Cass. Sez. III n.12861 del 24 marzo 2009 (Ud. 20 gen. 2009)
Pres. De Maio Est. Gazzara Ric. D’Aietti
Urbanistica. Interventi soggetti a permesso

Rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono il rilascio di concessione edilizia, non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere, di ogni genere, con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l’irremovibilità della struttura o con la precarietà della funzione ad essa assegnata, ma si estrinseca nella oggettiva destinazione dell’opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nella attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente (fattispecie relativa a manufatto di mq 14, circa, di altezza media di mt. 2,20, composto da muri perimetrali da due lati, in blocchetti cementizi e copertura in trave e tavole di legno, con sovrastante carta catramata con pavimentazione in piastrelle e privo di infissi).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 31/5/07, il Tribunale di Agrigento, in composizione monocratica, condannava D.R., concesse le circostanze attenuanti generiche e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, alla pena di giorni dieci di arresto ed Euro 25.000,00 di ammenda; demolizione di quanto abusivamente realizzato e rimessione in pristino dello stato dei luoghi; pena sospesa, subordinatamente alla demolizione ed al ripristino dei luoghi.

L'imputata era stata tratta a giudizio per rispondere dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 1991, art. 44, lett. c), e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, perchè in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale ed in difetto di nulla osta preventivo rilasciato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, iniziava, continuava e ultimava un intervento edilizio consistente nella realizzazione di un manufatto di mq. 14, circa, di altezza media di mt. 2,20, composto da muri perimetrali da due lati, e copertura in trave e tavole di legno, con sovrastante carta catramata, pavimentazione in piastrelle e privo di infissi.

A seguito di gravame interposto dalla prevenuta, la Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 3/6/08, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la difesa della D., con i seguenti motivi:

- hanno errato i giudici di merito nel ritenere che le opere eseguite dalla prevenuta fossero soggette a concessione edilizia, vista la precipua loro natura pertinenziale;

- insussistenza della contestata violazione paesaggistica, in quanto l'intervento posto in essere non era idoneo a ledere il bene giuridico tutelato;

- violazione dell'art. 163 c.p., per avere il decidente subordinato la sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'immobile abusivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La sentenza è motivata con logicità e correttezza.

Si osserva che con la impugnazione vengono riproposte a questa Corte le medesime censure che la D. aveva formulato nei motivi di appello, oggetto di disamina da parte della Corte territoriale, che le ha ritenute non meritevoli di accoglimento.

Con il primo motivo viene censurata la sentenza in punto di erronea qualificazione del manufatto realizzato, in quanto trattasi di pertinenza dell'immobile principale, essendo funzionalmente ed oggettivamente collegata a questo, la cui realizzazione non necessita di essere assentita da concessione e/o autorizzazione, ex L.R. 16 aprile 2003, n. 4.

Sul punto, a giusta ragione, il giudice del merito rileva che quanto sostenuto dalla imputata non è condivisibile, visto che rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono il rilascio di concessione edilizia, non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere, di ogni genere, con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l'irremovibilità della struttura o con la precarietà della funzione ad essa assegnata, ma si estrinseca nella oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nella attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente. Nella specie la prevenuta aveva realizzato un manufatto di mq 14, circa, di altezza media di mt. 2,20, composto da muri perimetrali da due lati, in blocchetti cementizi e copertura in trave e tavole di legno, con sovrastante carta catramata; con pavimentazione in piastrelle e privo di infissi. Le caratteristiche strutturali e le dimensioni dell'opera, nonchè la sua palese stabilità, escludono il dedotto connotato di precarietà, evidenziando, secondo il decidente, in maniera incontrovertibile come le opere de quibus devono ritenersi idonee a mutare l'assetto urbanistico dei luoghi e richiedano per la loro edificazione il rilascio di titolo abilitativo.

Peraltro, in materia urbanistico-edilizia la nozione di pertinenza, sottratta al regime del permesso di costruire ed assoggettata a quella della autorizzazione gratuita, deve essere preordinata ad una esigenza effettiva dell'edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via funzionale ed oggettiva, e non deve possedere un autonomo valore di mercato, non consentendo, così, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede (Cass. 21/12/05, Nardini); essa non deve essere parte integrante o costitutiva di altro fabbricato, sicchè non può qualificarsi tale l'ampliamento di un edificio che, per la relazione di congiunzione fisica, ne costituisca parte, come elemento che diviene essenziale all'immobile e lo completa, affinchè l'immobile medesimo soddisfi meglio ai bisogni cui è destinato (Cass. 17/1/03, Chiappalone).

Errato è anche il richiamo alla L.R. Sicilia. n. 4 del 2003, regolante fattispecie totalmente differenti da quella oggetto di processo.

Del pari priva di pregio risulta essere la seconda doglianza, relativa alla insussistenza della violazione paesaggistica, D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 181, visto che il giudice di merito ha ritenuto grave l'abuso commesso con la edificazione de qua, atta a compromettere il paesaggio e l'ambiente circostante, che, nel caso specifico, sono oggetto di particolare tutela e protezione in considerazione del contesto paesisticamente vincolato della zona.

Anche il terzo motivo di impugnazione è privo di pregio: la demolizione e la rimessione in pristino dei luoghi rappresentano sanzioni amministrative di natura ablatoria, conseguenti alla pronuncia di condanna per reati in materia di abusivismo edilizio e lesione del bene ambientale, ed il decidente, nel concedere la sospensione condizionale della pena inflitta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato, emettendo gli ordini de quibus.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2009.