Consiglio di Stato Sez. VI n.3416 del 6 giugno 2018
Urbanistica.Accertamento dell'intento lottizzatorio

L'intento lottizzatorio - inteso come volontà di realizzare un non consentito frazionamento dei suoli, o comunque di alterarne surrettiziamente la destinazione urbanistica in contrasto con gli strumenti vigenti - può essere legittimamente desunto da una pluralità di elementi indiziari, anche di per sé non univocamente significativi, ma che nel loro complesso evidenzino in modo ragionevolmente inequivoco la strumentalità degli abusi al perseguimento delle suindicate finalità


Pubblicato il 06/06/2018

N. 03416/2018REG.PROV.COLL.

N. 05711/2017 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5711 del 2017, proposto dai signori Gerardo Feo, Emidia Romaniello, Donato Giordano, Maria Iaquinta, Vito Carleo ed Anna Pitta, rappresentati e difesi dall’avvocato Rosario Santoro ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato Donatello Donofrio in Roma, via Nizza, n. 46;

contro

il Comune di Vietri di Potenza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Felice Pali ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Rossella Rago in Roma, via Otranto, n. 18;

nei confronti

dei signori Giovanni Passannante e Maria Felitti, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Basilicata, Sez. I, 19 gennaio 2017, n. 57, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale appellata ed i documenti prodotti;

Esaminate le memorie e gli ulteriori atti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 1° marzo 2018 il Cons. Stefano Toschei e uditi gli avvocati Rosario Santoro e Felice Pali;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello i signori Gerardo Feo, Emidia Romaniello, Donato Giordano, Maria Iaquinta, Vito Carleo ed Anna Pitta hanno chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del T.A.R. per la Basilicata, Sez. I, 19 gennaio 2017, n. 57, con la quale è stato respinto il ricorso (R.G. n. 570/2003) proposto per l’annullamento dell’ordinanza del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Vietri di Potenza, 15 settembre 2003, n. 2308 (di accertamento della lottizzazione abusiva con riferimento al frazionamento ed alla vendita di alcuni terreni siti in agro di Vietri di Potenza, contrada Belvedere), nonché dell’atto unilaterale del 10 febbraio 2004 (di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune ), emanato ai sensi dell’art. 30, comma 8, del D.P.R. n. 380/2001 (impugnato con motivi aggiunti).

2. - Gli odierni appellanti riferiscono che:

- i coniugi Vito Carleo ed Anna Pitta, proprietari di alcuni terreni siti in agro di Vietri di Potenza, contrada Belvedere, in data 30 giugno 2000 frazionavano un terreno agricolo di loro proprietà e vendevano alcune delle particelle costituite dopo tale procedura, tra gli altri, ai coniugi Gerardo Feo ed Emidia Romaniello ed ai coniugi Donato Giordano e Maria Iaquinta (acquirenti di due lotti);

- una ulteriore acquirente, la signora Carmela Di Nicola, chiedeva, per una singola particella tra quelle alienate e di cui sopra, il rilascio del titolo edilizio a costruire un fabbricato rurale ed in occasione dell’avvio di tale procedimento il responsabile del Servizio tecnico del Comune di Vietri di Potenza (con la nota n. 599 del 21 gennaio 2001) comunicava la determinazione del Presidente della commissione edilizia di trasmettere preventivamente tutta la documentazione all’Ufficio tecnico ed al Comando dei Vigili Urbani per accertare la configurazione di una eventuale lottizzazione abusiva;

- in ragione di quanto sopra, venivano redatti e trasmessi agli uffici comunali due pareri legali, commissionati dal tecnico che a suo tempo era stato incaricato del frazionamento, che con motivazione univoca escludevano la sussistenza, nella specie, dell’ipotesi di lottizzazione abusiva;

- tali esiti non erano condivisi dal responsabile del Servizio tecnico del Comune che, con l’ordinanza 15 settembre 2003, n. 2308, concludeva il procedimento dichiarando l’avvenuta lottizzazione abusiva e diramando, nel contempo, il divieto di disporre dei terreni, nonché la trascrizione della suindicata ordinanza;

- in particolare tale provvedimento, tenuto conto di quanto risultava dallo studio del consulente nominato dal Comune, veniva emanato sulla base dei seguenti presupposti: la vendita di tre lotti frazionati in modo tale da renderli disponibili all’utilizzazione a fini edificatori, la richiesta del rilascio di una concessione edilizia per civile abitazione e la inidoneità delle particelle alienate ad essere utilizzate a fini agricoli;

- in ragione di quanto sopra gli odierni appellanti impugnavano dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata l’ordinanza comunale, formulando quattro motivi di censura e chiedendo l’annullamento dell’atto;

- pressoché contemporaneamente i coniugi Giovanni Passanante e Maria Felitti, nella qualità di acquirenti di un terzo lotto, impugnavano la suddetta ordinanza comunale, deducendo le medesime censure già prospettate nel ricorso di cui sopra, nonché la mancata corrispondenza tra il frazionamento indicato nel rogito di acquisto e quello risultante dal provvedimento impugnato;

- successivamente gli odierni appellanti presentavano una nuova impugnazione, affidandola ad un ricorso per motivi aggiunti, con la quale chiedevano l’annullamento dell’atto unilaterale di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Vietri di Potenza di opere abusive del 10 febbraio 2004, emanato ai sensi dell’art. 30 D.P.R. 380/2001, deducendone la invalidità derivata.

3. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, Sez. I, con la sentenza 19 gennaio 2017, n. 57, respingeva i suindicati ricorsi, dopo averli riuniti.

Lamentano gli appellanti che tale sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che:

- non sussiste la prospettata violazione dell’art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, o al più che è applicabile l’art. 21-octies, comma 2, della stessa legge, atteso che comunque alcuni degli interessati avevano potuto proporre osservazioni e scritti nel corso della procedura che, in ogni caso, non avrebbe potuto avere un esito diverso, ciò in quanto, sostengono gli appellanti e diversamente da quanto affermato dal Tribunale, l'accertamento circa la sussistenza o meno di una lottizzazione abusiva impone lo svolgimento di indagini complesse che non possono essere realizzate senza il coinvolgimento concreto dei soggetti interessati e che tali adempimenti sono rimasti ineseguiti proprio a causa della mancata comunicazione di avvio del procedimento di accertamento della sussistenza della lottizzazione abusiva;

- è sufficiente, nel caso di specie, ai fini della configurazione della lottizzazione abusiva, di carattere negoziale o cartolare, la rilevanza del fatto oggettivo che l’area sia stata frazionata in lotti che per le loro caratteristiche - quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o l'eventuale previsione di opere di urbanizzazione e in rapporto a elementi riferiti agli acquirenti - evidenzino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio. Al contrario invece deve ritenersi che ai fini della configurazione della lottizzazione abusiva (di cui all’art. 18 l. 28 febbraio 1985, n. 47, sostituito dall’art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) il frazionamento in lotti deve risultare preordinato in modo non equivoco alla edificazione, nel senso che le attività (frazionamento, vendita ecc.) debbono risultare unicamente preordinate e funzionali alla realizzazione di un nuovo insediamento urbano e che vi siano elementi idonei a far ritenere, in modo inequivocabile, la preordinazione di conferire all’area interessata, per la prima volta, un assetto urbanizzato.

Tali circostanze, già nel corso del giudizio di primo grado, sarebbero state documentalmente dimostrate come impossibili o comunque inesistenti nel caso di specie, in quanto per un verso la particella scaturita dal frazionamento e suscettibile di essere oggetto di attività edificatoria è esclusivamente quella n. 668, per la quale è stata richiesta la concessione edilizia ma per un fabbricato rurale e non per civile abitazione, di guisa che, sotto altro versante, “l’ubicazione dei terreni è tale da rendere impossibile l’edificabilità sulle altre particelle originate dal frazionamento e ciò in considerazione del rispetto della distanza dal torrente Fiumarella che per la gran parte dei terreni si attesta ad una distanza inferiore a mt 150 (…) e dall’attigua strada comunale il cui codice della strada prescrive una distanza minima di mt 20” (così, testualmente, a pag. 9 dell’atto di appello).

Si deduce, inoltre, che il frazionamento in questione presenta caratteristiche comuni, per dimensione e numero delle particelle, ad altri numerosi frazionamenti eseguiti in precedenza nel territorio del comune di Vietri di Potenza.

Gli appellanti hanno anche riproposto le censure di illegittimità derivata del provvedimento unilaterale d’acquisizione gratuita al patrimonio di opere abusive emanato in data 10 febbraio 2004 dal Comune, quale conseguenza dell’accertata lottizzazione abusiva, e lamentano che il TAR non avrebbe rilevato che entrambe le determinazioni comunali impugnate sarebbero state adottate in carenza di adeguate istruttorie.

Da qui la richiesta di riforma della sentenza appellata.

4. – Si è costituito in giudizio il Comune di Vietri di Potenza, deducendo, in particolare, che:

- il frazionamento avvenuto il 30 giugno 2000 della originaria particella 216 aveva determinato la suddivisione del terreno agricolo-seminativo in 10 lotti di estensione molto limitata, la maggior parte dei quali non superava i 765 mq, oltre che in diverse particelle configuranti, verosimilmente, una strada di attraversamento, interna ai lotti, con diramazioni;

- tre dei lotti così ricavati sono stati venduti a soggetti (tra cui gli appellanti) che non avevano interessi professionali nel settore dell’agricoltura, tanto che, per uno di essi (acquistato dai coniugi Giordano-Iaquinta) veniva chiesto, in data 17 luglio 2000, il rilascio della concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato di civile abitazione delle dimensioni di oltre 200 mq.

Da qui l’infondatezza del proposto appello rispetto al quale, dunque, se ne chiedeva la reiezione con conferma della sentenza gravata.

5. – Nel corso del giudizio di appello sono state presentate ulteriori memorie, anche di replica, nelle quali sono state confermate le già illustrate conclusioni di segno opposto.

L’appello è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 1° marzo 2018.

6. – Il Collegio ritiene che, alla luce dei motivi di appello dedotti ed all’esito dello scrutinio di tutta la documentazione prodotta sia nel giudizio di appello che nel corso del processo di primo grado, il gravame sia infondato, per le ragioni che verranno qui di seguito esposte con riferimento a ciascuno dei motivi dedotti dagli appellanti.

7. – Il principale motivo di appello consiste nel sostenere l’erroneità della sentenza di primo grado che non avrebbe considerato la illegittimità dell’ordinanza 15 settembre 2003, n. 2308, con la quale il responsabile del Servizio tecnico del Comune di Vietri di Potenza ha concluso la propria indagine amministrativa, constatando l’avvenuta lottizzazione abusiva del terreno di proprietà dei coniugi Vito Carleo ed Anna Pitta realizzata in data 30 giugno 2000: l’ordinanza, ad avviso degli appellanti, si sarebbe basata sull’erroneo presupposto della preordinata edificazione dei lotti quale obiettivo del frazionamento, a fronte della loro oggettiva inedificabilità.

In punto di diritto, va rilevato che (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 agosto 2016, n. 3739):

- l'art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (così come in precedenza l'art. 18, l. 28 febbraio 1985, n. 47), disciplina due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva, la prima - c.d. materiale - relativa all'inizio della realizzazione di opere che tendano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, in violazione delle previsioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi statali o regionali, o in assenza dei necessari titoli abilitativi; la seconda - c.d. formale (o cartolare) - che si verifica allorquando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il frazionamento del terreno in lotti e la successiva vendita che, per le specifiche caratteristiche (quali la dimensione dei lotti, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l'ubicazione e la previsione di opere urbanistiche; e per altri elementi riferiti agli acquirenti), evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio.

Il bene giuridico protetto dalla normativa di riferimento, quindi, è non solo l'ordinata pianificazione urbanistica e il corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) l'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della funzione di pianificazione (cioè del Comune), cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti previsioni urbanistiche, con conseguente doverosa repressione di qualsiasi attività di tipo lottizzatorio, non previamente assentita;

- infatti l'art. 30, comma 1, D.P.R. 380/2001, dispone che “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”;

- la lottizzazione abusiva presuppone opere (c.d. lottizzazione materiale) o iniziative giuridiche (c.d. lottizzazione cartolare) che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle previsioni urbanistiche;

- al fine di valutare un'ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. materiale, va effettuata una visione d'insieme dei lavori, ossia una verifica nel suo complesso dell'attività edilizia realizzata, atteso che potrebbero anche risultare modifiche rispetto all'attività assentita idonee a conferire un diverso assetto al territorio comunale oggetto di trasformazione;

- proprio in quanto sussiste la lottizzazione abusiva in tutti i casi in cui si realizza un'abusiva interferenza con la programmazione del territorio, deve rilevarsi che la verifica dell'attività edilizia realizzata nel suo complesso può condurre a riscontrare un illegittimo mutamento della destinazione all'uso del territorio autoritativamente impressa anche nei casi in cui le variazioni apportate incidano esclusivamente sulla destinazione d'uso dei manufatti realizzati; ciò perché è proprio la formulazione dell'art. 30 D.P.R. n. 380/01 che impone di affermare che integra un'ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di costruzione di opere in concreto idonee a stravolgere l'assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standard;

- ne consegue che la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, eventualmente anche regolarmente assentite (giacché tale difformità è specificamente sanzionata dagli artt. 31 e ss. D.P.R. n. 380/2001), bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto, sicché la conformità ben può mancare anche nei casi in cui per le singole opere facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il permesso di costruire (circostanza che nel caso di specie, peraltro, non è neppure avvenuta, dal momento che la lottizzazione abusiva è stata contestata prima del rilascio del titolo abilitativo a costruire).

8. - Applicando i principi enunciati alla fattispecie in esame, le questioni poste dagli appellanti, relative all'asserita insussistenza dei presupposti per la configurabilità della fattispecie di lottizzazione abusiva, finiscono con l'incentrarsi sulla idoneità probatoria degli elementi di fatto evidenziati dall'amministrazione nella motivazione dell'ordinanza impugnata in primo grado.

Tuttavia, al riguardo, va richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l'intento lottizzatorio - inteso come volontà di realizzare un non consentito frazionamento dei suoli, o comunque di alterarne surrettiziamente la destinazione urbanistica in contrasto con gli strumenti vigenti - può essere legittimamente desunto da una pluralità di elementi indiziari, anche di per sé non univocamente significativi, ma che nel loro complesso evidenzino in modo ragionevolmente inequivoco la strumentalità degli abusi al perseguimento delle suindicate finalità (Cons. Stato, Sez. VI, 7 agosto 2015, n. 3911, e 14 gennaio 2015, n. 4749; Sez. IV, 22 agosto 2013, n. 4254; Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1809).

Nel caso di specie, risulta ragionevole e correttamente motivata la conclusione dell'amministrazione, la quale ha ritenuto concretamente integrata la fattispecie della abusiva lottizzazione sulla base di plurimi e concordanti indizi, già analiticamente richiamati nella esposizione in fatto:

l'area interessata è stata suddivisa in 10 lotti, di dimensioni inferiori al minimo previsto dagli strumenti urbanistici per le zone agricole e comunque di estensione non consona ad una razionale utilizzazione agricola;

la lottizzazione è avvenuta in contemporaneità cartolare (il 30 giugno 2000);

i lotti appartenenti agli appellanti rientrano nell’ambito di tale frazionamento;

vi è stata la richiesta di rilascio di un titolo abilitativo per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione su uno dei suoli risultanti dal frazionamento;

è stata ragionevolmente constatata una sostanziale predisposizione dei terreni per la realizzazione di strade idonee a creare una rete viaria interna ai lotti;

è risultata l’assenza dei requisiti di imprenditore agricolo o di agricoltore in capo agli acquirenti dei lotti.

Nemmeno potrebbe rilevare l’affermazione per la quale gli appellanti verserebbero in situazione di buona fede, perché acquirenti dei suoli successivamente al frazionamento dell'area e quindi non autori dell’originario disegno lottizzatorio.

Infatti, la lottizzazione abusiva rileva in modo oggettivo e indipendentemente dall'animus dei proprietari interessati, i quali, sussistendone i presupposti, potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni e di natura civilistica con i propri danti causa (cfr., Cons. Stato, Sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115, e 3 aprile 2014, n. 1589).

9. – Rileva inoltre il Collegio che:

- gli appellanti hanno avuto modo di confrontarsi più volte con gli uffici nel corso dell’istruttoria che ha condotto sia alla emanazione dell’impugnata ordinanza e poi del successivo provvedimento di acquisizione, sicché va respinta la censura con la quale si contesta che sarebbe mancata la comunicazione di avvio del procedimento (censura che risulta infondata anche perché il Comune ha esercitato un potere vincolato);

- gli elementi indiziari sottolineati in sede amministrativa e dal TAR risultano effettivamente sussistenti, come si è sopra rilevato

10. – Ritenuti quindi infondati i motivi dedotti in grado di appello, il relativo ricorso (n. R.g. 5711/2017) va respinto potendosi, per l’effetto, confermare la sentenza del T.A.R. per la Basilicata, Sez. I, 19 gennaio 2017, n. 57, con conseguente conferma della reiezione del ricorso di primo grado.

Le spese del presente grado di giudizio, in virtù del principio della soccombenza, vanno poste a carico degli appellanti, in favore del Comune appellato, mentre vanno compensate tra le altre parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l'appello n. 5711/2017 e, per l’effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per la Basilicata, Sez. I, 19 gennaio 2017, n. 57.

Condanna gli appellanti – in solido tra loro - a rifondere le spese di giudizio in favore del Comune di Vietri di Potenza, che liquida in complessivi € 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge.

Compensa le spese del grado di appello nei confronti delle altre parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1° marzo 2018, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Francesco Mele, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Stefano Toschei        Luigi Maruotti