TAR Emilia Romagna (BO), Sez. I, n. 295, del 22 aprile 2013
Beni Ambientali.Autorizzazione paesaggistica e motivazione
L’autorizzazione paesaggistica non motivata equivale ad una inammissibile deroga al decreto di tutela. Considerato che la funzione dell’autorizzazione ex art. 151 del D. Lgs. 490/99 (già articolo 7 della legge 1497/1939) è appunto quella di verificare la compatibilità dell’opera che si intende realizzare con l’esigenza di conservazione dei valori paesistici protetti dal vincolo e non essendo quindi concesso in sede autorizzatoria di derogare all’accertamento di detti valori contenuto nel relativo provvedimento, una valutazione di compatibilità che si traduca in una obiettiva deroga al vincolo stesso si risolve in un’autorizzazione illegittima. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00295/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00846/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 846 del 2004, proposto da:
Ercolani Maria, rappresentata e difesa dall'avv. Luigino Biagini, con domicilio eletto presso Luciana Petrella in Bologna, via Marsili 15;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;
Comune di Rimini;
per l'annullamento
- del decreto del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il paesaggio per le Province di Ravenna- Ferrara- Forlì/Cesena- Rimini, emesso in data 29/12/2003 , notificato in data 19/03/2004, di annullamento del provvedimento prot. n. 196136 del Comune di Rimini, del 29/10/2003, contenente l'autorizzazione ex art. 151 D.lgs. n. 490/1999 relativamente all'istanza di concessione in sanatoria presentata ai sensi dell' art. 31 L. 47/85 per opere ubicate in Rimini.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2013 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Oggetto del ricorso sono il D.S. 29.12.2003 e il D.S. 30.12.2003 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, recanti annullamento di autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dal Comune di Rimini il 29.10.2003, a sanatoria di opere abusivamente realizzate in zona assoggettata a tutela ambientale.
Resiste l’Amministrazione.
Con il primo motivo, la ricorrente sostiene che la Soprintendenza avrebbe illegittimamente espresso una propria valutazione di merito contrapponendola a quella del Comune di Rimini, con ciò esorbitando dai limiti del controllo di mera legittimità del provvedimento ed incorrendo in vizio di motivazione.
Le opere oggetto delle autorizzazioni rilasciate dal Comune di Rimini e annullate dalla Soprintendenza consistono nella realizzazione di manufatti adibiti ad attività di impresa: un deposito con tre pilastri in legno poggianti su soletta in calcestruzzo, con travatura lignea portante copertura a due falde; una tettoia con struttura parte lignea e parte in muratura laterizia e copertura in onduline; un ripostiglio con struttura in legno e profilato metallico, parimenti coperto da lastre di onduline.
La censura è infondata.
I decreti impugnati rientrano pienamente nei limiti del potere di annullamento del Soprintendente come definiti dalla giurisprudenza amministrativa, a partire dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 14 dicembre 2001, e recentemente ribaditi da questa Sezione con sentenza 24 gennaio 2005, n. 81; nel senso che detto potere può esercitarsi soltanto per motivi di legittimità, ivi compreso il difetto di motivazione o di istruttoria, nonché l’eccesso di potere sotto ogni profilo.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente è infatti l’autorizzazione comunale a rivelarsi del tutto illegittima, in quanto non motivata sulla compatibilità paesaggistica – ambientale.
L’autorizzazione è stata concessa “poiché la consistenza planivolumetrica di dette opere e la tipologia costruttiva delle stesse……non paiono in grado di arrecare pregiudizio ai caratteri naturali distintivi del luogo che sono oggetto di tutela, né di alterarne la percezione visiva”.
Il carattere tautologico e la totale apoditticità dell’affermazione sono evidenti.
Trattasi di un generico modulo motivazionale elaborato dal Comune di Rimini per innumerevoli casi di sanatoria sui quali si è espresso, nonostante l’ovvia diversità degli abusi (cfr. ad esempio la motivazione adottata nel provvedimento di cui ai ricorsi n. 272/04 e n. 614/04 respinti con sentenze n. 578/2012 e n. 555/2012, nonché di cui al ricorso n. 273/04, oggi posto in decisione) e a prescindere dal bene tutelato, appartenente al paesaggio fluviale come nel caso di specie, ovvero al litorale marittimo, come negli altri casi.
L’autorizzazione paesaggistica è in palese contrasto con i principi enunciati in materia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. ad es. sez. VI, 20 maggio 2005, n. 2546 e 18 marzo 2004, n. 1434), la quale ha statuito che l’autorità delegata:
a) deve effettuare le proprie valutazioni in coerenza con le previsioni del vincolo;
b) deve manifestare piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere e dalla visibilità dell’intervento nel contesto ambientale;
c) deve motivare l’autorizzazione in modo tale da fare emergere l’apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti e la non manifesta irragionevolezza della scelta di prevalenza di un valore diverso da quello tutelato in via primaria.
La mancata osservanza di tali principi si traduce <in un radicale vizio di legittimità dell’autorizzazione in termini di eccesso di potere per difetto di motivazione e sviamento dalla causa tipica, poiché….invece di gestione del vincolo, si verifica di fatto la deroga alla sua efficacia (così, T.A.R. Liguria, sez. I, 5 novembre 2005, n. 1430)> (cfr. in questi termini, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 30 dicembre 2006, n. 3362).
La Soprintendenza non ha esorbitato dal potere di controllo di tale legittimità.
Attiene infatti alla sua legittimità la considerazione dell’autorizzazione in rapporto alle esigenze di tutela paesistica: essendo scopo dell’autorizzazione quello di amministrare il paesaggio garantendo la conservazione dei valori oggetto di tutela, essa è affetta da un vizio funzionale allorchè consenta trasformazioni del territorio senza valutare il mantenimento del pregio ambientale.
“La rilevazione degli elementi di fatto e la loro correlazione con i valori vincolati, compiuta in sede di “estrema difesa del vincolo”, non attiene alla opportunità dell’azione amministrativa, bensì alla ricognizione degli elementi da porre a base della valutazione di legittimità: sicchè è erroneo confondere una tale rilevazione con il merito dell’atto amministrativo, che attiene alla discrezionalità delle scelte amministrative”. (C.d.S., Sez. II, pareri nn. 898/97 e 899/97 del 22.4.1998; n. 1864/98 del 18.11.1998; n. 661/98 del 27.1.1999; 23.6.1999, n. 1104/99).
E’ legittimo l’annullamento fondato sulla mera constatazione che l’autorità comunale non ha realmente ed effettivamente valutato la turbativa causata sul contesto ambientale tutelato.
Tale annullamento si fonda infatti su “rilievi che, non solo costituiscono motivazione sufficiente e puntuale del provvedimento, in quanto danno adeguata contezza dei vizi accertati, ma sono certamente esercizio non di una valutazione del merito della determinazione comunale…sibbene di un controllo di mera legittimità, in quanto relativi a forme tipiche di eccesso di potere quali il difetto di presupposto e la carenza di motivazione” (v. Cons. Stato, Ad. Plen. 7.6.1999, n. 20).
Esso “rientra pienamente nei limiti del potere di annullamento del Soprintendente, così come definiti dalla giurisprudenza amministrativa, a partire dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 14 dicembre 2001 e recentemente ribaditi da questa Sezione con la sentenza 24 gennaio 2005, n. 81: nel senso che detto potere può riguardare soltanto motivi di (il)legittimità, ivi compreso il difetto di motivazione o di istruttoria nonché l’eccesso di potere sotto ogni profilo” (cfr. in questi termini, T.A.R. Bologna, sentenza 22 marzo 2005, n. 431).
Il rilascio di una immotivata autorizzazione paesaggistica equivale a revoca o deroga della tutela, al contrario di quanto ritenuto dalla ricorrente.
E’ enunciazione costante della giurisprudenza amministrativa quella per la quale l’autorizzazione paesaggistica non motivata equivale ad una inammissibile deroga al decreto di tutela, causa “il mancato assolvimento della funzione dell’autorizzazione paesistica traducendosi quella concessa in un’obiettiva deroga al vincolo stesso…la violazione di legge in cui è incorso l’atto annullato nel disporre una sostanziale deroga al vincolo, e, in definitiva, l’aver omesso la stessa valutazione di compatibilità dell’intervento con il vincolo in questione” (cfr. in questi termini Cons. Stato, Sez. VI, 27.4.2006, n. 2831);
“considerato che la funzione dell’autorizzazione ex art. 151 del D. Lgs. 490/99 (già articolo 7 della legge 1497/1939) è appunto quella di verificare la compatibilità dell’opera che si intende realizzare con l’esigenza di conservazione dei valori paesistici protetti dal vincolo e non essendo quindi concesso in sede autorizzatoria di derogare all’accertamento di detti valori contenuto nel relativo provvedimento, una valutazione di compatibilità che si traduca in una obiettiva deroga al vincolo stesso si risolve in un’autorizzazione illegittima” (cfr. T.A.R. Bologna, Sez. II, n. 30.12.2006, n. 3369; id. T.A.R. Bologna, Sez. II, n. 17.6.2008, n. 2503; nonché, in un precedente del tutto analogo, T.A.R. Bologna, Sez. II, 21 aprile 2011, n. 394).
Nella fattispecie, la Soprintendenza:
- ha descritto il contenuto delle autorizzazioni comunali (cfr. 11° capoverso dei provvedimenti impugnati);
- ha dato atto dei vincoli insistenti sull’area interessata (cfr. secondo “considerato”);
- ha descritto i beni tutelati, cioè l’oggetto e le ragioni della tutela stessa (cfr. terzo “considerato”);
- ha descritto l’abuso che avrebbe dovuto essere oggetto della valutazione di compatibilità da parte della autorità comunale (quarto “considerato”);
- ha concluso che tale motivata valutazione è mancata, risolvendosi quindi l’autorizzazione in una deroga (illegittima) al vincolo (sesto e settimo “considerato”).
Tale conclusione, atteso il già rilevato carattere apodittico e tautologico del parere di compatibilità, non può che essere condivisa.
Dunque la Soprintendenza, annullandolo per tale assorbente motivo, si è pienamente conformata agli enunciati principi e limiti del suo potere (eventuali ulteriori valutazioni attinenti il merito, ove presenti, sarebbero ultronee rispetto al fondamento giuridico dell’annullamento, ed irrilevanti).
Con il secondo motivo, parte ricorrente censura l’impugnato provvedimento per violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, cioè per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo.
La censura è infondata stante l’espressa avvertenza, in calce alle autorizzazioni comunali, circa l’invio all’autorità di controllo per l’eventuale esercizio del potere di annullamento.
Il ricorso è respinto.
Le spese sono compensate in via equitativa per il carattere interpretativo della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere, Estensore
Italo Caso, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)