Non esiste l’autorizzazione sismica a sanatoria. Alias: Dopo la semina c’è il raccolto.
(Commento a TAR Campania, Napoli, n° 1347/2021, depositata il 01.03.2021)

di Massimo GRISANTI


Dopo decenni di mainstream della cultura mattonaria, giustificante ed agevolante lo scempio del territorio, e della cultura condonistica, pare che il campo della pubblica amministrazione e della giustizia sia stato finalmente sufficientemente dissodato dall’aratro delle voci fortemente critiche di coloro i quali non hanno mancato di evidenziare, con l’intento di farlo rilevare ad autorità di fatto cieche o sorde, che non esiste nel Testo unico dell’edilizia l’istituto dell’autorizzazione sismica a sanatoria.
La sentenza in commento si pone in scia a quella del TAR Lazio, Latina, n° 376/2020, statuendo nel passo d’interesse:
“… 4.2 Peraltro non sarebbe in ipotesi neanche invocabile l’art. 36 del d.P.R. n.380 cit., dal momento che l’applicazione dell’istituto dell’accertamento di conformità non può che essere armonizzata con i successivi artt. 96, 98, 99 e 100, che delineano le uniche modalità attraverso le quali la legge rende possibile pervenire all’effetto utile di conservare un manufatto realizzato ab origine in carenza di autorizzazione sismica. Mancando una puntuale disciplina positiva dell’autorizzazione sismica in sanatoria, va evitato il rischio di introdurre in una materia così delicata per l’incolumità delle persone – peraltro neppure pienamente disponibile da parte del legislatore regionale – una sorta di sanatoria giurisprudenziale fondata sull’accertamento postumo della conformità dell’opera comunque edificata alle norme tecniche per la costruzione in zone sismiche al momento della richiesta.
Una simile sanatoria evocherebbe l’omologo controverso istituto riconosciuto privo di valore qualificante in molte pronunce del giudice amministrativo (cfr.TAR Lazio, Latina, 13.10.2020, n. 376; Cons. Stato, VI, 18.1.2019, n. 470; VI, 4.6.2018, n. 3363; VI, 18.7.2016, n. 3194; VI, 18.9.2015, n. 4359; V, 17.9.2012, n. 4914; IV, 26.3.2010, n. 1763; VI, 7.5.2009, n. 2835; IV, 26.4.2006, n. 2306) ed espressamente escluso dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 cit.
In definitiva, può ritenersi che nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss. del d.P.R. n. 380, si ribadisce come applicabile ratione temporis, non sia stato previsto il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria, ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per effetto di una autodenuncia di chi ne sia stato l’autore”.
E’ importante evidenziare, altresì, che qualche settimana prima della pronuncia del TAR Campania la Corte costituzionale era tornata sull’argomento – sempre in relazione a norme di legge (del sempre esistente, nei fatti, Granducato) della Regione Toscana, la quale è oggettivamente perseverante, in deviata e pratica applicazione del metodo del Buon Governo dell’Ambrogio Lorenzetti ovverosia <predicando bene, ma razzolando male>, nel violare i principi fondamentali della materia quando si tratta di voler mantenere in piedi costruzioni prive della cosiddetta doppia conformità alle norme tecniche costruttive, in ispecie nelle zone sismiche – con la sentenza n° 2/2021, depositata il 13.01.2021, nella quale ha ribadito:
“… 14.3.– La censura è fondata, per l’assorbente ragione del contrasto della disposizione impugnata con il principio della “doppia conformità” degli interventi oggetto di SCIA in sanatoria.
Questa Corte ha già avuto occasione di precisare che la regola della doppia conformità vale anche per la normativa antisismica, costituendo, per gli interventi in zona sismica, un principio fondamentale delle materie «governo del territorio» e «protezione civile» (sentenza n. 101 del 2013, nonché – con riferimento alla portata generale del principio nella materia del governo del territorio – sentenza n. 290 del 2019).
Nel caso ora in esame, l’art. 46 sostituisce il comma 2 dell’art. 182 della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, dettando la seguente disposizione: «[n]ei casi di cui al comma 1, la struttura regionale competente rilascia l’autorizzazione in sanatoria oppure l’attestato di avvenuto deposito in sanatoria entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relativa istanza. Oltre che al soggetto interessato, la struttura regionale competente trasmette tali atti al comune ai fini del rilascio dei titoli in sanatoria o ai fini delle verifiche di propria competenza nel caso di SCIA in sanatoria, fermo restando quanto previsto al comma 3».
Il comma 1 dell’art. 182, cui la disposizione impugnata rinvia, dopo aver richiamato la disciplina generale sull’accertamento di conformità operato ai sensi dell’art. 209 della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, chiarisce che gli interventi in zone sismiche realizzati in assenza di autorizzazione e per i quali l’interessato formuli richiesta di autorizzazione in sanatoria ovvero istanza di deposito in sanatoria devono «risultare conformi alla normativa tecnica», ossia alla normativa antisismica, senza espressamente stabilire anche in riferimento a tale normativa la necessità della cosiddetta “doppia conformità”, tanto al momento della realizzazione dell’intervento, quanto a quello della presentazione della domanda.
Dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 182 deriva dunque una situazione di incertezza, per il destinatario della norma, se la conformità alla normativa tecnica debba intendersi quale “doppia conformità”, come inderogabilmente richiesto dalla legislazione statale, ovvero quale mera conformità al momento della presentazione della domanda. Tale incertezza non può ritenersi eliminata, come sostiene la difesa regionale, dalla norma generale di cui all’art. 209 della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, che prevede espressamente la doppia conformità, costituendo la disposizione di cui all’art. 182 lex specialis rispetto al successivo art. 209.
Ne consegue l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., della disposizione impugnata”.
Ebbene, con la sentenza in commento il TAR Campania fa comprendere ai lettori che al fine di mantenere in essere un abuso edilizio la via principale è l’accertamento di conformità ex art. 36 TUE, comprendente la doppia conformità alla normativa tecnica delle costruzioni. Solo in casi eccezionali l’abuso può essere mantenuto in piedi, ma non sanato, con la speciale procedura degli artt. 96, 98, 99 e 100 TUE, ovverosia anche con modifiche imposte dal Giudice o dall’Autorità regionale.
In quest’ultimo caso, lo si ricorda, l’abuso non è sanato, ma di esso ne viene tollerata l’esistenza purché non pericolo per la pubblica incolumità. Ne consegue che l’immobile non può essere fatto oggetto di successivi interventi anche di manutenzione perché mai regolarizzato (v. Corte costituzionale, n° 529/1995).
Infine, ma non per ultimo, si ricorda che l’omissione degli adempimenti sismici priva di efficacia il titolo abilitativo edilizio. Di talché l’opera eseguita è abusiva tout court anche se per essa è stato rilasciato il permesso di costruire o depositate la DIA o la SCIA: con evidenti riflessi sulla commerciabilità dei beni e sulla nullità dei contratti di compravendita.

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Pubblicato il 01/03/2021

N. 01347/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00591/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 591 dell’anno 2015 proposto dai Sigg. Fiengo Giovanni e Buongiovanni Carmela, rappresentati e difesi dagli avvocati Davide Carotenuto e Piero Ferrara e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Tremante, in Napoli Via Toledo n.256;

contro

Regione Campania in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Lidia Buondonno e con domicilio eletto presso gli Uffici in Napoli, alla via Santa Lucia n.81;

nei confronti

Perrella Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Nicola Mainelli, Anna De Luca e Antonio Salierno ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luigi Rispoli, in Napoli alla Piazza Trieste e Trento n.48;

per l'annullamento previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento n.334 del 5/11/2014 di annullamento dell’autorizzazione sismica n.1136 del 6/5/2014, nonché degli atti presupposti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la memoria della Regione Campania;

Vista la memoria del sig. Perrella;

Vista la rinunzia al mandato dell’avv. Roberto Ferrari;

Vista la memoria di parte ricorrente;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta all’udienza pubblica straordinaria del 24 febbraio 2021, celebrata nelle forme di cui all’art.25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito in Legge 18 dicembre 2020, n.176, come modificato dall’art.1, comma 17 del D.L. 31 dicembre 2020, n.183 ed al Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020, la relazione del dott. Gabriele Nunziata, e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.Con il ricorso in esame i ricorrenti espongono di essere proprietari di unità immobiliare in Portici alla via della Salute n.5, per la quale chiedevano ed ottenevano verifica in sanatoria di alcuni interventi edilizi; tuttavia, a seguito di richiesta presentata dal condomino sig. Perrella, veniva redatta dall’Amministrazione una relazione tecnica con conseguente adozione della comunicazione di avvio del procedimento e dell’ impugnato provvedimento di annullamento in autotutela dell’autorizzazione sismica sul presupposto di asserite novità rispetto a quanto precedentemente valutato.

Avverso i provvedimenti impugnati è insorta parte ricorrente chiedendone l’annullamento siccome illegittimi rassegnando le seguenti censure:

1.1 VIOLAZIONE DEGLI ARTT.3 E 7 DELLA LEGGE N.241/1990. ECCESSO DI POTERE E DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. TRAVISAMENTO DEI FATTI.

2. La Regione Campania si è costituita in giudizio per replicare ai singoli motivi di ricorso e dedurre che i ricorrenti sarebbero stati coinvolti nel procedimento e che sarebbero del tutto estranee al presente giudizio le risultanze di quello svoltosi in sede civile. Il sig. Perrella ha richiesto la riunione del presente ricorso a quello distinto con Rg. n.4259 del 2012 pendente innanzi ad altra Sezione del Tribunale.

3. All'udienza pubblica straordinaria del 24 febbraio 2021 il Collegio si è riservata la decisione allo stato degli atti.

3.1 Il presente giudizio ha ad oggetto l’annullamento in autotutela di autorizzazione sismica in ragione di interventi edilizi già esaminati da questo Tribunale (III, 17.4.2015, n.2197) con sentenza appellata al Consiglio di Stato, sezione VI, con giudizio Rg. n.9256/15 mai fissato. Conseguentemente non è meritevole di accoglimento la richiesta formulata dal controinteressato di riunione con detto separato giudizio, per come ormai definito.

3.2 In via preliminare occorre muovere dall’art. 94, comma 1, del d.P.R. n.380 del 2001 che, riprendendo l’art. 18 della Legge n.64 del 1974, stabilisce che “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione”. Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore del citato art.94 è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei principi fondamentali (Corte cost., 20.7.2012, n.201; 5.5.2006, n.182). In questa ottica l’art. 94, che esprime il fondamentale principio della preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate sismiche, è stato così ritenuto espressione di un “principio fondamentale in materia di governo del territorio e protezione civile” (Corte cost., 12.4.2013, n.64; 5.11.2010, n.312).

La giurisprudenza maggioritaria è consolidata nel ritenere, alla stregua del citato art.94, che l’autorizzazione sismica, sebben non costituisca presupposto per il rilascio del permesso di costruire (o per la presentazione della SCIA), è pur sempre condizione di efficacia dello stesso e, quindi, è necessaria per l’inizio dei lavori (questa Sezione, 30.10.2020, n.4949; 7.5.2013, n.2356; TAR Lazio, Latina, 7.2.2018, n. 243; Cass. Pen., III, 9.7.2008, n. 38405); la Sezione (1.6.2020, n.2104) ha anche rimarcato come la stessa incompletezza dell'autorizzazione sismica in sanatoria sia un profilo rilevante ai fini del rigetto dell'istanza. Comunque una esplicita previsione a livello di legislazione statale della sua possibilità di rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente a quanto, del resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art. 36 del d.P.R. n.380 cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.

3.3 Peraltro va considerato che anche disposizioni in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, come l’art. 96 del d.P.R. n. 380 cit. secondo cui “1. I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo 103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme, compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente ufficio tecnico della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico regionale, previ, occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico, trasmette il processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue deduzioni”, sono norme relative all’accertamento in sede penale delle violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a interventi già posti in essere. Egualmente è a dirsi per i successivi artt. 98, 99 e 100, che consentono: a) al giudice penale di impartire con il decreto o la sentenza di condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di irrevocabilità della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere eseguite dal competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con l’assistenza della forza pubblica, a spese del condannato”; b) alla Regione, qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, di ordinare con provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico consultivo della Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse”. È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate, quali applicabili ratione temporis, non danno in alcun modo vita a un procedimento amministrativo di autorizzazione in sanatoria su istanza del privato, limitandosi a consentire la conservazione del manufatto eretto in difetto di autorizzazione sismica preventiva, una volta che la vicenda penale sia stata comunque definita.

4. Ciò premesso, il Collegio ritiene che i motivi di ricorso, quali si prestano ad una trattazione unitaria, non siano meritevoli di accoglimento ove si consideri che, nella citata sentenza n.2197 del 2015, questo Tribunale ha già avuto modo di evidenziare come le opere realizzate dai ricorrenti fossero difformi rispetto alla comunicazione dei lavori ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.P.R. 380//2001 dalla D.I.A. presentata al Comune il 15.3.2012 con protocollo n. 7305/1912/UT, in quanto “l’area soppalcata con putrelles di ferro è maggiore di mq. 40 circa rispetto al progetto allegato alla menzionata comunicazione che è di mq. 62,00 circa (complessivamente la superficie attuale soppalcata è di mq. 102,00 circa). L’altezza del pavimento dell’unità immobiliare all’intradosso del soppalco è di mt. 2,40 circa e dal calpestio del soppalco è di mt. 2,00 circa”.

In proposito la dottrina e la giurisprudenza sono da tempo concordi nel ritenere che, ai fini della costruzione di aree soppalcate, occorre sostanzialmente o il permesso di costruire o in alternativa la DIA onerosa, rilevandosi, in ordine al titolo abilitativo richiesto per la realizzazione di soppalchi interni alle abitazioni che “occorre distinguere i casi nei quali, in relazione alla tipologia ed alla dimensione dell’intervento, può essere sufficiente una denuncia di inizio di attività, dai casi nei quali occorre una vera e propria concessione edilizia, oggi permesso di costruire; deve infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel caso in cui il soppalco sia di modeste dimensione al servizio della preesistente unità immobiliare, mentre, viceversa, deve ritenersi necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3 comma 1 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comportando un incremento delle superfici dell’immobile e quindi anche un ulteriore possibile carico urbanistico” (T.A.R. Campania, Napoli, IV, 10.12.2007, n. 15871; 27.6.2005, n. 8681). Come anche statuito dal giudice di appello (Cons. Stato, IV, 3.9.2014, n. 4468), “un soppalco realizzato, avente superficie di 20 mq. e posto a mt. 1,98 dal soffitto, amplia in maniera significativa la superficie calpestabile dell'immobile destinato ad attività commerciale e, creando un'ulteriore superficie calpestabile ed autonomi spazi, rientra nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui all'art. 10 comma 1 lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, dal momento che determina una modifica della superficie utile dell'appartamento con conseguente aggravio del carico urbanistico e, pertanto, necessita del permesso di costruire”.

4.1 Siffatte prescrizioni non risultano rispettate per cui legittimamente l’amministrazione irrogava la sanzione demolitoria prevista dal DPR 380/01 nell’esercizio del suo potere di vigilanza e di repressione degli abusi ex art. 27 DPR n.380/2001, a fronte di un opera realizzata in violazione dell’art. 32 comma 1, lett. f) che sanziona con la demolizione le opere realizzate in spregio della normativa antisismica. A nulla rileva la consulenza tecnica esperita nel giudizio civile, dal momento che il provvedimento impugnato in questa sede trova il proprio fondamento nelle differenze sostanziali nello stato dei luoghi quali riscontrate al piano terra, sì che le conclusioni dei calcoli risultavano incongruenti con l’effettiva consistenza dell’edificio.

In altri termini, la Regione Campania ha legittimamente esercitato, quanto al fabbricato oggetto di soppalcatura al piano intermedio e di cerchiatura di tre vani di passaggio, il potere di procedere all'annullamento in autotutela quale è stato connotato dall’art.21-nonies, come modificato da ultimo dalla Legge 7/8/2015, n.124 entrata in vigore il 28 agosto 2015, in termini di rinnovata manifestazione, entro un termine ragionevole, della funzione amministrativa; proprio con riguardo all’art.21-nonies della Legge n.241/1990 come appunto innovato dall’art.6, comma 1, lett. d), n. 1 della Legge n.124/2015 (“comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20”), la Sezione ritiene che quanto disposto non ha carattere interpretativo dell’inciso che precede (“entro un termine ragionevole”) perché, se così fosse, si dovrebbe considerare comunque e sempre “ragionevole” l’autoannullamento effettuato dall’Amministrazione entro 18 mesi, laddove nulla vieta di ritenere irragionevole anche un provvedimento in autotutela adottato entro il predetto termine. La stessa Adunanza Plenaria (17.10.2017, n.8) ha di recente chiarito che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consuma il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorre soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro. L’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi); in ogni caso la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.

4.2 Peraltro non sarebbe in ipotesi neanche invocabile l’art. 36 del d.P.R. n.380 cit., dal momento che l’applicazione dell’istituto dell’accertamento di conformità non può che essere armonizzata con i successivi artt. 96, 98, 99 e 100, che delineano le uniche modalità attraverso le quali la legge rende possibile pervenire all’effetto utile di conservare un manufatto realizzato ab origine in carenza di autorizzazione sismica. Mancando una puntuale disciplina positiva dell’autorizzazione sismica in sanatoria, va evitato il rischio di introdurre in una materia così delicata per l’incolumità delle persone – peraltro neppure pienamente disponibile da parte del legislatore regionale – una sorta di sanatoria giurisprudenziale fondata sull’accertamento postumo della conformità dell’opera comunque edificata alle norme tecniche per la costruzione in zone sismiche al momento della richiesta. Una simile sanatoria evocherebbe l’omologo controverso istituto riconosciuto privo di valore qualificante in molte pronunce del giudice amministrativo (cfr.TAR Lazio, Latina, 13.10.2020, n.376; Cons. Stato, VI, 18.1.2019, n.470; VI, 4.6.2018, n.3363; VI, 18.7.2016, n.3194; VI, 18.9.2015, n.4359; V, 17.9.2012, n.4914; IV, 26.3.2010, n. 1763; VI, 7.5.2009, n.2835; IV, 26.4.2006, n. 2306) ed espressamente escluso dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 cit.

In definitiva, può ritenersi che nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss. del d.P.R. n.380, si ribadisce come applicabile ratione temporis, non sia stato previsto il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria, ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per effetto di una auto-denuncia di chi ne sia stato l’autore.

5. In conclusione il ricorso va respinto unitamente alle richieste formulate con il medesimo.

Le spese seguono, come di rito, la soccombenza e sono liquidate da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Regione Campania delle spese di lite che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00 euro); spese compensate nei confronti del sig. Perrella.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 24 febbraio 2021, tenutasi con collegamento da remoto in videoconferenza tramite Microsoft Teams ai sensi dell’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito in Legge 18 dicembre 2020, n.176, come modificato dall’art.1, comma 17 del D.L. 31 dicembre 2020, n.183 e del Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Gaudieri, Presidente

Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore

Luca Cestaro, Consigliere