Cass. Sez. III n. 29737 del 11 luglio 2013 (Ud. 4 giu. 2013)
Pres. Teresi Est. Ramacci Ric. Vella
Urbanistica. Costruzione in zona sismica senza preventivo deposito del progetto

il reato previsto dagli artt. 93 d.P.R. 380\01 ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina l'intervento medesimo.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 04/06/2013
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - SENTENZA
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere - N. 1742
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - N. 52347/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VELLA PASQUALE N. IL 13/01/1938;
avverso la sentenza n. 527/2010 TRIBUNALE di AVELLINO, del 07/06/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/06/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Volpe, che ha concluso inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 7.6.2012 ha riconosciuto Pasquale VELLA responsabile, in concorso con altro imputato, del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95, per aver realizzato, in zona sismica, un manufatto in lamiera su base in cemento di m. 7,40 X 4,80 X 2,50 di altezza senza il preventivo deposito del progetto presso il competente settore provinciale del genio civile.
Avverso tale pronuncia il predetto, che veniva condannato alla pena dell'ammenda, propone ricorso per cassazione.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che le caratteristiche costruttive del manufatto, in lamiera e di modestissime dimensioni, oltre che destinato ad esigenze precarie, non richiederebbero la presentazione di alcun progetto ne' l'affidamento dei lavori ad un professionista abilitato. 3. Con un secondo motivo di ricorso rileva che il Tribunale avrebbe erroneamente calcolato il termine massimo di prescrizione del reato, in quanto il momento consumativo andrebbe collocato all'epoca in cui avrebbero dovuto essere assolte le formalità omesse e, pertanto, prima dell'inizio dei lavori, cosicché avrebbe dovuto considerarsi che, all'atto del sopralluogo, effettuato il 22.5.2007, l'intervento edilizio era già ultimato e che, alla data di emissione della sentenza impugnata, il termine di prescrizione era ampiamente decorso.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo di ricorso, si osserva che le specifiche finalità della disciplina delle costruzioni in zone sismiche hanno determinato la previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (art. 93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvedere alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità. Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia si rileva come il loro ambito di applicazione sia particolarmente esteso, riferendosi non solo alla costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in esame le sopraelevazioni (art. 90) e le riparazioni (art. 91).
Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e devono, quindi, applicarsi a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture (Sez. 3^ n. 6591, 17 febbraio 2012; Sez. 3^ n. 30224, 29 luglio 2011; Sez. 3^ n. 23076, 8 giugno 2011; Sez. 3^ n. 33767, 3 settembre 2007; Sez. 3^ n. 38142, 24 ottobre 2001. Il principio è stato successivamente ribadito con riferimento alla cartellonistica autostradale in Sez. 3^ n. 24086, 18 giugno 2012).
Altrettanto irrilevante è la eventuale natura precaria dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche (Sez. 3^ n. 23076, 8 giugno 2011, cit; Sez. 3? n. 38405, 9 ottobre 2008; Sez. 3^ n. 37322, 10 ottobre 2007; Sez. 3^ n. 48684, 19 dicembre 2003; Sez. 3^ n. 33158, 4 ottobre 2002).
5. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Sulla natura istantanea o permanente del reato e l'individuazione del relativo momento consumativo si registra una prima pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. n. 18, 23 luglio 1999), nella quale si afferma che i reati concretantesi nell'omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso di inizio dei lavori hanno natura di reati istantanei, mentre quello consistente nell'esecuzione di costruzioni in difformità dalle norme tecniche ha natura di reato permanente, pur terminando tale permanenza con la cessazione dei lavori di costruzione del manufatto, a qualsiasi causa dovuta.
A tale intervento hanno fatto seguito diverse decisioni che sono pervenute a conclusioni non univoche, ritenendo tanto la natura permanente (Sez. 3^ n. 35912, 19 settembre 2008; Sez. 3^ n. 3069, 21 gennaio 2008) quanto quella istantanea (Sez. 3^ n. 41858, 7 novembre 2008; Sez. 3^ n. 41854, 7 novembre 2008; Sez. 3^ n. 3351, 29 gennaio 2004; Sez. 3^ n. 3505, 30 dicembre 1999) dei reati di omesso preavviso d'inizio attività e di inizio lavori senza preventiva autorizzazioni, pervenendosi così ad un contrasto segnalato dall'Ufficio del Massimario (Rel. 31/08 del 17 marzo 2008). La questione è stata nuovamente affrontata in una successiva decisione (Sez. 3^ n. 17217, 4 maggio 2011, non massimata) nella quale si è affermato che il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95 (omesse denunzia dei lavori e presentazione dei progetti) permane fino a quando non sia presentata la prescritta denuncia con l'allegato progetto, ovvero non sia portato ad ultimazione il lavoro medesimo da parte di chi lo intraprende in zona sismica. Ciò in quanto, fino al verificarsi di tali condizioni, persiste la lesione del bene giuridico protetto, perché l'ufficio tecnico regionale non è messo in grado di controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al riguardo ed il contravventore potrà far cessare la condotta antigiuridica presentando la denuncia anche dopo l'inizio dei lavori (oltre che interrompendoli), con la conseguenza che il dovere di agire imposto dall'art. 93 perdura nel tempo anche dopo l'inizio dei lavori, benché cominci ad essere vincolante prima di tale inizio. Successivamente si perveniva ad altra pronuncia (Sez. 3^ n. 23656, 13 giugno 2011) con la quale veniva ribadita la natura istantanea del reato in questione, determinando una ulteriore segnalazione di contrasto dell'Ufficio del Massimario (Rei. n. 28/11 dell'11 novembre 2011) integrativa della precedente.
6. Date tali premesse, ritiene il Collegio di aderire alle conclusioni cui è pervenuta la sentenza n. 17217/2011 in quanto maggiormente convincenti.
Va detto, in primo luogo, che la sentenza n. 23656/2011 si limita ad un mero richiamo al contrario indirizzo, così come tutte le altre decisioni che sono pervenute alle medesime conclusioni (n. 41858/08;
n. 41854/08; 3351/2004; 3505U999), ove viene fatto riferimento all'indirizzo interpretativo prospettato dalle Sezioni Unite nel 1999, senza alcuna confutazione delle articolate motivazioni con le quali la sentenza n. 3069/2008 vi si era discostata, successivamente riprese dalla sent. 17271/2011.
Deve ulteriormente rilevarsi che la pronuncia alla quale si aderisce ricorda come la Corte Costituzionale (sent. 520/1987, con la quale è stata dichiarata inammissibile la questione di costituzionalità della L. n. 64 del 1974, artt. 3 e 20, in relazione agli artt. 2 e 32 Cost., per la mancata previsione, da parte del legislatore, della natura permanente di quel reato) abbia escluso che la definizione del carattere permanente o istantaneo del reato potesse dipendere da una espressa qualificazione del legislatore, affermando che essa deve dipendere dall'interpretazione del giudice, il quale solo se accerta che la lesione dell'interesse protetto è collegata ad una condotta perdurante nel tempo nella sua tipicità può attribuire al reato tale natura.
Alla luce di tale affermazione si osserva, poi, in quella sentenza, tenendo conto della ratio dei precetti, che il ruolo
dell'autorizzazione non è soltanto quello di rimuovere un ostacolo all'esercizio della facoltà di edificazione, essendo essa rivolta principalmente alla verifica della realizzabilità dell'intervento edilizio nel rispetto della normativa vigente, con la conseguenza che l'esigenza di controllo non viene meno con la scadenza del termine fissato per la richiesta dell'autorizzazione, proseguendo invece anche successivamente. Si aggiunge, poi, che se il dies a quo è fissato per la regolare e tempestiva ottemperanza di una prescrizione che può essere adempiuta in modo utile anche se tardivo, non viene comunque meno l'obbligo di agire dopo la scadenza del termine. La sentenza ritiene pertanto integrati entrambi i requisiti della permanenza nel fatto che "la lesione dell'interesse pubblico tutelato ha carattere continuativo poiché, malgrado la scadenza del termine di legge, permangono pur sempre gli obblighi di informazione dell'autorità comunale, di presentazione dei progetti e di ottenimento dell'autorizzazione regionale, essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante penalmente la protrazione dell'omissione" ed, inoltre, "il protrarsi della lesione al bene giuridico protetto è imputabile ad una persistente condotta volontaria del soggetto, il quale continua a produrre l'effetto del reato sottraendosi al controllo dell'autorità competente". Vine infine posta in evidenza l'intima correlazione tra la procedura di rilascio del permesso di costruire e quella finalizzata al conseguimento dell'autorizzazione per l'edificazione in zona sismica determinatasi con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001 e la previsione dello sportello unico quale tramite tra il privato e l'amministrazione per il rilascio dei titoli abilitativi che cura gli incombenti conseguenti una volta ricevuto il preavviso scritto di cui all'art. 93, comma 1.
Al preavviso la richiamata pronuncia attribuisce una funzione di controllo della progettazione e di primo atto "...di quel procedimento che, attraverso le successive fasi della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da parte degli uffici competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità dell'opera", ricordando come senza l'acquisizione dell'autorizzazione regionale il permesso di costruire non possa essere rilasciato ed evidenziando come risulterebbe, a questo punto, contraddittorio "il riconoscimento della natura permanente (fino all'ultimazione dei lavori) del reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo edilizio ed il disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di costruzione in assenza di quella autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile del permesso di costruire". 7. Si tratta di argomentazioni pienamente convincenti che il Collegio ritiene di fare proprie ribadendo conseguentemente il principio secondo il quale il reato previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93, ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina l'intervento medesimo.
8. Ciò posto, deve rilevarsi che, nel caso in esame, il giudice del merito non ha errato nel ritenere non maturati i termini massimi di prescrizione.
Egli ha fatto riferimento alla data di accertamento del reato (22.5.2007) dando atto della circostanza che, secondo quanto emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, le opere erano ancora in corso di esecuzione ed ha conseguentemente fatto decorrere da tale data il termine quinquennale, cui ha aggiunto il periodo di sospensione dei termini ammontante, come indicato in sentenza, in mesi 2 e giorni 10.
Si tratta di una decisione perfettamente in linea con la qualificazione della natura permanente del reato in esame in precedenza ricordata.
A fronte di tali considerazioni il ricorrente si limita ad osservare che il momento consumativo del reato era da collocarsi in epoca precedente, stante la natura istantanea della violazione, conseguentemente indicando la data del 22 aprile 2007 senza tuttavia fornire alcun concreto elemento atto a suffragare tale affermazione. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Va tuttavia rilevato che il termine massimo di prescrizione del reato risulta ormai maturato, cosicché deve disporsi l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2013