TAR Toscana, Sez, II, n. 1543, del 11 novembre 2013
Rifiuti.Ampliamento discarica rifiuti non pericolosi urbani in area con vincolo idrogeologico.

La presenza del vincolo idrogeologico e di aree a pericolosità geomorfologica elevata non rappresentano, di per sé, fattori escludenti per la realizzazione di discariche, dovendo, al più considerarsi, in conformità al d.lgs. n. 36/2003, come fattori penalizzanti che possono essere superati con una adeguata progettazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

 

N. 01543/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01762/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1762 del 2012, proposto da: 
Associazione Italiana per Il World Widefund For Nature - Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Claudio Tamburini, con domicilio eletto presso Claudio Tamburini in Firenze, via Maragliano 100;

contro

- Provincia di Pisa in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Mario Pilade Chiti, Silvia Salvini, Maria Antonietta Antoniani, con domicilio eletto presso Raffaella Poggianti in Firenze, via degli Artisti 8/B; 
- Autorità di Bacino del Fiume Arno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
- Comune di Peccioli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Neri Baldi, con domicilio eletto presso Neri Baldi in Firenze, piazza dell'Indipendenza 10; 
- Regione Toscana, in persona del Presidente p.t.;
Comune di Palaia in persona del Sindaco p.t.;
- Autorità per il Servizio di Gestione Rifiuti Urbani - ATO Costa, in persona del legale rappresentante p.t.;
- Agenzia Regionale Protezione Ambiente in persona del legale rappresentante p.t.;

nei confronti di

Belvedere s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Grassi, con domicilio eletto presso Stefano Grassi in Firenze, corso Italia 2; 
Consorzio di Bonifica Valdera, in persona del legale rappresentante p.t.;

per l'annullamento

A) della determinazione 20 giugno 2012 n. 2857 dell’Amministrazione provinciale di Pisa avente ad oggetto “Ampliamento discarica rifiuti non pericolosi urbani di Peccioli Soc. Belvedere spa. Provvedimento conclusivo D. lgs. 1/52/2006 e LR 10/2010 VIA AIA”:

B) del verbale della conferenza dei servizi del 14.12.2011 con la quale viene espresso parere favorevole alla realizzazione dell’opera con le sue prescrizioni riportate e del verbale della conferenza dei servizi del 27 giugno 2011;

C) dell’allegato A, alla determinazione 2587, rapporto istruttorio, del servizio ambiente della Provincia di Pisa con le prescrizioni recepite nella delibera impugnata;

D) della appendice 1 al rapporto istruttorio (risposte alle osservazioni pervenute);

E) della deliberazione della Giunta Provinciale del 12.10.2010 – incognita nella sua interezza – nella quale sono stati fissati obiettivi di pianificazione relativi allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a livello di ATO Toscana Costa che prevedono un incremento percentuale di raccolta differenziata e la messa in esercizio di un impianto di termovalorizzazione 2020;

F) della mozione numero 45 del 23 giungo 2011 del Consiglio provinciale di Pisa come riportata in allegato A) della delibera impugnata, al paragrafo 1 – quadro autorizzativo attuale e conformità con la Pianificazione di settore;

G) dei parere di Arpat e dell’Autorità di Bacino del fiume Arno;

H) della determinazione dirigenziale 1440 del 02.04.2009 e delle autorizzazioni alla discarica richiamate nell’istruttoria allegata, ed in particolare, della autorizzazione 4078 del 14.10.2003 di approvazione del progetto di ampliamento della discarica nonché del Decreto Dirigenziale 518 dell’11.02.2003 con il quale il progetto di ampliamento è stato escluso dalla procedura di VIA.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Pisa, di Belvedere s.p.a., di Autorità di Bacino del Fiume Arno e di Comune di Peccioli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2013 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

In data 28 febbraio 2011 la società Belvedere S.p.A. inoltrava alla Provincia di Pisa richiesta dell’avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale e di modifica dell’autorizzazione integrata ambientale relativamente al progetto “secondo ampliamento della discarica per rifiuti urbani” in località Legoli, nel territorio del comune di Peccioli.

Il progetto di ampliamento prevedeva l’occupazione di una superficie complessiva di 106.000 m² costituita in parte da un’area attualmente non interessata da rifiuti, compresa tra lo sbarramento a valle dell’attuale discarica e da una parte in sormonto alla discarica attualmente in esercizio, da realizzarsi in tre fasi esecutive successive.

L’impianto è destinato esclusivamente allo smaltimento di rifiuti solidi urbani, scarti e sovvalli derivanti della selezione di RSU, oltre a scorie di incenerimento provenienti dall’impianto all’uopo previsto per l’ATO Toscana Costa. A detti conferimenti è previsto che si aggiungano il compost fuori specifica e le terre e rocce di scavo da utilizzare per le coperture giornaliere dei rifiuti e la regolarizzazione delle superfici, per un quantitativo stimato di circa 30.000 t all’anno.

Si precisava, altresì, che, in forza del protocollo stipulato tra le province di Firenze, Prato e Pisa nel 2008, la discarica riceverà i rifiuti urbani provenienti oltre che da ATO Toscana Costa, anche da ATO Toscana Centro.

Ai sensi dell’art. 25 del decreto legislativo n. 152/2006 la Provincia di Pisa indiceva una conferenza di servizi per il giorno 27 giugno 2011, convocando le amministrazioni interessate.

Nei termini di legge pervenivano all’autorità provinciale osservazioni sul progetto e, dopo la sospensione del procedimento per consentirne l’integrazione da parte del soggetto proponente, nella conferenza di servizi del 14 dicembre 2011 veniva espresso parere favorevole di compatibilità ambientale al progetto, sottoponendolo alle prescrizioni indicate nel rapporto istruttorio allegato.

Infine, con la determinazione dirigenziale 20 giugno 2012 n. 2857 l’Amministrazione provinciale di Pisa rilasciava l’autorizzazione integrata ambientale alla realizzazione del progetto.

Avverso tale atto proponeva ricorso l’associazione in intestazione chiedendone l’annullamento, previa sospensione, e deducendo:

1. Violazione dell’art. 199 d.lgs. n. 152/2006, degli artt. 1, 2,6, 9 e 11 della l. reg. n. 25/1998. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 della l. reg. n. 61/2007. Violazione dell’art. 9, lett. c) d.lgs. n. 36/2003.

2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 107 e omessa applicazione dell’art 48 d.lgs. n. 267/2000. Incompetenza.

3. Violazione degli artt. 14 e 14 ter l. n. 241/1990. Violazione dell’art. 24, co 4 e 5, d.lgs. n. 152/2006.

4. Violazione degli artt. 19, 21 e 22 d.lgs. n. 152/2006. Violazione degli artt. 39 e segg. della l. reg. n. 10/2010 e della deliberazione di Giunta regionale n. 1068/1999.

5. Omessa applicazione del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e illogicità.

6. Violazione e/o falsa applicazione del r.d. n. 3267/1923. Violazione e/o falsa applicazione del DPCM 6 maggio 2011- Piano stralcio di assetto idrogeologico, artt. 10 e 11. Violazione degli artt. 4 e segg. d.lgs. n. 36/2003. Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

7. Violazione, falsa e omessa applicazione del d.lgs. n.36/2003 e dell’articolo 61 d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e di istruttoria. Violazione di legge per omessa applicazione del r.d. n. 3267/1923.

8. Violazione del d.lgs. n. 36/2003di attuazione della direttiva 1999/31/CE.

9. Violazione del d.lgs. n. 152/2006. Omessa applicazione degli artt. 2, 3 ter e 19 della l. reg. n. 10/2010; allegato C. Violazione del DPCM 27 dicembre 1988, allegato 2 lettera F/A. Eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria.

10. Violazione della delibera del Consiglio regionale n. 98/88 di approvazione del Piano regionale dei rifiuti. Falsa applicazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione della l. reg. n. 25/1998.

11. Violazione dell’art. 208, co. 11, del d.lgs. n. 152/2006.

Si costituivano in giudizio la Provincia di Pisa, Autorità di Bacino del Fiume Arno, il Comune di Peccioli e la società controinteressata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 771 del 5 dicembre 2012 veniva respinta la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati.

Il Consiglio di Stato, sez. V (ord. n. 712/13), in riforma della suddetta pronuncia, accoglieva l’appello proposto dall’odierna ricorrente “ai soli fini della fissazione dell’udienza di merito davanti al TAR”.

Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2013 il ricorso era trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame viene impugnata la determinazione in epigrafe con cui la Provincia di Pisa ha rilasciato alla Soc. Belvedere s.p.a. l’autorizzazione all’ampliamento della discarica di rifiuti non pericolosi urbani di Peccioli, unitamente al verbale della conferenza dei servizi del 14.12.2011 con la quale è stato espresso parere favorevole alla realizzazione dell’opera e agli atti presupposti del procedimento sopra specificati.

2. L’infondatezza nel merito del ricorso permette di prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari avanzate dalla difesa della Provincia e riferite alla tardiva impugnazione di alcuni atti, e precisamente: il verbale della conferenza dei servizi del 14.12.2011; la deliberazione della Giunta Provinciale del 12.10.2010 di fissazione degli obiettivi di pianificazione relativi allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a livello di ATO Toscana Costa; la determinazione dirigenziale n. 1440 del 02.04.2009 e le autorizzazioni alla discarica richiamate nell’istruttoria allegata.

3. Con il primo motivo ci si duole del fatto che l’impianto non sarebbe ricompreso negli strumenti di pianificazione provinciale della gestione del ciclo dei rifiuti, così violando l’art. 199 d.lgs. n. 152/2006 e gli artt. 1, 2, 6, 9 e 11 della l. reg. n. 25/1998. Inoltre l’art. 27, co. 1, l. reg. n. 61/2007, nel dettare la disciplina transitoria conseguente alla nuova delimitazione degli Ambiti territoriali d’ambito, ha stabilito che “le comunità d'ambito già esistenti al momento dell'entrata in vigore della presente legge, d'intesa tra loro e sulla base dei piani provinciali vigenti, provvedono all'approvazione del Piano straordinario per i primi affidamenti del servizio aventi i contenuti di cui al comma due”: e cioè il censimento delle opere, degli impianti e dei servizi esistenti; l’individuazione, in conformità a quanto previsto dai piani provinciali, delle opere e degli impianti da realizzare necessari per il raggiungimento dell'autosufficienza per la gestione dei rifiuti urbani a livello dei nuovi ambiti.

Ad avviso della ricorrente tale individuazione non vi sarebbe stata, giacché nel Piano straordinario di ATO Toscana Costa, la discarica di Peccioli, pur essendo ricompresa tra gli impianti esistenti con una potenzialità di 1.900.000 m³ per i rifiuti indifferenziati, non viene individuata come possibile oggetto di ampliamento.

3.1. La tesi è priva di fondamento.

Mette conto rilevare, in primo luogo, che il Piano provinciale di gestione dei rifiuti -1° stralcio, approvato con deliberazione del Consiglio provinciale di Pisa del 25 febbraio 2000, n. 36, aveva già previsto che “la discarica in località Legoli nel Comune di Peccioli, attualmente in esercizio per lo smaltimento dei RSU sarà utilizzata per lo smaltimento dei residui derivanti dalla termocombustione dei rifiuti, per altri flussi di rifiuti non inceneribili e/o non recuperabili…”.

Per altro verso giova notare che la deliberazione della Giunta regionale 8 giugno 2009, n. 476 (peraltro non impugnata dalla ricorrente), dopo avere rammentato che dal 18 novembre 2008 era stata costituita la Comunità d'ambito ATO Toscana Costa e che le ex Comunità d'ambito non avevano approvato nei termini stabiliti il piano straordinario di gestione dei rifiuti previsto dall’art. 27 della legge reg. n. 61/2007, stabiliva di approvare il Piano straordinario di cui alla legge citata nel quale, la discarica di Legoli viene censita tra le opere e gli impianti esistenti nella Provincia di Pisa con una potenzialità di 1.900.000 m³ circa.

Tali volumetrie, tuttavia, non rappresentano la potenzialità ultima dell’impianto, ma solo la capacità residuale dello stesso alla data del 2009, senza che sia esclusa una ulteriore implementazione del sito alla luce del fabbisogno e degli obiettivi stimati dal Piano provinciale prima, e dal Piano straordinario poi, rendendo quindi possibile un ampliamento della discarica senza contravvenire alle citate disposizioni pianificatorie.

4. Il secondo motivo si incentra sull’asserita incompetenza del dirigente ad emettere la pronuncia di valutazione di impatto ambientale così come stabilito dagli artt. 48 e 107 d.lgs. n. 267/2000. E ciò in quanto, alla luce dell'elaborazione giurisprudenziale, la VIA costituisce un provvedimento con cui viene esercitata una funzione di indirizzo politico amministrativo e non meramente tecnico discrezionale e, pertanto, afferisce alla competenza della Giunta (regionale o provinciale) quale organo politico amministrativo (Cons. Stato sez. n. 3254/2012).

L'assunto non può essere seguito.

4.1. L'art. 10 del d.lgs. n. 152/2006 dispone che “Le regioni e le province autonome assicurano che, per i progetti per i quali la valutazione d'impatto ambientale sia di loro attribuzione …la procedura per il rilascio di autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell'ambito del procedimento di VIA. È in ogni caso disposta l'unicità della consultazione del pubblico per le due procedure. Se l'autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, le disposizioni regionali e delle province autonome possono prevedere che il provvedimento di valutazione d'impatto ambientale faccia luogo anche di quella autorizzazione”.

La l. reg. 12 febbraio 2010, n. 10 recante “Norme in materia di valutazione ambientale strategica, di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza”, stabilisce all'articolo 10, comma 5-bis (aggiunto dall'art. 37, comma 2, l. reg. n. 6/2012), che "Le province, i comuni e gli enti parco regionali individuano, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, l'organo o ufficio competente ad adottare i provvedimenti conclusivi delle procedure di cui al presente titolo”.

L’art. 47, comma 1, della stessa legge prevede che "La Giunta regionale individua, nell’ambito degli uffici regionali, la struttura operativa competente all’espletamento delle procedure di VIA di competenza regionale. Le province, i comuni e gli enti parco regionali provvedono in conformità con i rispettivi ordinamenti".

Analogamente l’art. 73 bis, nel disciplinare il rapporto tra VIA e AIA afferma che "nel caso di impianti soggetti ad AIA, la procedura per il rilascio dell’AIA è coordinata nell’ambito del procedimento di VIA secondo le seguenti modalità: a) se l’autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell’AIA, il provvedimento di VIA comprende anche l’AIA, nei casi in cui le procedure siano attivate contestualmente….La procedura per il rilascio del provvedimento unico è disciplinata dall'ente competente in coerenza con le disposizioni del proprio ordinamento concernenti il riparto delle funzioni “.

4.2. L'intero dettato normativo sopra rassegnato conduce a ritenere che, nella Regione Toscana, sia rimessa all'amministrazione procedente l’individuazione del soggetto competente al rilascio del provvedimento di VIA ovvero il provvedimento unico di VIA e AIA, in conformità con il rispettivo ordinamento.

Ne segue che legittimamente, in attuazione del quadro delineato, la Provincia di Pisa, con deliberazione di Giunta n. 110 del 23 maggio 2000 (peraltro non impugnata dalla ricorrente) ha stabilito, appunto, che la responsabilità del procedimento di VIA e, dunque, la titolarità della competenza al rilascio appartiene al Dirigente del Servizio ambiente.

5. Con il terzo motivo l'associazione ricorrente si duole che la conferenza di servizi del 14 dicembre 2011 non avrebbe preso in considerazione le osservazioni presentate dai cittadini in violazione degli artt. 14 e 14 ter l. n. 241/1990. Violazione dell’art. 24, co 4 e 5, d.lgs. n. 152/2006.

Il motivo è infondato.

5.1. Già nella conferenza di servizi del 27 giugno 2011 si era preso atto delle osservazioni pervenute e del documento inoltrato dal soggetto proponente il precedente 24 giugno, in risposta alle osservazioni presentate

Così pure, nel corso della conferenza di servizi del 14 dicembre 2011, si è dato atto e si sono valutate le successive osservazioni presentate sull'integrazione del proponente, rinviando la mera formalizzazione delle risposte alle osservazioni in tempi successivi. E ciò risulta anche dall'appendice 1 dell'Allegato A alla determinazione conclusiva del procedimento.

6. L’art. 50, co. 3, lett. d) della l. reg. n. 10/2010, analogamente a quanto stabilito dagli articoli 21 e 22 d.lgs. n. 152/2006, dispone che lo studio di impatto ambientale deve contenere “una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale”. Ad avviso di parte ricorrente, nel corso del procedimento nessuna alternativa è stata presa concretamente in considerazione, ritenendo semplicemente che la discarica non avrebbe alternative.

6.1. L'assunto non ha pregio.

Nel capitolo 14 dello studio di impatto ambientale si dispone, infatti, che "l'ampliamento si rende necessario e urgente in quanto rappresenta l'unico impianto che assicura l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani della provincia di Pisa le cui volumetrie arriveranno ad esaurirsi alla fine del 2013".

E’ stato, altresì, precisato che l’individuazione di un altro sito sarebbe una scelta peggiorativa, per il maggior costo di investimento, per il maggiore impatto ambientale sul territorio rispetto al mero ampliamento della discarica esistente e, inoltre, perché il sito di Legoli presenta particolari caratteristiche di idoneità per la realizzazione di una discarica.

6.2. Quanto all'opzione zero viene evidenziato che la mancata realizzazione dell'opera "potrebbe provocare la difficoltà di chiudere il ciclo di trattamento e smaltimento dei rifiuti secondo quanto previsto dal piano interprovinciale, una volta esaurite le volumetrie residue della discarica di Peccioli".

7. Con il quinto motivo parte ricorrente assume che il progetto sarebbe illegittimo in quanto già il primo ampliamento della discarica non è stato sottoposto a valutazione di impatto ambientale, come accertato con la sentenza n. 6461 del 2004 di questo Tribunale amministrativo. Ciò avrebbe reso necessario estendere lo studio anche alle precedenti opere di ampliamento.

La tesi non può essere seguita.

7.1. Come rilevato dalle controparti, la sentenza in parole è stata appellata dinanzi al Consiglio di Stato. Nell’occasione il Giudice d'appello, dopo rilevato la sussistenza di un accordo tra le parti in ordine al venir meno dell'interesse ricorso di primo grado, ha affermato che "la rinuncia agli effetti favorevoli della sentenza di primo grado e la rinuncia al ricorso di primo grado da parte dell'appellato vittorioso, configura una causa estintiva del giudizio d'appello, con l'annullamento senza rinvio della sentenza appellata" (Cons. Stato, sez. IV, 28 dicembre 2005, n. 7475).

Ciò comporta la persistente validità della determinazione n. 518 del 2003 con cui la Provincia di Pisa aveva deciso di escludere dalle procedure di VIA il progetto di ampliamento della discarica e del successivo provvedimento con cui il progetto definitivo era stato approvato.

7.2. Peraltro, va rilevato che lo Studio di impatto ambientale approvato reca anche valutazioni sugli effetti ambientali dell'intera area impiantistica, individuando anche le necessarie opere di mitigazione, sia con riferimento al percolato, che al biogas formato dalla discarica, i cui impianti di captazione e trattamento sono stati dimensionati ed adeguati alla nuova capacità di ricezione dell'impianto, come risulta dalla Relazione tecnica del febbraio 2011 allegata al SIA.

8. Con il sesto motivo viene lamentato il difetto di istruttoria con riferimento ai profili geomorfologici dell’area interessata dall’ampliamento, problematiche non superate neppure attraverso le prescrizioni imposte in sede di rilascio dell’autorizzazione.

La censura è infondata.

8.1. Come è dato leggere nel contributo istruttorio del Servizio di difesa del suolo della Provincia di Pisa del 13 giugno 2011, "secondo la Tavola P9 del PTC della Provincia di Pisa, l'area in oggetto è classificata in classe I - vulnerabilità irrilevante: riguarda le aree in cui la risorsa idrica considerata non è presente, essendo i terreni praticamente privi di circolazione idrica sotterranea…". In tale aree la trasformazione dell'attività è perciò pienamente ammissibile.

8.2. Nel contributo istruttorio di cui alla nota 23 giugno 2011 n. 2753 dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno, con riferimento al Piano stralcio assetto idrogeologico, viene precisato che "l'intervento (esistente ed in ampliamento) ricade in un'area classificata come pericolosità da frana elevata PF3…. con depositi di materiale detritico all'interno di incisioni di notevole larghezza, materiali movimentabili a seguito di eventi atmosferici".

8.3. Tuttavia, come argomentato dalla difesa di controparte, la presenza del vincolo idrogeologico e di aree a pericolosità geomorfologica elevata non rappresentano, di per sé, fattori escludenti per la realizzazione di discariche, dovendo, al più considerarsi, in conformità al d.lgs. n. 36/2003, come fattori penalizzanti che possono essere superati con una adeguata progettazione.

Infatti l’Allegato 1 al citato decreto legislativo, dopo avere stabilito che gli impianti di cui trattasi non vanno ubicati di norma “in aree dove i processi geologici superficiali, quali l'erosione accelerata, le frane, l'instabilità dei pendii potrebbero compromettere l'integrità della discarica e delle opere ad essa connesse…” dispone che "la discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda le condizioni di cui sopra, o le misure correttive da adottare, indichino che la discarica non costituisce un grave rischio ecologico…”.

8.4. Orbene, come risulta dal rapporto istruttorio allegato alla determinazione impugnata, al fine del superamento delle condizioni di instabilità "il progetto prevede l'adozione di interventi tecnici quali la completa asportazione della coltre instabile. Per quanto concerne il sovraccarico dei versanti laterali in seguito all'abbancamento di rifiuti fino alla quota del progetto, le verifiche di stabilità delle opere in programma e della discarica nel suo insieme, effettuate in sede di progettazione, fanno escludere l'innesco di dissesti…".

Conseguentemente la conferenza di servizi ha motivatamente ritenuto che gli interventi predisposti dal soggetto proponente siano adeguati al fine di evitare i rischi ecologici in parola.

9. Il settimo motivo, connesso al precedente, pone in rilievo che spetterebbe alla Regione, secondo quanto disposto dal’art. 61 del decreto legislativo n. 152/2006, il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione di discariche in area a pericolosità geomorfologica, mentre nel caso in esame non sarebbe stata richiesta e rilasciata alcuna autorizzazione regionale.

L'assunto è infondato.

L'articolo 61, comma 5, del d.lgs. n. 152/2 diversi stabilisce che "le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n 3267, sono interamente esercitate dalle regioni".

Nondimeno, la legge regionale Toscana 18 maggio 1998, n. 25, recante norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, ha delegato alle province tale competenza e pertanto a tale ente, nell'ambito di approvazione del progetto di una discarica, compete anche la valutazione degli aspetti relativi alla pericolosità geomorfologica.

10. Ad avviso della parte ricorrente (motivo n. 8) il progetto sarebbe in conflitto con quanto previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 36/2003, nonché dal Piano regionale della gestione dei rifiuti, giacché non si darebbe carico di precisare la riduzione del conferimento in discarica di rifiuti biodegradabili e violerebbe, inoltre, l’art. 7 del suddetto decreto nella parte in cui si stabilisce che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo il trattamento.

10.1. L'affermazione non può essere condivisa.

L’art. 7 del d.lgs. n. 36/2003, dopo avere rammentato che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo il trattamento, stabilisce che "tale disposizione non si applica: a) ai rifiuti inerti cui trattamento non sia tecnicamente fattibile; b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'art. 1 riducendo la quantità di rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente…".

10.2. In proposito il Ministero dell'ambiente, con nota del 30 giugno 2009, in tema di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, ha chiarito che "qualora sia stato conseguito, a livello di Ambito Territoriale Ottimale…. l'obiettivo di riduzione del conferimento dei rifiuti urbani biodegradabili previsto dall'articolo 5, comma 1 del d.lgs. 36/06, tale risultato può essere considerato condizione necessaria e sufficiente per consentire lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non pretrattati…".

Recependo tale indicazione, il rapporto istruttorio allegato alla determinazione n. 2857/2012 (Appendice 1) afferma chiaramente che gli obiettivi di riduzione dei rifiuti biodegradabili collocati in discarica relativi all'anno solare di riferimento a livello di ATO sono stati raggiunti; con ciò realizzando la condizione posta dalle norme invocate dalla ricorrente.

11. Con il nono motivo l’Associazione ricorrente si duole che siano stati pretermessi, nello studio di impatto ambientale, i profili strettamente sanitari concernenti i rischi per la salute delle popolazioni circostanti l’impianto.

La tesi è priva di fondamento.

L’art. 5, co. 1, lett. b) dispone che si intende per “valutazione ambientale dei progetti, …il procedimento mediante il quale vengono preventivamente individuati gli effetti sull'ambiente di un progetto, secondo le disposizioni di cui al titolo III della seconda parte del presente decreto, ai fini dell'individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, commi 3 e 4, lettera b)”.

Quest’ultima norma stabilisce che “la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita…”.

L’art. 22, co. 2, dello stesso decreto chiarisce, poi, che “Lo studio di impatto ambientale, è predisposto, secondo le indicazioni di cui all'allegato VII del presente decreto e nel rispetto degli esiti della fase di consultazione definizione dei contenuti di cui all'articolo 21, qualora attivata”.

Ebbene, l’Allegato VII, all’art. 3, dispone che lo studio di impatto ambientale reca, tra l’altro, “Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, nonché il patrimonio agroalimentare, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori”.

In nessuna norma, dunque, si fa cenno ad una specifica analisi dei rischi sanitari, intesa come specifico e separato apporto che contempli, anche attraverso indagini epidemiologiche, l’impatto sulla salute dell’uomo i cui profili, evidentemente, vano ricompresi nella valutazione complessiva dell’incidenza sull’ambiente del quale anche l’uomo fa parte.

12. Il decimo motivo denuncia l’asserita violazione del Paino regionale dei rifiuti urbani approvato con deliberazione consiliare n 98 del 1988, nella parte in cui prevede che i siti idonei alla realizzazione di discariche non devono ricadere in aree in presenza di centri abitati e che non possono garantire il permanere di una fascia di rispetto di 500 m tra il perimetro del centro abitato e il perimetro dell'impianto.

12.1. La censura non coglie nel segno.

In primo luogo giova rammentare che il piano regionale, con il riferimento ai centri abitati, rimanda alla definizione di tale concetto da parte del vigente Codice della strada secondo cui il centro abitato è costituito da "un insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili costituito da non meno di 25 fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonale sulla strada" (art. 3 d.lgs. n. 295/1992).

Dunque, le case isolate ed il campo sportivo del comune di Peccioli, situate ad una distanza inferiore al limite di 500 m sopra indicato, non possono essere contemplate ai fini del divieto di ampliamento dell'attuale perimetro della discarica.

Peraltro, in punto di fatto, non può non rilevarsi che, come risulta dalle rappresentazioni grafiche prodotte dalla stessa parte ricorrente, l’ampliamento della discarica è previsto in un'area opposta a quella dell'attuale localizzazione ed è quest'ultima che, al contrario, non rispetterebbe i limiti di cui sopra.

13. Con l'ultimo motivo che si duole che l'autorizzazione di cui alla determinazione impugnata non riporterebbe alcuni degli elementi indicati dall’art. 208, co. 11, del d.lgs. n. 152/2006. In particolare non risulterebbero precisati: i tipi e i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati; i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito alle attrezzature utilizzate ai tipi ed i quantitativi massimi dirigenti, oltre al controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato; le disposizioni relative alla chiusura e gli interventi ad essa successive che si rivelino necessari.

L'assunto è infondato.

Il rapporto istruttorio allegato alla determinazione conclusiva del procedimento stabilisce che “la discarica è destinata esclusivamente allo smaltimento di RSU, di scarti e sovvalli derivanti da selezione di RSU e di scorie di incenerimento provenienti dall'impianto di incenerimento previsto per l’ATO Toscana Costa” per una volumetria limitata a 1.970.000 m³”.

Quanto al piano di monitoraggio si prevede, in relazione alle acque sotterranee, la modifica di alcuni piezometri e, per la qualità dell'aria, oltre ai 4 punti di monitoraggio già esistenti, la realizzazione di una ulteriore postazione denominata A5 e posizionata in direzione WSW.

Infine, quanto al piano di gestione post operativa, la determinazione approvata prevede che, all'esaurimento della volumetria prevista e alla conclusione dei lavori siano inoltrati all'autorità competente i relativi certificati di collaudo.

13. Conclusivamente, per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio, in ragione della natura della controversia, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Viola, Presidente FF

Bernardo Massari, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)