Consiglio di Stato Sez. IV n. 4060 del 24 agosto 2017
Urbanistica.Condono edilizio e riparto dell’onere della prova

Nel caso del cd. condono edilizio, infatti, è il richiedente che versa in una situazione di illecito e che, se intende riportare alla “liceità” quanto abusivamente realizzato per il tramite dell’adozione da parte della pubblica amministrazione di una concessione edilizia in sanatoria, ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti e requisiti normativamente previsti.



Pubblicato il 24/08/2017

N. 04060/2017REG.PROV.COLL.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9584 del 2007, proposto dal signor Del Coco Roberto, rappresentato e difeso dall'avvocato Gabriella De Giorgi Cezzi, con domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

contro

Comune di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Luisa De Salvo e Laura Astuto, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
Dirigente Settore Urbanistica del Comune di Lecce non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia–sede staccata di Lecce–Sezione III, n. 4649 del 26 settembre 2006, resa tra le parti, concernente diniego sanatoria edilizia e ordine di demolizione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati De Giorgi Cezzi e Pafundi su delega di Astuto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1. Con l’appello in esame, il signor Roberto Del Coco impugna la sentenza 26 settembre 2006 n. 4649, con la quale il TAR per la Puglia, sez. III della Sezione staccata di Lecce ha respinto il ricorso proposto avverso il diniego di sanatoria edilizia 16 novembre 2001 ed il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso l’ordinanza di demolizione 25 marzo 2002 n. 159.

Oggetto dei provvedimenti amministrativi e, di conseguenza, del presente giudizio è un fabbricato per abitazione, realizzato in Lecce senza concessione edilizia, costituito da un piano rialzato e da un piano seminterrato.

La domanda di concessione in sanatoria (cd. condono edilizio) – al cui diniego è poi conseguita l’ordinanza di demolizione - veniva rigettata in quanto l’immobile era stato realizzato su area destinata dal PRG a sede stradale ed inoltre non risultava ultimato entro il 31 dicembre 1993.

1.2. La sentenza impugnata ha affermato in particolare:

- non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento in caso di procedimento attivato ad istanza di parte;

- non vi è prova che il fabbricato era completato al rustico al 31 dicembre 1993 “ed anzi l’amministrazione resistente ha prodotto agli atti le foto dell’immobile, relative all’accertamento effettuato dalla Polizia municipale in data 13 settembre 1995, dalle quali si evince che il rustico non c’era”;

- l’avere l’amministrazione comunale ritenuto congrua la somma versata dall’interessato per il condono “non precludeva in alcun modo al Comune la successiva emissione dell’impugnato atto di diniego, risultando la condonabilità delle opere aspetto diverso da quello del quantum dovuto per la stessa e non strettamente consequenziale a quest’ultimo”;

- non rileva che l’immobile sorga “all’interno di un comprensorio edificato ed urbanizzato, essendo altri i requisiti richiesti dalla legge per il condono”;

- non sussiste obbligo di invio della comunicazione di avvio del procedimento nel caso di provvedimento sanzionatorio, essendo questo conseguenza repressiva dell’illecito, già accertato, nel caso di specie, mediante provvedimento di sequestro.

1.3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando, poiché la comunicazione di avvio del procedimento è necessaria anche per i procedimenti ad istanza di parte, avendone il legislatore disciplinato il contenuto anche per questa ipotesi;

b) error in iudicando, poichè l’amministrazione avrebbe potuto giungere ad escludere il completamento del manufatto alla data del 31 dicembre 1993 “solo sulla scorta di un rigoroso accertamento documentale della consistenza del manufatto . . . nel caso di specie del tutto mancante”. Ed infatti, mentre “il privato è tenuto a fornire un principio di prova e dunque una ricostruzione verosimile dei fatti, non così la P.A. che, detenendo il potere nel corso del procedimento sostanziale, è tenuta invece alla piena prova degli elementi fattuali su cui si fonda la legittimità del proprio operato”. Inoltre, le fotografie di un manufatto prodotte in giudizio sono prive di elementi che “ne possano attestare la riferibilità non solo al ricorrente, ma alla stessa ubicazione nel Comune di Lecce della struttura”, e quanto risultante dalla descrizione operata dalla Polizia Municipale è insufficiente, poiché la stessa “si limita a descrivere l’immobile nei suoi elementi morfologici strutturali essenziali, senza nulla dire in ordine all’inesistenza di tompagnature laterali e . . . la presenza di impalcature del tetto è fatto fisiologico in un immobile lasciato a rustico”;

c) error in iudicando, poiché se l’immobile in questione non fosse già stato ultimato nelle sue strutture essenziali, tale da costituire un rustico, per un verso non sarebbe stato possibile calcolare con precisione gli oneri di oblazione dovuti; per altro verso, la Polizia Municipale non avrebbe potuto indicare i volumi abusivamente realizzati;

d) error in iudicando, essendo necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, conclusosi con l’adozione dell’ordinanza di demolizione..

1.4. Si è costituito in giudizio il Comune di Lecce, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

1.5. Con ordinanza 14 maggio 2015 n. 2456, questa Sezione ha disposto una verificazione volta ad accertare se il manufatto oggetto di giudizio “risultasse o meno ultimato al rustico alla data del 31 marzo 1995” e se esso sorga su area vincolata, precisandosi, in caso affermativo, la natura del vincolo.

La relazione afferente alla verificazione svolta è stata depositata in data 4 maggio 2016 e, in data 9 dicembre 2016, è stata depositata una relazione tecnica di parte, recante osservazioni alla stessa.

Infine, all’udienza pubblica di trattazione del 27 aprile 2017, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2.1. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

2.2. Risultano, innanzi tutto, infondati i motivi di appello, con i quali si lamenta l’omissione dell’invio della comunicazione di avvio del procedimento sia in relazione al diniego di condono edilizio, ancorché si tratti di procedimento con avvio ad istanza di parte (motivo sub lett. a) dell’esposizione in fatto), sia in relazione alla ordinanza di demolizione (motivo sub lett. d).

Come costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, in ragione del carattere vincolato dell’atto, non occorre alcun avviso di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l’ordine di demolizione della costruzione abusiva (es.: Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2013 n. 1085; sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4659; sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129; sez. IV, 23 gennaio 2012, n. 282 e 2 febbraio 2012, n. 615); così come, nel caso di diniego di concessione in sanatoria su istanza di condono, la successiva ordinanza di demolizione non è viziata per violazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990 in quanto, essendo stata adottata all’esito del procedimento avviato con istanza di condono dell’interessato, non si verte nell’ambito di applicazione dello stesso art. 7 (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4827; sez. III, 26 maggio 2009, n. 1458).

Inoltre, è stato affermato (Cons. Stato, sez. IV, 28 aprile 2017 n. 1968) che occorre escludere la violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990, laddove l’interessato riceve sostanziale comunicazione dell’avvio dei procedimenti sanzionatori a suo carico, previsti obbligatoriamente dalla legge, con la redazione del verbale di accertamento del fatto costituente illecito amministrativo, che è redatto in contraddittorio (o alla presenza) dell’interessato e che costituisce il primo atto di avvio di detti procedimenti.

Allo stesso modo, occorre escludere la necessità della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo tutte le volte che quest’ultimo è oggetto di avvio su istanza dell’interessato.

Ed infatti, la comunicazione di avvio è funzionale ad assicurare la partecipazione dell’interessato al procedimento, ove questi lo voglia; partecipazione che sarebbe altrimenti frustrata laddove il destinatario del provvedimento finale ed i controinteressati non fossero a conoscenza dell’avvio.

Tuttavia, nel caso in cui il procedimento venga avviato su istanza dell’interessato, quest’ultimo non può dirsi ignaro dell’avvio (peraltro, doveroso ai sensi dell’art. 2 l. n. 241/1990) e ben può quindi parteciparvi.

Né può giungersi a conclusione diversa argomentando dall’art. 8, co. 2, lett. c-ter l. n. 241/1990, il quale prevede, in relazione agli elementi da indicarsi nella comunicazione di avvio, che vada inserita “nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza”.

L’articolo in esame disciplina, in via generale, il contenuto della comunicazione di avvio e, poiché la stessa deve essere inviata anche ai controinteressati, prevede che li si informi della data di presentazione dell’istanza nei procedimenti ad istanza di parte, data che corrisponde al dies a quo di avvio del procedimento.

Per un verso, dunque, tale indicazione non può riferirsi al destinatario finale dell’atto, essendo nei suoi confronti un adempimento inutile, poichè questi è certamente a conoscenza della data di presentazione della propria istanza; per altro verso, ancor meno da tale indicazione può conseguirne una generale doverosità erga omnes di invio della comunicazione di avvio del procedimento.

3.1. Altrettanto infondato è il secondo motivo di appello (sub lett. b) dell’esposizione in fatto).

Occorre innanzi tutto ricordare che è pacifico in giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 2017 n. 463; 10 giugno 2014 n. 2960, e ulteriore giurisprudenza ivi richiamata) che l'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono, grava sul richiedente la sanatoria, dal momento che solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto e, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell'amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria

Non può essere, quindi, condiviso quanto sostenuto dall’appellante laddove afferma che mentre “il privato è tenuto a fornire un principio di prova e dunque una ricostruzione verosimile dei fatti, non così la P.A. che, detenendo il potere nel corso del procedimento sostanziale, è tenuta invece alla piena prova degli elementi fattuali su cui si fonda la legittimità del proprio operato”.

Nel caso del cd. condono edilizio, infatti, è il richiedente che versa in una situazione di illecito e che, se intende riportare alla “liceità” quanto abusivamente realizzato per il tramite dell’adozione da parte della pubblica amministrazione di una concessione edilizia in sanatoria, ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti e requisiti normativamente previsti.

Più in particolare, nel caso di specie occorre rilevare che l’appellante non ha fornito alcuna prova volta incontrovertibilmente ad attestare l’ultimazione dei lavori entro la data prevista per poter usufruire del condono edilizio.

Al contrario, il verbale di sopralluogo della polizia municipale del 13 settembre 1995 (e le fotografie allo stesso allegate), danno atto di un manufatto non ancora ultimato (“costruzione in corso d’opera”), in particolare privo di tompagnature.

Né è possibile revocare genericamente in dubbio la veridicità di quanto risultante dal verbale (ovvero delle fotografie allo stesso allegate) trattandosi di atto pubblico facente fede fino a querela di falso.

D’altra parte, anche la verificazione disposta da questa Sezione (v. in particolare, pagg. 13 – 16 relazione) accerta la non ultimazione del manufatto e la impossibilità di “asserire con certezza che il volume dell’edificio sia ben individuabile”.

3.2. L’accertata assenza dell’indispensabile presupposto del completamento del manufatto alla data prevista per il condono edilizio, in quanto elemento bastevole a sorreggere il diniego di sanatoria, rende, infine, ininfluente quanto accertato in verificazione in ordine alla natura del vincolo (“destinazione di piano”) e della sua inattualità (v. pag. 18 relazione).

4. Quanto innanzi affermato sorregge anche il rigetto del terzo motivo di appello (sub lett. c) dell’esposizione in fatto), con il quale si censura la sentenza sostenendo che se l’immobile in questione non fosse già stato ultimato nelle sue strutture essenziali, tale da costituire un rustico, per un verso non sarebbe stato possibile calcolare con precisione gli oneri di oblazione dovuti; per altro verso, la Polizia municipale non avrebbe potuto indicare i volumi abusivamente realizzati.

Trattasi, come è dato osservare, di una mera (e non comprovata) argomentazione deduttiva, che risulta smentita da quanto emergente dagli atti della Polizia municipale e dalla verificazione disposta.

5. Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, ad eccezione di quanto spettante al verificatore, per compenso e rimborso delle spese sostenute (di cui all’istanza del 14 aprile 2016), per i quali, posti a carico dell’appellante, si provvede con separato decreto collegiale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Del Coco Roberto (n. 9584/2007 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del costituito Comune di Lecce, delle spese ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida – in disparte quanto dovuto per la verificazione - in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Provvede con separato decreto collegiale alla determinazione di quanto dovuto al verificatore per onorario e rimborso delle spese sostenute, il cui pagamento è posto a carico dell’appellante.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza        Vito Poli