TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n. 5254 del 5 maggio 2021
Urbanistica. Necessità dei titoli abilitativi edilizi anche per gli immobili utilizzati per attività sociali
 
Il riconoscimento dello svolgimento su un immobile di attività di rilievo sociale non può in alcun modo consentire la realizzazione di opere in assenza dei necessari titoli edilizi richiesti ex lege. Il semplice accatastamento degli immobili, volto alla loro identificazione, non può valere, per ciò solo, alla sanatoria degli abusi


Pubblicato il 05/05/2021

N. 05254/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00503/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Ex art.60 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 503 del 2021, proposto da Associazione Polisportiva Ambiente Ricreativa Culturale Olimpica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio D'Amato, con domicilio digitale PEC dai Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Magnanelli, con domicilio digitale PEC dai Registri di Giustizia;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

dell’ordinanza di demolizione d’ufficio n.1526 del 29 ottobre 2020, di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021 il dott. Silvio Lomazzi, in collegamento da remoto, in videoconferenza, ex art.25, comma 2 del D.L. n.137 del 2020 (conv. in Legge n.176 del 2020);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con determina n.1965 del 16 ottobre 2015 Roma Capitale emetteva ordinanza di demolizione, ex art.35 del D.P.R. n.380 del 2001, indirizzata all’Associazione Polisportiva Ambiente Ricreativa Culturale Olimpica, avente ad oggetto opere abusive su suolo di proprietà comunale, in via degli Olimpionici, 7, in catasto al foglio 529, particella 527, in zona “Città storica” del PRG, consistenti nella realizzazione di una tensostruttura rettangolare, con copertura e tamponatura, di mq.327, un ingresso di mq.9,60, un deposito di mq.19,60, una cucina di mq.29, un wc di mq.12,50.

Il provvedimento veniva impugnato con ricorso poi respinto mediante la pronuncia TAR Lazio, II bis, n.1382 del 2018.

Al momento risulta pendente appello dinanzi al Consiglio di Stato.

Con atto n.1596 del 19 settembre 2019 l’Amministrazione disponeva la riacquisizione dell’immobile, utilizzato senza titolo dall’Associazione Culturale.

Seguiva un nuovo ricorso, del pari respinto, con sentenza TAR Lazio, II, n.3792 del 2020.

In sede di appello, con ordinanza Cons. Stato, VI, n.6577 del 2020, veniva respinta la richiesta di sospensione dell’esecutività di quest’ultima sentenza del Giudice di I grado, ex art.98 c.p.a..

L’Amministrazione capitolina quindi, con atto n.1526 del 29 ottobre 2020, emetteva ordinanza di demolizione d’ufficio, ex art.35 del D.P.R. n.380 del 2001 e art.21 della L.R. n.15 del 2008, con spese a carico della responsabile degli abusi.

L’Associazione impugnava anche quest’ultimo provvedimento, censurandolo per illegittimità derivata dagli atti presupposti, per violazione dell’art.97 Cost., per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione, dell’irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà, irrazionalità e abnormità.

La ricorrente in particolare ha sostenuto che era stato riconosciuto con atti formali lo svolgimento in loco e da anni di attività di rilievo sociale; che gli immobili erano stati accatastati; che non erano state evidenziate le ragioni di urgenza della demolizione; che l’interessata non era responsabile degli abusi; che era maturato un affidamento sulla permanenza delle opere, tenuto conto del lungo lasso di tempo trascorso dalla loro realizzazione; che era mancata l’evidenziazione dell’interesse pubblico alla rimozione dei manufatti.

Roma Capitale si costituiva in giudizio per la reiezione del gravame, depositando documentazione a supporto dell’assunto.

Nella camera di consiglio del 3 febbraio 2021, fissata per l’esame dell’istanza cautelare, questo Tribunale, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, ricorrendone i presupposti ex art.60 c.p.a. e art.25, comma 2 del D.L. n.137 del 2020 (conv. in legge n.176 del 2020), ha trattenuto la causa per la decisione nel merito.

Il ricorso appare destituito di fondamento e dunque da respingere, per le ragioni di seguito esposte.

Invero è necessario evidenziare al riguardo che non sussiste il vizio di illegittimità derivata del provvedimento impugnato dagli atti presupposti, tenuto conto dell’avvenuto rigetto delle impugnative avverso gli stessi, con sentenze TAR Lazio, II bis, n.1382 del 2018 e II n.3792 del 2020, allo stato pienamente esecutive.

Occorre inoltre rilevare che il riconoscimento dello svolgimento in loco di attività di rilievo sociale non può in alcun modo consentire la realizzazione di opere in assenza dei necessari titoli edilizi richiesti ex lege; che del pari il semplice accatastamento degli immobili, volto alla loro identificazione, non può valere, per ciò solo, alla sanatoria degli abusi, ancorata ai presupposti di cui all’art.36 del D.P.R. n.380 del 2001 o alle legislazioni condonistiche succedutesi nel tempo (cfr., tra le altre, TAR Lombardia, II, n.1688 del 2018).

Va altresì evidenziato che l’Amministrazione non è in alcun modo tenuta, in assenza di disposizioni normative di segno contrario, a manifestare ragioni di urgenza alla demolizione, considerato poi che la rimozione delle opere abusive era già stata disposta sin dalla determina n.1965 del 16 ottobre 2015; che inoltre la ricorrente veniva individuata già nella predetta ordinanza n.1965 del 2015 quale soggetto committente delle opere, con dato confermato nelle suindicate pronunce del TAR Lazio, II bis, n.1382 del 2018 e II, n.3792 del 2020; che nessun affidamento poteva essere maturato sulla permanenza delle opere, trattandosi di lavori abusivi eseguiti su suolo pubblico (cfr. in ultimo, TAR Calabria, II, n.1534 del 2020); che l’interesse pubblico alla rimozione delle opere, in disparte la natura vincolata della misura demolitoria (cfr. per tutte, Cons. Stato, A.P., n.9 del 2017), risulta ben evidenziato nella riportata circostanza di fatto della loro esecuzione abusiva per l’appunto sul suolo di proprietà comunale (cfr. provvedimento impugnato, doc.2 al ricorso).

Ne consegue che il provvedimento gravato risulta esente dalle censure dedotte.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n.503/2021 indicato in epigrafe.

Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di giudizio, che liquida in €1.000,00 (Mille/00) oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto, in videoconferenza, ex art.25, comma 2 del D.L. n.137 del 2020 (conv. in Legge n.176 del 2020), con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Silvio Lomazzi, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere