Cass. Sez. III n. 28955 del 8 luglio 2013 (cc. 11 giu. 2013)
Pres. Squassoni Est. Amoresano Ric. Benigno
Urbanistica.Giudice amministrativo ed ordine di demolizione

Anche la sospensiva da parte del giudice amministrativo del silenzio rigetto sull'istanza di concessione in sanatoria non produce effetti automatici sul potere dovere del giudice penale di disporre ed attuare l’ordine di demolizione, atteso che in tal caso occorre accertare, anche con riferimento alle argomentazioni svolte nel ricorso proposto al giudice amministrativo se il provvedimento cautelare di sospensione sia stato emesso per la sussistenza di vizi formali o sostanziali dell'atto impugnato o se derivi da carenza di motivazione senza incidenza sulla concedibilità o meno della richiesta concessione in sanatoria

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 11.10.2012 il Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, rigettava la richiesta, proposta nell'interesse di B.A., di revoca, previa sospensione, dell'ordine di demolizione, di cui alla sentenza della Corte di Appello di Palermo del 12.5.2011 (che confermava la sentenza del Tribunale di Palermo n. 843/2010), irrevocabile l'11.7.2011.

Dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte, rilevava il Tribunale che la mera presentazione della domanda di sanatoria o la proposizione di ricorso al TAR avverso l'ordine di demolizione emesso dal Comune di Palermo non giustificavano la sospensione dell'ordine di demolizione medesimo, tenuto conto della persistente contrarietà della costruzione agli strumenti urbanistici in vigore.

2. Propone ricorso per cassazione B.A., a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche ex art. 606 c.p.p., lett. b).

Il Tribunale non ha tenuto conto che la ricorrente aveva proposto non solo una Istanza di sanatoria per i lavori di ristrutturazione eseguiti, ma aveva proposto anche ricorso al TAR avverso l'ordine di demolizione emesso dal Comune di Villabate.

Trattandosi di opere sanabili ed essendo prevedibile l'adozione da parte dell'Autorità amministrativa o giurisdizionale di un provvedimento che potrebbe porsi in insanabile contrasto con l'ordine di demolizione di cui alla sentenza irrevocabile, andava disposta la sospensione dello stesso.

Risultava, inoltre, dagli atti che la domanda di sanatoria non era stata rigettata per mancanza dei presupposti, ma solo per la mancata redazione ed approvazione di piano particolareggiato.

Nè era ancora intervenuta la pronuncia in sede giurisdizionale amministrativa.

Denuncia altresì la mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta non prevedibilità di accoglimento da parte del TAR della domanda.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2.Non c'è dubbio che l'ordine di demolizione o di riduzione in pristino debba intendersi emesso allo stato degli atti, tanto che anche il giudice dell'esecuzione deve verificare il permanere della compatibilità degli ordini in questione con atti amministrativi.

E' altrettanto indubitabile, però, che neppure il rilascio del permesso in sanatoria determini automaticamente la revoca dell'ordine di demolizione o di riduzione in pristino, dovendo il giudice, comunque, accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge ed eventualmente disapplicarlo ove siano insussistenti i presupposti per la sua emanazione (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 144 del 30.1.2003 - P.M. c/o Ciavarella).

A maggior ragione, in caso di mera presentazione di un'istanza di condono o, comunque, di una richiesta di sanatoria, il G.E. deve accertare che, secondo una ragionevole previsione, l'istanza possa essere accolta in tempi brevi.

Come più volte ribadito, "in materia edilizia, in sede di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione della esecuzione per avvenuta presentazione di domanda di condono edilizio, deve accertare l'esistenza delle seguenti condizioni: 1) la riferibilità della domanda di condono edilizio all'immobile di cui in sentenza; 2) la proposizione dell'istanza da parte di soggetto legittimato; 3) la procedibilità e proponibilità della domanda, con riferimento alla documentazione richiesta; 4) l'insussistenza di cause di non condonabilità assoluta dell'opera; 5) l'eventuale avvenuta emissione di una concessione in sanatoria tacita per congruità dell'oblazione ed assenza di cause ostative; 6) la attuale pendenza dell'istanza di condono; 7) la non adozione di un provvedimento da parte della P.A. contrastante con l'ordine di demolizione" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 4 n. 15210 del 5.3.3008).

Per quanto riguarda più specificatamente la pendenza di procedimento davanti al TAR la mera presentazione del ricorso non determina automaticamente la sospensione dell'ordine di demolizione, occorrendo accertare che sussista la ragionevole previsione di un suo accoglimento (cfr. Cass. sez. 3, n. 43878 del 30.9.2004; conf. Cass. Sez. 3, n. 42978 del 17.10.2001; Cass. sez. 3, n. 16686 del 5.3.2009).

Anche la sospensiva da parte del giudice amministrativo "del silenzio rigetto sull'istanza di concessione in sanatoria non produce effetti automatici sul potere dovere del giudice penale di disporre ed attuare l'ordine di demolizione, atteso che in tal caso occorre accertare, anche con riferimento alle argomentazioni svolte nel ricorso proposto al giudice amministrativo se il provvedimento cautelare di sospensione sia stato emesso per la sussistenza di vizi formali o sostanziali dell'atto impugnato o se derivi da carenza di motivazione senza incidenza sulla concedibilità o meno della richiesta concessione in sanatoria" (Cass. sez. 3, 1.12.2000, n. 3531).

3. Il Tribunale ha evidenziato non solo che, allo stato, non vi era alcun provvedimento dell'Autorità amministrativa inconciliabile con l'ordine di demolizione, ma che, anzi, la domanda di sanatoria presentata dalla ricorrente aveva avuto il parere sfavorevole della commissione edilizia e che l'istanza di sospensione dinanzi al TAR non poteva ragionevolmente trovare accoglimento stante la persistente contrarietà dell'opera agli strumenti urbanistici.

La ricorrente ripropone questioni di merito in ordine alla caratteristiche ed alla natura delle opere realizzate (irrilevanti perchè coperte dal giudicato) oppure, in modo apodittico, assume che la domanda di sanatoria potrà trovare accoglimento.

Peraltro la stessa ricorrente assume che la domanda è stata rigettata "per mancanza di approvazione del piano particolareggiato del centro storico" (pag. 8 ricorso), riconoscendo quindi implicitamente che, allo stato, le opere non sono compatibili con gli strumenti urbanistici vigenti.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2013