Cass. Sez. III n. 31135 del 24 luglio 2008 (Ud 29 mag 2008)
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Barone ed altro
Urbanistica. Limiti disciplina regionale e destinazione d’uso

In materia urbanistica le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali stabiliti dalla legislazione nazionale e, conseguentemente devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi. Deve quindi escludersi, in ossequio al principio di legalità, che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta possa attribuirsi alla Regione. Del resto la formulazione dell\'art. 10, commi 2 e 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 consente alle Regioni l\'esercizio di una flessibilità normativa nella direzione di ampliare l\'area applicativa del permesso di costruire ma non determina un ampliamento del potere delle Regioni tale da consentire di eliminare una sanzione penale in una parte del territorio nazionale. E\' conforme all\'indicato principio la motivazione del giudice di merito che, richiamando l\'art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, con riferimento all\'art. 44 dello stesso d.p.r., abbia rilevato che, secondo consolidata giurisprudenza il mutamento di destinazione d\'uso degli immobili, effettuato con opere interne, è possibile senza il previo rilascio di concessione edilizia purché detta modificazione intervenga entro categorie omogenee quanto a parametri urbanistici, atteso che la modificazione di destinazione d\'uso giuridicamente e penalmente rilevante è quella che avviene tra macrocategorie, in quanto comporta il mutamento degli standard urbanistici e la variazione del carico urbanistico

DIENZA del 29.5.2008

SENTENZA N. 01390/08

REG. GENERALE N.003784/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. DE MATO GUIDO Presidente
1.Dott. FIALE ALDO Consigliere
2. " MARMO MARGHERITA Cons.Relatore
3. " MARINI LUIGI Consigliere
4. " GAllARA SANTI Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) BARONE FRANCESCO N. il 29/01/1949
2) DI LORENZO PIETRO N. il 13/08/1961
avverso la SENTENZA dei 15/01/2007 TRIBUNALE di CATANIA


Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso,

Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. MARMO MARGHERITA
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. IZZO GIOACCHINO che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza pronunciata il 15 gennaio 2007 il Tribunale di Ragusa dichiarava Francesco Barone e Pietro Di Lorenzo colpevoli della contravvenzione di cui all\'art. 44 comma 1 lettera A del DPR n. 380 del 2001, limitatamente al mutamento della destinazione di uso dell\'immobile sito in S. Croce Camerina, in relazione al quale era stata rilasciata la concessione edilizia n. 38 del 2002, (per fatto accertato il 16 giugno 2005), così meglio riqualificata l\'originaria contestazione, e, concesse ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, li condannava alla pena di € 3.000,00 di ammenda ciascuno.


Il Tribunale riteneva in fatto accertato che gli imputati avevano ottenuto, in data 30 maggio 2002, la concessione rilasciata dal Dirigente competente del Comune di Santa Croce Camerina a realizzare un deposito di macchine agricole nell\'immobile sito in contrada Petraro del Comune di Camerina.


Peraltro, alla data del sopralluogo del 16 giugno 2005 eseguito dai tecnici ed agenti di polizia municipale del Comune di Santa Croce Camerina, era stato accertato che l\'immobile era stato destinato ad attività di autocarrozzeria aperta al pubblico.


Proposto appello la Corte di Appello di Catania, rilevato che la contestazione aveva ad oggetto contravvenzione sanzionata con la sola pena dell\'ammenda, con sentenza del 26 aprile 2007 dichiarava inammissibile l\'appello e rimetteva gli atti alla Corte di Cassazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo motivo gli imputati lamentano l\'erronea applicazione dell\'art. 44 comma 1 lettera A del d.p.r n. 380 del 2001 e, comunque, l\'erronea applicazione dell\'art. 10 della legge regionale n. 37 del 1985.


Deducono i ricorrenti che, ai sensi del citato articolo 10, il mutamento d\'uso funzionale, (ad eccezione dall\'uso industriale ed artigianale in quello residenziale nelle zone territoriali omogenee D di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968) é sottoposto a semplice autorizzazione e non a concessione.


Secondo i ricorrenti in tale norma si prevede che i cambi di destinazione d\'uso, anche se non conformi agli strumenti urbanistici locali e quindi non autorizzati né autorizzabili, non sono sottoposti a sanzioni penali ma a semplici sanzioni amministrative.


Nel caso in esame non solo era indiscusso che si trattasse di mutazione di destinazione d\'uso esclusivamente funzionale ma la variazione non era stata posta in essere in zona vincolata.


Rilevano inoltre i ricorrenti che, in ogni caso, il mutamento della destinazione d\'uso da deposito di macchine agricole ad autocarrozzeria non aveva comportato modifica degli standars urbanistici, ovvero del carico urbanistico.


Il motivo é infondato.


Come ha precisato questa Corte (v. per tutte cass. pen. sez. III sent. 15 giugno 2006) "in materia urbanistica le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali stabiliti dalla legislazione nazionale e,, conseguentemente devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi".


Deve quindi escludersi, in ossequio al principio di legalità, che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta possa attribuirsi alla Regione.


Del resto la formulazione dell\'art. 10, commi 2 e 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 consente alle Regioni l\'esercizio di una flessibilità normativa nella direzione di ampliare l\'area applicativa del permesso di costruire ma non determina un ampliamento del potere delle Regioni tale da consentire di eliminare una sanzione penale in una parte del territorio nazionale.


La Legge n. 37 del 1985, nonostante la competenza esclusiva in materia urbanistica attribuita alla Regione Siciliana, deve comunque rispettare i principi fondamentali della legislazione nazionale e, quindi, deve essere interpretata in modo da non collidere con detti principi generali.


E\' conforme all\'indicato principio la motivazione del giudice di merito che, richiamando l\'art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, con riferimento all\'art. 44 dello stesso d.p.r., ha rilevato che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, (v. per tutte Cass. pen. 15 marzo 2002, n. 19378) " il mutamento di destinazione d\'uso degli immobili, effettuato con opere interne, è possibile senza il previo rilascio di concessione edilizia purché detta modificazione intervenga entro categorie omogenee quanto a parametri urbanistici, atteso che la modificazione di destinazione d\'uso giuridicamente e penalmente rilevante è quella che avviene tra macrocategorie, in quanto comporta il mutamento degli standard urbanistici e la variazione del carico urbanistico".


Nel caso in esame gli imputati, che erano in possesso di concessione edilizia a titolo gratuito ex art. 9 della legge n. 10 del 1977 per le opere da realizzare nelle zone agricole, - ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell\'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell\'art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 1537 avevano modificato arbitrariamente la destinazione di uso del capannone da adibire a deposito di macchine agricole, realizzando un\'attività commerciale di autocarrozzeria, con stravolgimento della normale destinazione urbanistica dell\'immobile e con notevole aggravamento del territorio.


Tale condotta violava comunque anche la legge regionale, in quanto l\'art. 36 comma 1 della legge regionale n. 71 del 1978 sottopone a concessione edilizia qualsivoglia attività comportante trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio comunale, nonché il mutamento di destinazione di uso degli immobili.


Va pertanto respinto il primo motivo di ricorso.


Con il secondo motivo i ricorrenti deducono che il mutamento della destinazione d\'uso era stato avviato fin dall\'estate del 2002 e comunque, in caso di incertezza, il termine andava computato a favore degli imputati.


Anche il secondo motivo è infondato.


I fatti sono stati accertati il 10 maggio 2005 e il 16 giugno 2005, quando, a seguito di sopralluoghi effettuati da agenti di polizia giudiziaria in servizio presso il Comune di Santa Croce Camerina, è stato accertato che l\'immobile, per il quale il 30 maggio 2002 era stata rilasciata concessione edilizia soltanto per deposito di macchine agricole, era stato destinato, con l\'utilizzo di pannelli tipo Isopak e lamiera zincata, ad autocarrozzeria aperta al pubblico, come si evinceva dalle autovetture ivi ricoverate e dall\'insegna affissa all\'interno del capannone.

Trova quindi applicazione il principio affermato da questa Corte, secondo cui non basta la mera affermazione da parte dell\'imputato a far ritenere che il reato sia stato commesso in epoca antecedente all\'accertamento e neppure a determinare l\'incertezza sulla data di commissione del reato idonea a far scattare la presunzione " in dubio pro reo". , atteso che in base al principio generale ciascuno deve fornire la prova di quanto afferma (v. in tal senso Cass. pen. sez. III sent. 17 aprile 2000, n. 10562, Fretto S).


Considerato che dalla data dell\'ultimo accertamento non è ancora decorso il termine massimo triennale di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p. va quindi respinto anche il secondo motivo di ricorso.


Con il terzo motivo i ricorrenti deducono che la pena era eccessiva, tenuto conto della modestia del fatto e della incensuratezza di essi imputati. Doveva comunque applicarsi il beneficio della non menzione e dell\'indulto.


Anche il terzo motivo è infondato.


Il Tribunale ha infatti adeguatamente motivato ai sensi dell\'art. 133 c.p. in ordine alla pena, peraltro contenuta in prossimità dei limiti edittali, con riferimento alle modalità del fatto e alla personalità dei colpevoli.


Trova in proposito applicazione il principio affermato da questa Corte secondo cui " nell\'ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all\'obbligo motivazionale di cui all\'art. 125 comma terzo c.p., anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento" ovvero di richiami alla gravità del reato e alla personalità del reo. (v per tutte Cass. pen. sez. III sent. 29 maggio 2007,n. 33773).

Per quel che attiene al beneficio della non menzione si rileva che esso non è stato richiesto nelle conclusioni di primo grado e ch per l\'applicazione dell\'indulto è competente il giudice dell\'esecuzione ai sensi dell\'art. 672 c.p.p.


Consegue al rigetto del ricorso la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali


Così deciso in Roma il 29 maggio 2008

Deposito in Cancelleria 24/07/2008