Cass. Sez. III n. 42330 del 15 ottobre 2013 (Ud. 26 giu 2013)
Pres. Fiale Est. Andronio Ric. Salanitro ed altro
Urbanistica. Tettoia non qualificabile pertinenza

La costruzione di una tettoia di copertura non può qualificarsi come pertinenza, in quanto si tratta di un’opera priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza, costituendo parte integrante dell’edificio sul quale viene realizzata; la costruzione di una tettoia, pertanto, in difetto del preventivo rilascio dei permesso di costruire, integra il reato di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lettera b)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FIALE Aldo - Presidente - del 26/06/2013
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SARNO Giugno - Consigliere - N. 1942
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - rel. Consigliere - N. 4092/2013
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SALANITRO PIETRO N. IL 18/09/1944;
GRIMALDI IOLANDA N. IL 18/11/1946;
avverso la sentenza n. 1062/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 03/10/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con sentenza del 3 ottobre 2012, la Corte d'appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania, con la quale gli imputati erano stati condannati, per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b), artt. 64, 65, 71, 93 e 95, del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, della L. n. 394 del 1991, art. 30, art. 734 cod. pen., per avere, in mancanza di permesso di costruire, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza autorizzazione paesaggistica, in area protetta senza il prescritto nullaosta, in zona sismica senza preventiva autorizzazione e senza denuncia al competente ufficio nonché senza un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato e senza la direzione di un tecnico abilitato, con l'alterazione delle bellezze naturali, realizzato un fabbricato di metri quadrati 60 circa, alto metri 3, suddiviso in 4 ambienti, oltre a due bagni e cucina, con una tettoia di circa metri quadrati 24, una recinzione in ferro e rete metallica. 2. - Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo: 1) la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'espletamento di perizia circa la consistenza del manufatto edilizio e la sua amovibilità dal suolo; 2) la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10 e la manifesta illogicità della motivazione, perché non si sarebbe considerato che il fabbricato principale era la sistemazione ad abitazione precaria stagionale di due bancali di camion prefabbricati, non rientrante in nessuna delle tipologie di intervento edilizio soggette al rilascio del permesso di costruire;
nè si sarebbe considerato che le altre opere indicate avevano natura pertinenziale essendo prive di destinazione d'uso autonoma; 3) l'erronea applicazione delle norme incriminatrici, perché queste potrebbero trovare applicazione solo in presenza di stabile modificazione urbanistica del territorio; 4) la mancata declaratoria di prescrizione dei reati, accertati il 2 dicembre 2007. CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso è inammissibile.
3.1. - Il motivo sub 1), relativo al mancato espletamento di perizia, è inammissibile, perché formulato in modo non specifico. La difesa intende infatti dimostrare che l'edificio realizzato non è altro che la trasformazione di due bancali di camion: circostanza che non ha alcuna rilevanza nel caso di specie, perché, anche se vera, non esclude che l'edificio stesso sia una nuova costruzione, non essendovi sul posto un preesistente edificio realizzato in forza di titolo abilitativo edilizio. Per le stesse ragioni devono essere ritenuti inammissibili anche il secondo e il terzo motivo di gravame, perché con essi si intende sostenere che l'edificio in questione sarebbe la trasformazione di un preesistente edificio del pari abusivo.
E ciò, a prescindere dall'insanabile contrasto tra quanto affermato dalla difesa e i dati probatori presi in considerazione dai giudici di primo grado e d'appello, i quali hanno evidenziato che, dalla deposizione dell'ispettore che ha proceduto all'accertamento e dalle riproduzioni fotografiche, si evince che vi è una nuova costruzione di 60 m2 con mattoni di cemento vibrato, ben ancorata al terreno, perché appoggiata su una platea di calcestruzzo; manufatto suddiviso in diversi ambienti - e dotato di una tettoia - che costituisce con ogni evidenza una stabile modificazione urbanistica del territorio. Deve inoltre ribadirsi, in punto di diritto, che la costruzione di una tettoia di copertura non può qualificarsi come pertinenza, in quanto si tratta di un'opera priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza, costituendo parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata; la costruzione di una tettoia, pertanto, in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b) (ex plurimis, sez. 3, 9 gennaio 2003, n. 239; sez. 3, 18 maggio 2006 n. 17083; sez. 3, 6 maggio 2010, n. 21351, Rv. 247628).
Come ben evidenziato dal Tribunale e dalla Corte d'appello, la realizzazione dei manufatti oggetto dell'imputazione necessitava, pertanto, del rilascio del permesso di costruire.
3.2. - Manifestamente infondato è, infine, il motivo sub 4), relativo alla prescrizione del reato. Quest'ultima è, infatti, maturata il 2 dicembre 2012, ovvero dopo la pronuncia della sentenza d'appello (3 ottobre 2012), con la conseguenza che - in presenza di un ricorso è inammissibile - trova applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall'inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
4. - Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2013