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Sez. 3, Sentenza n. 20390 del 30/04/2004 (Cc. 07/04/2004 n.00443 ) Rv. 228612
Presidente: Rizzo AS. Estensore: Novarese F. Imputato: Casarin. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Libertà Treviso, 30 settembre 2003).
EDILIZIA - IN GENERE - Lottizzazione abusiva - Attività materiale - Nozione - Modificazione di una zona territoriale in violazione degli strumenti urbanistici - Necessità di realizzare opere di urbanizzazione - Fattispecie relativa alla realizzazione di un parcheggio.
CON MOTIVAZIONE
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Massima (Fonte CED Cassazione)
Il reato di lottizzazione abusiva si realizza mediante condotte anche materiali, quali una modificazione edilizia od urbanistica dei terreni, in una zona non adeguatamente urbanizzata, la quale conferisca ad una porzione di territorio comunale un assetto differente, che venga posta in essere senza autorizzazione, ovvero in totale difformità dalla stessa, ed in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici vigenti od adottati, e tale da poter determinare l'insediamento di abitanti o lo svolgimento di attività, con conseguente necessità di predisporre od integrare le opere di urbanizzazione. (La S.C. ha ritenuto che potesse configurare il reato la realizzazione di un parcheggio per automezzi pesanti, che aveva comportato la trasformazione di un'area molto estesa, in assenza di qualunque intervento programmatorio sottoposto al controllo della P.A.)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. RIZZO Aldo - Presidente - del 07/04/2004
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - N. 443
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - N. 40389/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CASARIN PIETRO, n. a Zero Branco il 24 luglio 1946;
avverso l'ordinanza in sede di riesame del Tribunale di Treviso del 30 settembre 2003;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. F. NOVARESE;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. IZZO G. che ha concluso per annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata;
Udito il difensore Avv. DEL GIUDICE Rizzardo (Treviso). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Casarin Pietro, in qualità di legale rappresentante della s.r.l. Casa di spedizioni Casarin, ha proposto ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Treviso in sede di riesame del 30 settembre 2003, con la quale veniva confermato il decreto di sequestro preventivo delle opere realizzate e dell'area per il reato di lottizzazione abusiva, emesso dal G.I.P. del locale Tribunale il 23 agosto s. a., deducendo quali motivi la violazione dell'art. 321 c.p.p. in relazione all'art. 44 T.U.ED., poiché è stato spostato il presupposto della contestazione dall'attività tipica della lottizzazione a quella della violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico con la considerazione della sola corrispondenza teorica senza alcun riferimento alla situazione concreta, in quanto le opere eseguite non necessitavano di concessione edilizia ed erano state assentite con autorizzazioni o con d.i.a. senza realizzare una conversione da area agricola a servizi e parcheggio, la violazione dell'art. 44 lett. c) T.U.ED., perché non esistevano gli elementi materiali del reato contestato, giacché la lottizzazione abusiva presuppone il frazionamento di terreno in lotti per costruire una pluralità di edifici, mentre, nella fattispecie, si trattava di un'ampia area da adibire a parcheggio, la carenza ed illogicità manifesta della motivazione sia perché viene punito il tentativo in una contravvenzione sia perché la sosta ed il parcheggio dei mezzi non può aggravare le conseguenze del reato, sicché non esisteva un pericolo concreto ed attuale ne' le opere determinavano un reale pregiudizio, mentre era gravissimo il pregiudizio della ditta per non poter utilizzare l'area a parcheggio dei mezzi.
Con memoria depositata il 29 marzo 2004 veniva prodotta sopralluogo del 21 giugno 2002, insistendo l'accoglimento del ricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso, al limite dell'inammissibilità, deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ed invero, sarebbe sufficiente rilevare che, pure in base all'errata e limitativa impostazione del ricorrente, secondo cui sarebbe configurabile, al massimo, una violazione dello strumento urbanistico, che richiede un piano di lottizzazione in quella zona, il sequestro appare pienamente legittimo, giacché, in considerazione della non ultimazione delle opere, sussisterebbe la funzione preventiva in concreto, in quanto per le misure cautelari reali, a differenza di quelle personali, non è richiesto il requisito della proporzionalità, proprio perché differenti sono i beni giuridici implicati e non vi è, comunque, alcuna possibilità di graduazione. Peraltro, in virtù dell'espresso dettato dell'art. 30 T.U.ED., che riproduce l'art. 18 l. n. 47 del 1985, la lottizzazione abusiva può essere negoziale, materiale, mista ed illegittima ed il frazionamento del terreno in lotti costituisce un indice sintomatico della prima, mentre la seconda, che attiene alla fattispecie in esame, secondo quanto in maniera perspicua rilevato dal giudice di merito, si attua con varie modalità, che comportino una modificazione edilizia o urbanistica dei terreni in zona non adeguatamente urbanizzata, conferendo un differente assetto ad una porzione del territorio comunale in violazione delle prescrizioni stabilite dalle leggi statali o regionale o dalla strumentazione urbanistica, vigente o adottata, senza autorizzazione ovvero in totale difformità dalla stessa e determinando l'insediamento di abitanti o di attività in misura tale da richiedere la predisposizione, come nella fattispecie, o l'integrazione delle opere di urbanizzazione (Cass. sez. 3^ 30 dicembre 1996, Urtis rv. 207198; Cass. sez. un. 8 febbraio 2000, Salvini rv. 220708 e Cass. 25 marzo 1998, Ganci citate nell'ordinanza impugnata).
Pertanto, la violazione dell'art. 14 delle n.t.a. del P.R.G. del Comune di Zero Branco, l'omessa predisposizione ed approvazione del p. d. l. ed il mancato rilascio della relativa autorizzazione, il riporto di migliaia di metri cubi di inerti e terreno così da innalzare la quota del suolo di circa cm. 60 per 28.000 mq, la predisposizione ed esecuzione di opere di recinzione, sistemazione ed impiantistica (canaletta e illuminazione) e l'utilizzazione dell'area per parcheggio di numerosi automezzi pesanti configurano quella trasformazione urbanistica ed edilizia e quello stravolgimento dell'assetto del territorio in assenza di qualsiasi intervento programmatorio, sottoposto al controllo della P.A., sicché non si tratta di un'attività prodromica a detto mutamento, ne' di un semplice tentativo non punibile in presenza di un reato contravvenzionale. Inoltre il ricorrente mira a considerare in maniera particellizzata ed atomistica i singoli interventi, che, esattamente, devono essere valutati nella loro globalità, mentre la richiesta per ogni opera di un atto di assentimento espresso (autorizzazione edilizia) o tacito (d.i.a.) dimostra la piena consapevolezza dell'indagato di aggirare la normativa urbanistica. Non assume, perciò, rilievo l'attuale destinazione dell'area (parcheggio di automezzi) e la sua non suddivisione in lotti, in quanto le opere eseguite rientrano pure in quelle di urbanizzazione (illuminazione e canalizzazione) e, con accertamento in fatto, pienamente condivisibile, si è attuata una trasformazione dell'area di circa 28.000 mq. senza il richiesto P. d. L. (art. 14 n.t.a. che richiede espressamente un riordine dell'an.
Logicamente, il tempestivo intervento non ha consentito la realizzazione di altre infrastrutture prima dell'approvazione del piano di lottizzazione e dell'ottenimento dell'autorizzazione a lottizzare, ma tali circostanze non possono essere invocate per escludere la configurabilità del reato, giacché l'esecuzione delle opere di urbanizzazione è avvenuta al di fuori del disegno complessivo e di un'organica valutazione programmatoria da parte della P.A., espressamente contemplato dell'art. 14 n.t.a., citato. Infine, appare opportuno ribadire alcuni principi fondamentali in tema di impugnazioni di provvedimenti attinenti a misure cautelari reali in modo da far risaltare l'inammissibilità di molte censure, cui, fra l'altro, il Tribunale aveva risposto con motivazione ineccepibile.
Ed invero il giudice del riesame deve controllare esclusivamente se il reato ipotizzato sia astrattamente configurabile in relazione agli elementi processuali già acquisiti (Cass. sez. un. 4 maggio 2000 n. 7, Mariano rv. 215840 che supera e rilegge Cass. sez. un. 29 gennaio 1997 n. 23, Bassi rv. 206657, non condivisibile, perché in contrasto con un'esegesi logico - sistematica delle norme) e se il sequestro sia o meno giustificato ai sensi dell'art. 321 c.p.p.. Inoltre, ex art. 325 primo comma c.p.p., secondo giurisprudenza uniforme di questa Corte (Cass. sez. 2^ 4 giugno 1997 n. 3808, Baisi rv. 209599) il vizio di motivazione non può essere dedotto in sede di legittimità, ma soltanto la violazione di legge, in base all'esplicito dettato normativo, il quale non può essere stravolto o aggirato, includendo tra le "violazioni di legge" anche il vizio motivazionale, espressamente contemplato da una specifica disposizione (art. 606 lett. e) c.p.p.).
Peraltro non è consentito in sede di legittimità procedere ad una differente valutazione delle risultanze probatorie oppure ad allegazioni fattuali, non riscontrabili dalla Corte di Cassazione a meno che non si tratti di accertare l'esistenza di un vizio procedurale.
Pertanto, tutta la ricostruzione personale dei fatti e delle vicende processuali (pagg. da 2 a 10 del ricorso) è inammissibile, come la narrazione delle situazioni fattuali e tecniche con riferimenti ad intenzioni del ricorrente ed a perizie svolte da quest'ultimo (pagg. da 12 a 15 del ricorso e 25-26), mentre il reato contestato è non solo sussistente in astratto, ma pure in concreto, giacché sono state eseguite opere di urbanizzazione primaria.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2004. Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2004