Sanzioni amministrative e danno ambientale nel disegno di legge della
“Finanziaria 2006"
dell' Avv.
Fabio Anile
Il 30 settembre 2005 è stato comunicato alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri il Disegno di Legge, presentato dal
Ministro dell’economia e delle finanze, recante la c.d.
legge finanziaria 2006[1].
Come di consueto, il testo del
provvedimento legislativo, reca, oltre al suo contenuto “tipico”[2],
numerose disposizioni su materie tra loro eterogenee, tutte accomunate,
quantomeno negli intenti (…), da finalità di contenimento
dell’indebitamento entro i parametri del nuovo Patto di stabilità e crescita,
concordato con l’Unione europea[3]
Non potevano mancare nuove disposizioni in materia
di ambiente, la cui analisi è tanto più opportuna, in un momento
particolarmente delicato, come quello presente, in cui la legislazione
ambientale in vigore sta attraversando una fase di razionalizzazione, come
previsto dalla legge-delega 15 dicembre 2004, n. 308 [4].
Le nuove disposizioni
a tutela dell’ambiente, inserite nel Titolo III, Capo III del
provvedimento, recante il titolo “Disposizioni
varie”, sono riportate nei 17 commi dell’art. 60.
Nel prosieguo, si procederà ad una prima analisi
delle disposizioni contenute nei commi 11 e 12-18, del cit. art. 60, recanti
innovazioni di indubbio rilievo, in materia di sanzioni amministrative e di
danno ambientale[5].
1. Sanzioni amministrative
La disposizione contenuta nel comma 11 dell’art.
60 è certamente destinata a creare un sussulto negli operatori del settore, dal
momento che innalza sic et simpliciter i
minimi ed i massimi delle sanzioni amministrative, previste per gli illeciti
ambientali, rispettivamente, di 10 e di 50 volte.
Pensiamo, tra gli altri[6], ad un illecito
frequentemente riscontrato, quale quello relativo alla incompleta ad inesatta
tenuta dei formulari di trasporto, di cui all’art. 52, comma 3, d. lgs. n.
22/97, attualmente punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
1.549 a euro 9.296.
Con la nuova disposizione, lo stesso illecito
verrebbe ad essere sanzionato con una pena pecuniaria che va da un minimo di
15.490,00 ad un massimo di euro 46.345,00 euro.
Lo stesso dicasi in materia di
tutela delle acque dall’inquinamento (d. lgs. n. 152/99 e succ. mod. ed int.),
ove, con l’evolversi della legislazione, si è registrata una progressiva
depenalizzazione di fatti, priecedentemente codificati come reati, cui dovranno
essere applicati i nuovi e più severi limiti edittali, ferma restando
l’impossibilità di accedere al pagamento in misura ridotta, come sancito
espressamente dall’art. 56, comma 4, d. lgs. n. 152/99.
Sebbene tale modifica potrebbe
facilmente essere giustificata, sul piano politico, invocando il principio «chi
inquina paga», o “l’elevato livello d tutela ambientale”, e, sul piano
fiscale, invocando …la “ragion di cassa”, rimane il dubbio se un tale
inasprimento delle sanzioni amministrative non rischi di creare figure di
illecito che, in concreto, possano risultare più severe ed onerose, sotto il
profilo punitivo, di fatti penalmente rilevanti.
Si pensi, ad esempio, alla
fattispecie di gestione di rifiuti non pericolosi senza autorizzazione, punito
dall’art. 51, comma 1, lett. a), con la pena dell’arresto da tre mesi ad un
anno o, alternativamente, con l’ammenda da euro 2.582 a euro 25.822
In tali ipotesi, il reo potrebbe avere interesse
ad avvalersi, ricorrendone i presupposti, dell’istituto dell’oblazione, ex
art. 162 bis c.p., con la conseguenza di estinguere l’illecito, attraverso il
pagamento di una somma di denaro pari alla metà del massimo dell’ammenda,
corrispondente, in concreto, a euro 12.500 circa
Al di là di dubbi di
costituzionalità, che potrebbero inficiare la norma in esame, sotto il profilo,
dell’adeguatezza e della proporzionalità[7]
delle sanzioni amministrative, ove applicate a fatti connotati da lieve
disvalore, quali sono gli illeciti documentali, è certamente facile
immaginare che la “reazione” dei presunti trasgressori sarà quella di
contestare il verbale di accertamento proponendo opposizione contro
l’ordinanza–ingiunzione, ex art. 22, L. 689/81, allo scopo di rinviare il più
possibile il pagamento della sanzione, in vista della prescrizione
dell’illecito, con incerti
vantaggi per le entrate dello Stato.
E’, peraltro, facile
ipotizzare l’impatto che tale disposizione avrebbe su un sistema economico
come quello italiano, principalmente basato su piccole e medie imprese[8]
rispetto alle quali, la particolare severità del nuovo trattamento
sanzionatorio potrebbe tradursi in una
“barriera” di mercato, o in aumenti del costo dei servizi pubblici relativi
alla gestione dei rifiuti e/o alla depurazione e scarico delle acque reflue, che
finirebbero per abbattersi, in ultima analisi, sul consumatore finale.
2. La nuova disciplina sul Danno Ambientale.
Particolare interesse suscitano, infine, le disposizioni contenute nei commi da 12 a 18 del cit. art. 60, recanti disposizioni in materia di danno ambientale.
Dette norme vanno segnalate, in quanto
rappresentano un’anticipazione della disciplina sul danno ambientale, proposta
nella bozza di decreto legislativo, di cui alla legge-delega 15 dicembre n.
308/2004[9],
oltre che un parziale recepimento della direttiva 2004/35/CE sulla
“responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno
ambientale”[10].
La novella è incentrata sull’adozione,
da parte del Ministero dell’ambiente, di un ordinanza esecutiva, impugnabile,
da parte del soggetto obbligato, innanzi al TAR o con ricorso straordinario al
Capo dello Stato. (v. comma 16)
A seguito dell’accertamento di un fatto che ha
determinato un danno ambientale, il Ministro adotta la predetta ordinanza, con
la quale vengono irrogate le sanzioni amministrative di competenza e viene
ingiunto, all’autore del danno, il ripristino della “situazione ambientale
antecedente”, a titolo di risarcimento in forma specifica.
Nel caso in cui il danno non risulti eliminabile,
con la stessa o con altra ordinanza viene ingiunto il pagamento di una somma di
denaro pari al valore economico del danno.
Soggetto obbligato è l’autore materiale del
fatto dannoso, in solido con il soggetto che aveva interesse od ha tratto
vantaggio dal fatto lesivo.
Sotto il profilo della quantificazione del danno,
il comma 13 richiede che esso comprenda “il pregiudizio arrecato alla
situazione ambientale con particolare riferimento al costo necessario per il suo
ripristino”, richiamando espressamente, a tal fine, quanto previsto dalla
direttiva n. 35/2004/CE[11].
Ove non sia possibile procedere ad una
quantificazione del danno, l’ordinanza ne determina l’ammontare in via
equitativa, avendo riguardo al profitto conseguito dal trasgressore, in
conseguenza del comportamento lesivo.
In ordine all’applicazione nel tempo del nuovo
regime, il comma 15 stabilisce, infine, che le disposizioni in esame “si
applicano anche ai danni ambientali presi in considerazione in procedure
transattive non ancora definite alla data del 30 settembre 2005”.
Da ultimo, il comma 17, prevede che le somme
derivanti dai crediti riscossi e dall’escussione di fidejussioni siano versate
all’entrata del bilancio dello Stato per poi essere riassegnate ad un fondo
del Ministero dell’Ambiente al fine di finanziare interventi urgenti di
disinquinamento di aree per le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno
ambientale (comma 17).
2.1.Alcuni rilievi critici in materia di danno
ambientale.
Come già anticipato, la nuova
disciplina sul danno ambientale, prevista nel disegno di legge della finanziaria
per il 2006, costituisce un’anticipazione, sia pure sotto forma
embrionale, di quella più
esaustiva, riportata, in recepimento della direttiva comunitaria n. 35/2004/CE,
nella bozza di decreto legislativo, di cui alla legge-delega n. 308/2004
(concernente i c.d. Testi Unici ambientali).
Il limite della disciplina, che viene proposta nel
disegno di legge in esame, risiede proprio nella estrema sinteticità
delle disposizioni che la compongono, oltre che nell’assenza di coordinamento
con le norme vigenti, circostanze, queste, che rendono l’intervento normativo,
nel suo complesso, confuso ed approssimativo, oltre che inopportuno.
Basti osservare, in primis, che nulla si
dice in merito alla vigente disciplina sul danno ambientale, di cui all’art.
18, L. 349/86; disciplina che – correttamente - la bozza del decreto
legislativo, di cui ai c.d. Testi Unici, abroga esplicitamente[12].
Si tratta – com’è evidente – di una vistosa
lacuna del testo, che occorre emendare, essendo evidente che i due regimi non
possono coesistere, senza generare delicati problemi applicativi. Si pensi, ad
esempio, al rapporto tra azione risarcitoria ed ordinanza ministeriale.
A questo riguardo, mentre la bozza di decreto
legislativo sul danno ambientale, sancisce l’improcedibilità dell’azione
risarcitoria, a seguito dell’adozione dell’ordinanza ministeriale[13],
il disegno di legge della finanziaria 2006 nulla dice in proposito, aprendo la
via a potenziali conflitti tra il Giudice ordinario, competente ex art. 18, L.
349/86 e quello amministrativo,
competente a conoscere dell’illegittimità degli atti e dei provvedimenti
adottati nell’ambito del procedimento che ha condotto all’adozione
dell’ordinanza ministeriale.
Il parziale richiamo alla direttiva n. 35/2004/CE[14],
con riferimento ai soli costi di ripristino da considerare ai fini della
quantificazione del danno, induce a sollevare ulteriori rilievi, riconducibili
al mancato recepimento della nozione comunitaria di “danno ambientale”;
nozione, che rappresenta un dato di irrinunciabile valore interpretativo,
essendo connotata, nella disciplina comunitaria da specifici profili, a seconda
che si abbia riguardo alle specie ed agli habitat naturali protetti,
alle acque interne, costiere e marine, ed al terreno[15].
Com’è agevole verificare, la nozione
comunitaria di danno ambientale considera, infatti, rilevanti elementi finora
assenti nel nostro diritto positivo.
E’ il caso del “danno al terreno”, definito
come “qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio
significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito
dell’introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul sottosuolo o nel
sottosuolo di sostanze, preparati, organismi e microrganismi nel suolo”.
Tale definizione contiene specifici elementi
caratterizzanti nella parte in cui richiama parametri interpretativi nuovi,
quali la “significatività del rischio di effetti negativi sulla salute
umana”; parametri che, per un verso, sono del tutto assenti nella nozione
di danno ambientale, prevista dall’art. 18, cit.; e che, dall’altro, si
pongono in stridente contrasto con la vigente definizione di “sito
inquinato”, di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) , del D.M. n. 471/99,
a tenore del quale l’obbligo di messa in sicurezza, bonifica e
ripristino ambientale deriva dal mero superamento anche di un solo valore
tabellare[16].
5. Conclusioni.
L’esame delle disposizioni ambientali, inserite nel disegno di legge della
finanziaria 2006, non sempre appaiono coerenti al contenuto “tipico” della
legge finanziaria.
Al di là di tali considerazioni, si ritiene utile
un ripensamento della disposizione introdotta dal comma 11, dell’art.
60, recante l’innalzamento dei minimi e dei massimi delle sanzioni
amministrative previste da normative ambientali, allo scopo - quantomeno - di
adeguarne la misura ai canoni della dissuasività, efficacia e proporzionalità,
tenendo conto del complesso dell’intero sistema sanzionatorio vigente in
materia.
Con riferimento alla disciplina sul danno
ambientale, l’importanza e la complessità delle questioni giuridiche e
tecniche che militano in favore di un’organica revisione della disciplina,
sconsigliano, a nostro sommesso avviso, l’adozione delle disposizioni sopra
esaminate.
Tanto più - occorre ribadire - nel momento in cui
il Governo ha presentato le bozze dei Testi Unici ambientali, di cui alla
legge-delega n. 308/2004, ove, peraltro, si recepisce la disciplina comunitaria
sulla responsabilità per danno all’ambiente, di cui alla direttiva
35/2004/CE.
Ottobre 2005
Fabio Anile
Avvocato
in Roma
[1] Nella riunione del 29 settembre 2005, il Consiglio di ministri ha approvato il disegno di legge riguardante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ("Legge Finanziaria 2006"), trasmesso il giorno seguente al Senato della Repubblica. Il testo è liberamente consultabile all’indirizzo: http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria_2006/s3613.pdf .
[3]
Il quale richiede un aggiustamento netto strutturale dello 0,8 per cento del
PIL.
[4]
Ci si riferisce alle bozze dei Testi Unici in materia ambientale, di cui
alla Legge delega n. 308/2004, presentati ufficialmente dal Governo, presso
la sede dell’Avvocatura Generale dello Stato, in Roma, in data 12.09.2005.
[5] Si tralascia, per il momento, l’esame delle disposizioni concernenti la materia della difesa del suolo (comma 1); la bonifica delle aree marine contaminate (comma 2); il finanziamento per l’attuazione delle misure previste dal Protocollo di Kyoto; la bonifica dei siti contaminati sottoposti a procedure fallimentari (commi 6-10).
[7] Si rammenta che, in materia penale, secondo la sentenza della Corte Costituzionale, n. 409 del 6 luglio 1989, il principio di proporzionalità equivale a negare legittimità alle incriminazioni che, pur idonee al raggiungimento di finalità di prevenzione, producono, attraverso la pena, danni ai diritti fondamentali dell'individuo ed alla società sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenibili da quest'ultima con la tutela dei beni e valori offesi. La Corte ha infine maturato la convinzione che la finalità rieducativa della pena non sia limitata alla sola fase dell'esecuzione, ma costituisca una delle qualità essenziali e generali del suo contenuto ontologico, e l'accompagna da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue: tale finalità rieducativa implica pertanto un costante "principio di proporzione" tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra (sentenze n. 313 del 26 giugno 1990 e n. 343 del 1993, confermata dalla sentenza n. 422 del 1993).
[9] In tema si rinvia al contributo di Ugo Salanitro, dal titolo: Osservazioni sulla schema di decreto legislativo in materia di danni all’ambiente; all’indirizzo web: http://www.ambientediritto.it/dottrina/Dottrina_2005/osservazioni_schema_salanitro.htm
[12] V. art. 20, comma 2, bozza di decreto legislativo recante “Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente”.
[15] Discostandosi dalla disciplina comunitaria, il Legislatore italiano ha considerato anche l’atmosfera, quale bene danneggiato, nella bozza di d. lgs. sul danno ambientale. Diversamente, la direttiva comunitaria, al 4° considerando, include nella nozione di danno ambientale “il danno causato da elementi aereodispersi nella misura in cui possono causare danni all’acqua, a terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti”, ma non l’atmosfera in sé considerata, quale bene protetto.
Per le definizioni, si rinvia agli artt. 2 della direttiva 35/2004/CE ed all’art. 2 della bozza di d.lgs. sul danno ambientale