionale costituito dal novellato art. 117 e, nello specifico, con la riserva di legge statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, di cui al comma 2, lettera s), della predetta norma.

Nella sentenza n. 161 del 21 aprile 2005, la Corte da atto e ribadisce di essere già intervenuta in tema di limiti imposti dalla legislazione regionale allo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale, precisando che il principio dell\'autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali vale, ai sensi dell\'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, solo per i rifiuti urbani non pericolosi (ai quali fa riferimento l\'articolo 7, commi 1 e 4, del d.lgs. da ultimo citato) e non anche per altri tipi di rifiuti, per i quali vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, per ridurre il movimento dei rifiuti stessi, correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento, ai sensi della lettera b) del medesimo comma 3; ed a siffatto criterio sono stati ritenuti soggetti i rifiuti speciali, definiti dall\'articolo 7, commi 3 e 4 (sentenza n. 505 del 2002), sia pericolosi (sentenza n. 281 del 2000) che non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001).

In particolare la Corte ha precisato che ove una legge regionale imponga un generale divieto, per chiunque conduca nel territorio della regione impianti di smaltimento e/o stoccaggio di rifiuti, anche in via provvisoria, di accogliere negli impianti medesimi rifiuti provenienti da altre regioni o nazioni, “tale divieto, se è legittimo per quanto in precedenza rilevato con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi, si pone, invece, in contrasto con la Costituzione nella parte in cui si applica a tutti gli altri tipi di rifiuti di provenienza extraregionale, perché invade la competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell\'ambiente e dell\'ecosistema dall\'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in contrasto con i principî fondamentali della legislazione statale contenuti nel decreto legislativo n. 22 del 1997; …. (sentenze n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002)”(Corte cost. 21 aprile 2005, n. 161).

In particolare, nella decisione 4 dicembre 2002 n. 505, la Corte costituzionale ha chiarito come la propria giurisprudenza in materia di incostituzionalità delle leggi regionali prevedenti divieti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi di provenienza extraregionale, trovi applicazione, non solo con riferimento ai divieti assoluti di smaltimento, ma anche alle più diverse formulazioni con le quali si introducano, di fatto, dei “divieti relativi” (limiti quantitativi allo smaltimento; limitazioni territoriali; ecc.).

Come evidenziato nella sentenza n. 12 del 26 gennaio 2007, la “Corte già più volte è intervenuta sui limiti imposti dalla legislazione regionale allo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice soluzione in relazione alla tipologia dei rifiuti in questione. Da un lato si è statuito che, alla luce del principio di autosufficienza stabilito espressamente, ora, dall\'art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato, affermato dall\'art. 5, comma 5, del decreto legislativo n. 22 del 1997, il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi; mentre si è, d\'altro canto, affermato che il principio dell\'autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere per quelli pericolosi – fra i quali sono compresi, fra gli altri, anche gran parte di quelli di origine sanitaria (sentenza n. 281 del 2000) – né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001). Si è, infatti, rilevato che per tali tipologie di rifiuti – pericolosi e speciali (sentenza n. 505 del 2002) – non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l\'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001). Tanto più che vi è la necessità, per determinate categorie di rifiuti (quali quelli sanitari pericolosi), che lo smaltimento avvenga in strutture specializzate, non presenti in maniera omogenea sul territorio nazionale. Questa constatazione vale a superare le argomentazioni della Regione che tendono a valorizzare il requisito della “prossimità” rispetto a quello della “specializzazione”. È evidente, infatti, che l\'ordine logico richiede che il requisito della “specializzazione” preceda quello della “prossimità”, posto che solo dopo aver determinato la tipologia dei rifiuti può aversi un quadro della dislocazione degli impianti che trattano del loro smaltimento nel territorio nazionale. Del resto, questa Corte già si è pronunciata nelle sentenze innanzi citate sulla impossibilità che, per le tipologie di rifiuti che esulano dalla “ordinarietà”, sia predeterminato un ambito territoriale ottimale e sulla necessità che lo smaltimento sia effettuato nella maniera più appropriata. Dalle citate sentenze emerge che il principio dell\'autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti urbani ordinari non si applica alle tipologie di rifiuti speciali pericolosi” (Corte cost. 26 gennaio 2007, n. 12).

Come si può rilevare, la costruzione della Corte costituzionale affonda le proprie radici nella stessa definizione normativa di rifiuti speciali (art. 7 del d.lgs. 22 del 1997; oggi art. 184 del d.lgs. 152 del 2006) che opera un riferimento “ad una variegata tipologia comprensiva, prescindendo dalle caratteristiche di eventuale pericolosità, di ben dieci (oggi dodici) categorie di rifiuti di diversa origine. La loro produzione è generalmente connessa ad attività lavorative: di tipo agricolo, edilizio, industriale, artigianale, commerciale, sanitario e così via, sicché la loro localizzazione normalmente non è distribuita in modo omogeneo sul territorio e comunque non è facilmente predeterminabile, così come non è facilmente prevedibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire. Va inoltre considerata, in relazione a questa tipologia di rifiuti che presentano caratteristiche così diverse tra di loro, la necessità che siano utilizzati impianti di smaltimento appropriati o addirittura, per qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i rifiuti sanitari o i veicoli a motore, impianti "specializzati", secondo quanto appunto prevede l\'art. 5, comma 3, lettera b), del decreto n. 22 del 1997, che, sul punto, oltre tutto, conferma l\'impianto del previgente D.P.R. n. 915 del 1982. Risulta dunque evidente la ragione per cui anche per i rifiuti "speciali", al pari di quelli pericolosi, il legislatore statale non predetermina un ambito territoriale ottimale, che valga a garantire l\'obiettivo specifico dell\'autosufficienza nello smaltimento, fissato in modo espresso dall\'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 per i soli rifiuti urbani non pericolosi” (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335).

2.1.2. Dalla ricostruzione sistematica sopra richiamata, la Corte costituzionale desume un ulteriore profilo di incostituzionalità, per violazione della disposizione contenuta nell’art. 120, comma 1, della Costituzione, delle leggi regionali che di fatto impongano il divieto di smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale (in tal senso Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335 ).

Siffatta affermazione è ribadita, più di recente, nella sentenza n. 161 del 2005, che richiama “il vincolo generale imposto alle Regioni dall\'art. 120, primo comma, della Costituzione, che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni”.

2.1.3. Infine, la rilevanza economica dell’attività di smaltimento dei rifiuti (che, anche ai sensi del diritto comunitario, rimane comunque “un "prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della generale libertà di circolazione delle merci”, Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335) permette di ravvisare la violazione anche della previsione dell’art. 41, comma 1, della Costituzione, relativo alla libertà dell’iniziativa economica ingiustificatamente compressa, sia con riferimento alla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (che sarebbero penalizzati dalla creazione di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui non è possibile o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, sarebbero soggetti ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze).

2.2. Nel caso di specie, la previsione dell’art. 3, comma 1, della legge della regione Puglia 31 ottobre 2007 n. 29, che limita lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui gli impianti di smaltimento “siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali” integra un “divieto relativo” (Corte cost. 4 dicembre 2002 n. 505) che, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. 14 luglio 2000 n. 281; 19 ottobre 2001 n. 335; 4 dicembre 2002 n. 505; 21 aprile 2005 n. 161; 26 gennaio 2007 n. 12), contrasta con le previsioni:

a) dell’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, perché invade la competenza esclusiva attribuita dalla predetta norma allo Stato in materia di tutela dell\'ambiente e dell\'ecosistema, in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale contenuti nel decreto legislativo n. 22 del 1997 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale);

b) dell’art. 120, comma 1, della Costituzione in quanto limita in modo ingiustificato la libertà di circolazione delle cose tra le Regioni, in contrasto con il divieto, contenuto nella predetta norma, di qualunque misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni;

c) dell’art. 41, comma 1, della Costituzione, in quanto incide, in modo ingiustificato, sia sulla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (di fatto penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni), sia dei produttori di rifiuti (soggetti, in un settore in cui non è possibile o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti che non solo non è sorretto da una corretta pianificazione ed è, quindi, fortemente passibile di inefficienze, ma, per di più, trasla, di fatto, sui singoli operatori del settore, l’onere di individuare e certificare il requisito della maggiore viciniorità che, al contrario, dovrebbe gravare, in sede di pianificazione, sull’autorità regionale).

3. In conclusione, il Collegio ravvisa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell\'art. 3, comma 1, della legge della regione Puglia 31 ottobre 2007 n. 29, per violazione delle disposizioni contenute negli artt. 117, comma 2, lettera s), 120, comma 1 e 41, comma 1, della Costituzione.

Va pertanto disposta - ai sensi dell’art. 134 della Costituzione; dell’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, oltre agli ulteriori adempimenti di legge come indicati in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, I Sezione, visti: l’art. 134 della Costituzione; l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; l’art. 1 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale di cui alla deliberazione della stessa Corte costituzionale in data 16 marzo 1956:

- dichiara rilevante e non manifestamente infondata - per violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s), dell’art. 120, comma 1 e dell’art. 41, comma 1, della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell\'art. 3, comma 1, della legge della regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 come da motivazione;

- sospende il presente giudizio;

- ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni di cui al punto seguente;

- dispone che, a cura della Segreteria del Tribunale, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale pugliese e comunicata al Presidente del Consiglio regionale pugliese.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2008 con l\'intervento dei Magistrati:
Doris Durante, Presidente FF
Giuseppina Adamo, Consigliere
Laura Marzano, Referendario, Estensore
 

 

L\'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2008
IL SEGRETARIO