Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5513, del 20 novembre 2013
Urbanistica. Illegittimità ordinanza demolizione per barra mobile di accesso al parcheggio

L’elettrificazione di un cancello esistente, o l’apposizione di un barra mobile, integrativa delle funzioni del medesimo cancello e dalle caratteristiche estetiche non invasive, così come l’installazione di un sistema di illuminazione, rientravano nella nozione di manutenzione ordinaria sopra specificata e non risultavano suscettibili di incidere su valori paesaggistici protetti, salvo prescrizioni particolarmente restrittive, non evidenziate nella situazione in esame. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05513/2013REG.PROV.COLL.

N. 05782/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5782 del 2013, proposto dai signori Matteo Maria Placidi e Stefano Massimi, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca Di Raimondo e Matteo Di Raimondo, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Savoia, 86;

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dagli avvocati Rodolfo Murra e Umberto Garofoli e presso i medesimi domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

per la riforma della sentenza del t.a.r. lazio – roma, sezione i quater, n. 03993/2013, resa tra le parti, concernente sospensione di lavori edilizi e rimozione o demolizione di opere abusivamente realizzate;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 60 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2013 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Di Raimondo e Murra;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. I quater, n. 3993/13 del 18.4.2013 (che non risulta notificata), è stato respinto il ricorso proposto dai signori Matteo Maria Placidi e Stefano Massimi avverso le determinazioni dirigenziali nn. prot. 54763 del 18.9.2012 e 2117 del 29.10.2012, recanti – rispettivamente – ordine di sospensione dei lavori e di demolizione delle opere realizzate. Dette opere erano individuate nella “realizzazione in epoca pregressa di una struttura in profilati metallici a copertura di un’area da utilizzare come parcheggio”, nonché nell’apposizione, a delimitazione dell’accesso all’area interessata, di una “barra elettrica”, con ulteriore realizzazione di un “impianto luce e allaccio elettrico ad un modulo di cantiere ivi ubicato”.

Nella citata sentenza, la ravvisata infondatezza del ricorso era, sinteticamente, ricondotta alle seguenti ragioni:

- assenza di qualsiasi titolo abilitativo per le opere realizzate;

- inefficacia delle denunce di inizio attività (DIA), in precedenza presentate, che non abilitavano all’effettuazione degli interventi nelle stesse previsti, tenuto conto dei vincoli gravanti sull’area (zona N di PRG; verde e servizi pubblici di livello locale; vincolo paesaggistico “Valle del Tevere”, imposto con DGR della Regione Lazio n. 5580 del 27.10.1998; vincolo archeologico e paesistico in base alla variante del PRG denominata “Piano delle Certezze”, adottata con delibera di C.C. n. 92 del 29.5.1997);

- non coincidenza fra i lavori contestati e quelli descritti nelle DIA;

- assenza di parere autorizzativo dell’Ente preposto;

- barra elettrica “non…opportunamente rappresentata e…dettagliatamente descritta, come previsto dagli articoli 22 e 23 T.U. dell’Edilizia”.

Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 5782/13, notificato il 24.7.2013), in base alle ragioni difensive di seguito riportate:

A – Con riferimento alla sentenza appellata:

- carenza di motivazione e di istruttoria; travisamento dei fatti; illegittimità manifesta;

B – con riferimento alle determinazioni dirigenziali impugnate:

1) violazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 16 della legge della Regione Lazio n. 15/2008; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti; illogicità manifesta, non potendosi definire come “intervento” edilizio l’apposizione di una barra elettrificata per l’accesso al parcheggio, tenuto conto della già esistente recinzione e di due cancelli;

2) violazione degli articoli 22 e seguenti del d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria, indeterminatezza, illogicità ed ingiustizia manifeste, in quanto la struttura in profilati metallici, a chiusura del parcheggio, non sarebbe stata priva di titolo edilizio, in considerazione di denunce di inizio attività, al riguardo presentate nel 2003 e nel 2004: circostanza, quella appena indicata, che avrebbe imposto al Comune di fornire adeguata motivazione, in ordine all’interesse pubblico sottostante all’emanazione degli atti impugnati, essendo comunque necessario che questi ultimi fossero preceduti da un atto di autotutela dell’Amministrazione.

Il parere della Soprintendenza, inoltre, non sarebbe stato necessario, in quanto non richiesto per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e restauro conservativo, ovvero per interventi che non alterassero “lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”. Non avrebbe trovato applicazione, pertanto, l’art. 149 del d.lgs. n. 42/2004 ed in ogni caso non risulta che l’Amministrazione abbia indetto, come avrebbe dovuto fare, apposita conferenza di servizi, ex art. 23, c. 4, T.U.E., adottato con d.P.R. n. 380/2001.

E’ stata segnalata, ad ogni modo, l’avvenuta presentazione, in data 28.6.2013, di istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica alla Regione Lazio, ex. art. 167, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004;

3) ancora violazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 16 della legge regionale n. 15/2008, non corrispondendo la sanzione demolitoria alla tipologia degli interventi effettuati, non identificabili come trasformazioni o modificazioni “sine titulo”

Il Comune di Roma, costituitosi in giudizio, resisteva formalmente all’accoglimento dell’impugnativa.

Premesso quanto sopra – e rilevata, in via preliminare, l’irrilevanza della censura di difetto di motivazione della sentenza appellata, essendo tale ipotetico vizio assorbito dall’effetto devolutivo dell’appello (che comporta integrale rivalutazione delle questioni controverse in tale sede riproposte, con modifica o integrazione della motivazione ove necessario: cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, Cons. St., sez. IV, 19.9.2012, n. 4974 e 20.12.2005, n. 7201; Cons. St., sez. V, 17.9.2012, n. 4915, 13.2.2009, n. 824 e 19.11.2009, n. 7259; Cons. St., sez. VI, 25.9.2009, n. 5797 e 24.2.2009, n. 1081; Cons. St., sez. III, 10.4.2012, n. 2057) – il Collegio ritiene che l’impugnativa in esame sia solo parzialmente fondata.

Per quanto riguarda infatti, in primo luogo, l’installazione di una barra elettrificata, retrostante al cancello esistente di accesso al parcheggio, con impianto luce e allacci elettrici, appare condivisibile la tesi, secondo cui si tratterebbe di interventi corrispondenti ad “attività edilizia libera”, disciplinata dall’art. 6 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). Ai sensi del comma 1, lettera a) della citata norma non richiedono, infatti, alcun titolo abilitativo – fatte salve specifiche prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali o altre disposizioni, fra cui quelle dettate a tutela dei beni culturali ed il paesaggio – gli interventi di manutenzione ordinaria, che l’art. 3 del medesimo d.P.R. n. 380/2001 definisce come “interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.

Ad avviso del Collegio, l’elettrificazione di un cancello esistente, o l’apposizione (come nel caso di specie) di un barra mobile, integrativa delle funzioni del medesimo cancello e dalle caratteristiche estetiche non invasive, così come l’installazione di un sistema di illuminazione, rientravano nella nozione di manutenzione ordinaria sopra specificata e non risultavano suscettibili di incidere su valori paesaggistici protetti, salvo prescrizioni particolarmente restrittive, non evidenziate nella situazione in esame.

A diverse conclusioni si deve pervenire, invece, per quanto riguarda la struttura in profilati metallici, destinata secondo la parte appellante ad assicurare l’ombreggiatura e la protezione del sottostante parcheggio. Tale struttura, come evidenziato dalla documentazione fotografica in atti, appariva per dimensioni e caratteristiche di sicuro e non indifferente impatto visivo sull’area protetta, con evidente necessità di apposito titolo abilitativo.

A tale riguardo gli appellanti sottolineano l’avvenuta presentazione, da svariati anni, di due denunce di inizio attività, in presenza delle quali le installazioni di cui trattasi non avrebbero potuto ritenersi abusive, con conseguente necessità che l’Amministrazione procedesse – prima di emettere eventuali provvedimenti repressivi – a rimuovere il predetto titolo abilitativo, tacitamente formatosi, in via di autotutela. L’ordine di demolizione impugnato, in quanto privo di qualsiasi riferimento al riguardo, sarebbe stato quindi illegittimo.

Il Collegio non condivide tale prospettazione.

In materia di denuncia di inizio attività (DIA), come disciplinata dall’art. 22 del d.P.R.6.6.2001, n. 380, in effetti, sussistono tuttora diversi indirizzi giurisprudenziali, che investono sia la natura giuridica dell’istituto, sia gli effetti del decorso del termine, che consente al dichiarante di effettuare gli interventi edilizi oggetto di denuncia (in alcune pronunce, in particolare, si ravvisa in esito alla procedura in questione la formazione di un provvedimento tacito, abilitativo dell’intervento: cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI, 5.4.2007, n. 1550; Cons. St., sez. IV, 12.3.2009, n. 1474 e 25.11.2008, n. 5811; Cons. St., sez. II, 28.5.2010, parere n. 1990; in altre decisioni si identifica la DIA come atto privato di autocertificazione, che pur non costituendo espressione di potestà pubblicistica resta oggetto di poteri di controllo ed inibitori, anche dopo la scadenza del predetto termine, sempre comunque nel rispetto degli articoli quinquies e nonies della legge n. 241/1990: cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, 9.2.2009, n. 717 e 14.11.2012, n. 5751); le esigenze di protezione dell’affidamento del privato, cui sono finalizzati i principi garantistici dell’autotutela, tuttavia, richiedono la sussistenza di alcuni requisiti minimi, in assenza dei quali la DIA deve ritenersi inefficace, con conseguente sottoposizione delle opere realizzate – in quanto prive di titolo abilitativo – agli ordinari poteri repressivi dell’Amministrazione.

Detti requisiti sono precisati, oltre che nell’art. 22 sotto il profilo oggettivo, nell’art. 23 del citato d.P.R. n. 380/2001: al comma n. 1 di quest’ultimo, per quanto riguarda le modalità della domanda ed i requisiti soggettivi richiesti per la relativa presentazione, e nel comma 4 in presenza di vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, la cui tutela non competa, come nel caso di specie, all’Amministrazione comunale. E’ poi chiarito al comma 5 del medesimo articolo 23 che, per comprovare il carattere non abusivo delle opere realizzate, gli interessati debbano esibire non solo la domanda, ma anche “gli atti di assenso eventualmente necessari”.

E’ vero che il ricordato quarto comma dell’art. 23 prevede la convocazione, da parte del Comune, di una conferenza di servizi, quando non risulti allegato alla DIA il “parere favorevole del soggetto preposto alla tutela” del bene (con inefficacia della stessa DIA in caso di esito non favorevole della conferenza), ma la formulazione della norma indica chiaramente che detto parere debba essere stato quanto meno richiesto, benchè non ancora ottenuto. L’assenza di tale fondamentale adempimento – per un’istanza che deve riguardare interventi “conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente” – non può non ritenersi ostativa dell’efficacia della medesima DIA alla scadenza del termine, in astratto previsto per l’esecuzione delle opere oggetto della domanda: non a caso, il comma 6 dell’art. 22 del più volte citato d.P.R. n. 380/2001 subordina la realizzazione degli interventi edilizi, per gli immobili vincolati, al “preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative” (con evidente riferimento alla non decorrenza del termine, previsto per l’inizio dei lavori, in assenza di detti pareri o autorizzazioni).

Nella situazione in esame, gli interessati hanno documentato l’avvenuta presentazione di istanza di accertamento di compatibilità paesistica alla Regione Lazio il 28.6.2013 e, quindi, successivamente all’emissione dell’ordine di demolizione impugnato (da considerare assorbente rispetto al precedente ordine di sospensione dei lavori).

Detta istanza non può considerarsi, tuttavia, oggetto del presente giudizio, pur potendo la stessa risultare prodromica ad una procedura di sanatoria, incidente sull’esecutività, ma non anche sulla legittimità della sanzione, da valutare – quest’ultima – in base ai presupposti di fatto e di diritto, sussistenti alla data della relativa emanazione. In tale ottica, l’ordine di demolizione impugnato appare emesso, per quanto riguarda la struttura in profilati metallici, in conformità alle disposizioni legislative, di cui nel secondo ordine di censure si prospettava la violazione (articoli 10, 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001, legge della Regione Lazio n. 15/2008). Ugualmente infondate appaiono le argomentazioni, che nel medesimo ordine di censure vengono riferite alla riconducibilità delle installazioni di cui trattasi ad interventi non incidenti sullo stato dei luoghi, tanto da non richiedere l’intervento dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Come già in precedenza chiarito, infatti, dette installazioni presentano caratteristiche di visibilità e stabilità, tali da produrre l’effettiva trasformazione di un’area in precedenza inedificata, con conseguente non rispondenza dell’intervento a finalità meramente manutentive o conservative dell’assetto esistente, tali da escludere il necessario apprezzamento di detta Autorità. Considerazioni analoghe inducono a respingere anche il terzo ed ultimo motivo di gravame, riferito alla natura della sanzione: fermo restando, infatti, che l’inefficacia della DIA lascia comunque aperta la qualificazione dell’intervento (non effettuato su opere preesistenti, ma in area non edificata e soggetta a regime vincolistico), va comunque ricordato come – anche per le opere soggette a DIA, specificate nel citato art. 22 del d.P.R. n. 380/2001 – l’art. 37 del medesimo d.P.R. preveda la rimessa in pristino stato dei luoghi, in presenza di interventi effettuati su immobili vincolati.

Il Collegio ritiene pertanto, conclusivamente, che l’appello in esame possa essere accolto solo nei limiti in precedenza specificati, ovvero con esclusivo riferimento al primo ordine di censure, riferito alla installazione della barra di accesso al parcheggio (fatti salvi, per le altre opere contestate, gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, in esito alla procedura autorizzativa avviata a sanatoria); quanto alle spese giudiziali, infine, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto del solo parziale accoglimento delle tesi difensive dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe, nei termini specificati in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla la determinazione dirigenziale n. 2117 del 29.10.2012, nella parte riferita ad “apposizione di una barra elettrica a delimitazione dell’accesso”, nonché ad “impianto luce e allaccio elettrico ad un modulo di cantiere”; compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Vito Carella, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)