Cons, Stato, Sez. V n. 4771 del 10 settembre 2012
Urbanistica. Trasformazione abusiva di una serra in tre appartamenti.
E’ legittimo il decreto dell’Amministrazione provinciale di Genova per l’annullamento d’ufficio di una concessione in sanatoria rilasciata dal Comune per la trasformazione di una serra in tre appartamenti. La Provincia di Genova secondo quanto prevede la l. reg. n. 7 del 1987della Liguria, può annullare d’ufficio concessioni edilizie in sanatoria rilasciate a “condono” di abusi edilizi ai sensi della legge 47/1985 (e della successiva legge 724/1994). L’art. 6 della citata legge regionale prevede l'annullamento, ai sensi dell'articolo 27 della Legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, delle deliberazioni e dei provvedimenti comunali che assentano opere non conformi alla vigente disciplina urbanistico-edilizia, entro dieci anni dalla loro adozione, sempre che sussista un sostanziale interesse pubblico alla rimozione degli stessi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04771/2012REG.PROV.COLL.
N. 12130/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12130 del 2001, proposto da Mosca Attilio, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Gerbi e Giovanni Candido Di Gioia, con domicilio eletto presso Giovanni Candido Di Gioia in Roma, piazza Mazzini, 27;
contro
Provincia di Genova, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv. Gabriele Pafundi e Carlo Scaglia, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;
nei confronti di
Comune di Zoagli;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA -GENOVA -SEZIONE I, n. 1152/2000, resa tra le parti, concernente ANNULLAMENTO DI CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA, di rigetto del ricorso proposto contro il decreto dell’Amministrazione provinciale di Genova prot. n. 21048 dell’8 agosto 1996 di annullamento della concessione edilizia in sanatoria (condono edilizio) rilasciata dal Comune di Zoagli al ricorrente con atto prot. n. 58/92 del 27 gennaio 1992;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Genova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 5 giugno 2012 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Candido Di Gioia, Giovanni Gerbi e Gabriele Pafundi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con atto del 27 gennaio 1992 n. 58/92 il Comune di Zoagli accoglieva una domanda di condono edilizio presentata da Attilio Mosca, diretta a sanare la avvenuta abusiva trasformazione di una serra in tre appartamenti (la concessione edilizia in sanatoria concerneva anche altri interventi abusivi, riguardanti la realizzazione di un box e di due magazzini, ma in questa sede assume rilievo soltanto la trasformazione della serra in tre appartamenti).
Nell’ambito del procedimento diretto a ottenere, dalla Provincia, la necessaria autorizzazione paesistico –ambientale, l’Amministrazione provinciale, dopo avere acquisito presso il Comune la pratica di condono, con nota 30 marzo 1995 prot. n. 3504, a oltre tre anni dal rilascio dell’atto, contestava al Mosca la legittimità della accordata sanatoria con riguardo alla avvenuta trasformazione della serra. La comunicazione dell’inizio del procedimento di annullamento parziale della concessione in sanatoria n. 58/92 prendeva le mosse dal rilievo secondo cui l’abuso non sarebbe stato completato al rustico alla data del 1° ottobre 1983. Di tale circostanza sarebbe sussistita prova documentale poiché con domanda del 19 ottobre 1983 (successiva, dunque, alla data utile per l’ultimazione dell’opera ai fini del condono, ex art. 31 della l. n. 47/85) il Mosca aveva chiesto di essere autorizzato a eseguire un intervento di manutenzione della serra in questione (e non di tre appartamenti).
Non solo. Ad avviso della Provincia la prova del mancato completamento strutturale dell’abuso alla data del 1° ottobre 1983 si sarebbe ricavato anche dal fatto che, mentre le pareti perimetrali erano in muratura, “non è stato ancora eseguito alcun intervento sul tetto della costruzione che è ancora costituito dalla preesistente struttura in ferro, vetro e lamiera ondulata” e questo mentre (sempre ad avviso della Provincia) “il completamento della copertura è considerato dalla norma elemento essenziale ai fini dell’ultimazione dell’opera in quanto concorre ad individuare il volume dell’edificio” (v. pagine 4 e 5 voto CUP n. 339 del 28.3.1995).
Nel caso di specie, invece, il tetto, in quanto non sostituito rispetto a quello che costituiva copertura (anche) della serra e “successivamente da demolire” non avrebbe fornito “elementi validi e sufficienti ad individuare il futuro posizionamento della copertura e, di conseguenza, neppure il volume”. “D’altra parte è da rilevarsi altresì la totale assenza degli elementi essenziali, degli impianti necessari per la funzionalità dei tre appartamenti” (v. pag. 5 voto CUP n. 339/95).
Il “sostanziale interesse pubblico” (arg. ex art. 6 della l. reg. n. 7/87) all’annullamento della concessione edilizia in sanatoria, in base alla nota di contestazione, era “in re ipsa” (cfr. voto CUP 28.3.1995, n. 339, pag. 6).
Con atto in data 3 maggio 1995 il Mosca controdeduceva ai rilievi formulatigli.
Con decreto 8 agosto 1996 la Provincia annullava la concessione edilizia in sanatoria n. 58/92, “limitatamente alla parte relativa alla ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso da agricola in abitazione di una serra in tre appartamenti”. In particolare la Provincia:
-richiamava e faceva proprio il parere del CTUP n. 381 del 31.7.1996 e
-riteneva sussistente il necessario sostanziale e attuale interesse pubblico all’annullamento della citata concessione edilizia in sanatoria. A sua volta il CTUP, nel voto n. 381/96:
-ascriveva l’intervento in questione alla categoria della ristrutturazione edilizia, con conseguente errata qualificazione dell’intervento da parte del Mosca e applicabilità del parametro del completamento funzionale entro il 1°.10.1983 (v. da pag. 6 voto) e
-su tali basi confermava l’assenza degli elementi essenziali e degli impianti necessari per la funzionalità abitativa dei tre appartamenti, ribadendo la sussistenza di un interesse pubblico specifico, attuale e concreto all’annullamento del titolo edilizio rilasciato in sanatoria.
Avverso il provvedimento in epigrafe e il presupposto voto del CTU n. 381 del 31.7.1996 il Mosca ha dedotto tre motivi.
2.- Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso osservando, in sintesi:
-sul primo motivo, che in base a quanto prevede l’art. 6 della l. reg. n. 7 del 1987 anche le concessioni edilizie in sanatoria rilasciate a condono di abusi edilizi ex art. 31 della l. n. 47/85 (ed ex l. n. 724/94) sono assoggettate al potere provinciale di annullamento d’ufficio;
-sul secondo motivo: a) che la “data” di ultimazione dei lavori non è stata assunta dalla Provincia quale presupposto giuridico fondante la determinazione impugnata. Infatti, nel voto del CUP del 31.7.1996 non è stata contestata la circostanza per cui le opere in questione erano state ultimate, nella loro attuale consistenza, dopo il 1° ottobre del 1983, termine fissato dalla l. n. 47/85 per poter beneficiare del chiesto condono; b) che l’annullamento d’ufficio si basa, essenzialmente, sul constatato mancato completamento funzionale delle opere e sulla errata qualificazione delle stesse ai fini del condono edilizio non potendo, l’intervento in questione, per il TAR, “essere qualificato come “nuova costruzione”, ma piuttosto come “ristrutturazione edilizia” con mutamento di destinazione (almeno nelle intenzioni dichiarate) da serra ad abitazione. Contrariamente a quanto sostenuto del ricorrente nella istanza di condono –ha soggiunto il TAR- la preesistente serra non è stata interamente demolita e sostituita con un nuovo manufatto, ma è stata viceversa mantenuta nella sua struttura sostanziale (l’intera copertura e la maggior parte delle originarie vetrate perimetrali), e divisa al suo interno al fine di ricavarne una o più unità abitative, sostanziandosi quindi l’ipotesi di cui all’art. 31 lett. d) della Legge 457/1978, e cioè un intervento volto a trasformare un organismo edilizio preesistente “mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Consegue a quanto sopra che ai fini della condonabilità dell’abuso in questione, sotto il profilo della sua “ultimazione” entro la data del 1° ottobre 1983, rileva il presupposto del “completamento funzionale” (come esattamente ritenuto dall’Amministrazione resistente) e non quello “dell’esecuzione del rustico e del completamento della copertura”, (come viceversa ritenuto dal ricorrente). Il secondo comma dell’art. 31 della Legge 47/85, infatti, riferisce quest’ultimo presupposto alle nuove costruzioni, mentre rapporta il primo (il completamento funzionale) espressamente alla categoria delle “opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza”, in cui ben rientrano quelle in questione per quanto sopra già precisato…correttamente l’Amministrazione provinciale ha ritenuto illegittima la concessione edilizia … per violazione dell’art. 31, 1° comma, della legge 47/85, atteso il “mancato completamento funzionale delle opere e........... la loro errata qualificazione agli effetti del condono edilizio. Nella specie risulta oggettivamente comprovata, nè peraltro è contestata dal ricorrente, ”la totale assenza degli elementi essenziali e degli impianti necessari per la funzionalità abitativa dei tre appartamenti”, e quindi l’assenza del surrichiamato presupposto, tassativamente fissato dalla norma per la condonabilità delle opere abusive oggetto dell’odierna controversia”;
-sul terzo motivo, lo specifico e sostanziale interesse pubblico all’annullamento d’ufficio della concessione in sanatoria è stato adeguatamente indicato dalla Provincia. Né assume rilievo il fatto che la nota di contestazione si sia limitata “a ritenere sussistente in re ipsa l’interesse pubblico “all’avvio della procedura caducatoria”, (dato che ciò) è all’evidenza cosa ben diversa dall’interesse pubblico all’effettivo annullamento dell’atto riscontrato illegittimo, il quale è stato viceversa adeguatamente rappresentato”.
3.-Il Mosca ha appellato la sentenza contestandone statuizioni e argomentazioni e concludendo con la richiesta di riforma della decisione e di annullamento del decreto provinciale 8 agosto 1996, n. 2148, con vittoria di spese e onorari per entrambi i gradi di giudizio.
Resiste la Provincia di Genova.
In prossimità della udienza di discussione del ricorso nel merito la difesa dell’appellante ha prodotto in giudizio documentazione dalla quale si ricava che in data 3.1.2012 il Comune di Zoagli ha accordato, alla signora Hamling, avente causa dal Mosca, un permesso di costruzione in base alla legge regionale sul “piano Casa”.
Con nota della Provincia –Servizio di Controllo del Territorio –Tutela del Paesaggio del 6.4.2012 la richiesta di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è stata ritenuta non procedibile a causa della esistenza e perdurante validità del decreto Pres. Prov. Genova 8.8.1996 di annullamento parziale d’ufficio della concessione in sanatoria del 17.1.1992, la demolizione del manufatto essendo impedita dalla attuale efficacia del DP cit. .
A seguito di ricorso al TAR Liguria avverso la nota del 6.4.2012 la Provincia, con nota prot. n. 58428 del 18.5.2012, ha riaperto il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Attualmente il procedimento si trova in fase istruttoria.
4.- Il ricorso in appello –in relazione al quale, dal complesso degli atti e dei documenti prodotti in giudizio, permane l’interesse alla decisione- è infondato e va respinto. La sentenza impugnata non merita infatti le critiche che le sono state rivolte.
4.1.- Il primo motivo di appello si articola nei seguenti profili:
-la Provincia ha annullato la concessione edilizia in sanatoria anche sul dichiarato presupposto della ritenuta assenza di una oggettiva certezza circa la veridicità di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà riguardanti la data della ultimazione dei lavori, il che rende illegittimo il provvedimento impugnato giacché la Provincia, per annullare legittimamente il titolo edilizio, avrebbe potuto muovere soltanto dal presupposto ineludibile dell’avvenuto positivo accertamento della esecuzione dell’opera in epoca successiva a quella ritenuta utile per legge;
-il TAR avrebbe errato nel considerare applicabile la disciplina relativa al completamento funzionale dei manufatti, invece di quella che riguarda il completamento strutturale che, sola, si addice alla fattispecie, rientrandosi in un caso di “nuova costruzione”. Anche a voler qualificare l’intervento come ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione d’uso da serra ad abitazione, la nozione di completamento funzionale si riferisce pur sempre in via esclusiva alle opere interne agli edifici esistenti e non alle opere di totale ristrutturazione edilizia le quali, come nel caso all’esame, abbiano comportato anche rilevanti interventi esterni. La Provincia avrebbe errato nel riferirsi alla “assenza della realizzazione della copertura”;
-l’annullamento provinciale era illegittimo in quanto disposto per una ragione (assenza di completamento funzionale) diversa da quella contestata al Mosca, dato che col voto CUP 30.3.1995 la Provincia aveva contestato solo l’assenza di completamento strutturale e non l’assenza di completamento funzionale, con la conseguenza che il Mosca non era stato nemmeno posto nella condizione di esplicare sul punto alcun contraddittorio.
Tutti i profili di censura sopra riassunti sono infondati e vanno respinti.
Sul primo profilo il Collegio ritiene corretto l’ “inquadramento” giuridico dell’intervento nella categoria della “ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione d’uso” ex art. 31/D) della l. n. 457/78.
Per distinguere gli interventi di ristrutturazione da quelli di nuova costruzione questo Consiglio (v., di recente, sezione IV, sent. n. 802 del 2011) ha evidenziato che ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, mediante un'edificazione di cui si conservi la struttura fisica, sia pure con la sovrapposizione di un insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma in quest'ultimo caso con ricostruzione se non fedele, comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente.
Nella specie, come si legge nel voto del CUP n. 381/96, “l’intervento abusivo è consistito nella esecuzione di un paramento in mattoni posto prevalentemente internamente alle vetrate dell’originaria serra, e nella parziale divisione, sempre in mattoni, in tre àmbiti, dello spazio compreso entro la serra che è stata mantenuta, specie per quanto attiene alla relativa copertura” (v. pagina 4 voto CUP n. 339/95).
Sulla base della qualificazione dell’intervento “de quo” come ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione d’uso, riguardando, le opere realizzate, un edificio già esistente, al caso in esame, al fine di individuare la data della ultimazione dei lavori, andava applicato il parametro del “completamento funzionale”, con riferimento a tutti quegli elementi e impianti idonei a comprovare la trasformazione e l’utilizzabilità dell’edificio a fini abitativi.
In questa situazione, gli elementi rilevanti sono due: a) non viene in discorso una nuova costruzione, e b) le opere eseguite sono rivolte a rendere residenziale ciò che prima tale non era.
In presenza di questi presupposti, accertati in maniera lineare dalla Provincia e, in modo condivisibile, riconosciuti sussistenti e fondati dal TAR, perde spessore il riferimento critico fatto dall’appellante al passaggio argomentativo del voto del CUP n. 381/96 relativo alla “assenza della realizzazione della copertura”.
In definitiva, a differenza di ciò che sostiene l’appellante, nella specie si ricade nel campo di applicazione del criterio del completamento funzionale.
Quanto poi al rilievo per cui l’annullamento provinciale sarebbe stato adottato per una ragione (assenza di completamento funzionale) diversa da quella contestata al Mosca nel 1995, è agevole rilevare che, diversamente da quanto afferma il Mosca, il voto del CUP n. 339/95, fatto proprio dalla Provincia, si riferiva (anche) alla “totale assenza degli elementi essenziali degli impianti necessari per la funzionalità dei tre appartamenti” (v. pag. 5 voto 339/95 cit.).
Non vi è stato, perciò, alcun cambiamento di impostazione da parte della autorità emanante. Detto altrimenti, la Provincia non ha deciso di annullare l’atto sulla base di argomentazioni diverse, e comunque ulteriori, rispetto a quelle indicate nel corso del procedimento, senza avere messo il destinatario del provvedimento finale nella condizione di svolgere un contraddittorio.
4.2.- Il motivo d’appello sub 2) è rivolto contro quella parte delle sentenza che ha respinto il terzo motivo del ricorso di primo grado, con il quale era stata rilevata la carenza di motivazione del provvedimento impugnato circa l’esistenza di un interesse pubblico specifico ad annullare “ex officio” la concessione in sanatoria assentita dal Comune, affermandosi (v. pag. 12 sent. TAR) che “lo specifico interesse pubblico all’annullamento della concessione edilizia in questione (era) stato adeguatamente rappresentato dall’Amministrazione provinciale e individuato (al di là della mera violazione della legalità) nella precarietà e scadente qualità del manufatto, nella sua assoluta inidoneità ad essere utilizzato a fini abitativi, nel suo modesto valore economico, nella residua capacità di essere viceversa utilizzato per l’uso originariamente previsto”, non potendo inoltre “assumere particolare rilievo l’invocata nota di contestazione, in quanto la stessa si limita a ritenere sussistente “in re ipsa” l’interesse pubblico “all’avvio della procedura caducatoria”, che è all’evidenza cosa ben diversa dall’interesse pubblico all’effettivo annullamento dell’atto riscontrato illegittimo, il quale è stato viceversa adeguatamente rappresentato”.
Obietta l’appellante:
-che il decreto 8.8.1996 non reca alcuna specifica indicazione dell’interesse pubblico posto a sostegno dell’annullamento;
-che le considerazioni svolte dalla Provincia in merito alle caratteristiche del manufatto non integrano le ragioni di “sostanziale interesse pubblico” alla rimozione della concessione in sanatoria richieste dalla legge per poter annullare il titolo edilizio;
-che è errata l’affermazione secondo cui il manufatto potrebbe essere utilizzato per l’uso previsto originariamente;
-sul rilievo dell’Amministrazione provinciale per cui finalità del condono edilizio è quella di sanare un abuso “per poterlo mantenere nel tempo”, il che presupporrebbe l’idoneità delle opere a durare nel tempo, il fatto che la costruzione esista e resista da decenni sarebbe la migliore riprova della sua idoneità a durare nel tempo;
-che con l’atto di contestazione del 30.3.1995 la Provincia aveva dichiarato di non ritenere necessario individuare alcun interesse pubblico a sostegno dell’annullamento d’ufficio, trattandosi di condono edilizio, salvo poi motivare, nel provvedimento finale, sull’esistenza di un interesse pubblico sostanziale all’annullamento “ex officio”, senza però porre il privato nella condizione di sviluppare un contraddittorio sul punto. Non appare logico sostenere –come ha fatto il TAR- che l’avvio del procedimento non richiede, a differenza del provvedimento finale di annullamento, alcuna motivazione sull’interesse pubblico, e poi annullare il titolo edilizio enunciando un interesse pubblico sul quale è mancato il contraddittorio.
Anche il secondo motivo è infondato e va respinto.
Premesso che l’art. 6 della l. reg. n. 7/87 subordina l’annullamento d’ufficio all’esistenza di un “sostanziale interesse pubblico” alla rimozione della concessione, a differenza di quanto ritenuto dall’appellante, nel provvedimento impugnato la Provincia motiva in maniera specifica e concreta –oltre che secondo logica- sull’esistenza di un interesse pubblico sostanziale posto a base dell’annullamento, là dove afferma che concretizza una sufficiente motivazione di interesse pubblico sostanziale l’omesso completamento funzionale delle opere realizzate, correlato al mancato consolidamento della posizione del richiedente, in considerazione della scarsa rilevanza delle opere poste in essere e, in particolare, della precarietà, eterogeneità e scadente consistenza edilizia del manufatto, come a dire che l’interesse pubblico all’annullamento era consistente e chiaramente preponderante rispetto all’interesse privato al mantenimento del titolo.
Ciò appare decisivo per considerare rispettato il disposto del su citato art. 6 della l. reg. n. 7/87 e per ritenere osservati i princìpi in materia di annullamento d’ufficio.
Ma non basta: infatti, è tanto poco vero che il Mosca non sarebbe stato posto in condizione di esplicare alcun contraddittorio sull’interesse pubblico sostanziale tale da legittimare l’annullamento, che nelle sue deduzioni 3-10 maggio 1995 il Mosca ha dedicato alcune pagine ad affermare a) la necessità della ricorrenza di un interesse pubblico e b) la insussistenza, nel caso di specie, di alcun interesse pubblico all’annullamento del titolo.
4.3.- Con il motivo d’appello sub 3) l’appellante riafferma che nessuna Provincia, in Liguria, ha il potere di annullare d’ufficio concessioni edilizie in sanatoria rilasciate “a condono” di abusi edilizi ai sensi della l. n. 47/85 (e della successiva l. n. 724/94), dato che gli atti annullabili da parte delle Province sono solo quelli che “assentono opere non conformi alla vigente disciplina urbanistica –edilizia” quando, invece, con riguardo al condono edilizio, è proprio nella non conformità delle opere alla disciplina urbanistica che sta il presupposto essenziale del condono edilizio.
A questo proposito il Collegio osserva, col TAR (v. pag. 8 sent.), che:
-secondo quanto prevede la l. reg. n. 7 del 1987 la Provincia può annullare d’ufficio concessioni edilizie in sanatoria rilasciate a “condono” di abusi edilizi ai sensi della legge 47/1985 (e della successiva legge 724/1994);
-l’art. 6 della l. reg. n. 7 del 1987 -“l'annullamento, ai sensi dell'articolo 27 della Legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni, delle deliberazioni e dei provvedimenti comunali che assentano opere non conformi alla vigente disciplina urbanistico-edilizia, può essere disposto dalla Provincia entro dieci anni dalla loro adozione e sempre che sussista un sostanziale interesse pubblico alla rimozione degli stessi”, va interpretato nel senso che “anche per le concessioni in sanatoria rilasciate "a condono", ai sensi degli artt. 32 e seguenti della L. 28 febbraio 1985 n. 47 vale il principio di cui all'art. 6, L.R. 6 aprile 1987 n. 7, per il quale l'Amministrazione provinciale ha il potere di annullare tutte le deliberazioni e i provvedimenti che assentono opere non conformi alla vigente disciplina urbanistico-edilizia, con l'unica variante che il parametro di legittimità non è costituito dallo strumento urbanistico vigente, ma dalla normativa che ha introdotto il condono, stabilendone condizioni e presupposti per l'applicazione”.
In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza impugnata confermata.
Nelle sopra evidenziate peculiarità della controversia il Collegio ravvisa, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c. , eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)