Consiglio di Stato Sez. VII n. 8904 del 13 novembre 2025
Urbanistica.Esclusione della natura sanante alle forme di fiscalizzazione edilizia

Va escluso che l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva alla demolizione abbia effetto sanante sul piano della conformità urbanistico-edilizia dell’immobile realizzato in assenza di titolo in assenza di una previsione espressa di legge. La sanatoria si fonda infatti su un accertamento che non è ricavabile dalla fiscalizzazione dell’abuso, ovvero dal suo mantenimento previo pagamento di una sanzione pecuniaria sostitutiva di quella ripristinatoria (segnalazione Ing. Carlo Pagliai).

Pubblicato il 13/11/2025

N. 08904/2025REG.PROV.COLL.

N. 09399/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9399 del 2023, proposto dal condominio Palazzo di Martino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ippolito Matrone, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;

contro

Comune di Boscoreale, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sede di Napoli (sezione terza), del 2 maggio 2023, n. 2646


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti la memoria conclusionale e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2025 il consigliere Fabio Franconiero e uditi gli avvocati delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La vicenda controversa trae origine dalla licenza edilizia n. 114/67 dell’8 agosto 1968 del Comune di Boscoreale, con la quale veniva autorizzava la realizzazione in via Mario Pagano di un fabbricato per civili abitazioni composto da cinque piani fuori terra (per complessivi vani utili 60 ed accessori 42 e 10 negozi), oggi costituito nel condominio odierno appellante.

2. Accadeva tuttavia che il titolo ad edificare era revocato, con atto comunale in data 15 luglio 1969, prot. n. 6240, e nondimeno nell’ottobre dello stesso anno i lavori venivano avviati e poi portati a conclusione nel 1971. L’amministrazione comunale chiedeva pertanto al competente Provveditorato alle opere pubbliche l’abbattimento della costruzione, benché ne avesse in precedenza utilizzato alcuni locali per una scuola materna.

3. Sennonché in luogo della demolizione il medesimo ente locale ingiungeva al costruttore il pagamento sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 41, comma 2, legge urbanistica, 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall’art. 13 legge 6 agosto 1967, n. 765, con provvedimento in data 28 ottobre 1977, adottato sulla base della stima di valore dell’immobile da parte dell’UTE, in lire 433.000.000. In seguito era rilasciata l’abitabilità (con provvedimento comunale del 30 maggio 1980, n. 7206).

4. Per contro, veniva negata la conformità urbanistica dell’immobile, sul presupposto che la sanzione pecuniaria irrogata, e comunque non pagata, non ha valore sanante dell’abuso realizzato (determinazione prot. n. 13940 del 26 maggio 2022).

5. Il conseguente ricorso proposto dal condominio contro quest’ultima determinazione, davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sede di Napoli, era da questo respinto con la sentenza i cui estremi sono indicati in intestazione.

6. La pronuncia di primo grado statuiva che in assenza di un’espressa attribuzione di efficacia sanante la sanzione pecuniaria applicata in alternativa all’ordinanza di demolizione delle opere abusive, ai sensi della sopra citata disposizione della legge urbanistica, «ha natura prevalentemente riparatoria, e non strettamente ripristinatoria», e il suo assolvimento «se esclude che le opere edilizie abusive possano essere legittimamente demolite, non ne rimuove il carattere antigiuridico, né tanto meno legittima il compimento di ulteriori lavori in difformità o in assenza del prescritto titolo abilitativo», in assenza di un formale titolo in sanatoria. In contrario - ha aggiunto la pronuncia di primo grado - non ha inoltre rilievo il rilascio del certificato di abitabilità, «preordinato esclusivamente alla tutela dell’igiene, della salubrità e della sicurezza dell’edificio», laddove «la verifica di conformità edilizia da esso presupposta è funzionale al rilascio dell’agibilità e, quindi, è svolta nei limiti necessari ad inferire l’assentibilità di quest’ultima».

7. Contro la sentenza i cui contenuti motivazionali possono così essere sintetizzati il condominio ricorrente ha proposto appello.

DIRITTO

1. L’appello censura la sentenza di rigetto del ricorso per violazione dell’art. 41 della legge urbanistica. Si sostiene al riguardo che non sarebbe decisivo il fatto comma 2 della disposizione ora citata non correli in modo espresso alcun effetto di sanatoria al pagamento della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria. In contrario viene ricordato che il comma 3 estende la conversione della sanzione al caso «di annullamento della licenza» e che in ragione della facoltà di scelta riconosciuta all’amministrazione la giurisprudenza amministrativa ha elaborato il concetto di verifica di conformità urbanistica posto a fondamento dell’istituto della sanatoria edilizia. Più nello specifico, l’effetto di sanatoria sarebbe ricavabile dalla valutazione discrezionale sottesa all’alternativa alla demolizione data dalla sanzione pecuniaria. Di esso - si aggiunge - nel caso di specie vi sarebbero i presupposti, dal momento che all’epoca della sua realizzazione il fabbricato condominiale ricadeva in zona edificabile del Comune di Boscoreale, come evincibile dal fatto che per esso è stato in origine rilasciato il titolo a costruire.

2. Quanto all’attuale assetto normativo, l’appello rileva che l’istituto della fiscalizzazione è ora positivizzato dall’art. 38 del testo unico dell’edilizia di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380, con il medesimo effetto di sanatoria, in continuità con l’art. 41 della legge urbanistica, come modificato dalla sopra richiamata legge 6 agosto 1967, n. 765. Nella medesima direzione si segnala l’istituto di applicazione generalizzata, e dunque al di fuori dello specifico caso di annullamento del titolo ad edificare, dell’accertamento di conformità, introdotto dapprima dell’art. 13 della legge sul primo condono edilizio, 28 febbraio 1985, n. 47, ed oggi previsto all’art. 36 dell’ora citato testo unico di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380. La sentenza di primo grado sarebbe dunque erronea perché avrebbe attualizzato il sistema sanzionatorio in allora vigente al sistema fiscalizzazione dell’abuso «completamento sconosciuto negli anni ’60, e dunque slegato dal regime normativo applicabile a quell’epoca».

3. Nel medesimo senso della legittimità dell’edificio comunale deporrebbe nel caso di specie il rilascio del certificato di abitabilità e di inizio e fine lavori per uso sgravio imposte.

4. Le censure sono infondate.

5. Dirimente è innanzitutto il fatto che il preteso effetto di sanatoria urbanistico-edilizia derivante dall’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva della demolizione è impedito dal suo mancato pagamento, come accertato dalla sentenza di primo grado, con statuizione non censurata a mezzo del presente appello. Difetta dunque in radice un elemento costitutivo del preteso effetto di sanatoria, dato appunto dal pagamento della sanzione per l’abuso accertato, come si evince per il diverso caso dell’annullamento del titolo ad edificare dal citato art. 38 del testo unico dell’edilizia, il cui comma 8 è così formulato: «(l’)integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36».

6. Peraltro, un analogo effetto di sanatoria non è previsto dall’art. 41 della legge urbanistica, che pure al comma 3 estende l’istituto della conversione della sanzione demolitoria in sanzione pecuniaria al caso dell’annullamento del titolo ad edificare. Come statuito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con sentenza del 7 settembre 2020, n. 17, per questa seconda ipotesi l’attuale disciplina della sorte della costruzione realizzata in base ad un titolo annullato è circoscritta al caso di vizi di carattere formale o procedimentale, e con esclusione di quelli «relativi all’insanabile contrasto del provvedimento autorizzativo con le norme di programmazione e regolamentazione urbanistica» (così la sentenza ora richiamata). L’effetto di sanatoria è dunque consentito unicamente nel caso di accertata conformità urbanistica del titolo edilizio illegittimo e nondimeno annullato per ragioni di carattere formale e/o procedimentale, antitetiche a quelle invece incidenti sul profilo sostanziale in questione.

7. Ne deriva che la sentenza va confermata anche nella parte in cui, sotto il profilo generale, ha escluso che l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva alla demolizione abbia effetto sanante sul piano della conformità urbanistico-edilizia dell’immobile realizzato in assenza di titolo, come nel caso di specie, in assenza di una previsione espressa di legge. La sanatoria si fonda infatti su un accertamento che non è ricavabile dalla fiscalizzazione dell’abuso, ovvero dal suo mantenimento previo pagamento di una sanzione pecuniaria sostitutiva di quella ripristinatoria.

8. L’accertamento in questione può a sua volta essere demandato alla sede amministrativa o previsto dalla legge. Come rileva l’appello, il primo caso è quello dell’istituto dell’accertamento di conformità, introdotto dall’art. 13 della legge sul primo condono edilizio, 28 febbraio 1985, n. 47, e ora previsto dall’art. 36 del testo unico di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380.

9. Con specifico riguardo al caso di specie, pacifica la mancanza nell’art. 41 della legge urbanistica di elementi testuali in questo senso, non è condivisibile l’assunto secondo cui l’effetto di sanatoria sarebbe insito nell’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva a quella demolitoria, ed in particolare nell’antitesi tra carattere vincolato di quest’ultima e valutazione discrezionale a base della prima, in sostituzione della seconda. La discrezionalità esercitata dall’amministrazione in questa ipotesi attiene infatti ai presupposti per non dare corso alla demolizione, malgrado l’accertato abuso edilizio. Più precisamente, ai sensi degli artt. 33 e 34 del testo unico dell’edilizia, l’alternativa è consentita nei casi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità e della parziale difformità dal permesso di costruire, e postulano che sia accertata rispettivamente l’impossibilità di demolizione o il pregiudizio per la parte non difforme.

10. Non è pertanto corretto desumere un effetto di sanatoria dal regime di alternatività delle sanzioni, il quale, peraltro, presuppone sul piano logico-giuridico l’identica natura dei due interventi repressivi, ma che come finora rilevato non si estende al diverso presupposto della conformità urbanistica, necessario invece per la sanatoria edilizia.

11. Nella medesima direzione va considerato che la sanzione pecuniaria opera in funzione del recupero del costo di costruzione che a suo tempo si sarebbe dovuto corrispondere per l’incremento del carico urbanistico derivante dalla realizzazione dell’opera edilizia, e dunque della compartecipazione comunale all’incremento di ricchezza con esso ottenuto. La sanzione viene pertanto applicata per il “fatto compiuto” dell’esistenza di una costruzione priva di titolo e va a colpire il «valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite», ai sensi dell’art. 41, comma 2, della legge urbanistica. In termini analoghi si pongono i già citati artt. 33 e 34 del testo unico dell’edilizia, nei quali la sanzione sostitutiva è commisurata, rispettivamente, all’«aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere» e al «costo di produzione (…) della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire» o al «valore venale», a seconda della destinazione d’uso.

12. Ma rispetto alla prestazione patrimoniale pubblicistica così imposta, costituisce un quid ontologicamente diverso la verifica di conformità urbanistico-edilizia dell’opera stessa, che se svolta in via postuma rispetto alla sua realizzazione ne determina la sanatoria sotto il profilo in questione. In questo diverso caso, ai sensi dell’art. 36, comma 2, del testo unico dell’edilizia, è previsto il pagamento del contributo di costruzione, comprensivo dunque della quota di oneri di urbanizzazione, rispettivamente in misura singola o doppia a seconda dell’ipotesi di permesso di costruire gratuito o oneroso. Come noto, nell’ambito dell’onerosità del permesso di costruire questa diversa voce ha infatti la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sull’area, a causa della consentita attività edificatoria. Essa dunque presuppone che la costruzione realizzata in assenza di titolo sia comunque conforme agli strumenti urbanistici vigenti.

13. In questo caso la disposizione ora citata prevede il pagamento del contributo «a titolo di oblazione», la quale costituisce lo strumento normativamente imposto per la regolarizzazione dell’abusivismo edilizio, ovvero per il rilascio postumo del titolo, quale conseguenza dell’avvenuta verifica di conformità urbanistico-edilizia. Il testuale riferimento all’oblazione denota la natura di illecito e la sua funzione sanzionatoria, la quale è ricavabile dal fatto che il contributo di costruzione a questo titolo dovuto per effetto del rilascio del titolo in sanatoria è doppio rispetto a quello che si sarebbe versato se l’abuso medesimo non fosse stato commesso. A fronte del fatto che secondo la sequenza procedimentale tipica il titolo edilizio avrebbe dovuto dovrebbe precedere la realizzazione dell’opera, se ne ammette un’inversione, attraverso un accertamento a posteriori che le condizioni per il rilascio del titolo erano sussistenti e tuttora lo sono, secondo il principio della doppia conformità, oggi sancito con carattere di generalità dall’art. 36 del testo unico dell’edilizia.

14. Per contro, nel diverso caso di sanzione sostitutiva alla demolizione gli oneri inerenti alla costruzione dell’opera e al carico urbanistico così determinatosi trovano il loro fondamento in una costruzione che viene mantenuta malgrado il suo carattere abusivo. L’applicazione della sanzione non implica pertanto alcuna verifica di conformità ai sensi della disposizione del testo unico dell’edilizia da ultimo richiamata e conseguentemente non richiede il pagamento degli oneri di urbanizzazione.

15. Inoltre, diversamente da quanto suppone il condominio appellante (in memoria conclusionale), la verifica di conformità derivante dalla fiscalizzazione dell’abuso non è ricavabile dall’art. 9-bis del testo unico dell’edilizia, come modificato dal decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 (recante Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica; convertito dalla legge 24 luglio 2024, n. 105). Gli assunti si concentrano sulla previsione in base alla quale l’immobile è «legittimato» sul piano urbanistico-edilizio dai seguenti titoli: «rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34-ter, 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni»; ed inoltre dal «pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis».

16. Sennonché, le ipotesi richiamate presuppongono per un verso l’avvenuto pagamento delle sanzioni, laddove ciò pacificamente non è avvenuto, come sopra accerto, per cui va ribadito quanto ivi esposto. Per altro verso, le medesime ipotesi attengono a casi diversi da quelli su cui si controverte: in particolare l’art. 34-ter è relativo a casi particolari di parziale difformità dal titolo; ed ancora gli artt. 36 e 36-bis, rispettivamente relativi all’accertamento di conformità in generale e alla nuova ipotesi di sanatoria relativa a parziali difformità e variazioni essenziali; per quanto riguarda gli artt. 33, 34, 38 si rinvia a quanto sopra esposto; l’art. 37 riguarda invece gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività; infine l’art. 34-bis è relativo alle tolleranze costruttive. Si tratta nel complesso di ipotesi in cui l’effetto di sanatoria è direttamente ascrivibile alla legge, ma in nessuno di essi può essere ricondotto il caso oggetto di controversia, di fabbricato edificato in mancanza di titolo.

17. A questo specifico riguardo, è irrilevante il fatto che in origine questo fosse stato rilasciato. A ciò è infatti seguita la revoca da parte dell’amministrazione comunale, sia pure per mancato avvio dei lavori nel termine (6 mesi) previsto dal regolamento edilizio comunale in allora vigente - con effetto dunque di decadenza - come risulta dal contenuto dell’atto (nota del 15 luglio 1969, prot. n. 6240, sopra citata). Come sopra precisato, la sanatoria postula infatti un accerto di conformità urbanistica duplice, relativo non solo all’epoca di realizzazione dell’immobile ma anche in attualità.

18. Infine, come esattamente statuito dalla sentenza di primo grado, il presupposto ora menzionato della conformità urbanistica di un immobile non può essere ricavata dall’avvenuto rilascio per esso della certificazione di abitabilità, la quale secondo il paradigma risalente agli artt. 220 e 221 (oggi abrogati) del testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, si sostanzia nell’attestazione dell’idoneità all’uso abitativo di un immobile destinato a questo scopo sotto il profilo igienico-sanitario, senza alcun effetto sul distinto ed autonomo presupposto consistente nella sua conformità urbanistico-edilizia e dunque senza sanatoria sotto questo diverso profilo (in questi termini è la costante giurisprudenza amministrativa, espressa di recente da: Cons. Stato, II, 28 marzo 2024, n. 2951; 8 febbraio 2024, n. 1297; VI, 28 marzo 2025, n. 2603; 13 giugno 2023, n. 5811; 17 ottobre 2022, n. 8811).

19. L’appello deve quindi essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di causa, in ragione della mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale resistente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2025 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Daniela Di Carlo, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere