Cass. Sez. III n. 12316 del 23 marzo 2007 (Ud.21-02-2007)
Pres. Papa E. Est. Squassoni C. Imputato: Minciarelli.
(Rigetta, Trib. lib. Perugia, 10 novembre 2006)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Provvedimento autorizzatorio - Termine per la esecuzione - Scadenza - Provvedimento espresso di decadenza - Necessità - Esclusione.
In materia edilizia, a seguito dell'entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il provvedimento autorizzatorio decade ove nel termine triennale, non prorogato, l'opera non risulti completata, senza che tale decadenza debba essere dichiarata con provvedimento espresso, con la conseguente illegittimità dei lavori proseguiti oltre detto termine.
Pres. Papa E. Est. Squassoni C. Imputato: Minciarelli.
(Rigetta, Trib. lib. Perugia, 10 novembre 2006)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Provvedimento autorizzatorio - Termine per la esecuzione - Scadenza - Provvedimento espresso di decadenza - Necessità - Esclusione.
In materia edilizia, a seguito dell'entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il provvedimento autorizzatorio decade ove nel termine triennale, non prorogato, l'opera non risulti completata, senza che tale decadenza debba essere dichiarata con provvedimento espresso, con la conseguente illegittimità dei lavori proseguiti oltre detto termine.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 21/02/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 153
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 046584/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINCIARELLI ROMANO, N. IL 13/02/1929;
avverso ORDINANZA del 10/11/2006 del TRIB. LIBERTÀ di PERUGIA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. PASSACANTANDO G., che ha chiesto il rigetto del ricorso.
OSSERVA
Con ordinanza 10 ottobre 2006, il Tribunale di Perugia ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo che grava su sei unità immobiliari in costruzione rilevando la
configurabilità del contestato illecito (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44) in quanto l'intervento edilizio non era più sorretto da titolo abilitativo.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno evidenziato come fosse stata rilasciata concessione edilizia il 25 febbraio 1999, ma i lavori (iniziati il 14 febbraio 2000) non fossero stati ultimati nel triennio previsto e, pertanto, si era verificata la decadenza di diritto della concessione.
Il Tribunale non ha rilevato alcun fatto impeditivo della prosecuzione dei lavori, con conseguente sospensione del termine di efficacia della concessione; tale non poteva considerarsi il ricorso pendente al TAR con il quale si censurava la legittimità di un verbale di constatazione di un illecito amministrativo riguardante il vincolo ideologico. Il Tribunale non ha ritenuto che il permesso di costruire in sanatoria, rilasciato tardivamente in data 2 agosto 2006, potesse considerarsi una proroga del termine di efficacia della originaria concessione ormai scaduta. Pertanto, l'intervento avrebbe dovuto essere sottoposto ad una rinnovata valutazione che doveva tenere conto della L. n. 353 del 2000 che aveva istituito un vincolo di inedificabilità assoluto sulla zona per quindici anni in relazione ad un incendio boschivo. Per l'annullamento della ordinanza, ha proposto ricorso per Cassazione l'indagato Minciarelli Romano deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che i lavori erano stati sospesi in seguito ad intimazione, del 25 febbraio 2000, da parte del Corpo Forestale con conseguente ricorso al TAR ed attuale pendenza del relativo procedimento;
- che il fermo del cantiere, per un evento non imputabile al concessionario, deve considerarsi factum principis che costituisce causa di sospensione del termine cui era subordinata l'efficacia della concessione ed inibisce la decadenza della stessa che, comunque, deve tradursi in un provvedimento espresso;
- che i Giudici non hanno considerato la esistenza della richiesta di proroga del 9 marzo 2002 - ammissibile perché presentata prima della scadenza del termine per la ultimazione dei lavori- e su cui la competente autorità non si è pronunciata;
- che l'atto 2 agosto 2006 denominato variante, se sprovvisto dei requisiti per essere tale, avrebbe dovuto essere considerato una proroga della precedente concessione a sensi del generale principio di cui all'art. 1367 c.c. di conservazione degli atti giuridici;
- che la L. n. 353 del 2000 riguarda solo i titoli abilitativi successivi alla data della sua entrata in vigore e, pertanto, non si estende al caso in esame.
Le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento.
Allo scopo di evitare che una edificazione, autorizzata in un dato momento, venga realizzata quando la situazione fattuale e normativa è mutata, il lavori devono essere iniziati ed ultimati nel termine prescritto nel permesso di costruire.
In esito al mancato rispetto del termine, il provvedimento autorizzatorio decade per la parte di edificazione non ultimata. Tale decadenza, secondo alcuni, deve essere necessariamente dichiarata con espresso provvedimento che ha natura costitutiva;
secondo altri, l'effetto caducatorio opera di diritto anche in assenza di una dichiarazione formale che, se esistente, ha carattere dichiarativo. La non necessità di provvedimenti da parte della Pubblica Amministrazione è ora introdotta dal TU 380/2001, art. 15, comma 2 che prevede espressamente come, decorsi i termini fissati, il permesso di costruire decada di diritto per la parte non eseguita; la norma supera la diatriba e rende non di attualità la copiosa giurisprudenza citata dallo indagato che non tiene conto della novazione legislativa. Ora, nel caso concreto, è circostanza indiscussa che il termine per la ultimazione dei lavori fosse decorso; il ricorrente segnala - e documenta - che l'evento non gli è addebitabile in quanto dipeso da un fatto indipendente dalla sua volontà (interruzione dei lavori a causa della citata ordinanza del Corpo Forestale impugnata al TAR con procedimento ancora pendente).
Pertanto, è applicabile al caso la previsione del TU 380/2001, art. 15, comma 2 secondo la quale il termine triennale può essere prorogato per fatti intervenuti dopo l'inizio dei lavori, ritardanti la loro esecuzione, che non siano imputabili al titolare del permesso di costruire. Nella ipotesi che ci occupa, è stata tempestivamente, prima della scadenza del termine, proposta la richiesta di proroga sulla quale non si è ancora pronunciata la competente autorità; non è questa la sede per valutare se sussistano, o meno, i requisiti per il prolungamento del termine e, quindi, i relativi motivi di ricorso sono inconferenti.
Stante la ricordata decadenza ope legis del permesso di costruire, l'indagato, in attesa delle determinazioni della Pubblica Amministrazione sulla proroga, non ha titolo autorizzatorio per continuare la edificazione.
L'atto del 2 agosto 2006 qualificato come "variante", per il suo contenuto intrinseco, può essere considerato un nuovo permesso di costruire, ma inficiato la palese illegittimità in quanto non tiene conto del vincolo di inedificabilità introdotto con la L. n. 353 del 2000.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2007
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 21/02/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 153
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 046584/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINCIARELLI ROMANO, N. IL 13/02/1929;
avverso ORDINANZA del 10/11/2006 del TRIB. LIBERTÀ di PERUGIA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI CLAUDIA;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. PASSACANTANDO G., che ha chiesto il rigetto del ricorso.
OSSERVA
Con ordinanza 10 ottobre 2006, il Tribunale di Perugia ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo che grava su sei unità immobiliari in costruzione rilevando la
configurabilità del contestato illecito (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44) in quanto l'intervento edilizio non era più sorretto da titolo abilitativo.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno evidenziato come fosse stata rilasciata concessione edilizia il 25 febbraio 1999, ma i lavori (iniziati il 14 febbraio 2000) non fossero stati ultimati nel triennio previsto e, pertanto, si era verificata la decadenza di diritto della concessione.
Il Tribunale non ha rilevato alcun fatto impeditivo della prosecuzione dei lavori, con conseguente sospensione del termine di efficacia della concessione; tale non poteva considerarsi il ricorso pendente al TAR con il quale si censurava la legittimità di un verbale di constatazione di un illecito amministrativo riguardante il vincolo ideologico. Il Tribunale non ha ritenuto che il permesso di costruire in sanatoria, rilasciato tardivamente in data 2 agosto 2006, potesse considerarsi una proroga del termine di efficacia della originaria concessione ormai scaduta. Pertanto, l'intervento avrebbe dovuto essere sottoposto ad una rinnovata valutazione che doveva tenere conto della L. n. 353 del 2000 che aveva istituito un vincolo di inedificabilità assoluto sulla zona per quindici anni in relazione ad un incendio boschivo. Per l'annullamento della ordinanza, ha proposto ricorso per Cassazione l'indagato Minciarelli Romano deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che i lavori erano stati sospesi in seguito ad intimazione, del 25 febbraio 2000, da parte del Corpo Forestale con conseguente ricorso al TAR ed attuale pendenza del relativo procedimento;
- che il fermo del cantiere, per un evento non imputabile al concessionario, deve considerarsi factum principis che costituisce causa di sospensione del termine cui era subordinata l'efficacia della concessione ed inibisce la decadenza della stessa che, comunque, deve tradursi in un provvedimento espresso;
- che i Giudici non hanno considerato la esistenza della richiesta di proroga del 9 marzo 2002 - ammissibile perché presentata prima della scadenza del termine per la ultimazione dei lavori- e su cui la competente autorità non si è pronunciata;
- che l'atto 2 agosto 2006 denominato variante, se sprovvisto dei requisiti per essere tale, avrebbe dovuto essere considerato una proroga della precedente concessione a sensi del generale principio di cui all'art. 1367 c.c. di conservazione degli atti giuridici;
- che la L. n. 353 del 2000 riguarda solo i titoli abilitativi successivi alla data della sua entrata in vigore e, pertanto, non si estende al caso in esame.
Le deduzioni non sono meritevoli di accoglimento.
Allo scopo di evitare che una edificazione, autorizzata in un dato momento, venga realizzata quando la situazione fattuale e normativa è mutata, il lavori devono essere iniziati ed ultimati nel termine prescritto nel permesso di costruire.
In esito al mancato rispetto del termine, il provvedimento autorizzatorio decade per la parte di edificazione non ultimata. Tale decadenza, secondo alcuni, deve essere necessariamente dichiarata con espresso provvedimento che ha natura costitutiva;
secondo altri, l'effetto caducatorio opera di diritto anche in assenza di una dichiarazione formale che, se esistente, ha carattere dichiarativo. La non necessità di provvedimenti da parte della Pubblica Amministrazione è ora introdotta dal TU 380/2001, art. 15, comma 2 che prevede espressamente come, decorsi i termini fissati, il permesso di costruire decada di diritto per la parte non eseguita; la norma supera la diatriba e rende non di attualità la copiosa giurisprudenza citata dallo indagato che non tiene conto della novazione legislativa. Ora, nel caso concreto, è circostanza indiscussa che il termine per la ultimazione dei lavori fosse decorso; il ricorrente segnala - e documenta - che l'evento non gli è addebitabile in quanto dipeso da un fatto indipendente dalla sua volontà (interruzione dei lavori a causa della citata ordinanza del Corpo Forestale impugnata al TAR con procedimento ancora pendente).
Pertanto, è applicabile al caso la previsione del TU 380/2001, art. 15, comma 2 secondo la quale il termine triennale può essere prorogato per fatti intervenuti dopo l'inizio dei lavori, ritardanti la loro esecuzione, che non siano imputabili al titolare del permesso di costruire. Nella ipotesi che ci occupa, è stata tempestivamente, prima della scadenza del termine, proposta la richiesta di proroga sulla quale non si è ancora pronunciata la competente autorità; non è questa la sede per valutare se sussistano, o meno, i requisiti per il prolungamento del termine e, quindi, i relativi motivi di ricorso sono inconferenti.
Stante la ricordata decadenza ope legis del permesso di costruire, l'indagato, in attesa delle determinazioni della Pubblica Amministrazione sulla proroga, non ha titolo autorizzatorio per continuare la edificazione.
L'atto del 2 agosto 2006 qualificato come "variante", per il suo contenuto intrinseco, può essere considerato un nuovo permesso di costruire, ma inficiato la palese illegittimità in quanto non tiene conto del vincolo di inedificabilità introdotto con la L. n. 353 del 2000.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2007