Cass. Sez. III n. 36843 del 12 ottobre 2011 (Cc. 6 lug. 2011)
Pres. Ferrua Est. Amoresano Ric. De Riso ed altro
Urbanistica. Ordine di demolizione e sospensione
In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche nel caso in cui sia intervenuta sospensione - da parte dell'autorità giudiziaria amministrativa- dell'ordinanza sindacale di demolizione del manufatto, il giudice deve verificare la compatibilità dell'ordine di demolizione con la predetta sospensione in base ad una disamina della motivazione posta a sostegno del provvedimento cautelare: solo l'intervenuta sospensiva concessa con riferimento al “fumus boni iuris' di possibili vizi relativi a violazioni sostanziali della normativa urbanistica, non riparabili in sede di autotutela dall'autorità amministrativa, è da ritenersi influente: mentre se il provvedimento cautelare trova la sua giustificazione in vizi meramente formali, esso non è incompatibile con l'ordine di demolizione
OSSERVA
1) Con ordinanza in data 21.7.2010 il G.E. del Tribunale di Torre Annunziata rigettava l'incidente di esecuzione, proposto da D.R. M. e P.A., avverso il decreto di archiviazione emesso in data 3.6.2009, nella parte in cui si disponeva la restituzione del manufatto sottoposto a sequestro il 24.7.2004 nonchè dell'area di sedime, al Comune di Santa Maria La Carità.
Riteneva il G.E. che il TAR avesse dichiarato improcedibile (per carenza di interesse a seguito di presentazione di istanza di condono) il ricorso proposto avverso l'ordinanza di demolizione, per cui non vi era stata alcuna sospensione del provvedimento di demolizione, che aveva quindi prodotto i suoi effetti (ivi compreso quello dell'acquisizione gratuita ed automatica del manufatto al patrimonio disponibile del Comune, che pertanto era l'unico avente diritto alla restituzione). Nè tale effetto poteva essere paralizzato dalla presentazione di istanza di condono ex L. n. 326 del 2003, sia perchè l'opera non era condonabile (perchè in contrasto con i preesistenti vincoli urbanistici e paesaggistici gravanti sull'area), sia perchè non si era provveduto ad integrare la documentazione nonostante espressa richiesta.
2) Propongono ricorso per cassazione P.A. e D.R. M., a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione. L'interpretazione data dal S.E. alla sentenza del TAR è abnorme, avendo i Giudici amministrativi dichiarata improcedibile la richiesta di sospensione dell'ordinanza di demolizione, stante l'inefficacia della stessa a seguito della presentazione dell'istanza di condono.
Con il secondo motivo denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'erroneo presupposto dell'assoggettamento del Comune di Santa Maria La Carità al vincolo paesaggistico ed alla conseguente non condonabilità dell'opera. Tale Comune infatti non rientra tra quelli contemplati nel D.M. 28 marzo 1985. Quanto ai presunti inadempimenti documentali, tali oneri sono stati osservati, altrimenti il Comune avrebbe giudicato la domanda di condono del tutto irricevibile. In attesa quindi della definizione amministrativa, l'ordine di demolizione rimaneva privo di efficacia.
Con il terzo motivo denuncia infine la violazione e/o omessa applicazione dell'art. 263 c.p.p., non potendo la restituzione essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127 c.p.p..
3) Il ricorso è infondato.
3.1) Quanto alla denunciata violazione dell'art. 263 c.p.p. per la mancata partecipazione al procedimento di esecuzione del Comune di Santa Maria La Carità, rileva il Collegio che la norma richiamata trova applicazione quando le cose sono sequestrate presso un terzo;
in tal caso la restituzione non può essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio. Nel caso di specie il sequestro non era avvenuto presso un terzo, nè vi erano controversia o dubbi sull'appartenenza del bene. L'immobile, infatti, risultava trasferito di diritto al patrimonio del Comune, essendo decorsi novanta giorni dalla emissione dell'ordinanza di demolizione.
A norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3. "Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonchè quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune".
Dopo qualche decisione difforme la giurisprudenza di questa Corte è, ormai, da alcuni anni, assolutamente consolidata nel ritenere che "In materia edilizia, l'acquisizione al patrimonio comunale del manufatto abusivo, conseguente all'inottemperanza all'ordine di demolizione emesso dall'autorità comunale, si verifica "ope legis" all'inutile scadenza del termine fissato per l'ottemperanza, mentre la notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza è unicamente titolo necessario per l'immissione in possesso dell'ente e per la trascrizione nei registri immobiliari dell'atto di acquisizione" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 1819 del 21.10.2008, conf. Cass. sez. 3 n. 2912 del 17.11.2009; Cass. sez. 3 n. 22237 del 22.4.2010; Cass. sez. 3 n. 8082 del 2.3.2011).
Ne consegue che "il manufatto abusivo dissequestrato dopo che il responsabile non abbia ottemperato all'ingiunzione comunale di demolizione dello smesso, va restituito non già al privato responsabile, quand'anche egli sia ancora in possesso del bene, bensì allo stesso ente comunale ormai divenutone proprietario a tutti gli effetti a seguito dell'inutile decorso del termine di legge di cui al D.Lgs. n. 380 del 2001, art. 31" (Cass.pen., sez.3 n.4962 del 28.11.2007; Cass.pen.sez.3 n.48031 del 15.10.2008), 3.2) Relativamente all'impugnazione dell'ordinanza di demolizione, dalla sentenza del TAR Campania del 30.6.2005, riportata nel ricorso, risulta che non vi è stata alcuna pronuncia "diretta" sull'ordinanza medesima. Il TAR, infatti, ha dichiarato improcedibile il ricorso, avendo l'interessato, successivamente al deposito del ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento repressivo in materia edilizia, presentato domanda di condono.
E', peraltro, pacifico che, in tema di esecuzione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche nel caso in cui sia intervenuta sospensione - da parte dell'autorità giudiziaria amministrativa - dell'ordinanza sindacale di demolizione del manufatto, il giudice deve verificare la compatibilità dell'ordine di demolizione con la predetta sospensione in base ad una disamina della motivazione posta a sostegno del provvedimento cautelare: solo l'intervenuta sospensiva concessa con riferimento al "fumus boni iuris" di possibili vizi relativi a violazioni sostanziali della normativa urbanistica, non riparabili in sede di autotutela dall'autorità amministrativa, è da ritenersi influente; mentre se il provvedimento cautelare trova la sua giustificazione in vizi meramente formali, esso non è incompatibile con l'ordine di demolizione.." (cfr. Cass. pen. sez. 3 n.2702 del 20.6.1996; Cass. sez. 3, 1.12.2000 n.3531).
3.3) Va, quindi, valutata l'incidenza della richiesta di condono sull'ordinanza di demolizione e se, quindi, la mera presentazione della istanza sia idonea a paralizzare l'ordinanza medesima e, conseguentemente, ad impedire l'effetto traslativo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3.
A norma della L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 1 "La presentazione entro il termine perentorio della domanda di cui all'art. 31, accompagnata dall'attestazione del versamento della somma di cui all'art. 35, comma 1, sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative".
E' pacifico, però, che occorra "la previa verifica da parte del giudice della sussistenza dei requisiti astrattamente previsti dalla legge per l'applicabilità del condono (cfr. ex multis Cass.sez.3 n.32218 del 7.6.2007; Cass.sez.3 n. 3350 del 29.1.2004,; Cass. sez.3 n.35084 del 26.8.20043).
Ha rilevato, quindi, correttamente il G.E. che l'applicabilità della normativa di sanatoria non è automatica e generalizzata, competendo, comunque, al giudice penale accertare se la richiesta di condono possa trovare accoglimento. E, con accertamento in fatto argomentato ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che non potesse attribuirsi alcuna rilevanza alla richiesta di sanatoria, in quanto: a) il manufatto abusivo è in palese contrasto con i preesistenti vincoli urbanistici e paesaggistici gravanti sull'area in questione (come indicato nell'ordinanza di demolizione); b) nelle aree soggette a vincolo ambientale, il condono ex D.L. n. 269 del 2003 opera solo se sussista la conformità urbanistica (insussistente nel caso di specie); c) non erano stati adempiuti, a seguito della presentazione della richiesta di condono, gli oneri documentali (perizia giurata sulle dimensioni e lo stato dell'opera, certificazione redatta da tecnico abilitato attestante l'idoneità statica delle opere eseguite-volume sup.a 450 me, progetto di adeguamento statico). Il ricorso è, in particolare su tale decisivo ultimo punto, meramente assertivo. Si limita, infatti, a contrastare la motivazione dell'ordinanza impugnata, assumendo che gli oneri documentali sono stati regolarmente adempiuti, essendo stata la documentazione necessaria depositata presso l'Ufficio Tecnico del Comune.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.