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Cass. Sez. III sent. 17603 del 10 maggio 2005 (ud. 20-1-2005)
Pres. Onorato Est.Fiale Ric. Cozzolino

Urbanistica - Manutenzione straordinaria - Risanamento conservativo - Nozioni

dai CEAG

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 20/01/2005
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 111
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 48132/2003
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COZZOLINO Domenico, n. ad Ercolano il 25.10.1945;
avverso la sentenza 21.10.2003 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché i reati sono estinti per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili.
Udito, per la parte civile, l'Avv. PIO PORTA Francesco, il quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso con conferma delle statuizioni civili.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 21.10.2003 la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza 28.1.2003 del Tribunale monocratico di quella città:
a) ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di Cozzolino Domenico in ordine ai reati di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (per avere eseguito, in assenza della prescritta concessione edilizia, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, la costruzione, al di sotto di una preesistente serra, di strutture murarie rivolte alla creazione di locali per il ricovero di autovetture - acc. in Portici, via Zumbini, fino al 22.4.1999);
- all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999;
b) affermava la responsabilità penale dello stesso Cozzolino in relazione all'ulteriore imputazione di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (per avere eseguito, in assenza della prescritta concessione edilizia, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, la costruzione di una rampa di accesso ai predetti manufatti, di circa 20 metri, mediante opere di riempimento del terreno e del livello di calpestio);
c) e, con le riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., determinava la pena complessiva in mesi uno, giorni venti di
arresto ed euro 15.000,00 di ammenda, con ordini di demolizione delle opere abusive e di rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi, nonché con condanna dell'imputato al risarcimento dei danni, in favore della costituita parte civile Antonietta Nocerino, anche in riferimento alla realizzazione della rampa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Cozzolino, il quale ha eccepito: - violazione di legge in punto di esclusione delle opere eseguite dalle categorie della "manutenzione straordinaria" e del "restauro e risanamento conservativo";
- violazione dell'art. 2, lett. f), della legge 28.11.2001, n. 19 della Regione Campania, nella parte in cui tale norma prevede che "i mutamenti di destinazione d'uso con opere non implicanti trasformazione dell'aspetto esteriore e di volumi e di superfici" non sono assoggettati a permesso di costruire, bensì a mera denunzia di inizio dell'attività;
- vizio di motivazione, in punto di affermazione della responsabilità, essendo stati trascurati e disattesi elementi aventi un inequivocabile carattere di decisività (la dichiarazione del tecnico comunale De Gregorio e due certificazioni del Comune di Portici, dai quali si sarebbe dovuto dedurre che la rampa esisteva già dal 1990, epoca in cui l'area fu oggetto di esproprio);
- violazione della legge processuale, quanto alla mancata escussione di due testi della difesa, assenti poiché ammoniti a presentarsi in un'udienza che era stata poi anticipata senza che ad essi ne fosse stato dato avviso;
- la intervenuta prescrizione dei reati.
Il difensore del ricorrente ha depositato, in data 5.1.2005, memoria rivolta ad illustrare ulteriormente i motivi di ricorso. La parte civile, a sua volta, ha presentato memoria in cui vengono confutate le doglianze difensive.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, poiché manifestamente infondato.
1. Manifestamente infondata è la doglianza di incongrua esclusione detta riconducibilità delle opere realizzate ai regimi della "manutenzione straordinaria" e del "restauro e risanamento conservativo".
1.1 L'attività posta concretamente in essere dal Cozzolino non può ricondursi, anzitutto, alla manutenzione straordinaria, in quanto l'art. 3, 1 comma - lett. b), del T.U. a 380/2001 (con definizione già fornita dall'art. 31, 1 comma - lett. b), della legge n. 457/1978) ricomprende in tale nozione "le opere e le modifiche
necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico- sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso".
Interventi siffatti devono essere comunque effettuati "nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formali nella loro originaria edificazione" (vedi C. Stato, Sez. 5^: 25.11.1999, n. 1971 e 8.4.1991, n. 460). Nella vicenda in oggetto, invece, risulta accertato in punto di fatto che - attraverso la realizzazione delle opere edilizie contestate - è stata mutata la consistenza estetica ed architettonica del manufatto, cioè la fisionomia dell'immobile e l'aspetto esteriore di esso nelle sue linee generali.
Non si è proceduto, in sostanza - in zona assoggettata a vincolo paesaggistico - ad un intervento di rinnovazione e/o sostituzione, nè al ripristino di urta situazione preesistente; bensì è stata modificata la stessa consistenza fisica dell'immobile, con cambio di destinazione d'uso da giardino con destinazione floro-vivaistica a parcheggio di ricovero per autovetture.
Deve escludersi, pertanto, che un intervento siffatto possa ricondursi alla nozione della manutenzione straordinaria, anche in relazione al regime eccettuato di cui all'art. 1 quinquies della legge n. 431/1985. 1.2 L'art. 3, 1 comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001 (con definizione già fornita dall'art. 31, 1 comma - lett. c), della legge n. 457/1978) identifica gli interventi di restauro e
risanamento conservativo come quelli "rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che - nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso - ne consentano destinazioni d'uso con esso compatibili. Tali interventi, in particolare, possono comprendere:
- il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio;
- l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso;
- l'eliminazione di elementi estranei all'organismo edilizio. La finalità è quella di rinnovare l'organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma essa deve essere attuata - poiché si tratta pur sempre di conservazione - nel rispetto dei suoi elementi essenziali "tipologici, formali e strutturali".
Ne deriva che non possono essere mutati:
- la "qualificazione tipologica" del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie;
- gli "elementi formali" (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l'immagine caratteristica di esso;
- gli "elementi strutturali", cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell'organismo edilizio.
Nella fattispecie in esame, invece, non è ravvisabile un'attività di conservazione, recupero o ricomposizione di spazi, secondo le modalità e con i limiti dianzi delineati, bensì la realizzazione di nuovi manufatti, con stravolgimento di elementi tipologici e formali e creazione "ex novo" di volumetria.
2. Non conforme al testo legislativo è la lettura, fornita dal ricorrente, detta legge 28.11.2001, n. 19 della Regione Campania. Ai sensi dell'art. 2, 1 comma, di tale legge regionale, infatti:
"Possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio attività:
... f) mutamenti di destinazione d'uso di immobili o loro parti, che non comportino interventi di trasformazione dell'aspetto esteriore, e di volumi e di superfici; la nuova destinazione d'uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le singole zone territoriali omogenee". Nei successivi commi, inoltre, è previsto che:
- "Per i beni sottoposti ai vincoli di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1990, n. 490, la realizzazione degli interventi previsti dal comma 1) è
subordinata al rilascio dell'autorizzazione da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi, se prescritta" (comma 2).
- "Il mutamento di destinazione d'uso senza opere, nell'ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee, è libero.
Il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano sulla sagoma dell'edificio o che determinano un aumento plano volumetrico, che risulti compatibile, con le categorie edilizie previste per le singole zone omogenee è soggetto a concessione edilizia. Il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano sulla sagoma, sui volumi e sulle superfici, con passaggio di categoria edilizia, purché tale passaggio sia consentito dalla norma regionale, è soggetto a concessione edilizia" (commi da 5 a 7).
Alla stregua di tali previsioni normative, gli interventi in oggetto, pertanto, non sono sottratti al regime della concessione edilizia (oggi permesso di costruire).
3. Per quanto concerne la realizzazione della rampa, la responsabilità dell'imputato è stata correttamente dedotta dalla circostanza che quel manufatto, nella consistenza e con le caratteristiche accertate nell'aprile del 1999, non risultava esistente nei rilievi aerofotogrammetrici della zona effettuati nell'anno 1997 (deposizione dell'ingegnere De Gregorio), mentre altro teste (l'ingegnere Iannelli) risulta avere escluso che sia stato il Comune di Portici a realizzare la rampa asfaltata.
Le contrarie prospettazioni svolte in proposito dal ricorrente costituiscono censure in fatto del provvedimento impugnato, non proponibili, come tali, in sede di legittimità.
4. L'eccezione riferita alla mancata escussione, in primo grado, di due testi della difesa non era contenuta nei motivi di appello, ne' risulta che, in sede di discussione del gravame di merito, sia stata richiesta la rinnovazione del dibattimento.
5. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione del reato, scaduta in epoca successiva (coincidente con il 27.11.2003, computate le sospensioni dal 14.11.2002 al 19.12.2002 (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese) in seguito a rinvii, disposti su richiesta dell'imputato e del difensore, non per esigenze di acquisizione della prova ne' a causa del riconoscimento di termini a difesa) alla pronuncia della sentenza impugnata (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca). 6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 500,00.
Il ricorrente deve essere condannato, infine, alla rifusione delle spese di questo grado di giudizio, in favore della costituita parte civile Antonietta Nocerino, liquidate in euro 1.500,00 per onorario, oltre I.V.A. e contributi Cassa Avvocati.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 500,00 (cinquecento/00) alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di questo grado di giudizio, in favore della costituita parte civile, liquidate in euro 1.500,00 per onorario, oltre I.V.A. e contributi Cassa Avvocati.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2005.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2005