TAR Veneto Sez. III n.1425 del 29 dicembre 2016
Rifiuti.Impianto di gestione di rifiuti non pericolosi e VIA

La procedura di VIA non può essere considerata in modo isolato poiché costituisce un segmento di un procedimento avente ad oggetto un rapporto giuridico unitario, in quanto tale contraddistinto da una sequenza di atti funzionale all’ottenimento del medesimo bene della vita, evidenziato fin dal primo atto con cui è stato domandato il permesso di costruire. Conseguentemente, ai fini del rispetto del principio di certezza del diritto in relazione a progetti di particolare complessità e durata, e del conseguente legittimo affidamento ingenerato in capo all’interessato, anche la compatibilità ambientale deve essere valutata sulla base del quadro normativo esistente sia al momento in cui il complesso procedimento autorizzatorio è stato attivato ed assentito sul piano edificatorio, sia al momento dell’incardinazione della domanda di VIA.

Pubblicato il 29/12/2016

N. 01425/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01388/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1388 del 2016, proposto da:
Eredi Santarosa Bruno Snc, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Marzia Meneghello e dall’avvocato Antonella Pietrobon, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima sito in Venezia, San Polo 2988 Frari;;

contro

Provincia di Verona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giancarlo Biancardi, Isabella Sorio, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ezio Zanon, Luisa Londei, Francesco Zanlucchi, con domicilio eletto presso Ezio Zanon in Venezia, Regione Veneto - Cannaregio, 23;
Comune di San Bonifacio (Vr), Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta, Acque Veronesi S.C.A.R.L., Arpav Agenzia per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, Azienda Ulss N°20, Francesco Baldo non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

- della Deliberazione Presidenziale del 25 agosto 2016 n°114, con la quale la Provincia di Verona ha espresso parere negativo di compatibilità ambientale sull’istanza di VIA presentata dalla ricorrente in data 8 maggio 2015 protocollo n°44048, inerente un impianto di gestione rifiuti speciali non pericolosi;

- di tutti gli atti inerenti il predetto procedimento conclusosi con il predetto parere negativo, ivi espressamente compresi: (i) i verbali della Commissione provinciale VIA del 3 luglio 2015 n. 414, del 6 novembre 2015 n. 428, del 12 febbraio 2016 n. 437, dell’8 aprile 2016 n. 444, dell’8 luglio 2016 n. 452 e del 29 luglio 2016 n. 454; (ii) le note provinciali del 25 novembre 2015 n. 102661 e del 27 aprile 2016 n. 35076, con le quali la Provincia ha chiesto alla Regione indicazioni in ordine all’applicabilità al caso concreto del nuovo Piano regionale rifiuti; (iii) la nota provinciale di comunicazione dei motivi ostativi dell’8 marzo 2016 n. 19528 e quella del 7 settembre 2016 n. 71898 che ha accompagnato la trasmissione a mezzo pec della predetta Deliberazione presidenziale;

- del Piano Regionale Rifiuti approvato con Deliberazione del Consiglio regionale del 29 aprile 2015 n°30, pubblicata sul BURV dell’ 1 giugno 2015 n. 55 (ed ove occorresse del Piano adottato con DGR del 5 marzo 2013 n. 264), nella parte in cui, nell’Elaborato D “Programmi e Linee Guida”, articolo 1.3.7.2, ha previsto per gli impianti di produzione CDR e per quelli di selezione e recupero una distanza minima di 100 metri dagli edifici pubblici e le abitazioni anche singole;

- di “ogni altro atto antecedente o successivo, comunque presupposto, connesso o consequenziale”;

nonché

per la condanna al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente in conseguenza dei provvedimenti impugnati, che impediscono di avviare l’impianto nonostante l’investimento milionario già sostenuto per realizzare ed ultimare i fabbricati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Verona e della Regione Veneto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 la dott.ssa Silvia Coppari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato, la società Eredi Santarosa Bruno s.n.c. ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe lamentando:

a) violazione degli artt. 23 e 199 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e dei principi del giusto procedimento, del “tempus regit actum” e di certezza del diritto, oltre che eccesso di potere per carenza di presupposto ed istruttoria, poiché anche la VIA presentata in data 8 maggio 2015 costituirebbe un passaggio di un’unica complessa sequenza procedimentale, volto al medesimo disegno imprenditoriale, che dovrebbe pertanto essere assoggettata alla stessa disciplina “vigente al momento della presentazione dell’istanza o quantomeno al tempo in cui è stata affrontata e conclusa positivamente una parte del procedimento”;

b) (“quand’anche non si ritenesse di scrutinare positivamente il precedente motivo di ricorso”), violazione dell’art. 35 della Legge regionale n.1/2012, nonché della legge regionale 5/2012 e dei “principi in tema di prorogatio dell’organo consiliare”, oltre che eccesso di potere e difetto assoluto di motivazione, dal momento che il nuovo Piano regionale rifiuti, sulla base del quale è stato reso il parere negativo adottato dalla Provincia, è stato approvato il 29 aprile 2015 e dunque dal Consiglio regionale in regime di prorogatio (essendo già scaduti il 28 marzo 2015 i cinque anni di cui all’art. 5, comma 1, della legge n. 165/2004, mentre le successive elezioni si erano tenute il 31 maggio 2015);

c) violazione degli artt. 195, 196, 197 e 199 del d.lgs. n. 152/2006, oltre che eccesso di potere e difetto assoluto di motivazione, in quanto il Piano regionale rifiuti non avrebbe potuto contenere alcuna indicazione prescrittiva in ordine alla localizzazione degli impianti ed al regime delle distanze, essendo detto profilo di competenza provinciale, ai sensi dell’articolo 197, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 152/2006;

d) violazione degli artt. 23, 184-ter, e 199 del d.lgs. n. 152/2006, nonché del D.M. 5 febbraio 1998, oltre che eccesso di potere, atteso che la Commissione VIA avrebbe considerato quale ulteriore motivo di rigetto (“i codici CER 030308, 150103, 191201, per i quali manca il riferimento normativo per poterli considerare MPS dopo il trattamento, vanno classificati anche come rifiuti”) ciò che, al più, avrebbe potuto determinare solo una specifica prescrizione in ordine alla necessità di smaltimento come rifiuti di determinati prodotti.

2. Il primo ed il quarto motivo di ricorso sono fondati.

2.1. Ed invero, la società ricorrente svolge l’attività di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti speciali assimilati agli urbani dal 2009 (attività rinnovata da ultimo con determinazione della Provincia di Verona n. 4319 del 2014) ed ha chiesto ed ottenuto dal Comune di San Bonifacio l’Autorizzazione unica datata 30 ottobre 2012 n. 14649/29973 ed il Permesso di costruire del 30 ottobre 2012 n. 2792 e successive varianti (cfr. variante rilasciata il 16 settembre 2014), per la “realizzazione” in area catastalmente identificata al foglio 21, mappale 49, di un “edificio industriale con annessa palazzina uffici” di circa 5.000 mq coperti, destinato in parte ad uffici e in parte alla gestione di rifiuti speciali non pericolosi.

2.2. I titoli edilizi suddetti sono stati resi sulla base della relazione tecnica presentata dalla ditta interessata in cui si evidenzia espressamente che “il progetto prevede la costruzione di [un] nuovo capannone per uso industriale/artigianale per la selezione e cernita di rifiuti assimilabili all’urbano, di provenienza da attività artigianali industriali (imballaggi e simili)” (cfr. relazione tecnica sub doc. 4 della ricorrente).

2.3. In data 8 maggio 2015, la ricorrente ha presentato l’istanza di valutazione di impatto ambientale (VIA) ex art. 23 del D.lgs. 152/06 per l’attivazione dello “Impianto di gestione rifiuti speciali non pericolosi”, da esercitare nel predetto immobile di San Bonifacio.

2.4. Il parere negativo di compatibilità ambientale in ordine all’attivazione dell’impianto in questione, espresso dalla Provincia di Verona con deliberazione del 25 agosto 2016 n. 114, si fonda sulle conclusioni cui è giunta la Commissione provinciale VIA nella seduta del 12 febbraio 2016 e ribadite in quella del 29 luglio 2016, e precisamente:

a) “mancato rispetto della distanza da abitazioni di cui al Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali (deliberazione del Consiglio regionale n. 30 del 29 aprile 2015). La posizione giuridica asserita dal proponente non può ritenersi consolidata per effetto del permesso di costruire rilasciato dal Comune di San Bonifacio in quanto tale permesso, per essere considerato valido, deve essere riferito ad una potenzialità dell’impianto inferiore alle soglie di legge vigenti al momento del rilascio”;

b) “i codici CER 030308, 150103, 19120, per i quali manca il riferimento normativo per poterli considerare MPS dopo il trattamento, vanno classificati anche come rifiuti”.

2.5. Tanto premesso, deve ritenersi che l’Amministrazione abbia erroneamente applicato alla procedura di VIA in questione le previsioni del nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali, poiché lo stesso è entrato in vigore dopo che il progetto di intervento, cui la procedura di VIA accede, era già stato assentito sul piano edificatorio.

2.6. Nel caso in esame, infatti, la procedura di VIA non può essere considerata in modo isolato poiché costituisce un segmento di un procedimento avente ad oggetto un rapporto giuridico unitario, in quanto tale contraddistinto da una sequenza di atti funzionale all’ottenimento del medesimo bene della vita, evidenziato fin dal primo atto con cui è stato domandato il permesso di costruire.

2.7. Conseguentemente, ai fini del rispetto del principio di certezza del diritto in relazione a progetti di particolare complessità e durata, e del conseguente legittimo affidamento ingenerato in capo all’interessato, anche la compatibilità ambientale di esso deve essere valutata sulla base del quadro normativo esistente sia al momento in cui il complesso procedimento autorizzatorio è stato attivato ed assentito sul piano edificatorio, sia al momento dell’incardinazione della domanda di VIA.

2.8. Tale esigenza di certezza del quadro normativo di riferimento è tanto più forte in un caso, come quello in esame, in cui il nuovo Piano regionale di rifiuti – pubblicato in data 1° giugno 2015 – ha introdotto per la prima volta il limite della distanza minima di 100 metri tra tale tipologia di impianti e gli edifici residenziali, e ciò in assenza di alcuna disciplina transitoria idonea a salvaguardare i procedimenti incardinati precedentemente alla propria entrata in vigore.

2.9. Quanto, poi, all’ulteriore ragione di diniego, deve rilevarsi che essa non è idonea a sorreggere il provvedimento poiché non fornisce alcuna motivazione sul perché l’esistenza dei citati “CER” impedirebbe la compatibilità ambientale dell’impianto in oggetto; né chiarisce il motivo per cui tali elementi dovrebbero essere considerati alla stregua di “rifiuti” anziché “MPS”, malgrado il trattamento cui sono sottoposti (in particolare con riguardo ai materiali “carta” e “cartone”) appaia compatibile con quello disciplinato in via generale dall’art. 184-ter del d.lgs. n. 152/2006 secondo cui: « Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana».

2.9.1. Condizioni, queste, che sembrano ricorrere anche nel caso dell’attività di trattamento e di recupero cui sono sottoposti gli elementi in esame.

3. Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto con riguardo al primo e al quarto motivo. Le ragioni poste a base dell’accoglimento del ricorso assorbono gli altri motivi di gravame.

4. Quanto alla richiesta di risarcimento del danno, essa non risulta supportata da idonei elementi di prova circa il pregiudizio subito, né assistita da una chiara formulazione e/o quantificazione del danno in tesi cagionato, con conseguente sua inammissibilità per genericità.

5. La peculiarità e la novità della questione affrontata con riguardo al primo motivo giustificano la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione.

Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento del danno.

Compensa le spese di giudizio.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Silvia Coppari, Primo Referendario, Estensore

Marco Rinaldi, Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Silvia Coppari        Oria Settesoldi