Consiglio di Stato Sez. IV n. 3643 del 17 agosto 2016
Urbanistica.Destinazione a verde agricolo di un'area

La destinazione a verde agricolo di un'area, stabilita da un PRG, non implica per forza che essa soddisfi in modo diretto ed immediato gli interessi agricoli, potendosi giustificare con le esigenze di un ordinato governo del territorio. Tra queste ultime rientra pure la necessità d’impedire un'ulteriore edificazione o un congestionamento delle aree, affinché si mantenga l’equilibrato rapporto quantitativo tra aree libere ed edificate o industriali e si realizzino i bisogni collettivi di maggior vivibilità dello spazio urbano, se del caso mercé la contrazione dell’illimitata espansione edilizia.


Pubblicato il 17/08/2016

N. 03643/2016REG.PROV.COLL.

N. 00255/2007 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 255/2007 RG, proposto da Elena e Luisa Ferraris e da Maria Augusta Chiavarini in Allevi, rappresentate e difese dall'avv. Mario Busiri Vici, con domicilio eletto in Roma, viale G. Mazzini n.11, presso l’avv. Di Rienzo,

contro

il Comune di Perugia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Cartasegna, con domicilio eletto in Roma, via Maria Cristina n. 8, presso l’avv. Gobbi,

per la riforma

della sentenza del TAR Umbria n. 497/2006, resa tra le parti e concernente l’approvazione della variante al PRG di Perugia;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viso l’atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 14 luglio 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Paolo Stella Richter (per delega di Busiri Vici) e Cartasegna;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Le sigg. Elena e Luisa Ferraris e da Maria Augusta Chiavarini in Allevi dichiarano d’esser tutte proprietarie di taluni terreni siti in Perugia, loc. Piscille e ricadenti, in base al vecchio PRG, in parte in zona residenziale di espansione C6, in parte in zona per attrezzature e servizi pubblici di quartiere PPU e, per la restante parte, a zona gioco e sport.

Inoltre tali aree erano state sì comprese nell’ambito d’un vecchio PEEP approvato nel 1965, ma da tempo divenuto inefficace per scadenza del termine di diciotto anni, senza che esse avessero trovato attuazione edificatoria. Sicché la sig. Ferraris e consorti nel 1996 proposero al Comune un progetto di lottizzazione delle aree stesse, per una complessiva cubatura di mc 40.000.

Nelle more, intervenne però la deliberazione n. 158 del 17 novembre 1997, con la quale il Consiglio comunale di Perugia individuò gli indirizzi per la redazione del nuovo PRG, disponendo tra l’altro: a) – la riduzione del contesto edificabile, specie nelle zone di espansione e le aree PEEP rimaste inattuate; b) – la riclassificazione a zona agricola delle c.d. “aree di margine”, site sì nell’edificato urbano, ma a diretto contatto con l'extraurbano; c) – la trasformazione e riqualificazione urbanistica degli insediamenti edilizi esistenti, specie se abbandonati o inutilizzati; d) – l'incentivazione dello sviluppo turistico della zona a nord della città, specialmente nelle aree limitrofe alle grandi vie di comunicazione (p. es., la strada E45).

2. – Sulla scorta anche di tali indirizzi, fu redatto il nuovo PRG.

Sicché i terreni della sig. Ferraris e consorti, già coinvolti da un PEEP inattuato e posti al margine dell'aggregato urbano, furono interamente riclassificati. Essi ricaddero così in zona agricola Eb, all’interno di un ambito di interesse paesaggistico, ambientale e storico AIPAS, con una cubatura assentibile pari a mc 5/ha. Per contro, l’attiguo sedime delle ormai dismesse e abbandonate Fornaci Briziarelli fu classificato area esterna di riqualificazione Ae.r. 1, mentre quello viciniore, contiguo alla superstrada E45, fu collocato nell’area per insediamenti ricettivi all'area aperta IRV.

La sig. Ferraris e consorti proposero allora un’osservazione al predetto PRG, al fine di rendere pur sempre edificabili tali terreni, perché contigui a quelli comunque così riclassificati, coinvolti nel progetto di lottizzazione e privi d’ogni connotazione agricola o interesse ambientale, ma il Comune la disattese.

Il PRG fu poi approvato in via definitiva con la delibera consiliare n. 83 del 24 giugno 2002.

3. – Avverso il PRG, il rigetto dell’osservazione citata e la delibera di adozione n. 60/1999, la sig. Ferraris e consorti insorsero innanzi al TAR Umbria, con il ricorso n. 498/2002 RG. Esse dedussero al riguardo: 1) – il difetto di motivazione del rigetto dell’osservazione; 2) – la violazione d’ogni legittimo affidamento, stante la drastica modifica delle destinazioni per aree prive di caratteristiche agricole o ambientali e vocate invece all’espansione dell’abitato; 3) – lo sviamento sotteso alla nuova destinazione, in pratica rivolta ad impedire ogni reale possibilità di edificazione; 4) – l’ingiustizia manifesta d’una tal scelta, rispetto a quella, ben più favorevole, per le aree attigue ed in contrasto con le destinazioni AIPAS.

L’adito TAR, con sentenza 497 del 3 ottobre 2006, respinse la pretesa attorea, poiché già da tempo erano state fissate dette linee-guida per la redazione del PRG anche per diradare l’edificato, né vi fu alcun serio affidamento delle ricorrenti per il sol fatto della presentazione del citato progetto di lottizzazione (quand’anche “indotta” dal Comune), ferma comunque la sussistenza della vocazione agricola delle predette aree.

Appellarono quindi la sig. Ferraris e consorti, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per le stesse articolate ragioni dedotte in primo grado. Resiste in giudizio il Comune intimato, che conclude per il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 14 luglio 2016, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

4. – L’appello è infondato e va respinto.

È da condividere anzitutto l’osservazione del Comune intimato, laddove precisa che le appellanti non impugnarono, né contestarono affatto la delibera consiliare n. 158/1997, seppur espressamente richiamata dalla delibera consiliare n. 83/2002. Con la delibera n. 158, il Comune pose gli indirizzi per il nuovo PRG, sì da conformare in modo preciso non solo la riduzione dell’edificabilità delle aree d’espansione non ancora costruite e di quelle PEEP non utilizzate, ma pure il trattamento dei terreni contigui a quelli attorei (o per ragioni di ristrutturazione urbanistica o per incentivare taluni tipi di insediamenti turistici). Sicché tali regole, poi in concreto attuate dal PRG anche nel fissare la destinazione urbanistica sia dei terreni attorei, sia di quelli viciniori, si son così consolidate in capo alle appellanti, in quanto in parte qua il PRG stesso vi si adeguò. E ciò almeno per ciò che riguardò il principio di diradamento dell’edificato per le aree comunque non più utilizzate, nonché quello in ordine all’assoggettamento al regime delle aree c.d. “a margine”.

Scolorano così le questioni poste dalle appellanti sulla natura agricola dei terreni attorei, ormai non più revocabile in dubbio, più o meno congruente rispetto al loro stato di fatto.

Invero è jus receptum (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 16 aprile 2010 n. 2166; id., 16 gennaio 2012 n. 119; id., V, 9 settembre 2013 n. 4472; VI, 27 novembre 2014 n. 5886) che la destinazione a verde agricolo di un'area, stabilita da un PRG, non implica per forza che essa soddisfi in modo diretto ed immediato gli interessi agricoli, potendosi giustificare con le esigenze di un ordinato governo del territorio. Tra queste ultime rientra pure la necessità d’impedire un'ulteriore edificazione o un congestionamento delle aree, affinché si mantenga l’equilibrato rapporto quantitativo tra aree libere ed edificate o industriali e si realizzino i bisogni collettivi di maggior vivibilità dello spazio urbano, se del caso mercé la contrazione dell’illimitata espansione edilizia. Tutto ciò non determina né veri e propri insediamenti agricoli nuovi, né puntigliose verifiche sulla reale vocazione delle aree stesse allo sfruttamento produttivo agricolo. In disparte, quindi, la circostanza che i terreni attorei fossero contigui ad aree coltivate e non possedessero vocazioni edificatorie in sé (foss’anche quella più volte ribadita di “congiunzione” tra la città ed il centro abitato di Ponte S. Giovanni), la scelta, che il PRG attuò e non assunse, di assegnare a detti terreni una destinazione agricola, prese le mosse dal bisogno di sottrarre parte del territorio comunale a nuove edificazioni e d’imprimervi altre e diverse soluzioni urbanistiche. Si trattò d’una valutazione discrezionale, in sé non arbitraria o meramente discriminatoria e, come tale, non sindacabile in questa sede di legittimità.

5. – Di ciò il TAR diede buona contezza, sia rammentando i principi fermi nella giurisprudenza in materia (anche in ordine all’aspettativa o affidamento qualificato opponibili alle nuove scelte urbanistiche, nonché ai limiti dell’espansione edilizia), sia escludendo l’esistenza di dati certi che le odierne appellanti avrebbero potuto far constare contro le predette scelte.

Infatti, deve il Collegio condividere quanto dice il TAR circa l’inopponibilità a queste ultime del progetto di lottizzazione, pur se fosse stato suggerito dal Comune, non avendo raggiunto un livello di definizione tale da determinarne la conclusione. Anche in questa sede, il Collegio deve ricordare un recente arresto della Sezione (cfr. Cons. St., IV, 14 maggio 2015 n. 2453) il quale ribadisce, in perfetta continuità con quelli citati dal TAR, che la destinazione data alle singole aree da un PRG non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, a ciò bastando l'espresso richiamo alla relazione di accompagnamento al progetto di questo. Le uniche evenienze, che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono, per quel che qui più interessa, le lesioni all'affidamento qualificato del privato, derivanti da convenzioni di lottizzazione, nella specie mai definite e formalizzate tra le parti.

Ebbene e fermo restando che le appellanti, come non lo fecero in primo grado, non possono qui far constare l’irrazionalità in sé d’una scelta che il PRG attuò e non statuì, i dati fattuali della vocazione agricola dei loro terreni, come s’è già visto, si appalesano manifestamente irrilevanti. Inoltre, questi ultimi, lo dicono le stesse appellanti, non avrebbero alcun pregio ai fini produttivi e del reddito agricolo e sarebbero marginali, cose, queste, che rientrano proprio nella definizione che il PRG diede alle zone Eb. Tanto non volendo considerare che tal destinazione si mosse su un piano logico distinto da quella AIPAS, la quale, al di là del maggior o minor pregio agricolo dell’area coinvolta, mirò ad attuare forme di tutela conservativa delle emergenze storiche, paesaggistiche ed ambientali eventualmente colà esistenti.

È appena da osservare, a confutazione del preteso obbligo “rinforzato” di motivazione per esser il compendio attoreo intercluso tra aree edificate in modo non abusivo, che tal vicenda non è una modificazione singolare della posizione di detti terreni, ma la risultante dell’applicazione congiunta, all’intero comparto, di tre regole (verde agricolo, recupero urbanistico di area industriale dismessa, incentivazione agli insediamenti turistici) modificative della previgente destinazione edificatoria espansiva mai attuata ed ora bisognevoli dell’attuazione del diradamento dell’edificato.

Ed è parimenti da soggiungere che non si verificano sviamento o ingiustizia manifesta a causa di tal applicazione alle aree contermini al compendio attoreo. Infatti, per il terreno ove sorgevano le ex-fornaci Briziarelli (classificato area esterna di riqualificazione), si previde sì la ristrutturazione di tale complesso, ma non anche una nuova volumetria, se non previa rimozione d quegli edifici colà esistenti e non meritevoli di conservazione, donde l’assenza di uno sviluppo edificatorio in aggiunta al recupero. Quanto, poi, alle aree destinate ad insediamenti ricettivi all'aria aperta IRV, per quella limitrofa al compendio attoreo fu sì stabilito il beneficio d’una volumetria complessiva ammissibile non superiore a mc 2.000 /ha, con altezza massima di m 3,50, ma sol perché essa, diversamente da quelle delle appellanti, ricadeva nelle immediate vicinanze della superstrada E45. Dal che l’evidente impossibilità di porre legittimi e razionali paragoni tra queste tre diverse realtà urbanistiche.

6. – Infine ed alla luce di quanto fin qui detto, neppure coglie nel segno la doglianza sul difetto di motivazione circa il rigetto della osservazione attorea al PRG in itinere.

Anzitutto, anche in questo caso il Collegio deve rammentare la prevalente giurisprudenza (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 16 ottobre 2006 n. 6172; id., 18 giugno 2009 n. 4024; id., 16 aprile 2010 n. 2166; id., 11 settembre 2012 n. 4806; id., VI, 4 novembre 2013 n. 5292; id., IV, 18 novembre 2013 n. 5453; id., 10 giugno 2014 n. 2973; id., 2 febbraio 2016 n. 378), secondo cui le osservazioni formulate dai proprietari interessati costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative. Pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del PRG.

Per il resto, il TAR, oltre a fornire un chiaro richiamo ai principi testé citati e già da tempo fermi in giurisprudenza, dà pure un’adeguata ricostruzione delle ragioni per le quali il trattamento dei terreni attorei non è assimilabile a quelli delle aree confinanti.

7. – In definitiva, l’appello va rigettato. Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 255/207 RG in epigrafe), lo respinge.

Condanna le appellanti al pagamento, a favore del Comune resistente e costituito, delle spese del presente giudizio, che sono liquidate in complessivi € 5.000,00 (Euro cinquemila/00), oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 luglio 2016, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Andrea Migliozzi, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Silvestro Maria Russo        Filippo Patroni Griffi
         
         
         
         
         

IL SEGRETARIO