Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20189 del 21/03/2006 Ud. (dep. 13/06/2006 ) Rv. 234325
Presidente: Postiglione A. Estensore: Fiale A. Relatore: Fiale A. Imputato: Cavallini. P.M. Di Popolo A. (Diff.)
(Dichiara inammissibile, App. Roma, 3 maggio 1994)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Opera precaria - Temporaneità soggettiva della destinazione - Sufficienza - Esclusione - Semplice amovibilità del manufatto - Insufficienza - Necessità di un uso per fini contingenti e limitati.

In materia edilizia la natura precaria di un manufatto, ai fini della sua non sottoposizione al preventivo rilascio del permesso di costruire, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dall'utilizzatore, né dal dato che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo, ma deve riconnettersi ad una intrinseca destinazione materiale dell'opera stessa ad un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con la conseguente e sollecita eliminazione del manufatto alla cessazione dell'uso.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 21/03/2006
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 469
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 34316/1994
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAVALLINI GUSTAVO, n. a Roma il 16/03/1930;
avverso la sentenza 03/05/1994 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dr. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. DI POPOLO Angelo che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché: i reati di cui ai capi a) e b) sono estinti per sanatoria;
il reato di cui al capo c) è estinto per prescrizione;
udito il difensore avv. SPINELLI Patrizio, il quale ha concluso associandosi alle richieste del P.M..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3.5.1994 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza 26.5.1993 del Pretore di Viterbo - Sezione di Civitacastellana, che aveva affermato la responsabilità penale di Cavallini Gustavo in ordine ai reati di cui:
- alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), (per avere realizzato, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico e ad usi civici, un manufatto in legno, delle dimensioni di mt. 5,00 x 6,00, in assenza della prescritta concessione edilizia - acc. in Nepi, il 7.7.1992);
- alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies (per avere realizzato il manufatto anzidetto senza la prescritta autorizzazione paesaggistica);
- all'art. 349 c.p. (per avere violato i sigilli apposti alla costruzione abusiva) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificate le contravvenzioni nel vincolo della continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., lo aveva condannato, per le contravvenzioni medesime, alla pena complessiva di giorni 10 di arresto e L. 21 milioni di ammenda e, per il delitto, alla pena di mesi quattro di reclusione e L. 135.000 di multa, ordinando la demolizione del manufatto abusivo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Cavallini il quale ha eccepito violazione di legge in quanto:
- il giudizio di appello sarebbe stato illegittimamente celebrato in assenza del proprio difensore di fiducia, benché questi avesse dimostrato di essere legittimamente impedito, dovendo partecipare allo svolgimento di un incidente probatorio in altra sede giudiziaria;
- la insussistenza dei reati, vertendosi in tema di installazione di un'opera precaria "non saldata al suolo".
Il ricorrente, in data 31.3.1995, ha presentato istanza di condono edilizio, ai sensi della L. n. 724 del 1994, ed il procedimento è rimasto sospeso, presso questa Corte, L. n. 47 del 1985, ex art. 38, a decorrere dal 28.2.1995.
Il Comune di Nepi ha comunicato che, in relazione a tale domanda di condono, none stato presentato il parere per il vincolo ex lege n. 1497 del 1939 e per gli usi civici gravanti sul terreno. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.
1. Quanto all'eccezione procedurale, deve rilevarsi che - secondo la delle Sezioni Unite di questa Corte Suprema (24.4.1992, n. 4708) - affinché l'impegno professionale del difensore in altro procedimento possa essere assunto quale legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire ai sensi dell'art. 486 c.p.p., comma 5 (attualmente art. 420 ter c.p.p., comma 5), è necessario che il difensore medesimo prospetti l'impedimento e chieda il rinvio non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni e che non si limiti a comunicare e documentare l'esistenza di un contemporaneo impegno professionale in altro processo ma esponga: le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione in esso per la particolare natura dell'attività a cui deve presenziare; l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato.
Riportando tali principi (recentemente ribaditi da Cass., Sez. 6^, 31/07/2003, n. 32343) alla fattispecie in esame, va rilevato che - pur dovendosi ritenere irrilevante la circostanza che il giudizio del quale veniva richiesto il rinvio stato fissato precedentemente all'incidente probatorio - il procedimento che ci occupa venne celebrato il 3 maggio 1994, l'istanza di rinvio pervenne in Cancelleria soltanto cinque giorni prima (il 28 aprile), con riferimento al altro impegno professionale conosciuto da tempo, ed in essa non vi era alcun cenno all'eventuale assenza di altri codifensori.
Deve altresì evidenziarsi che il diritto del difensore di ottenere il rinvio del dibattimento deve essere comunque contemperato con l'interesse pubblico all'immediata trattazione del procedimento quanto esistano ragioni obiettive che la impongano. Spetta al giudice, pertanto, bilanciare le esigenze di difesa dell'imputato, da un lato, e quelle di affermazione del diritto e della giustizia dall'altro, anche alla luce delle eventuali necessità di un rapido esaurimento della proceduta trattata (vedi Cass.: sez. 5^, 21.5.1998, n. 6023; sez. 3, 10.11.1997, n. 10040; sez. 2, 23.4.1997, n. 3795). Nella fattispecie in esame, pertanto, altrettanto correttamente la Corte di merito ha ritenuto la prevalenza dell'interesse pubblico alla immediata trattazione del processo, tenuto conto della brevità dei termini di prescrizione per le fattispecie contravvenzionali. La reiezione della richiesta di differimento appare, dunque, legittima.
2. Con riferimento, poi, all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, deve ribadirsi che la natura "precaria" di un manufatto - secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema (vedi Cass., Sez. 3^: 12.7.1995, ric. Bottai; 2.7.1996, ric. De Marco; 4.10.1996, ric. Di Meo; 28.1.1997, ric. Arcucci;
20.6.1997, ric. Stile; 18.2.1999, n. 4002, ric. Bortolotti;
10.6.2003, n. 24898, ric. Nagni; 27.5.2004, ric. Polito) - ai fini dell'esenzione dalla concessione edilizia (oggi permesso di costruire), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo (nello stesso senso vedi C. Stato, Sez. 5^:
23.1.1995, n. 97 e 15.6.2000, n. 3321).
Non sono rilevanti, cioè, in detta prospettiva, le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l'agevole rimovibilità. In base a tale principio legittimamente la Corte di merito ha rilevato che, nella specie, "non sussiste alcun elemento che possa connotare di una qualche concretezza l'ipotesi che il manufatto fosse destinato ad una utilizzazione temporanea e contingente", a nulla rilevando che lo stesso fosse stato realizzato in legno. 3. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui (indipendentemente dalle sospensioni di cui alla L. n. 47 del 1985, artt. 38 e 44, connesse alla possibilità di presentazione ed all'inoltro effettivo della domanda di condono edilizio in relazione alla sanatoria disciplinata della L. n. 724 del 1994, art. 39 - vedi Cass., Sez. Unite 16.12.1999, n. 22, Sadini e altra) non può tenersi conto della prescrizione dei reati venuta eventualmente a scadere in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione del ricorso (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).
La domanda di "condono" proposta dai ricorrente risulta non avere avuto esito positivo, non essendo stato presentato il parere per il vincolo ex lege n. 1497 del 1939 e per gli usi civici gravanti sul terreno.
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammenda equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 500,00. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 500,00 (cinquecento/00) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2006