Cass. Sez. III n.41619 del 20 dicembre 2006 (Ud. 22 nov. 2006)
Pres. Vitalone Est. Franco Ric. Cariello
Urbanistica - Opere soggette a d.i.a.: sanzioni applicabili

L'art. 22, comma 1, TU edilizia dispone che sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività non già tutti gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, bensì solo quegli interventi di cui all'art. 10 ed all'art. 6 che siano anche “conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente”. Solo se ricorre questa condizione, quindi, si potrà applicare la disposizione dell'art. 37 che prevede solo la sanzione amministrativa per gli interventi realizzati in assenza o in difformità della denunzia di inizio attività. Qualora invece si tratti di interventi che siano non conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico edilizia vigente, la loro realizzazione (sempre che non si tratti di interventi per i quali è richiesto il permesso di costruire ai sensi dell'art. 10) comporterà comunque l'applicazione della sanzione penale prevista dall'art. 44, lett. a), il quale appunto punisce con la pena dell'ammenda «l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 22/11/2006
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 1878
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - N. 30306/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso - erroneamente qualificato come appello - proposto da:
CARIELLO Pasquale, nato a Sorrento il 10 ottobre 1975;
avverso la sentenza emessa il 26 gennaio 2006 dal giudice del tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto;
udita nella Pubblica udienza del 22 novembre 2006 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per
l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. PASCUCCI Oreste.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, dichiarò Cariello Pasquale colpevole dei reati di cui: a) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a), per avere eseguito, senza valido titolo abilitativo, la costruzione di una scala metallica di m. 2 x 2 (per collegare l'area pubblica destinata a parcheggio con il piazzale antistante l'immobile della società Lara), previa demolizione della preesistente pavimentazione stradale e di un ciglio; b) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 83, 93, 94, 95, per avere violato le prescrizioni relative alle disposizioni antisismiche; c) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 64, 65, 67, 71, 72, per avere violato le disposizioni relative alle opere in cemento armato o in struttura metallica, e lo condannò alla pena di Euro 7.000,00 di ammenda, con l'ordine di demolizione delle opere e la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione.
Osservò, tra l'altro, il giudice: - che per la realizzazione della scala in questione era sufficiente la sola denunzia di inizio attività, che nella specie però non sarebbe stata comunque assentita perché l'opera era in contrasto con gli strumenti urbanistici perché insistente su un'area destinata a diventare pubblica; - che, ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, la realizzazione di interventi in assenza di DIA è sanzionata in via amministrativa a condizione che l'opera sia conforme agli strumenti urbanistici; - che andava quindi applicata la sanzione di cui all'art. 44, perché l'opera non rientrava ne' nei primi due ne' nell'art. 22, comma 3; - che andava applicata anche la sanzione delle demolizione ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9 bis.
L'imputato propone ricorso per Cassazione - erroneamente qualificato come appello, ma da considerarsi ricorso, trattandosi di sentenza non appellabile - deducendo che la costruzione della scala in questione non integra il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a), in quanto per essa non è richiesto il permesso di costruire, ma solo la denunzia di inizio attività ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, lett. c), del testo unico dell'edilizia. Invero, ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 37, n. 6, la mancata denunzia di inizio attività non comporta l'applicazione delle sanzioni prevista dall'art. 44. In via subordinata deduce che la pena è stata applicata in misura ingiusta ed inadeguata, senza essere stata correlata alla consistenza del fatto ed al grado di colpa.
Deve infine ritenersi illegittima la disposta subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione della scala in questione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è infondato. Il giudice del merito, invero, ha accertato - e il punto non è stato contestato da nessuno - che la scala in questione costituisce una costruzione che non avrebbe avuto bisogno di permesso di costruire ma che, in astratto, avrebbe potuto essere realizzata mediante denunzia di inizio attività, ossia di un intervento rientrante - sempre in astratto - tra quelli previsti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 1, (testo unico dell'edilizia). Ciò pero non comporta necessariamente, come sostiene invece il ricorrente, che la esecuzione della stessa senza alcun titolo abilitativo determinerebbe l'applicazione delle sole sanzioni amministrative previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 37, primo 1, (testo unico dell'edilizia), per gli interventi edilizi di cui all'art. 22, commi 1 e 2, realizzati in assenza o in difformità della denunzia di inizio attività (e sempre che, ovviamente, non si tratta di interventi suscettibili di realizzazione mediante DIA ai sensi dell'art. 22, comma 3, nel qual caso sono applicabili le sanzioni penali di cui all'art. 44).
L'art. 22, comma 1, cit., infatti, dispone che sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività non già tutti gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, bensì solo quegli interventi di cui all'art. 10 ed all'art. 6 che siano anche "conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente". Solo se ricorre questa condizione, quindi, si potrà applicare la disposizione dell'art. 37 che prevede solo la sanzione amministrativa per gli interventi realizzati in assenza o in difformità della denunzia di inizio attività. Qualora invece si tratti di interventi che siano non conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, la loro realizzazione (sempre che non si tratti di interventi per i quali è richiesto il permesso di costruire ai sensi dell'art. 10) comporterà comunque l'applicazione della sanzione penale prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a), il quale appunto punisce con la pena dell'ammenda "l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire".
Nel caso di specie il giudice del merito ha appunto accertato in punto di fatto - e anche questo accertamento non è stato contestato - che l'intervento in questione era in contrasto con lo strumento urbanistico comunale vigente, in quanto insistente su area destinata a diventare pubblica e, per questo motivo, non assentibile mediante denunzia di inizio attività e non sanabile. Del tutto correttamente, dunque, è stato ritenuto integrato il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a).
Il secondo motivo è del tutto generico e comunque manifestamente infondato perché il giudice del merito ha fornito congrua ed adeguata motivazione sull'esercizio del proprio potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena.
Il terzo motivo è invece fondato per le seguenti ragioni. Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9, (testo unico dell'edilizia) dispone che, nel caso si tratti di interventi abusivi eseguiti in assenza del permesso di costruire, o in totale difformità o con variazioni essenziali dal permesso di costruire, il giudice con la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 44 deve ordinare la demolizione delle opere abusive se non sia già stata altrimenti eseguita. È quindi evidente che presupposto per l'emanazione dell'ordine di demolizione da parte del giudice sia non solo la condanna per il reato di cui all'art. 44, ma anche che si tratti di intervento edilizio per il quale è necessario il permesso di costruire e che sia stato realizzato in assenza o in difformità dello stesso.
Nel caso di specie, appunto, non ricorreva questa condizione, trattandosi di intervento per il quale non era richiesto il permesso di costruire. Pertanto, non avrebbe potuto essere impartito l'ordine di demolizione.
La sentenza impugnata ha peraltro ritenuto che l'ordine di demolizione avrebbe dovuto essere emanato ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9 bis, (testo unico dell'edilizia), ma si tratta di una erronea interpretazione ed applicazione delle disposizioni in esame. In forza dell'art. 31, comma 9 bis, cit., infatti, l'ordine di demolizione previsto dal precedente comma 9 viene esteso (oltre che a quelli per i quali è necessario il permesso di costruire anche) agli interventi di cui all'art. 22, comma 3, ossia a quegli interventi realizzabili mediante denuncia di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire.
Nel caso di specie, però, il giudice del merito ha accertato in fatto che si trattava di un intervento rientrante non già tra quelli di cui all'art. 22, comma 3, bensì tra quelli di cui all'art. 22, comma 1, dal momento che per esso non era necessario il permesso di costruire. Ne deriva che non poteva essere applicato l'art. 31, comma 9 bis, e quindi non era in nessun caso applicabile l'ordine di demolizione previsto dal precedente comma 9.
Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente allo l'ordine di demolizione dell'opera abusiva, ordine che va pertanto eliminato. Da ciò ovviamente deriva anche, come necessaria conseguenza - senza necessità di una esplicita declaratoria - l'eliminazione della condizione cui era stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Nel resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'ordine di demolizione, che elimina.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 22 novembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2006