Cass. Civile Sez. II n. 2864 del 12 febbraio 2016 (Ud 18 dic 2015)
Pres. Mazzacane Est. Lombardo Ric. Di Nicolantonio
Rumore. Condominio e diritto al risarcimento del danno

Quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni, l'esistenza del danno è in re ipsa e, pertanto, il vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 cod. civ

RITENUTO IN FATTO

1. - P.M.T. convenne in giudizio D.N. L., chiedendo che la stessa fosse condannata al risarcimento del danno cagionatole da immissioni rumorose.

Nella resistenza della convenuta, il Giudice di pace di San Valentino in A.C. accolse la domanda e condannò la convenuta al risarcimento del danno in favore dell'attrice, che liquidò in Euro 200,00.

2. - Sul gravame proposto dalla D.N., il Tribunale di Pescara confermò la pronuncia di primo grado.

3. - Per la cassazione della sentenza di appello ricorre D. N.L. sulla base di otto motivi.

P.M.T., ritualmente intimata, non ha svolto attività difensiva.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. - Col ricorso vengono formulati i seguenti motivi:

1) violazione e la falsa applicazione degli artt. 244, 115 e 116 c.p.c., per avere i giudici di merito fondato la loro decisione su testimonianze vertenti su apprezzamenti e valutazioni circa la intollerabilità dei rumori, piuttosto che su consulenza tecnica (primo motivo);

2) violazione e la falsa applicazione dell'art. 246 c.p.c., per avere i giudici di merito fondato la loro decisione sulle testimonianze rese da due condomine ( De.Be. e Di.Ba.) del medesimo stabile ove abitano le due parti in causa, nonostante si trattasse di testimoni incapaci a deporre in quanto aventi un interesse che avrebbe potuto legittimare la loro partecipazione al giudizio (tanto che la teste De.Be. aveva presentato un esposto alla Questura di Pescara, denunciando i pretesi rumori molesti) (secondo motivo);

3) insufficiente motivazione con riferimento alla non rilevata incapacità a deporre da parte delle testi la cui dichiarazione è stata posta a fondamento della sentenza impugnata (terzo e quarto motivo).

4) insufficiente motivazione con riferimento alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni delle testimoni sopra richiamate (quinto motivo);

5) insufficiente motivazione con riferimento alla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni rese dagli altri testimoni, che avevano escluso la sussistenza di immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità (sesto motivo);

6) violazione e la falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., artt. 1226, 2043, 2056, 2059 e 2697 c.c. e artt. 185 e 659 cod. pen., per avere i giudici di merito riconosciuto all'attrice il risarcimento del danno nonostante che non potesse essere ravvisabile alcun danno non patrimoniale in quanto il fatto non configurava alcun reato e l'attrice non avesse fornito alcuna prova del danno (settimo motivo);

7) insufficienza della motivazione per quanto concerne i criteri adottati per la quantificazione del danno.

2. - Il ricorso va rigettato.

Invero, le censure di cui ai precedenti nn. 1, 4, 5 e 7 sono inammissibili, in quanto attengono ad apprezzamenti discrezionali del giudice di merito che sono insindacabili in cassazione quando - come nella specie - la motivazione è esente da vizi logici e giuridici.

Sul punto va precisato che nulla esclude - in astratto - che l'entità delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al giudice valutare, oltre l'attendibilità, anche la congruità delle dichiarazioni rese rispetto al thema probandum.

Le censure di cui ai nn. 2 e 3 sono infondate. L'art. 246 c.p.c. prevede la incapacità a testimoniare delle persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Nel caso di specie, non risulta che le testimoni assunte, condomine del medesimo edificio, abbiano un tale interesse; interesse che potrebbe sussistere solo ove gli appartamenti da esse abitati si trovassero nella medesima posizione - rispetto all'appartamento dal quale provengono le immissioni rumorose - dell'appartamento dell'attrice ovvero in una posizione assimilabile, tale da consentire di percepire le immissioni rumorose con la medesima intensità. Ciò nel caso di specie non risulta essere stato dedotto. Irrilevante è l'esposto presentato da una delle testimoni alla Questura, diversi essendo i presupposti dell'illecito denunciato con l'esposto rispetto a quello per cui è causa (riferibile alla fattispecie di cui all'art. 844 c.c.).

Da ultimo, anche la doglianza di cui al n. 6 è priva di fondamento.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v'è ragione di discostarsi, quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni, l'esistenza del danno è in re ipsa e, pertanto, il vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 c.c. (Sez. 2, Sentenza n. 4693 del 18/10/1978, Rv. 394378; Sez. 2, Sentenza n. 2580 del 12/03/1987, Rv. 451713; Sez. 3, Sentenza n. 5844 del 13/03/2007, Rv. 597527).

3. - Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Essendo la P. rimasta intimata, nulla va statuito sulle spese.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2016