TAR Friuli V.G. Sez. I sent. 670 del 24 settembre 2009
Rifiuti. Impianti di recupero

Inequivocabilmente l\'art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006 – del tutto analogo all’art. 33, comma 6 del D.Lgs. n. 22/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 389/97 - postula la esistenza di un impianto destinato al recupero dei rifiuti pienamente realizzato.
N. 00670/2009 REG.SEN.
N. 00509/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 509 del 2007, proposto da:
Ecoplan S.r.l., rappresentata e difesa dall\'avv. Paolo Persello, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita\' D\'Italia 7;


contro


Provincia di Udine, rappresentato e difeso dall\'avv. Massimo Raffa, con domicilio eletto presso Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, p.zza Unita\' D\'Italia 7;

per l\'annullamento

previa sospensione dell\'efficacia,

della determinazione dirigenziale n. 2007/5685 dd. 25.9.2007;.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell\'udienza pubblica del giorno 22/07/2009 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Con il ricorso in esame, rubricato al n. 509/07, la società ECOPLAN s.r.l. ha chiesto

L’annullamento della determinazione dirigenziale della Provincia di Udine n. 2007/5685 del 25/09/2007, a firma del dirigente dell’Area ambiente, di archiviazione della comunicazione di inizio attività per operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi e di cancellazione della posizione di registro provinciale n. 300.

Va premesso che in data 4.1.2006 la società Ecoplan s.r.l. presentava alla Provincia di Udine una raccomandata ad oggetto “comunicazione per attività di recupero di rifiuti non pericolosi (D.M. 5.2.1998)”.

La predetta attività riguardava le operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi in Comune di Udine, Zona Industriale Udinese - ZIU, via Buttrio.

La normativa applicabile era quella del D.Lgs. n. 22/97; in data 29.4.2006 entrava in vigore, tuttavia, la quarta parte del D.Lgs. n. 152/2006, ossia la nuova normativa in materia di recupero dei rifiuti.

Con nota prot. n 3616 del 12.1.2006, la Provincia di Udine, in relazione alla suindicata comunicazione, richiedeva – con la contestuale interruzione, a mente del DPR n. 300 del 26.4.1992, del termine di novanta giorni previsto al comma 1 dell’art. 33 del D.Lgs. n. 22/97 - alcune integrazioni istruttorie, onde verificare la conformità dell’attività comunicata.

Con la nota prot. n 3621 di pari data, la Provincia, in applicazione del disposto dell’art. 33, comma 3 del D.Lgs. n. 22/97, comunicava alla richiedente società l’avvenuta iscrizione al n. 300 dell’apposito registro delle imprese che effettuano la comunicazione di inizio attività in relazione alle attività dichiarate.

La Provincia, contestualmente, chiedeva al Comune di Udine, all’ASS n. 4 Medio Friuli e all’ARPA di esprimere un parere in merito alla concessione di deroga ai vincoli di distanza previsti dall’”Aggiornamento delle norme di attuazione del Piano Provinciale Smaltimento Rifiuti Speciali”.

In data 20.1.2006 la società Ecoplan s.r.l., in riscontro alla richiamata nota n. 3616 del 12.1.2006, presentava una raccomandata a mano avente ad oggetto “comunicazione per attività di recupero di rifiuti non pericolosi (D.M. 5.2.1998): Integrazioni”: con questo atto la società specificava le modalità di separazione fra le due tipologie di provenienza del rifiuto (6.1 e 6.2), e precisava che la messa in riserva R13 sarebbe stata utilizzata solo allo scopo del successivo recupero R3 e non come semplice stoccaggio intermedio per altri impianti; la medesima società dichiarava che, come previsto dall’art. 8 del Decreto Ministro dell’Ambiente 5.2.1998, i rifiuti sarebbero stati analizzati e certificati all’inizio dei conferimenti al fine di ottenere la conformità del rifiuto agli standard di controllo qualitativo per ogni conferitore.

A sua volta, l’ARPA del Friuli Venezia Giulia, con nota del 18.4.2006 diretta alla Provincia, comunicava di non essere in grado, alla luce della documentazione a sua disposizione, di esprimere il parere richiesto circa la concessione della deroga ai limiti di distanza.

La Provincia, con nota prot. n 40697 del 5.5.2006, in relazione alla comunicazione dell’ARPA, chiedeva alla società della documentazione integrativa: in data 4.8.2006; la società evadeva la richiesta svolgendo tutta una serie di considerazioni per quanto riguardava la gestione delle acque reflue, la previsione delle emissione sonore dei singoli macchinari e le modalità di gestione del materiale conferito all’impianto.

Con nota prot. n. 87007 del 22.11.2006, la Provincia trasmetteva alla società la determinazione n. 7966 del 10.11.2006 di concessione di deroga ai vincoli di distanza previsti dal piano provinciale di smaltimento rifiuti speciali, sottolineando la circostanza che, a seguito delle modifiche al decreto del Ministro dell’Ambiente del 5.2.1998 introdotte dal decreto del Ministro dell’Ambiente n. 186 del 5.4.2006, era necessario organizzare l’impianto secondo quanto previsto nell’allegato 5 del decreto stesso; la Provincia di Udine chiedeva, poi, delle ulteriori integrazioni documentali.

In data 1.2.2007 perveniva alla Provincia la comunicazione della società, avente ad oggetto “Integrazione/variazione alla ns. comunicazione per attività di recupero di rifiuti non pericolosi (DM 5 febbraio 1998) datata 4 gennaio 2006”.: la società forniva la scheda riassuntiva dell’attività di recupero, la dichiarazione di conformità dell’attività di recupero alle disposizioni normative, il modello di comunicazione per attività di recupero di rifiuti non pericolosi ad integrazione/variazione della comunicazione del 4.1.2006 e n. 2 relazioni tecniche in riferimento alle tipologie 6.1. e 6.2. dei rifiuti, che descrivono tra l’altro le modalità dell’attività di recupero del materiale plastico.

Con nota prot. 56154 del 6.8.2007 la Provincia di Udine comunicava alla società l’avvio del procedimento di archiviazione della pratica e di cancellazione della posizione di registro n. 300: questa comunicazione veniva adottata alla luce della circolare n. 1962 del 29.12.2006 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Albo Nazionale dei Gestori Ambientali – Comitato Nazionale, riguardante l’applicazione dell’art 216 del D.Lgs. n. 152/2006.

Con la circolare veniva precisato che la comunicazione di inizio attività avrebbe dovuto riguardare, ai sensi dell’art. 214 e dell’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006 solo gli impianti già realizzati: nel caso di specie, come attestato nel verbale del sopralluogo effettuato il 17.7.2007 del Corpo di Polizia Provinciale – Nucleo Operativo di Vigilanza Ambientale, difettava l’impiantistica prevista nei progetti allegati alla comunicazione.

La Provincia, con determinazione n. 5685 del 25.9.2007 del dirigente dell’Area Ambiente, considerata la mancanza dell’impiantistica, alla stregua della cennata circolare n. 1962/2006 disponeva con il provvedimento impugnato l’archiviazione della comunicazione di inizio attività per operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi e la cancellazione della posizione di registro provinciale n. 300; nella determinazione si rilevava che con l’entrata in vigore del D.P.C.M. 7.3.2007 anche gli impianti gestiti con procedura semplificata non potevano essere dispensati dalla procedura di valutazione di impatto ambientale.

In data 9.10.2007 la Provincia svolgeva un ulteriore controllo, al fine di accertare la realizzazione degli impianti oggetto della comunicazione di inizio attività per il recupero di rifiuti non pericolosi: l’esito dell’accertamento era negativo, posto che sull’area indicata come sede dell’impianto insistevano solo componenti dell’attrezzatura dell’impianto di recupero.

A sostegno del gravame la società ricorrente ha dedotto cinque mezzi, assumendo che:

- sarebbe stato disatteso il disposto del comma 4 dell’art. 33 del D.Lgs. n.. 22/1997 e dell’art. 216 del D.Lgs. n.. 152/2006;

- dalla normativa di riferimento – in particolare dal Piano provinciale smaltimento dei rifiuti - non si evince, per quanto riguarda la deroga dai vincoli di distanza, che la comunicazione di svolgimento dell’attività di recupero dei rifiuti in procedura semplificata postuli degli impianti già realizzati;

- la suddetta deroga dai vincoli di distanza – accordata dalla Provincia - non avrebbe potuto essere richiesta se non dopo la presentazione della comunicazione ex art. 33 del D.Lgs. n. 22 del 1999;

- l’impugnato provvedimento non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi anche in relazione alla necessità di applicare la procedura di impatto ambientale, mentre la comunicazione riguarda – illegittimamente - solo la mancanza di un impianto completamente realizzato;

- la procedura di impatto ambientale – VIA, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. l) del D.P.C.M. 3.9.1999, come modificato dall’art. 1 del D.P.C.M. 7.3.2007 – non troverebbe applicazione, dato che l’impianto de quo sarebbe destinato a trattare una quantità di rifiuti inferiori a 100 t/giorno, e, comunque, nell’inconcessa ipotesi che si dovesse dar corso alla procedura VIA, ciò non avrebbe potuto comportare né la cancellazione della posizione né, tampoco, la sospensione dell’attività.

Si è costituita in giudizio l’intimata Provincia, chiedendo il rigetto del gravame.

Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 22.7. 2009.

Ragioni di economia processuale inducono il Collegio ad esaminare congiuntamente tutti i mezzi.

E’ d’uopo prendere le mosse dal quadro normativo di riferimento.

L’art. 33 del D.Lgs. n. 22 del 1997 (nel suo testo originario) così recitava:

“33. Operazioni di recupero.

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell\'articolo 31, l\'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente.

2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

a) per i rifiuti non pericolosi:

1) le quantità massime impiegabili;

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;

3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell\'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all\'ambiente;

[……]

3. La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d\'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine alla comunicazione di inizio di attività è allegata una relazione dalla quale deve risultare:

a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;

b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

c) le attività di recupero che si intendono svolgere;

d) stabilimento, capacità di recupero e ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati;

e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

4. Qualora la Provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell\'attività, salvo che l\'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività ed i suoi effetti entro il termine prefissato dall\'amministrazione”.

L’ art. 216 del D.Lgs. n. 152 del 2006 - succeduto all’art. 33 del D.Lgs. n. 22 del 1997 – così dispone:

“216. Operazioni di recupero.

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all\'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l\'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all\'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all\'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l\'avvio delle attività è subordinato all\'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.

2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

a) per i rifiuti non pericolosi:

1) le quantità massime impiegabili;

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;

3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell\'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all\'ambiente;

[……]

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d\'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell\'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:

a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;

b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

c) le attività di recupero che si intendono svolgere;

d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l\'utilizzo di eventuali impianti mobili;

e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell\'attività, salvo che l\'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall\'amministrazione”.

Occorre, subito, osservare che la ratio e la lettera delle due disposizioni testè riportate - sostanzialmente coincidenti - esprimono – de plano – l’esigenza che l’impianto destinato alle operazioni di recupero dei rifiuti sia pienamente realizzato, in quanto – contrariamente – la Provincia non sarebbe in grado di accertare il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui è cenno nelle disposizioni: solo un impianto completo in tutte le sue componenti consente alla competente Autorità di verificarne l’idoneità sotto l’aspetto della osservanza di specifiche norme e condizioni.

Ciò posto, come si è visto nella esposizione in fatto, la intimata Provincia di Udine, anche in relazione alle comunicazioni presentatele prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, ha ritenuto di adeguarsi alla normativa sopravvenuta con decorrenza 29.4.2006, di cui all’art. 216 D.Lgs. n. 152/06 ed alla circolare n. 1962 del 29.12.2006 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Albo Nazionale dei Gestori Ambientali – Comitato Nazionale, avente ad oggetto “Applicazione art. 216, d.lgs. 152/06”: con questa circolare, con riferimento al suddetto art. 216, il Comitato Nazionale ha espresso l’avviso che le comunicazioni di inizio attività per lo svolgimento delle operazioni di recupero da svolgersi presso impianti non ancora realizzati o parzialmente realizzati al momento della comunicazione stessa non rispetterebbero le condizioni previste dagli articoli 214 e 216 del d.lgs. 152/2006 e, pertanto, non possono essere ritenute ammissibili.

Il Collegio ritiene che questa impostazione dogmatica meriti condivisione, posto che, come si è detto, inequivocabilmente il ripetuto art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006 – del tutto analogo all’art. 33, comma 6 del D.Lgs. n. 22/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 389/97 - postula la esistenza di un impianto pienamente realizzato.

Questa conclusione – l’esigenza che l’impianto sia realizzato - è tanto più vera se si considera che nel caso di specie la comunicazione di inizio attività è relativa ad operazioni di recupero di rifiuti di plastica, tipologie di rifiuto 6.1 (imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi, con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici) e 6.2 (sfridi, scarti, polveri e rifiuti di materie plastiche e fibre sintetiche) dell’allegato 1, sub allegato 1 del decreto del Ministro dell’Ambiente del 5.2.98: per queste tipologie di rifiuto, ai punti 6.1.3 e 6.2.3 del citato allegato, è indicata il seguente tipo di “attività di recupero”:

“6.1.3 Attività di recupero: messa in riserva (R13) per la produzione di materie prime secondarie per l’industria delle materie plastiche, mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora presenti), trattamento per l’ottenimento di materiali plastici (R3) conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e per la produzione di prodotti in plastica nelle forme usualmente commercializzate.

6.2.3 Attività di recupero: messa in riserva (R13) per la produzione di materie prime secondarie per l’industria delle materie plastiche, mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora presenti), trattamento per l’ottenimento di materiali plastici (R3) conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e per la produzione di prodotti in plastica nelle forme usualmente commercializzate.”

Ora, il decreto del Ministro dell’Ambiente del 5.2.1998 (successivamente integrato dal decreto del Ministro dell’Ambiente n. 186/06 del 5.4.2006) – decreto da ritenersi ancora vigente - prevede le norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi, che si sostanzia nella declaratoria della “Tipologia” di rifiuti che possono essere trattati: per ogni “Tipologia”, oltre ai Codici del Catalogo Europeo Rifiuti (CER) devono essere soddisfatte anche la “Provenienza”, le “Caratteristiche del rifiuto”, l’”Attività di recupero” ed infine le “Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti”.

Nel caso di cui alla attuale controversia, le tipologie sono le 6.1 e le 6.2.

In particolare, quanto alla “Tipologia” 6.1, il soggetto che effettua operazioni di recupero potrà utilizzare esclusivamente i CER ivi indicati. La “Provenienza” degli stessi CER deve essere quella riportata al punto 6.1.1, con le specifiche “Caratteristiche del rifiuto” indicate al punto 6.1.2 e con l’“Attività di recupero” indicata al punto 6.1.3 e infine con le “Caratteristiche delle materie prime ottenute” indicate ai punto 6.1.4.

In buona sostanza, la normativa prefigura tutta una serie di operazioni dirette al recupero del rifiuto, quali manipolazione e lavorazione: tutto ciò, ovviamente, postula la presenza di un impianto totalmente realizzato.

Pertanto, l’attività che la ricorrente intende svolgere riguarda la manipolazione e la lavorazione del rifiuto che comporta necessariamente l’esistenza di un impianto completo, e quindi il tipo di “attività di recupero” esercitata in regime semplificato dalla ricorrente richiedeva necessariamente l’ultimazione dell’impianto alla data della comunicazione di inizio attività, anche e soprattutto al fine di consentire alla Autorità preposta gli accertamenti previsti dalla normativa suindicata.

La suddetta Autorità, accertato anche in base ad appositi sopralluoghi che la società Ecoplan non aveva realizzato l’impianto di recupero dei rifiuti alla data del 4.1.2006 - data di comunicazione di inizio attività - nella vigenza del D.Lgs. n. 22/97, né, tampoco, successivamente, nella vigenza del D.Lgs. n.. 152/2006, ha proceduto necessariamente alla adozione dell’impugnato provvedimento.

Non è invocabile, in questo contesto, il comma 4 dell’art. 33 del D.Lgs. n.. 22/1997 e dell’art. 216 del D.Lgs. n.. 152/2006 (“4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell\'attività, salvo che l\'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall\'amministrazione”), in quanto – si ribadisce – l’accertamento della Provincia postula l’esistenza di un impianto totalmente realizzato: l’attività conformativa dell’interessato riguarda, per l’appunto – e non potrebbe essere diversamente, attesa la chiara ed inequivocabile previsione della norma – degli aspetti tecnici già presenti nell’impianto, che vanno modificati.

Quanto al cenno alla deroga dai vincoli di distanza, il Collegio osserva che la deliberazione della Giunta provinciale n. 30 del 21.11.2005, avente ad oggetto “Rettifica ed integrazioni alla delibera consiliare n. 91 del 15.12.2003: “Progetto di adeguamento delle norme di attuazione del Piano provinciale di smaltimento rifiuti” del 1993 per quanto riguarda il settore dei rifiuti speciali – Approvazione”, individua due possibili categorie d’impianti, in relazione ai quantitativi di rifiuti trattati: la circostanza che la Provincia di Udine abbia dato seguito al procedimento amministrativo della concessione della deroga nulla ha a che fare con il procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato: provvedimento che, a sua volta, si fonda su di un preciso presupposto – l’assenza di un impianto ultimato – e che non ha alcuna correlazione con il distinto ed autonomo provvedimento di deroga dalle distanze.

Sotto i profili sopra considerati le censure attoree non meritano, dunque, condivisione.

Quanto, infine, agli ultimi due rilievi (motivi ostativi e VIA), essi si appalesano del tutto inconferenti, posto che attengono alla procedura VIA, la quale non entra nel bagaglio motivazionale del provvedimento impugnato.

In conclusione, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio, sussistendone le giuste ragioni, possono venire compensate nella loro integralità.


P.Q.M.


il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione,
lo rigetta.
Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22/07/2009 con l\'intervento dei Magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore

L\'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/09/2009