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Corte di Giustizia Sez. II sentenza 2 giugno 2005
«Inadempimento di uno Stato – Inquinamento idrico – Direttiva 76/464/CEE»

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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

2 giugno 2005 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Inquinamento idrico – Direttiva 76/464/CEE»

Nella causa C-282/02,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 31 luglio 2002,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. Shotter, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Irlanda, rappresentata dal sig. D.J. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dall’avv. A.M. Collins, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dai sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. C. Gulmann, J. Makarczyk e P. Ku-ris, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che l’Irlanda, avendo omesso di disporre tutte le misure necessarie per garantire la trasposizione e la corretta applicazione della direttiva del Consiglio 4 maggio 1976, 76/464/CEE, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità (GU L 129, pag. 23; in prosieguo: la «direttiva»), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi di tale direttiva e, in particolare, degli artt. 7 e 9 della medesima, nonché ai sensi del Trattato CE.

Contesto normativo

2 La direttiva mira a proteggere l’ambiente idrico della Comunità contro l’inquinamento. A tal fine essa opera una distinzione tra due famiglie di sostanze pericolose ricomprese, rispettivamente, negli elenchi I e II contenute nell’allegato della direttiva medesima. L’elenco I comprende le sostanze particolarmente pericolose per l’ambiente idrico, selezionate essenzialmente in considerazione della loro tossicità, della loro persistenza e della loro bioaccumulazione. L’elenco II enumera le sostanze che producono effetti nocivi sull’ambiente idrico, effetto che può tuttavia essere limitato ad una determinata zona e che dipende dalle caratteristiche delle acque recettrici e dalla loro localizzazione. In tale allegato si precisa che le sostanze di cui all’elenco I, per le quali non siano determinati i valori limite di cui all’art. 6 della direttiva, devono essere considerate quali sostanze ricomprese nell’elenco II.

3 La direttiva si applica, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della medesima, alle acque interne superficiali, alle acque marine territoriali, alle acque interne del litorale ed alle acque sotterranee.

4 L’art. 1, n. 2, della detta direttiva contiene una serie di definizioni, tra cui quelle dei termini «scarico» e «inquinamento». Lo «scarico» è definito, ai sensi della lettera d) di tale disposizione, quale «l’immissione, nelle acque di cui al paragrafo 1, delle sostanze enumerate nell’elenco I o nell’elenco II dell’allegato, ad eccezione:

– degli scarichi di fanghi di dragaggio,

– degli scarichi operativi effettuati da navi nelle acque marine territoriali,

– dell’immissione di rifiuti effettuata da navi nelle acque marine territoriali»;

5 L’«inquinamento» è definito all’art. 1, n. 2, lett. e), della direttiva medesima quale «lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall’uomo nell’ambiente idrico di sostanze o di energia le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque».

6 L’art. 2 della direttiva impone agli Stati membri di adottare i provvedimenti atti ad eliminare l’inquinamento delle acque provocato dalle sostanze pericolose comprese nell’elenco I dell’allegato alla direttiva stessa nonché a ridurre l’inquinamento di tali acque provocato dalle sostanze di cui all’elenco II dell’allegato medesimo.

7 L’art. 7 della direttiva così recita:

«1. Per ridurre l’inquinamento delle acque di cui all’articolo 1 provocato dalle sostanze dell’elenco II, gli Stati membri stabiliscono programmi per la cui attuazione ricorreranno in particolare ai mezzi previsti dai paragrafi 2 e 3.

2. Qualsiasi scarico nelle acque di cui all’articolo 1 che potrebbe contenere una delle sostanze dell’elenco II è soggetto ad autorizzazione preventiva, rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro interessato, che ne fissi le norme di emissione. Tali norme vanno fissate in funzione degli obiettivi di qualità stabiliti a norma del paragrafo 3.

3. I programmi di cui al paragrafo 1 conterranno obiettivi di qualità per le acque, stabiliti nel rispetto delle direttive adottate dal Consiglio quando esse esistono.

4. I programmi potranno anche contenere particolari disposizioni per la composizione e l’uso di sostanze o gruppi di sostanze e di prodotti;essi tengono conto dei più recenti progressi tecnici economicamente realizzabili.

5. I programmi fisseranno le scadenze per la propria attuazione.

6. I programmi e i risultati della loro attuazione verranno comunicati alla Commissione in forma sintetica.

7. La Commissione organizza regolarmente con gli Stati membri in confronto fra i programmi per assicurarsi che la loro realizzazione sia sufficientemente armonizzata. Qualora lo ritenga necessario, la Commissione presenta al Consiglio a tal fine proposte in materia».

8 L’art. 8, secondo periodo, della direttiva impone agli Stati membri di vietare qualsiasi atto volto ad eludere le disposizioni della direttiva medesima o avente tale effetto.

9 Il successivo art. 9 precisa che l’applicazione delle misure adottate in virtù della direttiva non potrà aggravare, in nessun caso, direttamente o indirettamente, l’inquinamento delle acque oggetto della direttiva stessa.

10 A termini del successivo art. 10, uno o più Stati membri possono stabilire, all’occorrenza, individualmente o congiuntamente disposizioni più severe di quelle previste dalla direttiva.

11 La direttiva non fissa alcuna data limite espressa ai fini della sua attuazione. A termini dell’art. 12, n. 2, della medesima, «la Commissione trasmette, se possibile entro ventisette mesi dalla notifica della presente direttiva, le prime proposte presentate in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 7. Il Consiglio, deliberando all’unanimità, si pronuncia entro nove mesi».

12 Con lettera 3 novembre 1976, la Commissione proponeva agli Stati membri le seguenti date ai fini dell’attuazione della direttiva: il 15 settembre 1978, quanto al sistema di autorizzazioni; il 15 settembre 1981, quanto all’adozione di programmi di riduzione dell’inquinamento provocato dalle sostanze ricomprese nell’elenco II ed il 15 settembre 1986, quanto all’attuazione di tali programmi.

13 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000, 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1), contiene una serie di disposizioni che si ricollegano alla direttiva.

14 In particolare, l’art. 22, n. 2, della detta direttiva 2000/60 così recita:

«I seguenti atti sono abrogati 13 anni dopo l’entrata in vigore della presente direttiva:

(...)

– la direttiva 76/464/CEE del Consiglio (...)».

La fase precontenziosa del procedimento

15 A seguito di una denuncia, la Commissione notificava all’Irlanda, in data 4 febbraio 1991, una lettera di diffida in cui precisava che il detto Stato membro non aveva comunicato i consuntivi dei programmi di riduzione dell’inquinamento per talune sostanze ricomprese nell’elenco II dell’allegato della direttiva.

16 Il 23 dicembre 1992, la Commissione notificava all’Irlanda una nuova lettera di diffida in cui rilevava, in particolare, che la normativa irlandese non costituiva corretta trasposizione dell’art. 7 della direttiva. A parere dell’istituzione, la detta normativa non rendeva obbligatori i programmi di riduzione dell’inquinamento e non prevedeva la fissazione di obiettivi di qualità in misura sufficiente e un regime di autorizzazione per gli scarichi. La Commissione aggiungeva che al detto art. 7 non era stata data corretta attuazione in vari settori specifici. L’Irlanda rispondeva con lettera 30 luglio 1993.

17 Il 14 febbraio 1996, in esito all’istruzione di varie denunce relative ad imprese ittiche marine irlandesi, la Commissione notificava al detto Stato membro una lettera di diffida in cui richiamava l’attenzione sul fatto che lo Stato membro medesimo non avrebbe provveduto all’applicazione dell’art. 7 alle dette aziende.

18 Con lettere 11 e 14 giugno 1996, l’Irlanda a rispondeva alla Commissione, fornendo precisazioni in ordine alla propria posizione in merito al detto art. 7.

19 Il 3 ottobre 1996, la Commissione trasmetteva allo Stato membro medesimo una lettera di diffida integrativa di quella del 23 dicembre 1992.

20 Il 12 giugno 1997, la Commissione notificava all’Irlanda un parere motivato in cui riuniva i menzionati procedimenti ed indicava i vari inadempimenti del detto Stato membro che costituivano violazione degli artt. 7 e 9 della direttiva, in particolare, l’assenza di programmi definiti di riduzione dell’inquinamento e/o la mancata comunicazione di tali programmi nonché dei risultati della loro applicazione in forma sintetizzata, le omissioni quanto ai metodi di attuazione obbligatori (vale a dire, gli obiettivi di qualità, le autorizzazioni e le norme di emissione) ed il fatto di non aver impedito il sorgere e l’aggravamento di un inquinamento generalizzato delle acque dolci provocato dal fosforo.

21 L’11 giugno 1997, vale a dire alla vigilia dell’invio del detto parere motivato, l’Irlanda trasmetteva alla Commissione una lettera contenente la descrizione di una strategia di lotta contro l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua e dei laghi irlandesi, strategia basata sui bacini versanti e intesa a combattere il problema dell’inquinamento provocato dal fosforo, menzionato nel parere motivato.

22 A seguito di un ampio scambio di corrispondenza tra l’Irlanda e l’istituzione, quest’ultima notificava al detto Stato membro, in data 28 luglio 2000, un parere motivato integrativo in cui rilevava che, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari al fine di garantire la trasposizione e la corretta applicazione della direttiva, l’Irlanda era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva medesima, in particolare dei suoi artt. 7 e 9, nonché del Trattato CE, invitando il detto Stato membro a prendere tutti i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

23 In risposta al parere motivato, l’Irlanda notificava alla Commissione, in data 2 febbraio 2001, una nuova normativa, vale a dire il regolamento 30 gennaio 2001, intitolato «Regolamento in materia di qualità delle acque – sostanze pericolose» [Water Quality (Dangerous Substances) Regulations (S.I. n. 12/2001); in prosieguo: il «regolamento del 2001»]. Tale nuovo regolamento fissa obiettivi di qualità per l’atrazina, il di-clorometano, il toluolo, il tributiletano, l’oxilene, l’arsenico, il cromo, il rame, il cianuro, il fluoruro, il piombo, la simazina, il nichel e lo zinco. L’Irlanda precisava che la notificazione di tali nuove disposizioni veniva effettuata ai sensi della direttiva 2000/60.

24 Il 6 aprile 2001, l’Irlanda trasmetteva alla Commissione copia di una relazione redatta dall’agenzia irlandese per la protezione dell’ambiente riguardante la presenza di 78 sostanze pericolose nelle acque superficiali irlandesi.

25 Il 30 luglio 2001, il detto Stato membro notificava alla Commissione altre misure, quali regolamenti comunali, diretti, in particolare, a rendere efficace la direttiva nonché la direttiva 2000/60.

26 Il 15 febbraio 2002, l’Irlanda comunicava alla Commissione copia di una pubblicazione sui progressi registrati nell’attuazione, da parte degli enti locali irlandesi, delle misure di riduzione dell’inquinamento provocato dal fosforo.

27 La Commissione, non ritenendosi soddisfatta dalle spiegazioni fornite dal detto Stato membro, decideva di proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Sui termini di trasposizione della direttiva 76/464

28 Si deve rilevare, in limine, che la direttiva non fissa espressamente un termine entro il quale gli Stati membri siano tenuti alla sua trasposizione. Prima di pronunciarsi sulla fondatezza degli addebiti formulati dalla Commissione, occorre accertare se, nondimeno, gli Stati membri fossero tenuti all’osservanza di un termine al fine di conformarsi agli obblighi derivanti dalla direttiva medesima.

29 L’art. 12, n. 2, della direttiva prevede che la Commissione trasmetta al Consiglio delle Comunità europee, possibilmente entro il termine di 27 mesi a decorrere dalla notifica della direttiva medesima, le prime proposte presentate ai fini del raffronto dei programmi sviluppati dagli Stati membri ai sensi dell’art. 7, n. 7, della direttiva stessa.

30 È vero che il detto art. 12, n. 2, non fissa un termine perentorio. La locuzione «se possibile» nel tenore della detta disposizione sta ad indicare che non si tratta di un termine di carattere imperativo. Tuttavia, stabilendo un periodo relativamente breve per la valutazione dei primi risultati dell’attuazione della direttiva, il detto articolo mira ad evitare un’applicazione tardiva delle disposizioni in esso contenute.

31 Una direttiva la cui trasposizione potesse restare in sospeso sine die risulterebbe peraltro svuotata del suo contenuto e priva di qualsiasi effetto utile. L’obiettivo della direttiva, vale a dire l’eliminazione o la riduzione dell’inquinamento idrico, esige la sua trasposizione entro un termine ragionevole al fine di garantirne l’effetto utile. In assenza di trasposizione per un periodo prolungato, non sussisterebbe infatti alcun controllo delle situazioni che favoriscono l’incremento dell’inquinamento, il che priverebbe la direttiva di qualsiasi efficacia.

32 Per quanto attiene alla nozione di «termine ragionevole», si deve rammentare che la Commissione ha proposto agli Stati membri, con lettera 3 novembre 1976, di accogliere la data 15 settembre 1978 per il sistema di autorizzazioni, quella del 15 settembre 1981 per la definizione dei programmi e quella del 15 settembre 1986 per la loro attuazione. L’Irlanda non ha contestato, all’epoca, le date suggerite. Inoltre, considerato che la tutela dell’ambiente riveste importanza essenziale nell’ambito della definizione e dell’attuazione delle politiche e delle azioni della Comunità, si poteva legittimamente esigere una rapida risposta da parte delle autorità nazionali per rimediare ai problemi dell’inquinamento idrico.

33 Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che, se è pur vero che, contrariamente alla prassi abituale, la direttiva non prevede termini di trasposizione, ciò non significa che gli Stati membri siano liberi di adottare i provvedimenti ai fini della sua attuazione entro termini che essi soli ritengano adeguati. Orbene, tenuto conto della necessità di garantire l’effetto utile della direttiva e del fatto che le date proposte dalla Commissione ai fini di un’attuazione progressiva della direttiva medesima non sono state contestate, all’epoca, dall’Irlanda, quest’ultima era tenuta a provvedere alla trasposizione della direttiva entro un termine ragionevole.

34 Si deve ritenere che, all’epoca dell’avvio della fase precontenziosa del procedimento, un termine ragionevole per la trasposizione della direttiva era già scaduto.

Sul primo addebito, relativo al mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva

Argomenti delle parti

35 Con il primo addebito la Commissione contesta all’Irlanda di non aver fissato programmi di riduzione dell’inquinamento per tutte le sostanze ricomprese nell’elenco II, contrariamente a quanto disposto dall’art. 7, n. 1, della direttiva.

36 Dal canto suo, l’Irlanda sostiene che l’obbligo impostole dall’art. 7, n. 1, della detta direttiva si estende unicamente alle menzionate sostanze quando queste vengano riscontrate o possano venire riscontrate nelle acque ricomprese nella propria giurisdizione. L’Irlanda ritiene quindi che il proprio obbligo di fissare programmi per tutte le sostanze contenute nell’elenco II della direttiva debba essere inteso nel senso che tale obbligo sia condizionato dallo specifico contesto dello Stato membro medesimo.

37 L’Irlanda afferma, inoltre, di aver posto in essere programmi per ognuna delle sostanze indicate nell’elenco II per le quali era soggetta a tale obbligo. In assenza di inquinamento significativo, reale o potenziale, o di scarichi contenenti sostanze di tal genere, l’Irlanda sostiene di non essere stata tenuta a stabilire i programmi previsti dall’art. 7 della direttiva quanto alle sostanze medesime.

Giudizio della Corte

38 Si deve rammentare, in limine, che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, i programmi che devono essere fissati ai sensi dell’art. 7 della direttiva devono possedere carattere specifico. Il carattere specifico dei programmi di cui trattasi consiste nel fatto che essi devono rappresentare un approccio globale e coerente, che abbia il carattere di una pianificazione concreta ed articolata che riguardi l’insieme del territorio nazionale e miri alla riduzione dell’inquinamento causato da tutte le sostanze dell’elenco II che siano rilevanti nel contesto nazionale di ciascuno Stato membro, in rapporto con gli obiettivi di qualità delle acque recettrici fissati in questi stessi programmi (v. sentenza 21 gennaio 1999, causa C-207/97, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-275, punti 39 e 40). La nozione di “programma” implica quindi una serie di misure coordinate, integrate e globali.

39 In tale prospettiva occorre dunque esaminare se le misure nazionali adottate dall’Irlanda rispondano a tali criteri. Si tratta delle seguenti misure:

– il regolamento 24 luglio 1998 riguardante gli obiettivi di qualità delle acque per il fosforo [Local Government (Water Pollution) Act 1977 (Water Quality Standards for Phosphorus) Regulations 1998; S.I. n. 258/1998; in prosieguo: il «regolamento del 1998»] che fissa obiettivi vincolanti per il fosforo;

– il regolamento del 2001 che fissa obiettivi di qualità per altre quattordici sostanze;

– taluni regolamenti comunali volti a dare effetto tanto alla direttiva quanto al regolamento del 1998.

Tali misure comprendono la fissazione, come base di un programma, di obiettivi di qualità per il fosforo e quattordici altre sostanze.

40 In primo luogo, per quanto attiene alle quattordici sostanze ricomprese nel regolamento del 2001, quest’ultimo è entrato in vigore successivamente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato integrativo, cosa che le autorità irlandesi riconoscono nel proprio controricorso. Orbene, la sussistenza di un adempimento deve essere valutata alla luce della situazione esistente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti successivamente intervenuti (v. sentenza 17 settembre 1996, causa C-289/94, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4405, punto 20). Si deve quindi rilevare che, alla scadenza del termine impartitole, l’Irlanda non aveva fissato programmi di riduzione dell’inquinamento per tutte le sostanze per le quali era obbligata a farlo.

41 In secondo luogo, per quanto attiene alla qualificazione del regolamento de 1998 quale provvedimento di fissazione di un programma di riduzione dell’inquinamento provocato dal fosforo, si deve rilevare che tale regolamento non comprende tutte le acque superficiali del paese, atteso che i canali non sono interessati dagli obiettivi di qualità fissati dal regolamento medesimo. L’Irlanda riconosce infatti, nel controricorso, di non aver fissato obiettivi di qualità per i canali con riguardo al fosforo e di essere venuta pertanto meno al proprio obbligo di conformarsi alla necessità di fissare siffatti obiettivi per tutte le acque superficiali del paese.

42 Per quanto attiene ai regolamenti comunali diretti a dare effetto alla direttiva, è sufficiente rilevare che dagli atti di causa emerge che nella comunicazione trasmessa dall’Irlanda in data 30 luglio 2001 si affermava che essa riguardava unicamente i regolamenti emanati da quattro enti locali e connessi ad attività agricole. In tale comunicazione l’Irlanda ha fatto presente, inoltre, che altri progetti di regolamento erano in corso di elaborazione da parte di vari enti locali.

43 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rilevare che l’Irlanda, non avendo disposto programmi di riduzione dell’inquinamento per tutte le sostanze per le quali era tenuta a provvedere in tal senso in forza della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva medesima.

Sul secondo addebito, relativo al mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 7, n. 3, della direttiva

Argomenti delle parti

44 Con il secondo addebito la Commissione sostiene che l’Irlanda non ha fissato obiettivi di qualità, contrariamente a quanto disposto dall’art. 7, n. 3, della direttiva. Tale addebito si articola, a sua volta, su due capi.

45 Con il primo capo, la Commissione afferma che il detto Stato membro non ha fissato obiettivi di qualità con riguardo a sostanze diverse dal fosforo ed alle quattordici sostanze ricomprese nel regolamento del 2001.

46 Con il secondo capo si sostiene che il regolamento del 1998, diretto a fissare obiettivi di qualità per il fosforo, non è conforme ai requisiti fissati dalla direttiva. La Commissione deduce vari elementi, vale a dire la mancata attribuzione di un indice di qualità per tutte le acque del paese, il fatto che le autorità irlandesi si siano limitate ad effettuare osservazioni – il che non equivale ad attribuire un indice di qualità – il ritardo accumulato nell’effettuazione di tali osservazioni, vale a dire 20 anni dall’adozione della direttiva, il mancato rispetto della definizione del termine «inquinamento» dato dalla direttiva e l’inaffidabilità dei metodi di analisi applicati dall’Irlanda per i laghi.

47 Le autorità irlandesi contestano le affermazioni della Commissione invocando, in primo luogo, l’ampiezza delle misure di sorveglianza adottate, in secondo luogo, il fatto che il regolamento 1998 dev’essere considerato quale misura intermedia diretta al conseguimento dell’obiettivo di migliorare le acque specificamente previsto dal regolamento medesimo e, in terzo luogo, la libertà di scelta del metodo di analisi della qualità delle acque dei laghi, atteso che la direttiva non impone il ricorso all’uno o all’altro metodo di analisi.

Giudizio della Corte

48 Si deve rilevare, anzitutto, che l’Irlanda, ancorché affermi di aver rispettato de facto i requisiti fissati dall’art. 7 della direttiva, riconosce nel controricorso che, alla scadenza della data limite fissata nel parere motivato integrativo, non aveva adottato tutte le misure richieste dal n. 3 della detta disposizione.

49 In particolare, per quanto attiene al primo capo del secondo addebito, l’Irlanda ritiene che l’obbligo di fissare obiettivi di qualità per le sostanze di cui all’elenco II dell’allegato della direttiva è condizionato dallo specifico contesto di ogni singolo Stato. L’Irlanda riconosce tuttavia, nel controricorso, di non aver fissato obiettivi di qualità se non per il fosforo e quattordici altre sostanze e, quanto a queste ultime, quattro mesi dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato. Per contro, nessun obiettivo è stato fissato per talune sostanze provenienti dal settore industriale, come esposto dalla Commissione nel proprio ricorso.

50 Ciò premesso, risulta che il primo capo del secondo addebito è fondato.

51 Con riguardo al secondo capo del secondo addebito, per quanto concerne anzitutto l’argomento dell’Irlanda relativo all’ampiezza delle misure di sorveglianza della qualità delle acque del paese, è stato già precisato supra, al punto 41, che il regolamento del 1998 non riguarda tutte le acque superficiali del paese, atteso che i canali non ricadono nella sua sfera di applicazione. Peraltro, le osservazioni relative ai laghi coprono solamente il 65% della superficie totale dei laghi del paese, come riconosciuto dall’Irlanda nella controreplica. Inoltre, l’Irlanda si è limitata ad effettuare semplici osservazioni sulla qualità delle acque. L’effettuazione di semplici osservazioni, benché possa costituire un elemento importante per la definizione degli obiettivi di qualità, non equivale alla fissazione di tali obiettivi. In tale prospettiva, l’argomento dell’Irlanda non può trovare accoglimento.

52 Per quanto attiene, inoltre, al mancato rispetto della definizione del termine «inquinamento» contenuta nella direttiva, l’Irlanda fa presente che il regolamento del 1998 costituisce un provvedimento intermedio diretto a conseguire miglioramenti della qualità delle acque specificamente considerate dal regolamento medesimo e deve essere quindi considerato quale sforzo pragmatico ai fini della soluzione del problema dell’inquinamento provocato dal fosforo nelle acque dolci irlandesi, fissando al tempo stesso criteri più restrittivi rispetto a quelli utilizzati nelle normative di altri Stati membri.

53 Come la Corte ha già avuto modo di affermare, il fatto che uno Stato membro asserisca di essersi posto obiettivi più ambiziosi di quelli perseguiti da una direttiva non può esonerare tale Stato dall’obbligo di adeguarsi quantomeno alle prescrizioni della direttiva medesima nei termini fissati (v. sentenza 2 maggio 2002, causa C8292/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-4097, punto 48).

54 Il fatto che il regolamento del 1998 venga qualificato come provvedimento intermedio, i cui i risultati vanno riferiti al 2007, non consente di ritenere il regolamento stesso sufficiente ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’art. 7, n. 3, della direttiva, ancorché le autorità irlandesi prevedano di adottare obiettivi di qualità più restrittivi. Ciò premesso, l’argomento dell’Irlanda non può trovare accoglimento.

55 Per quanto riguarda, infine, l’affidabilità del sistema di analisi di qualità delle acque dei laghi, due studi, elaborati dal Central Fisheries Board (Ufficio centrale della pesca) e dall’Environmental Protection Agency (Agenzia per la tutela dell’ambiente) e prodotti dalla Commissione in allegato al ricorso, mettono in dubbio l’affidabilità del sistema di campionamento al centro dei laghi. Atteso che l’Irlanda non ha prodotto alcuna prova per confutare gli argomenti sviluppati alla luce di tali documenti, l’argomento dedotto dal detto Stato membro al riguardo dev’essere parimenti considerato infondato.

56 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rilevare che l’Irlanda, non avendo fissato obiettivi di qualità corrispondenti ai criteri di cui all’art. 7, n. 3, della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi di tale disposizione.

Sul terzo addebito, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 2, della direttiva

Argomenti delle parti

57 La Commissione contesta all’Irlanda di non aver istituito un regime di autorizzazioni conformemente all’art. 7, n. 2, della direttiva, richiamandosi, a titolo esemplificativo, a taluni scarichi inquinanti non soggetti ad autorizzazione.

58 La Commissione rileva che l’Irlanda non ha previsto un regime di autorizzazioni preventive per taluni scarichi provenienti da collettività locali.

59 Parimenti, secondo la Commissione, gli scarichi di sostanze ricomprese nell’elenco II provenienti da stabilimenti marittimi irlandesi non costituiscono oggetto di autorizzazione preventiva.

60 L’istituzione fa parimenti valere che la normativa irlandese non garantisce che gli scarichi di fosforo provenienti da stabilimenti agricoli, pur trattandosi di una delle più gravi fonti di inquinamento, siano soggetti ad autorizzazione ovvero, in difetto di autorizzazione, vietati.

61 In ultimo luogo, la Commissione contesta all’Irlanda il fatto che gli scarichi di fosforo provocati dalla nebulizzazione aerea ai fini del rimboscamento non siano soggetti ad autorizzazione preventiva.

62 L’Irlanda contesta tali affermazioni. In particolare, per quanto attiene agli scarichi provenienti dalle fognature sotto la responsabilità degli enti locali, l’Irlanda afferma che tali scarichi sono disciplinati dal regolamento 14 giugno 2001, relativo al trattamento delle acque reflue urbane (Urban Waste Water Treatment Regulations 2001), che costituisce corretta attuazione della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135, pag. 40).

63 Per quanto attiene agli scaricatori alluvionali, posti sotto la responsabilità delle autorità sanitarie locali, l’Irlanda riconosce di non aver istituito alcun sistema di autorizzazioni. Tuttavia, essa ritiene di non essere tenuta ad istituire un siffatto sistema per i detti scaricatori, in considerazione del margine di discrezionalità attribuito agli Stati membri dalla direttiva 91/271, che consente, oltre al sistema di autorizzazioni preventive specificamente previsto da detta direttiva, l’istituzione di normative generali. Il menzionato regolamento 14 giugno 2001 assolverebbe a tale ruolo di normativa generale preventiva in Irlanda. Inoltre, sarebbe in corso di elaborazione una legge che istituirebbe l’obbligo di autorizzazione preventiva per gli scarichi prodotti dalle collettività locali nei casi in cui questi non siano ancora soggetti a requisiti legali e/o ad un regime di autorizzazione preventiva.

64 Per quanto attiene agli stabilimenti marittimi, l’Irlanda si richiama alla legge di modifica del 1997 sulla pesca [Fisheries (Amendment) Act 1997], pur riconoscendo che la propria normativa riguarda unicamente la disciplina degli scarichi provenienti dagli stabilimenti di acquicoltura. Tuttavia, a parere dell’Irlanda, tale normativa dovrebbe essere letta nel combinato disposto con quella risultante dalle leggi relative alle acque costiere, 1933-1998 (Foreshore Acts 1933-1998), che imporrebbero l’ottenimento di un’autorizzazione ministeriale per qualsiasi attività sviluppata sulle acque costiere.

65 Quanto all’inquinamento proveniente dagli stabilimenti agricoli, l’Irlanda ritiene che talune fughe di fluidi contaminati provenienti da stabilimenti agricoli siano non intenzionali e, in molti casi, accidentali. Pur riconoscendo che un’autorizzazione preventiva potrebbe essere richiesta ai sensi delle disposizioni della direttiva per i luoghi in cui gli scarichi sono prevedibili, la soluzione più adeguata, nel caso di scarichi non intenzionali o accidentali, consisterebbe nel richiedere ai relativi soggetti responsabili di rimediare alla situazione nel miglior modo possibile e, eventualmente, nell’irrogazione di ammende.

66 Quanto allo spargimento aereo di concimi sui siti forestali, l’Irlanda deduce che tale attività è da sempre soggetta ad autorizzazione preventiva da parte dell’autorità nazionale di disciplina e che, dal mese di gennaio 2002, per tali spargimenti è prevista una procedura di autorizzazione speciale.

67 L’Irlanda contesta, infine, l’argomento dedotto dalla Commissione nel ricorso, secondo cui il regime di divieti istituito dall’art. 3, n. 1, della legge del 1977 relativa alle amministrazioni locali (inquinamento delle acque) [Local Government (Water Pollution) Act 1977; in prosieguo: la «legge del 1977»] non costituirebbe un regime più restrittivo rispetto a quello delle autorizzazioni. L’art. 3, n. 1, della detta legge dispone che «è vietato a chiunque introdurre sostanze inquinanti nelle acque» e, a parere dell’Irlanda, costituirebbe quindi una misura più restrittiva ai sensi dell’art. 10 della direttiva.

Giudizio della Corte

68 Si deve rilevare, in limine, che, come la Corte ha già avuto più volte modo di affermare, dall’art. 7, n. 2, della direttiva risulta che le autorizzazioni di cui trattasi contengono norme di emissione applicabili agli scarichi individuali autorizzati e calcolate in funzione degli obiettivi di qualità previamente stabiliti in un programma ai sensi del n. 1 della disposizione medesima, diretto a proteggere le acque degli specchi e dei corsi d’acqua in questione (v. sentenza 11 giugno 1998, cause riunite C-232/95 e C-233/95, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3343, punto 28). In mancanza di un sistema coerente e generale di obiettivi di qualità, gli altri elementi di un programma (autorizzazioni e norme di emissione basate sugli obiettivi) non possono essere definiti in modo da conformarsi alle prescrizioni della direttiva.

69 Si deve rammentare che, come rilevato supra ai punti 43 e 56, l’Irlanda non si è conformata alle prescrizioni della direttiva per quanto attiene alla fissazione degli obiettivi di qualità alla scadenza del termine fissato nel parere motivato.

70 Peraltro, per quanto riguarda il mancato assoggettamento ad autorizzazione di taluni scarichi posti sotto la responsabilità degli enti locali, quali gli scarichi provenienti da fognature e dagli scaricatoi alluvionali, si deve sottolineare che il regolamento del 2001 relativo al trattamento delle acque urbane reflue, invocato dall’Irlanda per contestare l’inadempimento è stato emanato il 14 giugno 2001, vale a dire a circa un anno di distanza dalla data indicata nel parere motivato integrativo inviato dalla Commissione. Orbene, l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi (v. la sentenza Commissione/Italia, citata supra, punto 20). Conseguentemente, dev’essere dichiarato l’inadempimento dell’Irlanda al riguardo.

71 Quanto all’assenza di un regime di autorizzazioni con riguardo agli scarichi provenienti da stabilimenti marittimi la censura è fondata. Da un lato, l’Irlanda ha riconosciuto, nel controricorso, che la normativa nazionale in materia non impone autorizzazioni per le istallazioni marittime diverse dagli stabilimenti di acquicoltura. Dall’altro, il detto Stato membro non ha dimostrato che le leggi in materia di acque costiere, 1933-1998, contengano disposizioni che impongano espressamente la fissazione di norme di emissione sulla base di obiettivi di qualità. Tali due inadempimenti costituiscono violazione degli obblighi risultanti dall’art. 7, n. 2, della direttiva.

72 Per quanto attiene all’assenza di un regime di autorizzazioni per gli scarichi provenienti da stabilimenti agricoli, la censura della Commissione deve essere parimenti accolta. A tal riguardo, l’Irlanda e la Commissione concordano nel riconoscere che parte importante delle sostanze inquinanti disperse nell’ambiente idrico irlandese provengono da aziende agricole (vale a dire quanto meno il 30% di tutti gli elementi nutritivi e, in particolare, sino al 73% per quanto attiene al fosforo nelle acque interne).

73 Inoltre, in risposta all’argomento della Commissione secondo cui, a fronte di un tale inquinamento provocato dal fosforo, quando questo provenga da stabilimenti agricoli fissi, può ritenersi accertato il necessario nesso di causalità e di prevedibilità tra atti imputabili ad un soggetto e l’inquinamento delle acque, l’Irlanda riconosce che un’autorizzazione preventiva potrebbe essere richiesta sulla base delle disposizioni della direttiva per i luoghi in cui tali scarichi sono prevedibili.

74 Come riconosciuto tanto dalla Commissione quanto dall’Irlanda, benché un’autorizzazione non può essere richiesta per gli scarichi provenienti dagli stabilimenti agricoli, è incontestabile che una siffatta autorizzazione sia necessaria, quantomeno, nel caso in cui siano prevedibili scarichi inquinanti. Orbene, considerato che nessuno scarico proveniente da stabilimenti agricoli è soggetto ad autorizzazione, ne consegue che gli stabilimenti fissi, per i quali gli scarichi sono prevedibili, non sono soggetti a tale regime di autorizzazione.

75 Ciò premesso, si deve ritenere, in conclusione, che l’Irlanda, non avendo assoggettato ad autorizzazione gli scarichi inquinanti provenienti da stabilimenti agricoli fissi nei casi in cui tali scarichi siano prevedibili, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti.

76 In ultimo luogo, per quanto riguarda l’assenza di autorizzazioni per le attività di nebulizzazione aerea, l’Irlanda riconosce che solo a partire dal gennaio 2002, e, conseguentemente, successivamente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, una procedura di autorizzazione speciale è richiesta per lo spargimento aereo di concimi sui siti forestali. L’Irlanda fa presente che, anteriormente a tale data, tale forma di spargimento era soggetta ad autorizzazione preventiva da parte dell’autorità nazionale di disciplina. Tuttavia, il detto Stato membro non ha dimostrato che tale autorizzazione fosse conforme ai requisiti fissati dalla direttiva in materia di rispetto degli obiettivi di qualità e delle norme di emissione. Ne consegue che, anche con riguardo a tale questione, la censura della Commissione è fondata.

77 Occorre infine esaminare, nell’ambito del terzo addebito, l’argomento dell’Irlanda secondo cui il regime di divieti istituito dalla legge del 1977 rappresenterebbe «disposizioni più severe» ai sensi dell’art. 10 della direttiva.

78 Benché, in linea di principio, un regime di divieti costituisca un’alternativa ad un regime di autorizzazioni, conformemente alle prescrizioni della direttiva, l’Irlanda non ha dimostrato che il regime istituito dalla legge del 1977 possa sostituirsi efficacemente al sistema di autorizzazioni previsto dalla direttiva.

79 Infatti, il regime di divieti istituito dall’art. 3, n. 1, della legge del 1977 è accompagnato da una clausola, contenuta al n. 3 del medesimo articolo, che esonera da responsabilità chiunque dimostri di aver adottato tutte le precauzioni ragionevoli per impedire l’introduzione delle sostanze inquinanti nelle acque. L’applicazione effettiva di tale regime è garantita dai poteri riconosciuti all’autorità giudiziaria (art. 11) nonché agli enti locali (art. 12). Quest’ultimo articolo consente agli enti locali di ingiungere ai soggetti responsabili di una fonte di inquinamento l’adozione di tutte le misure specifiche di lotta contro l’inquinamento. Per conto, la detta legge non contiene alcuna menzione degli obiettivi di qualità o di programmi per la riduzione dell’inquinamento idrico.

80 Anzitutto, la legge del 1977 non contiene disposizioni precise quanto alle attività inquinanti, che consentano ai singoli di fare riferimento ad un contesto normativo chiaro, preciso e non equivoco, come postulato dalla Corte (v., in tal senso, sentenza 9 febbraio 1994, causa C-119/92, Commissione/Italia, Racc. pag. I-393, punto 17). Si deve sottolineare, a titolo esemplificativo, che la legge del 1977 non contiene un’elencazione delle sostanze inquinanti a termini dell’elenco II dell’allegato della direttiva, il che impedisce agli interessati di conoscere l’effettiva portata di tale divieto.

81 Inoltre, l’efficacia del sistema si fonda, in ampia misura, sulle ingiunzioni emanate dalle autorità locali ex art. 12. Tuttavia, tali ingiunzioni vengono emanate secondo la discrezionalità di ogni singolo ente locale nella specifica fattispecie, senza alcun rapporto con un qualsiasi parametro di qualità delle acque, che nella detta legge manca. Tale assenza di criteri uniformi fissati dalla legge non garantisce un’applicazione omogenea, globale e coerente della direttiva. A tal riguardo, al punto 8.3 della controreplica l’Irlanda stessa dichiara di non sostenere che il regime delle ingiunzioni ex art. 12 equivalga ad un regime di autorizzazioni.

82 Infine, quanto alla clausola di esonero dalla responsabilità di cui all’art. 3, n. 3, della legge del 1977, tale articolo non specifica la portata e la natura delle misure da porre in essere per poter beneficiare dell’esonero, affidando ad ogni singolo ente locale, di volta in volta, la valutazione della ragionevolezza delle misure adottate. In tale prospettiva, un regime di tal genere non equivale ad un sistema in cui tutti i criteri della riduzione dell’inquinamento sono preventivamente definiti in termini chiari, precisi e non equivoci.

83 Da tutte le suesposte considerazioni emerge quindi che l’Irlanda è venuta meno all’obbligo di istituire un regime di autorizzazioni come imposto dall’art. 7, n. 2, della direttiva.

Sul quarto addebito, relativo alla violazione dell’art. 9 della direttiva

Argomenti delle parti

84 Con tale censura la Commissione sostiene che, successivamente all’emanazione della direttiva, si sarebbe verificato un aumento dell’inquinamento delle acque soggette alla giurisdizione dell’Irlanda, in violazione delle disposizioni dell’art. 9 della direttiva.

85 Tale infrazione all’art. 9 sarebbe conseguenza del ritardo accumulato dal detto Stato membro ai fini della trasposizione della direttiva, il che avrebbe dato luogo a due conseguenze contrarie agli obiettivi conseguiti dalla menzionata disposizione. Da un lato, la tardiva attuazione avrebbe consentito una tolleranza legislativa di un degrado della qualità delle acque non previsto dalla direttiva. Dall’altro, l’attribuzione, quale base di riferimento, di indici ottenuti in base a studi effettuati nel 1997 potrebbe condurre ad una distorsione del livello effettivo di inquinamento esistente nel 1976 al momento dell’emanazione della direttiva.

86 L’Irlanda sostiene, al contrario, che l’obbligo di conformarsi all’art. 9 della direttiva vale unicamente qualora uno Stato membro abbia adottato provvedimenti ai sensi di tale disposizione e che la loro applicazione abbia implicato un deterioramento della qualità delle acque. Il detto art. 9 non potrebbe trovare applicazione nel caso in cui non vi sia stata attuazione di misure di applicazione della direttiva. L’Irlanda ritiene, conseguentemente, che la questione sottoposta alla Corte consiste nell’accertare se l’applicazione del regolamento del 1998 abbia determinato, direttamente o indirettamente, un incremento dell’inquinamento dell’acqua, cosa che il detto Stato membro nega.

87 L’Irlanda sostiene peraltro che la giurisprudenza della Corte richiamata dalla Commissione, secondo cui una direttiva non deve essere interpretata in modo da attribuire vantaggi agli Stati membri che non rispettino le sue disposizioni, non è applicabile alla fattispecie in cui le disposizioni di cui trattasi non prevedano una scadenza ai fini della loro trasposizione.

Giudizio della Corte

88 Si deve rammentare, in limine, che, ai termini dell’art. 9 della direttiva, l’applicazione di provvedimenti adottati sulla base della direttiva medesima non può in alcun caso produrre l’effetto di consentire un incremento, diretto o indiretto, dell’inquinamento delle acque di cui al precedente art. 1. Dal tenore letterale di tale disposizione – che fa espresso riferimento alle «misure adottate in virtù della (…) direttiva» – emerge che l’obbligo ivi dettato riguarda l’ipotesi in cui gli Stati membri abbiano effettivamente adottato misure ai fini della trasposizione della direttiva.

89 Contrariamente agli argomenti dedotti dal governo irlandese, da tale rilievo non deriva tuttavia che, in assenza di qualsiasi misura di trasposizione, ovvero di trasposizione parziale della direttiva, uno Stato membro sia libero di adottare misure che possano condurre, direttamente o indirettamente, ad un accrescimento dell’inquinamento. Una condotta di tal genere, benché non contemplata, in linea di principio, dall’art. 9, costituirebbe, in ogni caso, una violazione diretta della direttiva e, segnatamente, dell’art. 2 della medesima, che impone in ogni caso agli Stati membri l’obbligo di adottare idonee misure per eliminare o ridurre l’inquinamento delle acque provocato dalle sostanze indicate negli allegati I e II della direttiva medesima.

90 Nella specie, la Commissione non ha dimostrato in modo sufficientemente valido che l’adozione di misure di trasposizione della direttiva abbia prodotto la conseguenza di aggravare l’inquinamento delle acque irlandesi. Si deve quindi ritenere che, per quanto attiene alla violazione dell’art. 9, l’inadempimento non è accertato.

91 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che l’Irlanda, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per garantire la trasposizione e la corretta applicazione della direttiva, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 7. Il ricorso è respinto quanto al resto.

Sulle spese

92 A termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. L’Irlanda, essendo rimasta soccombente ed avendone chiesto la Commissione la condanna, dev’essere pertanto condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) Non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per garantire la trasposizione e la corretta applicazione della direttiva del Consiglio 4 maggio 1976, 76/464/CEE, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 7 della direttiva medesima.

2) Il ricorso è respinto quanto al resto.

3) L’Irlanda è condannata alle spese.

Firme