TAR Toscana, Sez. II, del 7 febbraio 2013, n. 216
Rifiuti. Bonifica dei siti di interesse nazionale e imposizione di misure di messa in sicurezza d'emergenza

Fermo restando che non sussiste in capo al proprietario di un'area inquinata non responsabile dell'inquinamento l'obbligo di porre in essere interventi di messa in sicurezza d'emergenza, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l'area interessata libera dall'onere reale che incombe sull'area ai sensi dell'art. 253 del d.lgs. n. 152/2006, nel caso della bonifica dei siti di interesse nazionale, l'imposizione di misure di messa in sicurezza d'emergenza ulteriori rispetto a quelle già adottate, deve essere adeguatamente motivata con riferimento all'urgenza, al pericolo per la salute e all'inadeguatezza delle misure preesistenti, al fine di garantire il rispetto del principio di trasparenza e del contraddittorio con i destinatari delle prescrizioni. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00216/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01415/2007 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1415 del 2007, proposto da: 
Soc. Carbocarrara s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Acquarone, Carlo Lenzetti, Alessio Strenta, con domicilio eletto presso - Studio Associato Gracili in Firenze, via dei Servi 38;

contro

- Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
- Regione Toscana, in persona del Presidente p.t.;
- Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente p.t.;
- A.R.P.A.T. Azienda Reg. Protezione Ambientale della Toscana, in persona del legale rappresentante p.t.;
- A.R.P.A.T. Dipartimento Provinciale di Massa, in persona del legale rappresentante p.t.,; 
- Comune di Massa, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Francesca Panesi, Manuela Pellegrini, con domicilio eletto presso Domenico Iaria in Firenze, via dei Rondinelli 2;

per l'annullamento

- del decreto prot. n.3622/qdv/di/b adottato in data 18 maggio 2007 dal Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avente ad oggetto " provvedimento finale di adozione, ex art.14 ter, legge 7 agosto 1990, n.241, delle determinazioni delle conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di "Massa Carrara" del 14/3/2005, 30/3/2006 e 28/4/2006", notificato in data 28 maggio 2007;

di tutti gli atti, comportamenti,provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, ivi inclusi, in particolare:

a) il verbale e le determinazioni assunte dalle conferenze di servizi decisorie tenutesi presso il Ministero dell'ambiente in data 14/3/2005, 28/7/2005, 30/3/2006 e 28/4/2006, richiamate nel decreto direttoriale impugnato;

b) delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell'ambiente in data 13 dicembre 2006, che ad oggi non è ancora stata oggetto di approvazione da parte del direttore generale del Ministero dell'ambiente;

c) del parere dell'Istituto superiore di sanità prot. n.641488 ia.12, nella parte in cui determina i valori di concentrazione limite ammissibile relativamente alle sostanze ammoniaca e solfati.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero della Salute, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Comune di Massa Carrara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Espone la ricorrente di condurre di locazione un terreno posto nell'ambito del sito di interesse nazionale di Massa Carrara di proprietà della ditta Franchi Umberto Marmi S.r.l..

La deducente riferisce, inoltre, di svolgere come attività principale quella del riciclaggio dei residui della lavorazione del marmo, ma che tale attività non ebbe mai concretamente inizio in quanto le autorizzazioni necessarie allo svolgimento non furono mai rilasciate a fronte delle problematiche relative alla caratterizzazione dell'area.

A fronte della richiesta da parte del Ministero dell'ambiente di bonifica del suolo dell'area in questione la società Carbocarrara s.r.l. proponeva spontaneamente quale metodologia di intervento l’integrale rimozione del terreno contaminato; proposta che veniva accolta dal Ministero che, con la conferenza decisoria del 30 marzo 2006 approvava il progetto preliminare di bonifica della ricorrente.

Quanto alla falda acquifera la caratterizzazione svolta alla ricorrente e inizialmente non contestata dimostrava l'assenza di contaminazione delle acque sotterranee.

Tuttavia nella stessa conferenza del 30 marzo 2006 il Ministero procedente, non solo ordinava alla ricorrente la generica messa in sicurezza d'emergenza della falda, ma contestava anche l'interpretazione dei risultati della caratterizzazione con riferimento al presunto superamento dei valori limite dell'ammoniaca e dei solfati, senza peraltro che alcuna delle due sostanze sia mai stata oggetto di lavorazione o anche solo di semplice stoccaggio nell'area di titolarità della Carbocarrara.

La società decideva, comunque, di aderire al progetto collettivo di bonifica delle acque sotterranee dell'intera Zona industriale apuana, come stabilito dall'Accordo di programma stipulato il 28 maggio 2007 dal Ministero dell'ambiente, dalla Regione Toscana, dall'ARPAT, dalla Provincia e dai Comuni di Massa e Carrara.

Ciononostante la ricorrente si vedeva notificare gli esiti della conferenza decisoria del 28 aprile 2006 con la quale veniva prescritto nel termine di 30 giorni: l'adozione immediata di interventi di messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera consistente nella realizzazione di una barriera idraulica di emungimento e successivo trattamento lungo tutto il fronte dello stabilimento a valle idrogeologico dell'area, con interasse di sei pozzi di emungimento in grado di impedire la diffusione della contaminazione; la presentazione del progetto di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico delle.

Con decreto del direttoriale del 18 maggio 2007 prot. n. 3622/qdv il Ministero dell'ambiente recepiva le risultanze del conferenza decisoria di cui sopra.

Avverso tali atti proporre ricorso la società Carbocarrara s.r.l. chiedendone l'annullamento e deducendo:

1. Invalidità derivata.

2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della l n. 241/1990; dell’art. 17 d.lgs. n. 22/1997 e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione. Incompetenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001.

3. Violazione e falsa applicazione delle norme in materia ambientale e in particolare degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006.

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del decreto ministeriale n. 471/1999 e dell’art. 264 del d.lgs. n. 152/2006. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità.

5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22/1997 e del decreto ministeriale 471 del 999, nonché degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere sotto i profili del difetto assoluto di presupposti, della contraddittorietà, del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e di ingiustizia manifesta.

6. Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 17 d.lgs. n. 22/1997 e del decreto ministeriale n. 471 del 999, nonché degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale n. 367 del 6 novembre 2003. eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di presupposti, della contraddittorietà, del difetto di istruttoria e di motivazione, del travisamento dei fatti, dell'illogicità e dell'ingiustizia manifesta.

Si sono costituite in giudizio le amministrazioni statali intimate, unitamente al Comune di Massa, opponendosi all'accoglimento del gravame.

Nella pubblica udienza del 4 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame viene impugnato il decreto adottato in data 18 maggio 2007 dal Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avente ad oggetto "provvedimento finale di adozione, ex art.14 ter, legge 7 agosto 1990, n.241, delle determinazioni delle conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di "Massa Carrara" del 14/3/2005, 30/3/2006 e 28/4/2006", unitamente agli atti presupposti, con particolare riferimento alle determinazioni assunte dalle conferenze di servizi decisorie richiamate nel decreto direttoriale impugnato e alle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell'ambiente in data 13 dicembre 2006, non ancora approvata da parte del direttore generale del Ministero dell'ambiente.

Si contesta, altresì, il parere dell'Istituto superiore di sanità prot. n. 641488 ia.12, nella parte in cui determina i valori di concentrazione limite ammissibili, relativamente alle sostanze ammoniaca e solfati.

2. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità improcedibilità avanzate dalle difese controparti.

Ad avviso di queste, infatti, per un verso avrebbe dovuto essere impugnato anche il decreto direttoriale n. 3623 del 18 maggio 2007 che, approvando le indicazioni stabilite nella conferenza di servizi del 18 maggio 2007, reca prescrizioni analoghe a quelle dell'atto impugnato. Inoltre il ricorso sarebbe inammissibile nella parte in cui è volto ad impugnare le determinazioni assunte nella conferenza di servizi decisoria del 13 dicembre 2006, stante la loro natura di atto endoprocedimentale.

Si soggiunge, infine, che il ricorso dovrebbe dichiararsi improcedibile per la mancata impugnazione del decreto direttoriale n. 8107 del 2 marzo 2009 con cui sono state approvate le prescrizioni stabilite nei confronti della ricorrente dalla conferenza di servizi del 10 febbraio 2009, anche con riferimento alla bonifica della falda acquifera.

3. Le eccezioni non possono essere accolte.

In ordine all’omessa impugnazione del decreto n. 3623 va rilevato che la sua mancata impugnazione non esclude l’interesse della ricorrente a vedere caducate le prescrizioni lesive contenute nell’atto qui impugnato.

Relativamente alla pretesa inammissibilità delle censure rivolte al verbale della conferenza di servizi, in quanto atto endoprocedimentale, è evidente che esse sono tese a dimostrare l’illegittimità derivata del decreto di recepimento dello stesso verbale e, in ogni caso, l’inammissibilità potrebbe essere dedotta solo ove non fosse stato contestato anche l’atto finale del procedimento, ossia il decreto del direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell'ambiente.

3.1. Quanto all'eccezione di improcedibilità per mancata impugnazione di atti successivi che determinano un assetto di interessi che supera quello definito con gli atti impugnati in questa sede, si rileva che, all'esito dell'istruttoria disposta con l'ordinanza n. 1226/2012 del 5 luglio 2012, non sono state depositati in causa gli atti richiesti e neppure si è fornita da parte delle amministrazioni resistenti la dimostrazione che tali atti siano stati portati a conoscenza dell’interessata.

Ne segue che l'eccezione non può essere accolta.

4. Nel merito il ricorso è fondato.

Posto che il primo dei motivi lamenta l’illegittimità del decreto direttoriale, derivata da quella affliggerebbe le determinazioni della conferenza di servizi decisoria, occorre esaminare le censure a queste rivolte.

4.1. Il secondo motivo è teso a dimostrare la violazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22/1997 e degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006, oltre che il vizio di incompetenza per essere stato il decreto di approvazione delle conferenze di servizi adottato da un dirigente, invece che dal Ministro dell'Ambiente.

Quest’ultima doglianza va esaminata con priorità sulle altre in quanto, ove accolta, determinerebbe l’obbligo per il Collegio di rimettere l'affare alla competente autorità, restando precluso l'esame degli ulteriori motivi di censura, al fine di evitare intromissioni improprie nell'attività dell'organo riconosciuto come competente, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della l. n. 1034/1971, e ora dell’art. 34, co. 2, cod. proc. amm. (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568).

4.2. La tesi di parte va, tuttavia, disattesa.

Secondo l’avviso già espresso dalla Sezione e dal quale non si ravvisano motivi per discostarsi, il decreto di recepimento della determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria relativa ad un sito di bonifica di interesse nazionale costituisce un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso non concerne le scelte di fondo che la p.a. è chiamata a compiere in materia di bonifica, avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza d'emergenza e, poi, di bonifica (T.A.R. Toscana, sez. II, 25 novembre 2009, n. 2088).

4.3. Ed invero, l'art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 (applicabile al procedimento in forza della disposizione transitoria di cui all’art. 265 d.lgs. n. 152 del 2006) distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell'Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi l'individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all'indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità dell'intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l'appunto, dal comma 2 dell'art. 252. Si deve invece reputare che l'impugnato decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza d'emergenza e, poi, di bonifica.

Del resto, l'art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, "alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio": né una simile espressione può esser considerata atecnica o comunque non voluta e casuale, poiché essa si inserisce in una disposizione (l'art. 252 cit.) in cui, come accennato, quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell'Ambiente, lo si dispone espressamente, stabilendo che l'atto compete al "Ministro" e non al "Ministero" (in tal senso cfr. anche T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738).

5. Fondata si rivela, per contro, l’ulteriore profilo di censura dedotto.

L’art. 252, comma 4, del TU sull’ambiente stabilisce, infatti, che “La procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero delle attività produttive”.

La disposizione riportata comporta che il Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) deve obbligatoriamente far pervenire il proprio parere, per quanto non vincolante, in ordine all'esito finale del procedimento.

Orbene, nella fattispecie non risulta che detto Ministero sia stato sentito, né in sede di conferenze di servizio istruttorie e decisorie, alle quali non ha partecipato, né in sede di adozione del decreto conclusivo del procedimento dal quale non risulta l'acquisizione di alcun parere.

6. Fondato si palesa anche il quinto motivo con i quali Carbocarrara lamenta la contraddittorietà tra gli esiti dell’istruttoria e le conclusioni raggiunte dalle Conferenze di servizi, poi fatte proprie dal Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente con il decreto qui avversato, in merito alla responsabilità della medesima nell’aver causato la contaminazione rilevata con conseguente violazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 17 d.lgs. n. 22/1997, nonché del d.m. n. 471/1999.

6.1. In proposito occorre premettere che la giurisprudenza assolutamente prevalente è nel senso che le norme appena citate non consentono all’Amministrazione procedente di imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità, né diretta, né indiretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari o gestori o addirittura in ragione della mera collocazione geografica del bene, l'obbligo di bonifica di rimozione e di smaltimento dei rifiuti e, in generale, della riduzione al pristino stato dei luoghi che è posto unicamente in capo al responsabile dell'inquinamento, che le autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare. Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l'esperimento di adeguata istruttoria, l'esistenza di un nesso di causalità fra l'azione o l'omissione e il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile meramente in ragione di tale qualità (cfr. Cons. Stato sez. VI 18 aprile 2011, n. 2376; id., Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; T.A.R Campania, Napoli, sez. V, 1 marzo 2012, n. 1073; T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594; id. 1 aprile 2011, n. 565).

6.2. Alla luce delle superiori considerazioni, appare evidente che, nel sistema sanzionatorio ambientale, il proprietario del sito inquinato è senza dubbio soggetto diverso dal responsabile dell'inquinamento. Mentre su quest'ultimo gravano, oltre altri tipi di responsabilità da illecito, tutti gli obblighi di intervento, di bonifica elato sensu ripristinatori, previsti dal Codice dell'ambiente (in particolare, dagli artt. 242 ss.), il proprietario dell'immobile, pur incolpevole, non è immune da ogni coinvolgimento nella procedura relativa ai siti contaminati e dalle conseguenze della constatata contaminazione dovendo egli, infatti, attuare le misure di prevenzione di cui all'art. 242 nonché potendo sempre attivare volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale.

Più in particolare, ciò significa che il proprietario, ove non sia responsabile della violazione, non ha l'obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l'onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare (ex multis, Cons. Stato sez. V, 5 settembre 2005, n. 4525)

6.3. Orbene, nel caso all’esame, emerge dagli atti istruttori delle conferenze di servizio l’insufficienza delle indagini eseguite e poste a fondamento dell’obbligo della deducente di procedere alla messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera del sito in questione, nonché la contraddittorietà della condotta dell’Amministrazione procedente.

Da un lato infatti, come fatto cenno in narrativa, la società ricorrente è presente sul sito solo dall'anno 2003 (mentre l'inquinamento risulta già presente numerosi anni di età non è determinato l'istituzione del sito di interesse nazionale Massa Carrara) e non risulta avere mai effettivamente svolto la propria attività che si sostanzia nel riciclaggio dei residui di lavorazione del marmo nella quale, peraltro, non consta che siano impiegati le sostanze (ammoniaca e solfiti). Né l’amministrazione risulta avere mai compiuto un'attività istruttoria svolta alla effettiva individuazione del responsabile dell'inquinamento.

6.4. Peraltro i due analiti riscontrati sono presenti solo una limitata area del terreno di pertinenza della ricorrente e in concentrazioni lievissime, mentre sono largamente diffuse in tutta la falda sottostante sul sito limitrofa, oltretutto posto a monte idrogeologico quello della ricorrente, che appare del tutto ragionevole, in assenza di ulteriori approfondimenti, non compiuti in fase istruttoria, ritenere che la contaminazione della falda debba ascriversi, piuttosto, alle attività svolte nei terreni circostanti.

Ne segue che la situazione di incertezza rilevata avrebbe dovuto indurre la Conferenza di servizi ad approfondire le indagini in loco prima di disporre un gravoso adempimento a carico della ricorrente, non potendo la responsabilità soggettiva contemplata dal sistema normativo volgersi in un’affermazione di obbligo riconducibile ad una mera connessione oggettiva, surrogata da mere presunzioni, tra l’inquinamento e l’attività svolta sull’area dall’impresa.

7. Con il sesto motivo parte ricorrente si duole dell’insussistenza dei presupposti per l'imposizione delle prescrizioni di messa in sicurezza di emergenza della falda basata sul confinamento idraulico il fisico.

La tesi merita condivisione.

L’art. 240, co. 1, lett. i) definisce le misure di prevenzione come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” e ciò quando venga accertato il superamento delle “concentrazioni soglia di rischio (CSR)” che la lettera c) dello stesso comma indica come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica.”.

7.1. Analoghi presupposti sono individuati nell'art. 2, d.m. 25 ottobre 1999 n. 471 secondo cui la misura straordinaria della messa in sicurezza d’emergenza, è quella relativa ad «ogni intervento necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente».

Fermo restando che non sussiste in capo al proprietario di un'area inquinata non responsabile dell'inquinamento l'obbligo di porre in essere interventi di messa in sicurezza d'emergenza, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l'area interessata libera dall'onere reale che incombe sull'area de qua ai sensi dell'art. 253 del d.lgs. n. 152/2006, la Sezione ha già avuto modo di affermare in proposito che nel caso della bonifica dei siti di interesse nazionale, l'imposizione di misure di messa in sicurezza d'emergenza ulteriori rispetto a quelle già adottate, deve essere adeguatamente motivata con riferimento all'urgenza, al pericolo per la salute e all'inadeguatezza delle misure preesistenti, al fine di garantire il rispetto del principio di trasparenza e del contraddittorio con i destinatari delle prescrizioni (T.A.R. Toscana, sez. II, 22 dicembre 2010, n. 6798; id. 26 luglio 2010, n. 3140).

7.2. Non può essere sufficiente, a tale fine, il mero richiamo al riscontrato superamento di alcuni limiti tabellari di cui al DM n. 471/99 per determinate sostanze senza un approfondimento, quantomeno sommario, ma pur sempre completo, al fine di individuare un pericolo per la salute che imponeva un intervento in termini così immediati, in considerazione anche della caratteristiche della falda sottostante al sito ed alle sue capacità "migratorie" a valle.

D’altro canto, a chiusura del sistema così delineato, giova osservare che l’art. 240, co. 1, lett. t) del d.lgs. n. 152/2006 definisce quali condizioni di emergenza cui corrispondono obblighi di messa in sicurezza: le concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute; la presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; la contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; il 4) pericolo di incendi ed esplosioni.

Ebbene, nessuna di tali situazioni viene evidenziata dall’Amministrazione procedente come sussistente nel sito in questione.

8. Ne segue, per tutte le considerazioni esposte, ed assorbiti gli ulteriori motivi, che il ricorso deve essere accolto con la conseguente caducazione degli atti impugnati.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna le Amministrazione resistenti costituite in giudizio al pagamento, in solido fra loro, delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in € 3.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Bernardo Massari, Consigliere, Estensore

 



 



L'ESTENSORE


IL PRESIDENTE

 



 



 



 



 



DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)