Cass. Sez. 3, n. 28354 del 8 luglio 2016 (Cc 23 mar 2016)
Presidente: Grillo Estensore: Liberati Imputato: Cottini.
Tutela consumatori.Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari
Il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, di cui all'art. 517-quater cod. pen., non richiede che le indicazioni fallaci siano idonee ad ingannare il pubblico dei consumatori, essendo finalizzato a proteggere l'interesse dei produttori titolati ad utilizzare le predette indicazioni o denominazioni; nè esige che l'origine del prodotto sia tutelata, ai sensi dell'art. 11 D.Lgs. n. 30 del 2005, attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione può pertanto integrare, attesa la mancata previsione di clausole di riserva, anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 cod. pen.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 10 settembre 2015 il Tribunale di Verona ha respinto la richiesta di riesame presentata da C.D. nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 7 agosto 2015 del Giudice, per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, avente ad oggetto bottiglie di vino ed etichette, sottoposte a sequestro in relazione al reato di cui all'art. 57 ter c.p..
Ha evidenziato, in particolare, il Tribunale che dagli atti di indagine era emerso che nelle bottiglie di vino sequestrate all'indagato, destinate al mercato danese, non erano presenti i vitigni corvino, croatina e rondinella, contrariamente a quanto risultante dalle indicazioni presenti sulle etichette apposte sul retro delle bottiglie relativamente alla composizione del vino, in guisa tale da indurre in inganno i consumatori sulle caratteristiche di provenienza dei vini, aventi una composizione non corrispondente a quella riportata sulle etichette. Ciò violava la disposizione del Regolamento del Ministero delle Politiche agricole del 13 agosto 2012, art. 7, attuativo del regolamento CE 1234/2007, che limita l'utilizzabilità dei vitigni corvina e croatina esclusivamente alla produzione di vini DOP e IGP del Veneto e della Lombardia.
Il Tribunale ha, inoltre, evidenziato che il fatto ascritto all'indagato avrebbe comunque potuto rientrare nella previsione dell'art. 515 c.p., nella forma tentata, essendo palese la diversità della composizione qualitativa del vino e della sua provenienza rispetto alle indicazioni dei vitigni riportate nelle etichette sulle bottiglie.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l'indagato, mediante il suo difensore, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale, in quanto i fatti contestati non potevano rientrare nella previsione dell'art. 517 quater c.p., non essendo, tra l'altro, state contestate contraffazione o alterazione dei prodotti sequestrati e non potendo, comunque, indicazioni difformi rispetto all'effettiva composizione del vino rientrare nella nozione di contraffazione della denominazione.
Ha inoltre esposto che non esisteva un prodotto agroalimentare protetto dalla indicazione geografica o dalla denominazione di origine, in quanto il vino prodotto dalla società amministrata dal ricorrente, denominato (OMISSIS), è un prodotto privo di IGP e DOC, come indicato anche nelle etichette apposte sulle bottiglie sequestrate, con la conseguenza che non poteva neppure astrattamente configurarsi il reato contestato, non essendosi verificata alcuna contraffazione o alterazione di altri prodotti.
Ha aggiunto che la violazione del D.M. Politiche Agricole Alimentari e Forestali 13 agosto 2012, art. 7, relativo alla etichettatura dei vini privi di denominazione o indicazione, costituisce violazione amministrativa.
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato difetto di motivazione in ordine alla dimostrazione dei gravi indizi del reato ipotizzato, per le incertezze, dovute alla mancata esecuzione di analisi chimiche sul vino, in ordine alla effettiva composizione dello stesso.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato mancanza di motivazione in ordine al pericolo nel ritardo, evidenziando l'omessa considerazione della disponibilità del ricorrente a procedere a nuova etichettatura delle bottiglie omettendo l'indicazione delle uve.
3. Il Procuratore generale ha concluso nella sua requisitoria scritta per l'inammissibilità del ricorso, evidenziando come il ricorrente avesse omesso di considerare che il Tribunale aveva prospettato la possibile qualificazione del fatto come violazione dell'art. 515 c.p. e l'inammissibilità della deduzione di vizi di motivazione nella materia della impugnazione di provvedimenti relativi a misure cautelari reali, avendo comunque il Tribunale dato atto del pericolo nel ritardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato solo in relazione al terzo motivo.
1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione di legge penale, per l'errata configurazione del reato di cui all'art. 517 quater c.p., giova ricordare che il delitto previsto da tale disposizione configura il nuovo reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Si tratta di un delitto doloso procedibile d'ufficio e punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino ad Euro 20.000. Il reato è integrato dalle condotte di contraffazione od alterazione dei segni distintivi (indicazioni e denominazioni) di origine geografica e da quelle di introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita, offerta in vendita diretta ai consumatori e messa in circolazione dei prodotti con i segni mendaci.
Tale nuova figura di reato afferma in maniera esplicita la rilevanza penale della contraffazione e dell'alterazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, fornendo una tutela anche più ampia di quella riconducibile all'art. 517 c.p., perchè l'art. 517 quater c.p. non richiede l'idoneità delle indicazioni fallaci ad ingannare il pubblico dei consumatori, orientando la tutela verso gli interessi economici dei produttori M. ad utilizzare le indicazioni geografiche o le denominazioni d'origine.
Per la sussistenza del reato non è richiesto che l'origine del prodotto agroalimentare sia tutelata, ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 11 (codice della proprietà industriale), attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione potrà, dunque, integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 c.p., attesa la diversità dei beni giuridici tutelati e la mancata previsione nell'art. 517 quater c.p. di clausole di riserva.
La punibilità del reato è comunque condizionata dal quarto comma della disposizione al rispetto della normativa interna, comunitaria ed internazionale, posta a tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Ora, nella vicenda in esame, è stata prospettata la violazione dell'art. 517 quater c.p. in relazione alla detenzione per la messa in commercio di bottiglie di vino, denominato " (OMISSIS)", pacificamente privo di denominazione di origine protetta e di indicazione geografica protetta, nella cui composizione non sono presenti i vitigni corvina, croatina e rondinella, contrariamente a quanto riportato nelle etichette, apposte sul retro delle bottiglie.
Non si versa, dunque, in una ipotesi di riproduzione o imitazione di una denominazione di origine o di una indicazione geografica protette, posto che il nome del vino sequestrato non è protetto da alcuna privativa e non reca la menzione di prodotti con denominazione di origine o indicazione geografica protetta; neppure la indicazione contraria al vero della presenza dei vitigni croatina e corvina consente di ravvisare la contraffazione o alterazione di denominazione di origine o indicazione di origine protette, non essendo i vitigni l'oggetto della protezione bensì i vini prodotti mediante l'impiego degli stessi.
Tale indicazione determina, però, come inizialmente ipotizzato dal Pubblico Ministero ed indicato anche dal Tribunale di Verona nella ordinanza impugnata quale ipotesi alternativa, la possibile configurabilità del tentativo di frode nell'esercizio del commercio di cui all'art. 515 c.p., in ragione della diversa composizione del vino detenuto per il commercio dall'imputato rispetto a quanto indicato nelle etichette apposte sul resto delle bottiglie, con la conseguente sussistenza dei gravi indizi di tale reato, che comportano l'infondatezza del motivo di ricorso in esame, potendo la condotta contestata al ricorrente essere qualificata come violazione tentata di detta disposizione ed essendo il relativo potere sempre attribuito al giudice della cautela, sia pure limitatamente a tale fase incidentale.
2. Il secondo motivo, mediante il quale è stato denunciato vizio di motivazione, per la sua contraddittorietà, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità, è inammissibile, in quanto il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o In procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere il complesso argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710. V. anche Sez. 3, Sentenza n. 29084 del 2015, Favazzo, Rv. 264121; Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Baronio, Rv. 264011; Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv.
254893; Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916; Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).
Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale di Verona, nel respingere l'istanza di riesame presentata dall'indagato, ha affermato l'esistenza dei gravi indizi di responsabilità sulla base di quanto emergente dalle etichette apposte sulle bottiglie in sequestro, pur in assenza di indagini chimiche sulla composizione del vino, di cui ha affermato la necessità, e tale motivazione non risulta nè mancante nè irragionevole, ben potendo nella fase delle indagini desumersi i gravi indizi di responsabilità in ordine alle caratteristiche di un prodotto dalle etichette apposte sullo stesso dal medesimo produttore.
Ne consegue l'inammissibilità della censura.
3. Il terzo motivo, mediante il quale è stata denunciata l'insufficienza della motivazione in ordine alla esistenza del pericolo nel ritardo, soprattutto tenendo conto della disponibilità manifestata dall'imputato a modificare le etichette apposte sulle bottiglie di vino in sequestro, eliminando dalle stesse l'indicazione delle uve impiegate per la produzione del vino, è fondato, in quanto al riguardo il Tribunale, pur dando della disponibilità manifestata dall'imputato, ha ritenuto comunque esistente il pericolo, senza, tuttavia, illustrare il pregiudizio derivante dalla messa in commercio di vino che non abbia alterato o contraffatto denominazioni di origine o indicazioni geografiche protette e non presenti neppure indicazioni mendaci circa la sua composizione.
Ne consegue la necessità di annullare l'ordinanza impugnata sui punto, con rinvio al Tribunale di Verona per nuovo esame riguardo alla esistenza delle esigenze cautelari, anche tenendo conto della disponibilità manifestata dal ricorrente a modificare le etichette apposte sul retro delle bottiglie di vino, ed il rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di Verona.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016