Cass. Sez. III n. 2530 del 24 gennaio 2022 (Cc 19 nov 2021)
Pres. Aceto Est. Scarcella Ric. Giocolano
Urbanistica.Demolizione e competenze

L’art. 41 TU Edilizia è una disposizione che trova applicazione nei casi in cui l’ordine di demolizione sia stato impartito dall’autorità amministrativa e non dal P.M. mediante la notifica dell’ingiunzione a demolire. L'ordine di demolizione adottato dal giudice, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme previste da codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa. E’ dunque errato il richiamo operato dal giudice all’art. 41 affermando che ogni valutazione di carattere tecnico in ordine all’eseguibilità dell’ordine di demolizione dovesse essere prospettata dinnanzi alle competenti autorità amministrative: Comune e Prefettura

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del Tribunale di Gela, pronunciata il 22 dicembre 2020, è stato dichiarato inammissibile l’incidente di esecuzione proposto avverso le ingiunzioni a demolire emesse dal Procuratore di Gela nei confronti degli odierni ricorrenti Giocolano e Giudice.

2. Per migliore intelligibilità dell’impugnazione proposta in questa sede si precisa che il presente giudizio trae origine da una sentenza irrevocabile di condanna del Tribunale di Gela (sent. n. 130/2008) emessa nei confronti di Giocolano Rocco e Giudice Giovanna con la quale è stata, tra l’altro, comminata la statuizione accessoria dell’ordine di demolizione delle opere abusivamente realizzate dai condannati.
In particolare, gli attuali prevenuti avevano realizzato un manufatto abusivo, avente un’estensione di circa 300 mq, al terzo piano di un edificio sito in Gela, in via F. Trentatré Case Nuove. Nonostante la perentorietà dell’ordine demolitorio contenuto nella citata sentenza, gli odierni ricorrenti non avevano mai provveduto a dare spontanea esecuzione a quanto statuito dal giudice di merito. A causa di tale inerzia ingiustificata, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela aveva emesso due provvedimenti di ingiunzione a demolire (nn. 97/2010 e 110/2010 reg. ese. Dem.), avverso i quali i condannati avevano proposto ricorso. In tale contesto, la difesa tecnica degli odierni ricorrenti aveva argomentato in ordine all’impossibilità materiale di dare attuazione alla disposta demolizione senza arrecare pregiudizio alla staticità del fabbricato sottostante. In particolare, era stato evidenziato come la demolizione delle opere abusive e la necessaria attività di smantellamento della struttura intelaiata in cemento armato, nonché le conseguenti vibrazioni prodotte dall’attività demolitoria, avrebbero determinato un inevitabile indebolimento della struttura portante dell’intero stabile, con conseguente riduzione dell’indice di sicurezza sismica e di stabilità del fabbricato residuo.
Nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto nell’interesse dei pervenuti, il Tribunale di Gela, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rilevato l’insussistenza di qualsiasi circostanza in presenza della quale l’ordine di demolizione possa essere revocato o sospeso. Ed invero, ha precisato il tribunale, la revoca può essere disposta esclusivamente nei casi in cui il suddetto provvedimento risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dell’autorità competente, con i quali sia stata conferito all’immobile una diversa destinazione ovvero si sia provveduto alla sua sanatoria. Quanto allo strumento sospensivo, è necessario che sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che l’autorità amministrativa o giurisdizionale adotti in breve tempo un provvedimento idoneo a porsi in insanabile contrasto con l’ordine di demolizione. Al contrario, non rileva una mera possibilità del tutto ipotetica ovvero la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente tale valutazione prognostica. Ne consegue che l’incidente di esecuzione promosso avverso l’ingiunzione di demolizione, presentato ai sensi dell’art. 665 c.p.p., deve ritenersi ammissibile soltanto nei casi in cui l’istante rassegni l’esistenza dei suindicati atti amministrativi o giurisdizionali incompatibili resi dalle rispettive autorità competenti. Nel caso di specie, invece, il giudice dell’esecuzione ha evidenziato come i ricorrenti abbiano sollevato questioni differenti, involgenti valutazioni tecniche non prospettabili in sede esecutiva. Ed infatti, per il g.e., alla luce del chiaro disposto di cui all’art. 41 DPR 380/2001, in caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso, la competenza in merito ad ogni questione di natura tecnica e progettuale viene attribuita all’ufficio del Prefetto.
Pertanto, il Tribunale di Gela, valorizzando il quadro normativo esistente, ha ritenuto che ogni valutazione circa l’eseguibilità dell’ordine di demolizione non deve - e non può - essere prospettata in sede esecutiva, bensì dinnanzi alle indicate autorità amministrative (ovvero Comune e Prefettura). Quest’ultime, nell’ambito delle proprie competenze, ben potranno accertare se la necessaria attività di demolizione possa o meno determinare un indebolimento della struttura portate dell’intero immobile, con conseguente riduzione dell’indice di sicurezza sismica e di stabilità del fabbricato sottostante realizzato con regolare permesso di costruire.

3. Contro la ordinanza ha proposto congiunto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, articolando un unico motivo.

3.1. Deduce, con tale motivo, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 606, co. 1 lett. c) c.p.p. in relazione all’art. 665 c.p.p.
In sintesi, con tale unico motivo, la difesa censura le argomentazioni con cui il Tribunale di Gela ha ritenuto di non poter affrontare le questioni prospettate con l’istanza sollevata nell’interesse dei ricorrenti, rilevando come ogni valutazione tecnica circa l’eseguibilità dell’ordine di demolizione dovesse essere sottoposta al vaglio dell’autorità amministrativa competente. Ed invero, gli odierni istanti, dinnanzi al giudice dell’esecuzione competente ai sensi dell’art. 665 c.p.p., avevano contestato come la realizzazione dell’attività demolitoria potesse determinare un inevitabile indebolimento della struttura portante dell’intero stabile, con conseguente nocumento alla sicurezza e stabilità del fabbricato residuo. Tuttavia, il Tribunale di Gela si sarebbe limitato esclusivamente a declinare la propria competenza (rectius, giurisdizione), con conseguente rimessione all’autorità amministrativa di ogni questione relativa alle problematiche di carattere tecnico derivanti dall’eseguibilità dell’ordine di demolizione. Ebbene, sul punto, la difesa evidenzia come le questioni relative all’esecuzione di un provvedimento giurisdizionale non possano in alcun modo essere affidate alla pubblica amministrazione, salvo che la legge disponga diversamente (Cass. pen., Sez. Un, sent. n. 15/1996). Conseguentemente, per quanto rileva nel caso di specie, l’Amministrazione non potrebbe avere alcuna competenza in ordine alla disamina di questioni tecniche incompatibili con un ordine di demolizione disposto dal giudice penale con sentenza di condanna.

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta datata 1° ottobre 2021, ha concluso chiedendo il rigetto del congiunto ricorso presentato nell’interesse degli attuali ricorrenti.
In particolare, il PG rileva l’infondatezza delle doglianze difensive, evidenziando come l’ordine di demolizione impartito con sentenza di condanna risulti suscettibile di revoca esclusivamente nei casi di incompatibilità con atti amministrativi emanati dalle autorità competenti, i quali abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione ovvero ne abbiano sanato l’abusività. Al contrario, ogni questione di carattere tecnico inerente alle modalità esecutive dell’attività demolitoria - quali quelle prospettate nel caso di specie - resta estranea alla cognizione del giudice dell’esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono, nel loro complesso, infondati, dovendosi rettificare in diritto la motivazione dell'ordinanza impugnata.

2. Giova rammentare che, nell’ambito dei reati edilizi, il provvedimento di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione (e anche di rimessione in pristino), può essere disposto dal giudice dell'esecuzione previo accertamento di una situazione con esso incompatibile, quale la presentazione di un’istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna (ex multis, Cass. pen., Sez. III, sent. n. 9145/2015). Ed invero, a fronte di un’istanza di sospensione dell’ordine di demolizione, è onere del giudice dell'esecuzione investito della questione di esaminare con attenzione i possibili esiti ed i tempi di definizione della procedura. In particolare, egli è tenuto ad accertare il possibile risultato dell'istanza e se esistano cause ostative al suo accoglimento nonché, in caso di insussistenza di tali condizioni ostative, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso, in quanto la tutela del territorio non può essere rinviata definitivamente (Cass. pen., Sez. III, sent. n. 47263/2014; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 11149/2011; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 38997/2007). Pertanto, il giudice dell’esecuzione avrà l’obbligo di revocare l’ordine di demolizione del manufatto abusivo soltanto nel caso in cui sopravvengano atti amministrativi che risultino con esso del tutto incompatibili (Cass. pen., Sez. III, sent. n. 55028/2018; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 25212/2012; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 24273/2010).

3. Nel caso di specie, il Tribunale di Gela, correttamente uniformandosi ai richiamati principi di diritto, ha posto in evidenza l’insussistenza di elementi di fatto che consentissero di ritenere prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo potesse essere adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento tale da porsi in insanabile contrasto con il suddetto ordine di demolizione. Ed invero, il ricorso presentato avverso l’ingiunzione di demolizione ai sensi dell’art. 665 c.p.p. deve ritenersi ammissibile esclusivamente nel caso in cui l’istante evidenzi l’esistenza dei suindicati atti amministrativi.

4. Sul punto, tuttavia, il G.E. ha erroneamente richiamato il disposto dell’art. 41 TU Edilizia ritenendo che ogni valutazione di carattere tecnico in ordine all’eseguibilità dell’ordine di demolizione dovesse essere prospettata dinnanzi alle competenti autorità amministrative (Comune e Prefettura), le quali avrebbero dovuto accertare se la necessaria attività di demolizione dell’opera abusiva potesse determinare o meno un inevitabile indebolimento della struttura portante dell’intero immobile, con conseguente riduzione dell’indice di sicurezza e stabilità del fabbricato.
Trattasi di disposizione che, infatti, trova applicazione nei casi in cui l’ordine di demolizione sia stato impartito dall’autorità amministrativa e non dal P.M. mediante la notifica dell’ingiunzione a demolire, come avvenuto nel caso di specie. Ed invero, pacifico è nella giurisprudenza di questa Corte, dopo un autorevole arresto delle Sezioni Unite, che l'ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi dell'art. 7 legge 28 febbraio 1985, n. 47, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme previste da codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa (Nell'affermare detto principio la Corte ha precisato che ai sensi dell'art. 655 cod. proc. pen. l'organo promotore dell'esecuzione è il pubblico ministero il quale, ove il condannato non ottemperi all'ingiunzione a demolire, è tenuto ad investire, per la fissazione delle modalità di esecuzione, il giudice dell'esecuzione, la cui cancelleria è preposta, inoltre, al recupero delle spese del procedimento esecutivo ai sensi dell'art. 181 disp. att. cod. proc. pen.: Sez. U, n. 15 del 19/06/1996 - dep. 24/07/1996, P.M. in proc. Monterisi, Rv. 205336 – 01).

5. Ciò premesso, tuttavia, nonostante l’erronea declaratoria di inammissibilità del giudice dell’esecuzione, l’istanza difensiva non avrebbe potuto essere accolta, non versandosi, nel caso in esame, nelle condizioni previste ex lege per attivare la procedura c.d. di fiscalizzazione dell’illecito edilizio di cui all'art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Trattasi di procedura, infatti, non applicabile nel caso in esame, in cui i ricorrenti sono stati irrevocabilmente condannati per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia. Diversamente la procedura di “fiscalizzazione” trova applicazione solo in caso di interventi ed opere realizzati in parziale difformità dal titolo abilitativo all'intervento edilizio e di interventi di ristrutturazione eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire, i quali, ex lege, devono essere rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso. Se, tuttavia, risulta impossibile demolire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il Decreto del Presidente della Repubblica 06/06/2001, n. 380, artt. 33 e 34 prevede la facoltà di avvalersi della cosiddetta fiscalizzazione dell'illecito edilizio. L'impossibilità di demolire deve essere fatta valere dall'interessato e accertata dal Comune nella fase successiva all'ingiunzione, ovvero quando si perviene all'emissione dell'ordine di demolizione. La fiscalizzazione dell'illecito edilizio consiste nell'applicare una sanzione pecuniaria: a) per interventi in parziale difformità dal permesso di costruire, su immobili a uso residenziale, pari al doppio del costo di produzione della parte di opera realizzata in difformità dal permesso di costruire (Decreto del Presidente della Repubblica 06/06/2001, n. 380, art. 34); b) per interventi di ristrutturazione edilizia in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire, su immobili a uso residenziale, pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile (Decreto del Presidente della Repubblica 06/06/2001, n. 380, art. 33).
6. Diversamente, si ribadisce, nel caso in esame la predetta procedura non poteva trovare applicazione non versandosi in alcuna delle ipotesi previste dagli artt. 33 e 34, TU Edilizia, ipotesi in presenza delle quali, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è ravvisabile l’obbligo per il giudice dell’esecuzione di procedere alla valutazione sulla possibilità di non eseguire la demolizione qualora possa derivarne pregiudizio per la porzione di fabbricato non abusiva, valutazione che può essere sindacata in sede di legittimità solo attraverso il vizio motivazionale (v., tra le tante: Sez. 3, n. 19090 del 13/02/2013 - dep. 03/05/2013, Rv. 255891 – 01, relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il diniego di sospensione dell'ordine di demolizione da parte del giudice dell'esecuzione che aveva escluso ogni pregiudizio per la staticità dell'edificio regolarmente costruito).

7. In difetto di qualsiasi allegazione volta ad attestare l’esistenza di una situazione incompatibile con l’impugnato ordine di demolizione, il Tribunale di Gela ha dunque correttamente, seppure per ragioni giuridiche diverse, dichiarato l’inammissibilità dell’incidente di esecuzione proposto nell’interesse degli odierni ricorrenti, correzione cui può pervenire direttamente questa Corte in presenza di un errore di diritto nella motivazione ex art. 619, c.p.p.

8. A norma dell’art. 616, cod. proc. pen., al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 19 novembre 2021