Cass. Sez. III n. 544 del 11 gennaio 2023 (PU 1 dic 2022)
Pres. Ramacci Est. Semeraro Ric. Morello ed altro
Urbanistica.Impossibilità del rilascio del permesso di costruire in sanatoria per abusi in zona vincolata
Poiché l'autorizzazione paesaggistica, secondo l’art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. abusi minori, tassativamente individuati dall’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004. Tale preclusione, considerato che l’autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza del 20 gennaio 2022 la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Termini Imerese il 27 ottobre 2020 nei confronti di Antonina Sciortino e Francesco Paolo Morello alla pena di un mese di arresto e di € 23.800 di ammenda per i reati ex artt. 110 cod. pen., 44, lett. c), 83, 93, 95 d.P.R. n. 380 del 2001, 181 d.lgs. n. 42 del 2004 per aver eseguito, in assenza dei prescritti titoli abilitativi, senza il deposito dei progetti, opere edili (un vano di 30 mq. al primo piano e l’installazione di una tettoia con struttura di metallo e pannelli coibentati), in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico (in Bagheria, accertato il 30 giugno 2017, lavori realizzati in epoca successiva al marzo 2017).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati.
2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2011. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto abusivi i manufatti realizzati sul presupposto del difetto della doppia conformità richiesta dall’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.
Il Comune di Bagheria, servizio edilizia privata – Direzione V, con provvedimento del 10 marzo 2021 avrebbe sancito la conformità dei manufatti al Piano Regolatore Generale, approvato il 15 marzo 2017, fatti salvi i pareri della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Archeologici di Palermo e del Genio Civile di Palermo.
I manufatti sarebbero stati realizzati successivamente al 15 marzo 2017, quindi dopo all’approvazione del P.R.G.; la data di accertamento del reato è il 30 giugno 2017.
Sarebbe contraddittorio ed illogico l’assunto sostenuto dalla Corte territoriale secondo cui tale conformità sarebbe sopravvenuta alla realizzazione dei manufatti. Sarebbe pienamente conforme alla legge la richiesta avanzata dagli imputati al Comune il 23 novembre 2017 di regolarizzare le opere, facendo presente che la realizzazione dell’intervento sarebbe avvenuta ai sensi dell’art. 36, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della richiesta.
La Corte di appello avrebbe travisato le prove e la doppia conformità sarebbe esistente.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui avrebbe ritenuto che la doppia conformità sia sopravvenuta alla realizzazione; tale valutazione, sarebbero in contrasto con le risultanze probatorie. Anche la motivazione non chiarirebbe le ragioni della decisione e vi sarebbe una contraddittorietà tra il presupposto e il deciso.
2.3. Il difensore ha depositato una memoria con le conclusioni scritte, anche in replica alle argomentazioni del Procuratore generale, chiedendo anche che i reati siano dichiarati estinti per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso per cassazione è manifestamente infondato.
Con il ricorso si deduce l’erronea applicazione dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, per il rilascio, da parte del Comune di Bagheria, dell’attestazione di conformità urbanistica.
1.1. Va ricordato che la concessione rilasciata a seguito di accertamento di conformità (art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti; non estingue i reati paesaggistici previsti dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio (Sez. 3, n. 40375 del 09/09/2015, Casalanguida Rv. 264931 – 01, che richiama Corte Cost., ord. 21 luglio 2000, n. 327), e neanche i reati disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio.
Cfr. in tal senso Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212 – 01, per cui, in tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio (fattispecie in cui la Corte, in applicazione di tale principio, ha escluso che il deposito «in sanatoria» degli elaborati progettuali estingua la contravvenzione in materia di costruzioni in cemento armato, che punisce l'omesso deposito preventivo degli stessi).
1.2. Risulta dall’atto di appello che a seguito della richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata dai ricorrenti, il comune di Bagheria ha rappresentato che le opere avrebbero potuto essere mantenute a condizione di una parziale demolizione. Il riferimento alla parziale demolizione delle opere è contenuto anche nell’attestazione rilasciata dal comune a cui fanno riferimento i ricorrenti.
1.3. Dunque, fermo restando che non risulta neanche effettivamente rilasciato il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, che è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16, risulta dagli atti che la conformità al P.R.G. non era totale, perché il Comune di Bagheria ha richiesto la demolizione di una parte del fabbricato abusivamente realizzato.
La Corte di appello ha, pertanto, correttamente ritenuto inapplicabile l’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 perché, come ribadito da Sez. 3, n. 28666 del 07/07/2020, Murra, Rv. 280281 – 01, è illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.
È, dunque, del tutto insussistente il travisamento della prova, posto che la necessità della demolizione parziale emerge dalle stesse allegazioni difensive.
1.4. Va poi ricordato che secondo il costante orientamento della giurisprudenza (cfr. Sez. 3, n. 190 del 12/11/2020, dep. 2021, Susana, Rv. 281131 – 01) il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata.
Poiché l'autorizzazione paesaggistica, secondo l’art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. abusi minori, tassativamente individuati dall’art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004.
Tale preclusione, considerato che l’autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.
1.5. Del tutto generico è il secondo motivo con cui si deduce il vizio della motivazione, con la quale, in realtà, il motivo non si confronta.
2. Pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
2.1. L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. (nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; così Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01).
2.2. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. si condannano i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 01/12/2022.