TAR Toscana Sez. II, n. 1341, del 8 ottobre 2013
Rifiuti. Principio comunitario “chi inquina paga”.

Il principio comunitario “chi inquina paga” impone che l’Amministrazione compia adeguate indagini per accertare l’autore delle condotte che hanno determinato la contaminazione, in assenza di che le prescrizioni adottate finirebbero col gravare, inammisibilmente, anche (o solo) sul soggetto che, occasionalmente si trovi ad avere la disponibilità del bene, in evidente contrasto con la normativa in materia che addossa, anche l’onere degli interventi di emergenza, al responsabile del fatto (cfr. gli artt. 240, 242 e 244 del Codice dell’ambiente). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01341/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01279/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1279 del 2012, proposto da: 
Sicabeton s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Gilberto Giusti, con domicilio eletto presso Gilberto Giusti in Firenze, via Santa Reparata 4o;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t., Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., Capitaneria di Porto di Livorno, ISPRA - Istituto Superiore della Protezione e la Ricerca Ambientale, ISS - Istituto Superiore di Sanità, Autorità Portuale di Livorno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
Regione Toscana in persona del Presidente in carica; 
Comune di Livorno in persona del Sindaco in carica; 
Provincia di Livorno in persona del Presidente in carica; 
Comune di Collesalvetti in persona del Sindaco in carica; 
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Toscana, 
Asl 6 - Livorno, Inail ex Ispesl;

nei confronti di

Labromare s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Matteo Pollastrini, Roberto Righi, con domicilio eletto presso Roberto Righi in Firenze, via Lamarmora 14;

per l'annullamento

- verbale della conferenza dei servizi convocata presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio in data 02.05.2012 ai sensi dell’art. 14, comma 2, legge 241/90 e sue successive modifiche ed integrazioni;

- decreto direttoriale Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, a firma del direttore generale, Prot. 3348/Tri/a/B del 17.05.2012, che approva tutte le prescrizioni conclusive della conferenza dei servizi decisoria relativa al sito di bonifica nazionale di “Livorno” del 02.05.2012;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente, connesso e consequenziale;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Capitaneria di Porto di Livorno, ISPRA, ISS - Istituto Superiore di Sanità, Autorità Portuale di Livorno e di Labromare Srl

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2013 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con decreto del Ministro dell'ambiente del 18 settembre 2001 n. 468 veniva identificato, ai fini della del programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, il sito di interesse nazionale di Livorno e, con successivo decreto in data 24 febbraio 2003 lo stesso Ministro deliberava di sottoporre il sito ad interventi di caratterizzazione delle matrici interessate dall'inquinamento, attivando gli eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

La società Betonval, operante nel settore della produzione di calcestruzzo, provvedeva autonomamente a predisporre un piano di caratterizzazione dei terreni e delle acque prelevate nel terreno di sua proprietà, situato all'interno del sito in parola, che veniva presentato nella conferenza di servizi istruttoria del 19 luglio 2006.

Nelle more del procedimento la suddetta società, con contratto registrato il 27 dicembre 2007, cedeva il ramo d'azienda operante nel sito di interesse nazionale di Livorno alla odierna ricorrente Sicabeton s.p.a..

Il documento veniva esaminato nella conferenza di servizi istruttoria del 16 maggio 2011 nella quale veniva chiesto alla ricorrente di procedere all'attivazione di interventi di messa in sicurezza d'emergenza – m.i.s.e. -della matrice ambientale acqua di falda contaminata.

Contestualmente si dava atto della validazione da parte dell’ARPAT dei risultati della caratterizzazione seguita, evidenziando per la matrice terreno il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione – CSC - dei parametri cromo, nichel e idrocarburi pesanti; per le acque di falda di superamenti diffusi delle CSC per i parametri ferro, manganese, solfati, ammoniaca, benzopirene e tetracloretano.

Preso atto di questi esiti, la conferenza di servizi decisoria del 5 maggio 2012 deliberava di richiedere alla Sicabeton l’attivazione immediata di interventi di messa in sicurezza d'emergenza dell'acqua di falda contaminata.

Con decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, assunto in data 17 maggio 2012, venivano approvate tutte le prescrizioni della predetta conferenza dei servizi.

Avverso tali atto proponeva impugnazione la società in intestazione chiedendone l'annullamento, previa sospensione, e deducendo:

1. Violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e degli artt. 242, 252, 253 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione del principio comunitario "chi inquina paga". Eccesso di potere per erroneità e carenza dei presupposti. Illogicità dell'azione amministrativa.

2. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e di istruttoria. Difetto di motivazione. Illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell'azione amministrativa.

Per resistere al gravame si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'ambiente, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della salute, la Capitaneria di Porto di Livorno, l’ISPRA, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Autorità portuale di Livorno e di Labromare s.r.l..

Con ordinanza n. 606 del 5 settembre 2012 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del giorno 29 maggio 2013 la causa è stata rimessa in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso all’esame vengono impugnati il decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in epigrafe precisato di approvazione delle prescrizioni conclusive della conferenza dei servizi decisoria relativa al sito di bonifica nazionale di Livorno del 2 maggio 2012, oltre al verbale della suddetta conferenza dei servizi nella parte in cui stabilisce di richiedere alla Sicabeton l’attivazione immediata di interventi di messa in sicurezza d'emergenza dell'acqua di falda contaminata.

Il ricorso è fondato.

Deduce in sintesi la ricorrente che il provvedimento non è sorretto da adeguata istruttoria e motivazione in ordine all’accertamento dell’effettiva responsabilità del soggetto inquinatore con ciò violando l’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 (ove ritenuto applicabile) e gli artt. 242, 252, 253 del d.lgs. n. 152/2006.

La tesi merita condivisione.

Questa Sezione, in accordo con la giurisprudenza assolutamente prevalente, ha più volte avuto modo di rilevare che le norme appena citate non consentono all’Amministrazione procedente di imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità, né diretta, né indiretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari o gestori o addirittura in ragione della mera collocazione geografica del bene, l'obbligo di bonifica di rimozione e di smaltimento dei rifiuti e, in generale, della riduzione al pristino stato dei luoghi che è posto unicamente in capo al responsabile dell'inquinamento, che le autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (T.A.R. Toscana, sez. II, 9 maggio 2013, n. 773).

Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l'esperimento di adeguata istruttoria, l'esistenza di un nesso di causalità fra l'azione o l'omissione e il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile meramente in ragione di tale qualità (cfr. Cons. Stato sez. VI 18 aprile 2011, n. 2376; id., Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; T.A.R Campania, Napoli, sez. V, 1 marzo 2012, n. 1073; T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594; id. 1 aprile 2011, n. 565).

Il proprietario, ove non sia responsabile della violazione, non ha l'obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l'onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare (ex multis, Cons. Stato sez. V, 5 settembre 2005, n. 4525).

Orbene, nel caso all’esame, emerge dagli atti istruttori delle conferenze di servizio l’insufficienza delle indagini eseguite e poste a fondamento dell’obbligo della deducente di procedere alla messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera del sito in questione, nonché la contraddittorietà della condotta dell’Amministrazione procedente.

Dall’esame del verbale della conferenza di servizi si manifesta una sorta di equiordinazione degli attuali proprietari delle aree dislocate sul sito ai fini dell’affermazione della loro responsabilità che non viene sufficientemente indagata né sul piano della correlazione tra l’attività effettivamente svolta e il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione rilevate, né sul piano temporale, con riferimento alla data in cui i soggetti sono stati presenti sul sito, ovvero siano subentrati, per varie vicende contrattuali, ai precedenti proprietari.

Entrambi i profili si palesano emergenti nel caso all’esame, posto che, per un verso la ricorrente, come riferito in narrativa, ha acquistato il ramo d’azienda relativo alla produzione di calcestruzzi dalla precedente proprietaria Betonval, solo il 27 dicembre 2007 (ossia dopo che la contaminazione era già stata rilevata), per altro verso non pare che sussista alcuna ragionevole correlazione tra le sostanze inquinanti rinvenute e l’attività svolta dalla ricorrente.

Per contro, come rilevato dalla ricorrente, sarebbe stato necessario indagare, dove possibile, in che modo e in che misura sia potuta avvenire la probabile trasmigrazione, attraverso la falda acquifera, di tali sostanze prodotte da altre aziende i cui siti di produzione confinano con quello della ricorrente.

Invero, si ribadisce, il principio comunitario “chi inquina paga” impone che l’Amministrazione compia adeguate indagini per accertare l’autore delle condotte che hanno determinato la contaminazione, in assenza di che le prescrizioni adottate finirebbero col gravare, inammisibilmente, anche (o solo) sul soggetto che, occasionalmente si trovi ad avere la disponibilità del bene, in evidente contrasto con la normativa in materia che addossa, anche l’onere degli interventi di emergenza, al responsabile del fatto (cfr. gli artt. 240, 242 e 244 del Codice dell’ambiente).

Conseguentemente per le ragioni esposte il ricorso va accolto con conseguente annullamento, per quanto di interesse, degli atti impugnati.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in € 3.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Bernardo Massari, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)