Cass. Sez. III n. 3240 del 27 gennaio 2021 (UP 1 dic 2020)
Pres. Izzo Est. Gai Ric. Mazza
Urbanistica.Interventi esclusi dall'applicazione della normativa relativa alle opere di conglomerato cementizio armato, normale, precompresso ed a struttura metallica

Sono escluse dall'applicazione della normativa relativa alle opere di conglomerato cementizio armato, normale, precompresso ed a struttura metallica, previste dagli artt. 53 e 64 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, le sole opere costituite da un'unica struttura, le membrature singole e gli elementi costruttivi che hanno una funzione di limitata importanza nel contesto statico del manufatto, mentre devono ricomprendersi quelle opere che, per loro natura (nella specie, sei colonne in cemento armato), assolvono ad una funzione strutturale


RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli Nord con la quale Mazza Salvatore e Meccanici Gaetano erano stati condannati, alla pena di mesi sei di arresto e € 20.000,00 di ammenda, in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod.pen., 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato, in concorso tra loro, Mazza Salvatore committente e comproprietario, un manufatto abusivo, suddiviso in due unità abitative, una delle quali terminata ed abitata dalla famiglia del Meccanici, in assenza di permesso a costruire (capo A), in violazione delle norme in materia antisismica e di conglomerato cementizio, artt. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001 (capo B) e artt. 64,71 del d.P.R. n. 380 del 2001 (capo C). Accertato il 23/02/2015.

2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorsi gli imputati, a mezzo del difensore, e ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’affermazione della responsabilità di Meccanici Gaetano fondata sul mero dato del rapporto di coniugio con la figlia del Mazza, proprietario dell’area edificata, e sulla circostanza che il medesimo e la sua famiglia abitavano nell’immobile abusivo. Il mero dato dell’utilizzo del bene non sarebbe sufficiente a ritenere dimostrata la responsabilità penale a titolo di concorso nei reati.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 lett. b)  cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione degli artt. 93, 94 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, non trovando applicazione le norme antisismiche con riferimento alle opere realizzate in assenza di cemento armato.
2.2. Con il terzo motivo deduce l’errata interpretazione della legge in relazione all’articolo 157 cod.pen. e il vizio di motivazione.
La Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la intervenuta prescrizione del reato tenuto conto che la costruzione era ultimata almeno dal 2014, e che per il generale principio del favor rei, il relativo termine doveva ritenersi decorso alla data della sentenza di secondo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso perché teso, attraverso una rivalutazione del fatto, ad individuare una diversa data di cessazione della permanenza del reato e ad invocare un diverso termine di decorrenza della prescrizione.
Come è noto, il reato urbanistico al pari del reato paesaggistico, hanno natura permanente e la loro consumazione, che ha inizio con l'avvio dei lavori di costruzione, perdura fino alla cessazione dell'attività edilizia abusiva (ex multis Sez. 3, n. 50620 del 18/06/2014, Urso, Rv. 261916), momento nel quale inizia a decorrere il termine di prescrizione.
La cessazione dell’attività, come ricorda la giurisprudenza, coincide con l’ultimazione dei lavori per il completamento dell’opera (Sez. 3, n. 38136 del 25/9/2001, Triassi, Rv. 220351), con la sospensione dei lavori volontaria o imposta ad esempio mediante sequestro penale (Sez. 3, n. 49990 del 04/11/2015, P.G. in proc. Quartieri e altri, Rv. 265626), con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l'accertamento del reato e sino alla data del giudizio (Sez. 3, n. 29974 del 6/5/2014, P.M. in proc. Sullo, Rv. 260498).  Dunque, ciò che rileva, e che deve essere rigorosamente provato o risultare dagli atti, è che l'attività antigiuridica sia cessata e il momento in cui la stessa si è verificata, momento a partire dal quale decorre il termine quinquennale di prescrizione trattandosi di reati contravvenzionale (ora anche quello paesaggistico).
Nel caso di specie, i reati sono stati accertati il 23 febbraio 2015, un manufatto era terminato (quello abitato dalla famiglia Meccanici, l’altro in corso di completamento ma sottoposto a sequestro) e i ricorrenti mirano a individuare un diverso momento di cessazione della permanenza con prospettazione meramente fattuale tese ad una rivalutazione del fatto e invocando l’applicazione del termine di cessazione della permanenza più risalente, per il principio del favor rei.  
Sul punto va rammentato, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, che non è invocabile l’applicazione del c.d principio del favore rei nella determinazione del momento della decorrenza del termine di prescrizione e ciò perché il ricorso al principio evocato presuppone l’incertezza della data di commissione del reato (Sez. 2, n. 35662 del 16/05/2014, Torrisi, Rv. 259983; Sez. 3, n. 8253 del 03/12/2009 Ilacqua e altri, Rv. 246229) che nel caso in esame non sussiste sulla base della individuazione operata dai giudici con motivazione che non presenta illogicità ed è corretta in diritto.
Ogni diversa decorrenza (ultimazione dei lavori, sospensione volontaria o coatta) doveva essere oggetto di dimostrazione rigorosa da parte del ricorrente non essendo invocabile alcun principio di favor rei. In assenza alcuna di diversa indicazione della data di cessazione della permanenza, che viene genericamente indicata nel 2014, la cessazione della permanenza va individuata in quella dell’accertamento del 23 febbraio 2015. Dunque, i reati non erano prescritti alla data di pronuncia della sentenza in grado di appello (neppure ad oggi in quanto tenuto conto dei periodi di sospensione del corso della prescrizione questa maturerà al 5 dicembre 2020.

5. Nel merito il ricorso di Meccanici Gaetano è fondato sulla base delle seguenti considerazioni. È, invece, inammissibile il ricorso di Mazza Salvatore per la proposizione di motivi manifestamente infondati.
6. Quanto al ricorso di Meccanici Gaetano, a parte il fatto che la sua condotta partecipativa non è neppure descritta nel capo di imputazione, la sentenza qualifica la responsabilità del medesimo quale committente dei lavori e la ritiene dimostrata sulla circostanza che egli era il genero del proprietario del suolo e che ivi vi abitava con il nucleo famigliare al momento dell’accertamento.
Tale motivazione non appare sufficiente per ritenere dimostrato il concorso nel reato che non può trarsi dalla mera circostanza che egli abbia un “interesse specifico all’opera” in quanto l’interesse all’edificazione deve essere dimostrato ex ante al momento della realizzazione dell’abuso edilizio non potendo valere, nei suoi confronti, i principi affermati per configurare la responsabilità del comproprietario non committente. In tale ambito, se è vero che la fruizione dell'immobile secondo le norme civilistiche sull'accessione nonché tutti quei comportamenti (positivi o negativi) da cui possano trarsi elementi per ritenere la compartecipazione anche morale alla realizzazione del fabbricato (Sez. 3, n. 25669 del 30/05/2012 Zeno, Rv. 253065), non di meno occorre la dimostrazione ex ante della partecipazione morale nel reato commesso dal proprietario committente che può essere anche desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria che non possono coincidere con il mero fatto di abitare nell’immobile abusivo (da quando?).
La corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi sopra richiamati.
Né può ritersi sufficiente l’argomentazione dei giudici del merito secondo cui l’abuso edilizio era diretto a garantire “una sistemazione abitativa alla figlia (del Mazza e moglie del Meccanico), in assenza di dati probatori che qualifichino la condotta ex ante quale condotta concorsuale nel reato.
La sentenza va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio.

7. Il ricorso di Mazza Salvatore, le cui censure sono limitate ai capi B) e C), è inammissibile per manifesta infondatezza.
In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste in materia antisismica di cui agli artt. 93- 94 e 95, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è irrilevante la natura dei lavori, ovvero che si tratti d'interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero d'interventi di nuova costruzione, in quanto la violazione delle norme antisismiche presuppone soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica (Sez. 3, n. 17707 del 31/01/2019, Sciandrù, Rv. 275568 – 01; Sez. 3, n. 46081 del 08/10/2008, Sansone, Rv. 241783 – 01), mentre con riguardo alla violazione in materia di conglomerato cementizio sono escluse dall'applicazione della normativa relativa alle opere di conglomerato cementizio armato, normale, precompresso ed a struttura metallica, previste dagli artt. 53 e 64 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, le sole opere costituite da un'unica struttura, le membrature singole e gli elementi costruttivi che hanno una funzione di limitata importanza nel contesto statico del manufatto, mentre devono ricomprendersi quelle opere che, per loro natura (nella specie, sei colonne in cemento armato), assolvono ad una funzione strutturale ((Sez. 3, n. 2682 del 05/11/2019, Mistretta, Rv. 278024 – 01; Sez. 3, n. 6588 del 17/11/2011, Alaimo, Rv. 252032 – 01).
Nella fattispecie in esame, secondo quanto accertato dal giudice del merito, l'intervento incriminato è consistito, appunto, nella edificazione di due manufatti abusivi adibiti ad abitazione di mq. 210, in zona sismica comprendenti un insieme di elementi strutturali collegati tra loro ed esplicanti tale funzione statica al quale le norme incriminataci fanno riferimento.

8. Il ricorso di Mazza Salvatore deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di Mazza Salvatore e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Annulla la sentenza impugnata in relazione all’imputato Meccanici Gaetano con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli.
Così deciso il 01/12/2020