Consiglio di Stato Sez. VII n. 10237 del 28 novembre 2023
Urbanistica.Procedimento di formazione dei piani regolatori generali
Nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione del progetto di piano regolatore generale prevista dalle diverse e concordanti leggi regionali è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano quale adottato dal Comune non essendo, di regola, richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o modifiche introdotte in sede di approvazione regionale, a meno che tali modifiche stravolgano il piano determinando una nuova adozione. Ciò vale, a fortiori, allorché la modifica allo strumento urbanistico tocchi una singola area perché, diversamente ragionando, ne conseguirebbe un “effetto paralizzante” per l’iter di approvazione
Pubblicato il 28/11/2023
N. 10237/2023REG.PROV.COLL.
N. 09555/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9555 del 2022, proposto da Iris s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Augusto Tortorelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Marina Crovetto e dall’Avvocato Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Ameglia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Roberto Damonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Marinella s.p.a. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giovanni Calugi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Bagno Ristorante Elisa Sas di Zolesi Roberto e C., non costituita in giudizio;
nei confronti
Care s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Giovanni Gerbi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Roma, n. 11/1;
per la riforma
della sentenza n. 829 del 4 ottobre 2022 del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso e i secondi motivi aggiunti proposti dall’odierna appellante principale ed intesi ad ottenere l’annullamento dei seguenti atti:
a) la delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 31 luglio 2019 di adeguamento alle prescrizioni contenute nella relazione tecnica n. 97 del 23 gennaio 2019, contenute nella D.G.R. n. 112 del 14 febbraio 2019;
b) la delibera di Giunta Comunale n. 90 del 3 agosto 2019 di presa d’atto delle osservazioni della Regione Liguria relative al progetto di utilizzo delle aree demaniali;
c) la delibera di Giunta Regionale n. 112 del 14 febbraio 2019 di approvazione di varianti al vigente PRG;
d) la delibera di Giunta Comunale n. 49 del 10 aprile 2019 avente ad oggetto “Atto di indirizzo-installazione strutture stagionali, attività balneari 2019”.
e) il provvedimento comunale prot. n. 7237 del 29 maggio 2020 portante ingiunzione di rimessa in pristino dello stato dei luoghi nonché tutti gli atti presupposti.
f) la nota prot. 5247 del 28 aprile 2022 del Comune di Ameglia recante oggetto “Concessioni demaniali marittime – comunicazione a seguito delle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 9/11/2021”.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione della Regione Liguria, del Comune di Ameglia, di Marinella s.p.a. in liquidazione e di Care s.r.l.;
visto l’appello incidentale del Comune di Ameglia;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il Consigliere Massimiliano Noccelli e udito per il Comune di Ameglia, appellante incidentale, l’Avvocato Roberto Damonte;
viste, altresì, le conclusioni delle parti, come da verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante, Iris s.r.l., titolare dello stabilimento balneare all’insegna “Bagni Neda”, ha impugnato gli atti comunali e regionali di approvazione dello SUA di iniziativa pubblica degli arenili e della fascia costiera in variante al P.R.G. del Comune di Ameglia.
1.1. In sintesi, con il ricorso introduttivo proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), Iris s.r.l. ha dedotto l’illegittimità:
a) della delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 31 luglio 2019 di adeguamento alle prescrizioni contenute nella relazione tecnica n. 97 del 23 gennaio 2019, contenute nella D.G.R. n. 112 del 14 febbraio 2019;
b) della delibera di Giunta Comunale n. 90 del 3 agosto 2019 di presa d’atto delle osservazioni della Regione Liguria relative al progetto di utilizzo delle aree demaniali;
c) della delibera di Giunta Regionale n. 112 del 14 febbraio 2019 di approvazione di varianti al vigente PRG;
d) della delibera di Giunta Comunale n. 49 del 10 aprile 2019 avente ad oggetto “Atto di indirizzo-installazione strutture stagionali, attività balneari 2019”.
1.2. In tale contesto, Iris s.r.l. ha lamentato:
a) il difetto di istruttoria, in quanto l’iniziativa pianificatoria dell’amministrazione comunale non avrebbe tenuto nel debito conto l’intervenuta proroga delle concessioni demaniali (così anche quella in capo alla Iris s.r.l.) fino al 31 dicembre 2033;
b) la violazione dell’art. 47-bis L.R. n. 36 del 1997, in quanto vieterebbe l’adozione e l’approvazione di varianti a strumenti urbanistici vigenti da oltre un decennio e privi di disciplina paesistica puntuale;
c) la mancata (ri)adozione del piano (con la previsione di una nuova fase partecipativa) a seguito delle prescrizioni vincolanti della Regione Liguria;
d) la carenza di motivazione ed istruttoria che affliggerebbe la controdeduzione di rigetto delle osservazioni formulate da Iris s.r.l.;
e) la illegittimità delle previsioni puntuali fondate, in tesi della società, su un errore di fatto circa la natura delle strutture esistenti;
f) la derivata illegittimità delle previsioni del PUD.
1.3. Quanto, poi, al primo atto di motivi aggiunti depositato il 2 luglio 2020, la società ha richiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento comunale prot. n. 7237 del 29 maggio 2020 portante ingiunzione di rimessa in pristino dello stato dei luoghi nonché tutti gli atti presupposti.
1.4. Sul punto la società ha lamentato:
a) la (asserita) illegittimità per derivazione dalla (sempre asserita) illegittimità degli atti di formazione del (presupposto) P.P.;
b) la (asserita) contraddittorietà, sotto vari profili, dell’intimazione comunale rispetto alla concessione demaniale in essere ed all’esercizio continuativo (e non stagionale) dell’area concessionata.
1.5. All’udienza cautelare del 21 luglio 2020, la ricorrente in prime cure, preso atto del “superamento” della nota ivi impugnata, ha rinunciato all’ottenimento delle misure cautelari ed ha richiesto il rinvio al merito.
1.6. Infine, con il secondo atto di motivi aggiunti depositato il 20 giugno 2022, Iris s.r.l. ha dedotto l’illegittimità della nota prot. 5247 del 28 aprile 2022 del Comune di Ameglia recante oggetto “Concessioni demaniali marittime – comunicazione a seguito delle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 9/11/2021”.
1.7. Al riguardo, l’odierna appellante ha in prime cure rilevato:
a) anzitutto (e nuovamente), che Iris s.r.l. sarebbe titolare di una concessione demaniale prorogata ex lege al 31 dicembre 2033;
b) che la questione della disapplicabilità dell’art. 1, commi 682 e ss., della l. n. 145 del 2018 sarebbe ancora sub iudice in quanto rimessa alla Corte di Giustizia UE dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con l’ordinanza n. 743/2022;
c) che il giudizio di legittimità degli atti di adozione dello SUA dovrebbe essere riferito all’epoca esatta in cui gli stessi sono stati adottati e approvati (e, quindi, al 2019), allorché le sentenze di che trattasi non erano ancora state emanate;
d) che, ad ogni modo, il provvedimento gravato in aggiunzione sarebbe illegittimo poiché le concessioni sarebbero comunque valide almeno sino al 31 dicembre 2023 e di questo l’approvazione dello SUA non ha assolutamente tenuto conto sul piano istruttorio e/o motivazionale.
1.8. Il Comune di Ameglia si è costituito nel primo grado del giudizio con atto del 20 gennaio 2020, eccependo preliminarmente:
a) l’irricevibilità per tardività del gravame e dei successivi atti in aggiunzione in quanto tardivo rispetto alle prescrizioni vincolanti deliberate dalla Regione Liguria nella D.G.R. n. 112/2019;
b) la radicale inammissibilità del ricorso avversario di prime cure per difetto di legittimazione ad agire, posto che il provvedimento di proroga delle concessioni demaniali marittime sino al 31 dicembre 2033 è privo di effetti perché, secondo quanto statuito dalle note sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, le proroghe “automatiche” delle cc.dd.mm. devono considerarsi tamquam si non essent in quanto in contrasto con il diritto eurounitario;
c) l’infondatezza nel merito dell’intero gravame.
1.8.1. Nel primo grado del giudizio si sono costituite per opporsi anche la Regione Liguria, la controinteressata Care s.r.l. ed è intervenuta ad opponendum anche Marinella s.p.a. in liquidazione
1.9. Il Tribunale, con la sentenza n. 829 del 4 ottobre 2022, ha respinto il ricorso e i secondi motivi aggiunti, per le ragioni che di seguito saranno esaminate, mentre ha dichiarato improcedibili i primi motivi aggiunti, compensando le spese di lite.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale Iris s.r.l., lamentandone l’erroneità per sei diversi motivi, che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto la riforma.
2.1. Si è costituito per opporsi all’appello principale il Comune di Ameglia, che a sua volta ha proposto appello incidentale, deducendo che successivamente alla ricezione dell’appello principale sarebbe invece sorto nella stessa l’interesse:
a) a proporre appello incidentale avverso i capi della sentenza n. 829/2022 che l’ha vista soccombente;
b) depositare la memoria ex art. 101, comma 2, c.p.a. avverso i capi della sentenza che hanno assorbito e/o non esaminato le argomentazioni a sostegno della propria tesi difensiva.
2.2. Si sono costituite altresì, per opporsi all’accoglimento dell’appello principale, la Regione Liguria nonché Care s.r.l. e Marinella s.p.a. in liquidazione.
2.3. Nella pubblica udienza del 7 novembre 2023 il Collegio, sentito il solo difensore presente del Comune appellante incidentale, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello principale è infondato.
4. Con il primo motivo di censura (pp. 14-16 del ricorso), anzitutto, l’odierna appellante principale lamenta la superficialità o, comunque, l’elusività della statuizione del primo giudice, che ha respinto nell’approvare il P.P. di iniziativa pubblica degli arenili, comprendente le aree demaniali destinate all’attività turistico-balneare, Comune e Regione non avevano tenuto conto e considerato il regime normativo dettato dagli artt. 1, commi 675/684 e 162, del d.l. n. 34 del 2020, che avevano prorogato le concessioni demaniali in corso fino al 31 dicembre 2033, introducendo previsioni urbanistiche incompatibili con la stabilizzazione degli effetti concessori derivanti da dette norme.
4.1. Il motivo è destituito di fondamento.
4.2. Invero, anche prescindendo da quanto ha statuito l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con le sentenze nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, la censura appare del tutto generica in quanto il rilascio della concessione balneare non assicura al suo titolare un diritto di insistenza sine die o, comunque, un incondizionato diritto di permanenza sul bene demaniale fino al termine fissato dalla concessione o prorogato dal legislatore, in questo caso peraltro in contrasto con il diritto dell’Unione, ma esso attribuisce al concessionario una situazione giuridica soggettiva indefettibilmente soggetta alla sussistenza e, con l’andar del tempo, alla permanenza delle condizioni paesaggistico-ambientali, da un lato, e di quelle urbanistico-edilizie, dall’altro, che consentano lo sfruttamento dell’area pubblica da parte del soggetto privato.
4.3. Né l’appellante principale ha spiegato in quale modo il proprio legittimo affidamento, indipendentemente dalla a torto o ragione invocata durata della concessione addirittura sino al 2033, sarebbe in ipotesi vulnerato dall’intervento urbanistico qui contestato, con la conseguente reiezione del motivo in esame.
4.4. La proroga automatica rilasciata dal Comune, d’altro canto, deve pacificamente considerarsi priva di effetti in quanto contraria ai principi eurounitari in materia, anche a prescindere, come detto, da quanto ritenuto dalle predette sentenze nn. 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza plenaria, ove si consideri che i concessionari demaniali marittimi non erano titolari di alcun legittimo affidamento alla proroga della propria concessione, essendo già in allora ben noti gli effetti, sulla normativa nazionale, della sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. V, del 14 luglio 2016 nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15 (c.d. sentenza Promoimpresa).
4.4.1. E questa stessa Sezione, con la sentenza n. 2192 del 1° marzo 2023 e, da ultimo, con la sentenza n. 7992 del 28 agosto 2023, richiamando anche la recente sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. III, del 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa), ha rammentato che la disapplicazione delle disposizioni nazionali – non ultime quelle del d.l. n. 198 del 2022 (c.d. decreto milleproroghe), conv. con mod. in l. n. 14 del 2023 – in contrasto con la normativa europea e l’automatica conseguente inefficacia ex lege degli eventuali atti di proroga adottati sulla base di vecchia o nuova normativa comporta che «deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari» e, dunque, la sussistenza di qualsivoglia legittimo affidamento sulla prosecuzione del rapporto concessorio e ancora che, in sintesi, seguono la stessa sorte i titoli edilizi collegati nella loro validità temporale alla durata, eventualmente prorogata, delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.
4.4.2. La stessa Corte di Giustizia UE, nella sentenza da ultimo citata, ha statuito espressamente che la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.
4.5. Il richiamo che l’appellante, nel ricorso di primo grado, ha fatto alla relazione di fattibilità n. 14065 del 14 novembre 2015 (doc. n. 18) al fine di legittimare in un qualche modo i concessionari a mantenere le strutture de quibus, si palesa del tutto fuorviante ed errato, in quanto estrapolato da un contesto totalmente differente rispetto a quello delineato dalla ricorrente.
4.6. La citata relazione, infatti, individua le ragioni a favore degli attuali concessionari, per le quali gli stessi dovrebbero attuare il P.P. in questione e non invece, come asserito dall’appellante, un riconoscimento né tantomeno una legittimazione a mantenere le strutture sul litorale.
4.7. Nemmeno rileva, né si comprende, l’assunto con il quale la ricorrente ha lamentato il fatto che l’amministrazione non avrebbe indicato «mediante quali strumenti giuridici e con quali alternativi rimedi intenderebbe procedere ai fini della rimozione dei titoli concessori stabilizzati».
4.8. Non si parla, infatti, di “rimozione” dei titoli concessori, ma di arretrare di alcuni metri le strutture amovibili realizzate ai fini dello svolgimento dell’attività balneare, in modo da poter attuare il P.P. e riqualificare così la zona denominata “Fiumaretta”, versante ormai da tempo in una situazione di degrado.
4.8.1. Anche improprio deve ritenersi il richiamo che l’appellante da all’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990, in quanto l’oggetto della presente controversia non riguarda la revoca delle concessioni, né di precedenti atti/provvedimenti della pubblica amministrazione.
4.8.2. E comunque, anche a tutto voler concedere, la stessa concessione depositata in atti da Iris s.r.l. prevede che «il Sindaco avrà però sempre la facoltà di revocare in tutto od in parte la presente concessione nei casi e con le modalità previste dalla legge senza che il concessionario abbia diritto a compensi, indennizzi o risarcimenti di sorta».
4.9. Il motivo va dunque respinto.
5. Con il secondo motivo di censura (pp. 16-17 del ricorso), ancora, l’appellante principale lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente respinto il motivo con cui aveva dedotto, in primo grado, la violazione e falsa applicazione dell’art. 47-bis della L.R. n. 36 del 1997 e la contraddittorietà.
5.1. Ciò in quanto, proprio perché invocato negli atti l’art. 47-bis della L.R. n. 36 del 1997 per giustificare l’approvazione di una variante al P.R.G. scaduto, non erano state rispettate le previsioni prevista della norma derogatoria.
5.2. Anche questo motivo è infondato.
5.3. L’art. 47-bis della L.R. n. 36 del 1997 e s.m.i. preclude, sì, l’approvazione delle varianti al P.R.G. ultradecennale, ma prevede altresì delle eccezioni.
5.4. Infatti, sono ammesse varianti finalizzate all’approvazione di opere pubbliche da parte delle pubbliche amministrazioni e alla realizzazione di interventi aventi ad oggetto attività produttive.
5.5. Il caso di cui si controverte rientra evidentemente nella deroga, come peraltro chiaramente affermato dalla D.G.R. del febbraio 2019 («lo SUA […] comporta varianti connesse e contestuali al vigente PRG […] procedibili ai sensi dell’art. 47 bis della lr 36/1997 e s.m., in quanto preordinate alla realizzazione di opere pubbliche e/o interventi aventi ad oggetto attività produttive»), tardivamente contestata.
6. Il Tribunale ha dunque correttamente rigettato la censura dell’odierna appellante principale, avendo ritenuto che il caso qui in esame rientra pacificamente nell’eccezione al divieto di apportare varianti al P.R.G. ultradecennali e privi di norme paesistiche prevista dall’art. 47-bis della L.R. n. 36 del 1997 (punto 5, in diritto).
6.1. In particolare, è esente da ogni censura la sentenza qui impugnata laddove afferma che già il dedotto art. 47-bis della L.R. n. 36 del 1997 aveva previsto un’eccezione al divieto di apportare varianti ai P.R.G. ultradecennali e privi di norme paesistiche, consentendo di evitare l’approvazione del più complesso P.U.C. nei casi in cui si trattasse di «varianti finalizzate all’approvazione di opere pubbliche da parte di amministrazioni ed enti competenti ed alla realizzazione di interventi aventi ad oggetto attività produttive od opere necessarie per la pubblica o privata incolumità».
6.2. Nel caso in questione una considerevole parte delle valutazioni in sede VAS era stata originata dalla possibilità di eventi meteomarini avversi capaci di apportare danno al litorale, sì che la deroga al divieto dedotto poteva essere configurata, come bene ha osservato il primo giudice con valutazione che va esente da censura.
6.3. Dal punto di vista procedimentale la sentenza impugnata ha bene osservato che l’atto di adozione della variante venne assunto richiamando espressamente gli artt. 47-bis della L.R. n. 36 del 1997 e 80 e seguenti della L.R. n. 11 del 2015; che lo strumento venne adeguato dagli atti impugnati soprattutto alle valutazioni svolte in sede di V.A.S. (D.G.R. 930/2016), che la variante è stata definita correttamente contestuale, necessitando con ciò dell’approvazione regionale come previsto dall’art. 81, comma 1, della L.R. n. 11 del 2015, nel testo ulteriormente modificato dalla L.R. n. 29 del 2016.
6.4. Peraltro, come ha bene osservato la Regione Liguria, per l’eccezione relativa alle «varianti finalizzate all’approvazione di opere pubbliche da parte di amministrazioni ed enti competenti ed alla realizzazione di interventi aventi ad oggetto attività produttive od opere necessarie per la pubblica o privata incolumità», di cui si è detto, non era richiesto alcun accordo di programma a differenza dell’ipotesi inerente a «varianti finalizzate ad attuare interventi di ristrutturazione urbanistica e riqualificazione urbana per la cui approvazione sia promosso dal Comune apposito accordo di programma».
6.5. Risulta con ciò, come ha bene rilevato il primo giudice, che la complessa disciplina normativa sia stata rispettata, conseguendone pertanto l’infondatezza del motivo in esame.
7. Con il terzo motivo di censura (pp. 17-20 del ricorso), ancora, l’appellante principale deduce di avere impugnato gli atti di cui è causa, in primo grado, sotto quattro distinti profili:
a) perché l’istituto della approvazione condizionata da parte della Regione con la introduzione di prescrizioni e con recepimento da parte del Comune di Sarzana delle stesse, in fattispecie, come quella in esame, in cui in sede di approvazione la Regione ha sostanzialmente modificato sotto il profilo dell’impostazione e delle previsioni insediative lo SUA ab imis, appare illegittimo laddove ha da un lato vanificato l’affidamento ai privati che avevano contribuito alla formazione del progetto iniziale del SUA e, dall’altro, aveva precluso ai privati di apportare al procedimento il loro apporto collaborativo;
b) in quanto l’intervento appariva non conforme alle stesse norme del P.T.C.P. per la zona IS-MA, laddove l’ammissibilità di incrementi volumetrici deve essere valutata con riguardo all’intero ambito anziché con riguardo ai singoli edifici e/o ai parametri edilizi degli stessi;
c) l’illegittimità, anche sotto i profili del difetto di istruttoria e/o di motivazione, con riferimento alla mancata verificazione della compatibilità della variante al P.R.G. scaduto, in deroga al divieto di apportarvi varianti, che riguarda una ampia area territoriale di estrema qualificazione ed interesse, con il P.R.G. originario, risalente al 1985 nel suo complesso ed in considerazione della rilevante incisività di detta variante;
d) l’assenza di assenso dell’Agenzia del Demanio in considerazione del coinvolgimento di aree demaniali.
7.1. Il Tribunale, a dire di Iris s.r.l., avrebbe preso in considerazione soltanto il profilo sub a) e quello sub d), e non anche gli altri due profili di censura, così innanzitutto incorrendo nel vizio di infrapetizione.
7.2. Detti due profili vengono, pertanto, rimessi dall’appellante principale alla decisione di questo Consiglio di Stato.
7.3. Con riguardo al profilo sub a), il Tribunale lo ha respinto perché, esplicata la procedura di V.A.S. posta alla base degli atti di approvazione regionale, al Comune non sarebbe rimasto altro che adeguarsi.
7.4. La risposta sarebbe insoddisfacente e non affronterebbe, a dire di Iris s.r.l., il reale tema sottoposto al giudice di primo grado.
7.5. Infatti, il primo profilo di censura era volto a denunciare l’illegittimità degli atti approvativi, anche sotto il profilo di sviamento, in quanto, pur in astratto ammissibile l’istituto della approvazione condizionata degli strumenti urbanistici con successiva accettazione da parte del Comune, detto strumento non poteva essere adottato legittimamente nel caso in cui le modifiche introdotte in sede regionale fossero così sostanziali da costituire una modifica essenziale dello SUA (e cioè un vero e proprio nuovo SUA).
7.6. Infatti, così agendo, si comprimerebbe illegittimamente l’apporto endoprocedimentale dei soggetti interessati, che non hanno modo di intervenire sul “nuovo” strumento derivante dall’approvazione condizionata.
7.7. Con riguardo al profilo dedotto sub d) e, cioè, la mancata precedente intesa con l’Agenzia del Demanio, proprietaria dei beni demaniali coinvolti nello strumento di pianificazione, la risposta del Tribunale è stata nel senso che tale Agenzia non avrebbe avuto titolo diretto per interloquire nello svolgimento delle previsioni pianificatorie: quanto sopra contraddice il principio di leale collaborazione, allorquando nel procedimento pianificatorio a livello locale e/o regionale viene dettata la disciplina di utilizzo di beni di proprietà statale ed in particolare di beni demniali lo strumento pianificatorio deve scontare le pertinenti intese con l’Amministrazione Statale di pertinenza, principio che trova fondamento anche a livello regionale nell’art. 38, comma 4, lett. c), della L.R. n. 36 del 1997.
7.8. L’appellante principale ne fa discendere, dunque, anche sotto tale profilo l’erroneità anche di detto dictum della sentenza impugnata.
8. Il motivo è anch’esso privo di fondamento.
8.1. L’oggettivo limite costruttivo deriva dalle norme del P.T.C.P. e pertanto, come ha ritenuto il Tribunale, «non v’è ragione per ritenere che la sua introduzione avrebbe dovuto essere attuata ripercorrendo il procedimento approvativo dello strumento».
8.2. Il primo giudice ha poi respinto anche la tesi di parte ricorrente circa l’asserita necessità di pervenire ad un previo accordo con l’Agenzia del Demanio.
8.3. Bene ha infatti rilevato la sentenza impugnata che «la giustificazione di un atto di pianificazione va letta nel complesso delle prescrizioni della determinazione stessa, da cui si ricava la volontà correttamente formatasi di riqualificare il lido, dal che l’infondatezza anche di questo rilievo, atteso che l’ente titolare dei beni rivieraschi non aveva diretto titolo per interloquire nello svolgimento della funzione pianificatoria»
8.4. Si tratta di statuizioni, di per sé stesse esplicative, del tutto immuni dai vizi logici/motivazionali lamentati dall’appellante principale.
8.5. Peraltro le previsioni pianificatorie di cui è causa non comportano la necessità di riadozione della variante (e pertanto non possono comportare l’assoggettamento ad una nuova fase partecipativa), come osserva il Comune appellato nelle proprie argomentazioni difensive, anche per un’altra assorbente ragione.
8.6. L’art. 38 della L.R. n. 36 del 1997 e s.m.i. prevede espressamente, con formulazione per così dire negativa, che «la deliberazione comunale di cui al comma 7 non è soggetta a una nuova fase di pubblicità-partecipazione, salvo che la proposta di accoglimento delle osservazioni, apportando modifiche di carattere sostanziale, comporti la riadozione delle previsioni di PUC oggetto di modifica tramite specifica pronuncia con gli adempimenti di cui al comma 4, lettere a), b) e c)».
8.6.1. Allo stesso modo nel caso di variante urbanistica, giusta il successivo art. 44, «le varianti sono adottate e approvate secondo le procedure rispettivamente stabilite agli articoli 38 o 39» della stessa legge urbanistica.
8.7. Evidente appare allora l’eccezionalità delle ipotesi (da limitarsi alla presenza di un vero e proprio “stravolgimento” delle caratteristiche del piano) in cui è consentito aggravare il procedimento mediante esperimento di una nuova fase pubblicitaria e partecipativa.
8.8. A riguardo, del resto, la consolidata giurisprudenza amministrativa (v., tra le molte, Cons. St., sez. II, 16 ottobre 2020, n. 6285), ha chiarito in via generale che, nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione del progetto di piano regolatore generale prevista dalle diverse e concordanti leggi regionali è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano quale adottato dal Comune non essendo, di regola, richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o modifiche introdotte in sede di approvazione regionale, a meno che tali modifiche stravolgano il piano determinando una nuova adozione.
8.9. Ciò vale, a fortiori, allorché la modifica allo strumento urbanistico tocchi, come nel caso di specie, una singola area perché, diversamente ragionando, ne conseguirebbe un “effetto paralizzante” per l’iter di approvazione (v., sul punto, Cons. St., sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1829: «se ciò non fosse, si perverrebbe al paradossale risultato di un appesantimento incongruo, se non ad un effetto paralizzante, del procedimento amministrativo, rendendo la partecipazione non più strumento di collaborazione e funzionale alla migliore valutazione degli interessi coinvolti, quanto elemento di defatigante gestione procedimentale»).
9. Sotto altro profilo, l’appellante principale sostiene che le prescrizioni regionali in parola si porrebbero in contrasto con le norme di attuazione del P.T.C.P. che include l’area nel regime normativo IS-MA per il quale sarebbe irrilevante un maggior volume riferito alle singole costruzioni.
9.1. A ben vedere la prescrizione in parola prevista dalla Regione nella Relazione n. 97/2019, non fa riferimento, come sostiene Iris s.r.l., al numero dei piani delle singole costruzioni, bensì fa una valutazione complessiva e coerente con l'art. 49 delle norme di attuazione del P.T.C.P.
9.2. È comunque pacifico che tale previsione rientra nell’esercizio discrezionale dell’attività della pubblica amministrazione e sia pertanto sottratta al sindacato giurisdizionale se essa non sia afflitta da macroscopici errori o vizi logici, ipotesi, questa, che non ricorre certo nel caso di specie.
9.3. In ultimo l’appellante principale lamenta l’assenza di motivazione dello strumento attuativo in variante al PRG, nonché la totale assenza di qualsiasi intesa e/o accordo con l’Agenzia del Demanio.
9.4. Anche tale rilievo, sul quale il Tribunale comunque si è pronunciato, è privo di fondamento.
9.5. L’intero iter procedimentale e, in particolare, la delibera del Consiglio Comunale n. 68 del 30 novembre 2015 (“Strumento urbanistico attuativo di iniziativa pubblica degli arenili e della fascia costiera – Adozione ai sensi dell’art. 80 della L.R. 11/2015 e conseguente avvio delle procedure di VAS ai sensi dell’art. 9 della L.R. 32/2012”), che riporta e descrive puntualmente tutti gli interventi che si intendono realizzare, risultano congruamente motivati e istruiti.
9.6. La ratio del Piano è la riqualificazione del litorale al fine di renderlo un ambiente più sicuro e vivibile per l’intera collettività e ogni singola previsione è stata preceduta da un’approfondita istruttoria e, a tal proposito, tra gli interventi, a titolo esemplificativo, vi è quello di messa in sicurezza dell’area rispetto al rischio meteomarino sulla base della “recente indagine geologica della zona”.
9.7. È prevista la bonifica dell’area per ovviare all’attuale stato di degrado, con il conseguente beneficio pubblico sotto distinti profili, tra i quali i servizi offerti alla collettività, la tutela paesaggistico-ambientale, il ripristino della legalità violata, «con preventiva demolizione di tutti i volumi abusivi e/o incongrui attualmente insistenti sulla zona di interesse e ricostruzione di nuove opere rispettose dei requisiti di legge (si veda a riguardo la citata "schedatura degli insediamenti esistenti", tavole B, allegate allo SUA)».
9.8. Sempre per garantire maggiore sicurezza alla collettività, ma anche da un punto di vista del decoro e della valorizzazione del territorio, è necessario ripristinare una passeggiata costiera priva di interruzioni e conflitti con la circolazione veicolare, così da garantire un accesso pedonale alle spiagge, sia quelle libere, sia quelle degli stabilimenti. Accesso -ad ora- non agevole perché intralciato dalla sosta casuale, disordinata e, di conseguenza, pericolosa dei veicoli.
9.9. Infine, non è dato comprendere su che base l’amministrazione comunale avrebbe dovuto stipulare un non meglio precisato accordo con l’Agenzia del Demanio, considerando che le strutture balneari che si prevede di rimuovere dal litorale (per essere arretrate di pochi metri su area privata) sono in massima parte (così come “censite” nella citata “schedatura degli insediamenti esistenti”) di facile rimozione / stagionali (nella migliore delle ipotesi) oppure abusive / irregolari e non si rinviene, dunque, alcun “depauperamento” dell’area demaniale.
10. Ne consegue che:
a) l’Agenzia del Demanio non aveva e non ha alcun “controinteresse” rispetto al Piano in esame;
b) il Comune non aveva alcun obbligo di coinvolgere l’Agenzia del Demanio nell’iter approvativo, sotto il profilo urbanistico, del P.P. di iniziativa pubblica di cui è causa.
11. Per completezza, e a conclusione della disamina qui svolta, si deve peraltro ricordare che questa stessa Sezione del Consiglio di Stato ha già esaminato, e respinto, molte delle questioni sollevate con il motivo in esame nella sentenza n. 7630 del 7 agosto 2023 con riferimento al SUA del Comune di Sarzana e avverso l’identica procedura seguita da detto ente comunale.
11.1 Ebbene, nel richiamarsi a tale precedente anche ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., questo Consiglio di Stato deve ancora una volta osservare che il recepimento, da parte del Comune, delle osservazioni formulate dalla Regione non richiede(va) una nuova fase di pubblicità/partecipazione, tenuto che con la delibera G.G. n. 1209 del 2019 la Regione ha dettato indicazioni prescrittive per gli aspetti paesistico-ambientali, che hanno carattere vincolate, e che l’art. 4 della L.R. n. 24 del 1984 non impone una nuova pubblicazione del SUA adeguato alle prescrizioni regionali e, quindi, una nuova fase partecipativa.
11.2. In sostanza, come già ha rilevato la sentenza n. 7630 del 2023, l’attività della Regione risulta orientata, nel suo concreto esercizio, a garantire la coerenza delle previsioni dello SUA in itinere con le prescrizioni inderogabili del PTCP, al fine di evitare che la carenza di una idonea disciplina di dettaglio, di tipo urbanistico e paesistico, possa pregiudicare le esigenze di conservazione dei tratti paesaggistici delle aree interessate e, trattandosi di osservazioni finalizzate a salvaguardare le prescrizioni dettate per determinate aree del sovraordinato Piano paesistico, le stesse esulano dal potere di valutazione discrezionale afferente alla disciplina di carattere urbanistico, da parte del Comune, che quindi è tenuto a recepirle, senza possibilità di modifica.
11.3. Per quanto attiene al caso di specie, va qui evidenziato, la Regione ha inteso condizionare il vincolante pronunciamento di valutazione ambientale strategica, di cui all’articolo 10 della L.R. n. 32 del 2012, all’obbligo di adeguamento dello SUA in questione a determinate prescrizioni, tra le quali, per quanto rileva in questa sede, quella relativa alla necessità di rendere compatibili le previsioni insediative dello strumento attuativo con il regime IS–MA (Insediamenti Sparsi–Regime normativo di mantenimento) del P.T.C.P. di cui all’art. 49 delle relative norme di attuazione.
11.4. Nello specifico – lungi dall’aver valutato le incompatibilità “con riferimento ai singoli edifici” di interesse di Iris s.r.l., doglianza sulla quale, sostiene l’appellante, il primo giudice non si sarebbe espresso – sono state valutate in contrasto con tale regime di P.T.C.P. (che pure ammette la possibilità di un incremento della consistenza insediativa o della dotazione di attrezzatture ed impianti) le previsioni non in linea con le forme insediative esistenti (di cui è imposta l’osservanza) e comportanti il superamento dei limiti dell’insediamento sparso.
11.5. Più precisamente, la previsione dello SUA adottata dal Comune, in variante al P.R.G., relativa al nuovo assetto degli stabilimenti balneari contemplava un considerevole aumento dell’altezza massima dell’edificazione ammessa dallo strumento urbanistico e, per tale ragione, è stata valutata dalla Regione non compatibile con l’obiettivo di mantenimento dell’assetto sparso degli insediamenti previsto dalla sopraindicata norma del P.T.C.P.: la prevista dislocazione ed organizzazione distributiva tra la parte da edificare e quella da utilizzare per gli spazi funzionali agli stabilimenti avrebbe, infatti, comportato una sequenza di manufatti continua sul tratto di litorale interessato ed una più accentuata visibilità delle costruzioni rispetto al profilo del litorale.
11.6. Contrariamente a quanto sostenuto da Iris s.r.l., dunque, in quanto scaturita dall’esito della – discrezionale e, comunque, adeguatamente motivata - valutazione di non conformità della proposta di variante al P.R.G. rispetto alle disposizioni vincolanti di un Piano sovraordinato quale è il P.T.C.P. e, perciò, in quanto vincolante ed obbligatoria per il Comune, l’apposizione della prescrizione regionale in questione non comportava per l’ente locale alcun obbligo di riadozione dello SUA oggetto del contenzioso né la procedura di conseguenza seguita poteva ritenersi aver «illegittimamente compromesso l’apporto collaborativo dei soggetti interessati».
11.7. Di qui, a maggior ragione e conclusivamente, la reiezione della censura in esame.
12. Con il quarto motivo di censura (pp. 20-21 del ricorso), ancora, l’odierna appellante principale deduce che, con il quarto motivo proposto in prime cure, essa aveva lamentato la illegittimità degli atti approvativi dello SUA per la mancata definizione e/o motivazione delle osservazioni da essa presentate nell’ambito del procedimento con cui, in particolare, aveva segnalato:
a) le evidenti aporie del P.P., specie con riguardo alla natura non amovibile delle opere esistenti sul demanio marittimo e dell’inopportunità di una loro demolizione e ricostruzione;
b) l’inopportunità dei meccanismi attuativi, che non consentono autonomia di attuazione ai singoli soggetti attuatori ed in particolare a Iris s.r.l.;
c) la proposta di intervento, fondata anche sull’acquisizione delle aree private retrostanti per l’idonea e rigida sistemazione delle strutture dello stesso stabilimento balneare.
12.1. Le censure svolte, deduce Iris s.r.l., si appunta(va)no sulla illegittimità del mancato accoglimento e sul mancato scrutinio di dette osservazioni concernenti rispettivamente:
a) la certa fondatezza del segnalato errore di fatto sulla natura non amovibile delle costruzioni esistenti sul demanio marittimo;
b) la equivocità della formulazione delle norme di attuazione del P.P. sulle modalità e sugli strumenti di attuazione, laddove da un lato si rinviene l’autonomia degli interventi e dall’altro si chiede in ogni caso che essi vengano previsti ed attuati unitariamente tra i soggetti interessati alle aree ricomprese nel comparto;
c) l’assenza di qualsiasi motivazione sul rigetto della proposta puntuale di risistemazione dello stabilimento balneare in oggetto.
12.2. Il Tribunale ha disatteso anche detta censura, da un lato, sottolineando che gli immobili realizzati sul demanio, ancorché non facilmente amovibili, in forza di concessioni demaniali, ben potrebbero essere demoliti e, dall’altro, che le osservazioni presentate costituirebbero meri apporti collaborativi non significativi.
12.3. Anche sul punto la sentenza impugnata tuttavia non sarebbe condivisibile perché:
a) il primo profilo era teso a ricordare come la volontà delle amministrazioni fosse viziata in punto di fatto, essendosi fondata sul presupposto della inesistenza di manufatti non facilmente amovibili, e non anche sulla loro possibilità di essere demoliti, profilo rilevante in considerazione dell’interesse dell’Agenzia del Demanio proprietaria di tali beni;
b) il secondo in quanto, pur essendo le osservazioni apporti collaborativi, non pare ammissibile che esse non vengano in assoluto considerate e che comunque vengano definite senza alcuna motivazione, ancorché sintetica.
12.4. Anche questo motivo è destituito di fondamento.
12.5. Il quarto motivo d’appello ripropone la quarta censura, anch'essa rigettata dal Tribunale, con la quale, come si è visto, Iris s.r.l. aveva lamentato l’asserita carenza di motivazione e istruttoria che affliggerebbe la controdeduzione di rigetto delle osservazioni da essa formulate.
12.6. In via preliminare si deve osservare che l’appellante incidentale non individua in maniera puntuale e precisa le osservazioni a cui si riferisce.
12.7. Risulta che Bagni Neda abbia presentato, in data 14 gennaio 2016, osservazioni alla D.C.C. n. 68/2015 con la quale veniva adottato il c.d. “Piano degli Arenili e della Fascia Costiera” e, in risposta, il Comune, con delibera n. 13/2016 avente ad oggetto “Strumento urbanistico attuativo di iniziativa pubblica degli arenili e della fascia costiera – controdeduzioni alle osservazioni” ha rigettato le osservazioni in parola.
12.8. Tuttavia, la suddetta delibera, già lesiva degli interessi della odierna appellante principale, non è mai stata impugnata.
12.9. Ne consegue la tardività della censura e, quindi, la sua irricevibilità.
13. Ad ogni modo, quand’anche si volesse astrarre dal dirimente rilievo di tardività, nel merito va osservato che l’istruttoria sulle osservazioni formulate dai soggetti interessati e la relativa motivazione soddisfano l’onere motivazionale richiesto, come del resto afferma la costante giurisprudenza amministrativa in subiecta materia.
13.1. È infatti noto che le osservazioni dei privati, in materia di pianificazione urbanistica, non costituiscono rimedi giuridici a tutela dei privati, che si assumo lesi dalle relative previsioni, bensì un apporto collaborativo alla formazione dello strumento urbanistico, in funzione di interessi generali e non individuali.
13.2. Non danno pertanto luogo a peculiari e rafforzate aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni poste a base della formazione dello strumento urbanistico (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094), stante l’assenza in capo all’amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree, senza alcuna giuridica necessità di una analitica confutazione di ciascuna delle osservazione (Cons. St.,, sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2415).
13.3. Meritevole di conferma, anche in questo caso, è dunque la sentenza appellata laddove, con specifico riferimento al mezzo qui in esame, ha rilevato che le osservazioni presentate da Iris s.r.l. sono state correttamente disattese e che, ad ogni modo, «è opportuno richiamare la nota giurisprudenza che ritiene che le osservazioni non hanno un rilievo apparentabile ad un motivo di impugnazione giudiziale, ma si limitano ad offrire un apporto collaborativo all’amministrazione procedente».
13.4. Con più specifico riferimento all’asserita “errata istruttoria” lamentata dall’appellante principale, che si ravviserebbe nella considerazione delle strutture insistenti su area demaniale, il Tribunale ne ha specificamente accertato l’infondatezza poiché ha ritenuto che, al contrario, vi è stata ampia e approfondita istruttoria da parte del comitato tecnico regionale V.A.S. che ha visto, peraltro, «l’audizione di numerosi soggetti e associazioni interessati alla località, l’acquisizione di dati tecnici e la valutazione dello stato di attuazione degli strumenti vigenti, soprattutto per quel attiene alle misure di tutela dell’ambiente».
13.5. In particolare, ha rilevato condivisibilmente il primo giudice, «sono state studiate e positivamente valutate le misure volte a ridurre l’accesso di molte vetture nei pressi del litorale durante i mesi della balneazione, liberando così ampi spazi sin qui destinati al parcheggio; è stata prevista anche la modificazione della zona costiera esaminata, riconducendola al profilo caratterizzato dalle dune attraversate da una via pedonale di accesso costruita con materiali riciclabili, ed è stato imposto l’arretramento delle strutture ricettive di natura commerciale dalle aree demaniali a quelle private immediatamente posteriori».
13.6. Si tratta di motivazioni corrette e del tutto condivisibili, rispetto alle quali le censure dell’appellante non riescono ad offrire seri elementi di ripensamento e di rivalutazione da parte di questo Collegio.
13.7. Di qui l’infondatezza, in fatto e in diritto, della dedotta erroneità/difetto di motivazione della sentenza di primo grado.
13.8. Anche questo motivo, dunque e complessivamente, va respinto.
14. Con il quinto motivo di censura (pp. 21-23 del ricorso), ancora, l’odierna appellante principale deduce che essa aveva inoltre nel quinto motivo, sotto la rubrica violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 7, 8, 9 e 13 della L.R. n. 24 del 1987 nonché dei principî generali in materia di pianificazione urbanistica, eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento, difetto di istruttoria e/o di motivazione e manifesta illogicità, dedotto la illegittimità degli atti sotto i seguenti profili:
a) la previsione di demolizione dei volumi preesistenti sull’area demaniale è viziata in radice dall’errore di fatto sulla loro natura e sulla loro agevole rimovibilità, dimostrata con certezza in linea fattuale;
b) la riduzione dell’insediabilità, giustificata per il rispetto delle regole ISMA di PTCP, appare fondata su falsità del presupposto ed evidente travisamento, in quanto le regole che caratterizzano la qualificazione del regime insediativo ISMA sono caratterizzate da una connotazione relazionale sulla distribuzione localizzativa, ma non anche sull’apporto volumetrico dei singoli edifici, con conseguente effetto della irrealizzabilità dei volumi di servizio indispensabili per la sopravvivenza dello stabilimento balneare, anche in considerazione delle speculari riduzioni apportate nel P.P. con termine del Comune di Sarzana.
c) la previsione di dimensionamento dei parcheggi pertinenziali e di loro localizzazione e/o la contestuale previsione di localizzazione appaiono da un lato manifestamente illogiche, perplesse e/o contraddittorie;
d) la mancata previsione della ricostruzione di strutture funzionali agli esercizi, quali i dehors, appare del tutto illogica, immotivata ed ingiustificatamente pregiudizievole;
e) i profili di illegittimità di quelli sub c) inquinano la previsione relativa all’estensione e localizzazione dei percorsi pedonali sull’area di pertinenza dei Bagni Neda rispetto a quella destinata alla ricollocazione dei volumi preesistenti nonché la doverosa regolazione della permeabilità dei titoli.
14.1. La risposta del Tribunale, deduce l’appellante principale, prenderebbe in considerazione soltanto il primo profilo, con riguardo alla irrilevanza della esistenza di immobili non facilmente amovibili, senza darsi carico degli altri profili di censura.
14.2. Anche detta statuizione è innanzitutto errata per infrapetizione, con la conseguenza che dovrebbero, però, riproporsi gli ulteriori profili di censura dedotti e non scrutinati.
14.3. Con riguardo alla motivazione per rinvio sul profilo dedotto sub a), l’appellante principale ha richiamato le argomentazioni già svolte a fondamento del motivo di gravame pertinente al rigetto del quarto motivo, di identico contenuto.
14.4. Anche questo motivo è infondato.
14.5. Si tratta della reiterazione, sotto altro profilo, della censura circa la natura delle strutture/manufatti esistenti, che secondo Iris s.r.l. sarebbero inamovibili.
14.6. Le strutture di cui il Comune ha chiesto la rimozione dovevano essere agevolmente amovibili, come prova il fatto che già la D.G.C. n. 49 del 10 aprile 2019, tardivamente contestata con il ricorso introduttivo, notificato il 19 novembre 2019, ha disposto che, nelle more dell’attuazione dello SUA, era consentito agli operatori balneari di svolgere l’attività esclusivamente mediante la messa in opera di strutture stagionali amovibili (da rimuovere alla fine della stagione balneare).
14.7. Ancora prima, gli stessi titoli abilitativi che l’appellante principale richiama a fondamento della legittimazione delle strutture presenti sul litorale confermano la stagionalità delle opere.
14.8. Infatti, a titolo esemplificativo:
a) l’autorizzazione n. 47/2021 (doc. n. 20) ha ad oggetto «l’esecuzione dei lavori di Installazione di strutture removibili a protezione delle auto, messa in opera di tre strutture prefabbricate e semplicemente appoggiate al suolo, destinate a magazzino, infermeria e vendita gelati, modifiche agli accessi carrai e nuove recinzioni»;
b) l’autorizzazione n. 23/2018 (doc. n. 21) riguarda «l’esecuzione dei lavori di “Modifica opere temporanee ed installazione di recinzione»;
c) l’autorizzazione n. 30/2017 (doc. n. 22) si riferisce di nuovo all’«esecuzione dei lavori di “Stabilimento balneare Neda -Modifica opere temporanee-sistemazione area esterna»;
d) l’autorizzazione n. 20/2010 (doc. n. 23) ha ad oggetto «l’esecuzione dei lavori di "Autorizzazione Paesaggistica per strutture temporanee Bagno Neda».
14.9. È la stessa appellante incidentale a riconoscere che l’autorizzazione rilasciata con atto del 29 gennaio 2019 n. 1430, concernente l’estensione della concessione demaniale di cui è titolare la ricorrente, consente «il perfezionamento di una piattaforma in legno ad uso stagionale sul pennello di fronte al confine di levante».
14.10. Emerge dunque che, trattandosi appunto di opere stagionali, la società avrebbe dovuto rimuoverle al termine della stagione secondo quanto dispone l’art. 33 della L.R. n. 32 del 2014, che rinvia al PUD regionale approvato nel 2002 ed alle Linee Guida per l’apertura degli stabilimenti balneari approvate con deliberazione G.R. 15 febbraio 2013 n. 156.
14.11. Coerente con detto quadro oggettivo è dunque la statuizione della sentenza impugnata la quale, nel rigettare il motivo qui in esame, ha osservato che il quinto motivo ribadisce la natura erronea dell’apprezzamento fatto dal comune che ha ritenuto amovibili quelle strutture che, da tempo, la parte ha eretto sul suolo demaniale, e che avrebbero un’indubbia natura di immobile, ma che «tale assunto contrasta tuttavia con i titoli rilasciati dal comune che non risulta aver mai ammesso che la ricorrente installasse costruzioni inamovibili, e quindi con carattere indefinitamente duraturo, nel sito in cui opera».
14.12. Di qui la palese infondatezza anche di questa censura proposta dall’appellante principale, smentita addirittura dai documenti da essa stessa versati in atti e/o richiamati.
15. Ancora, con il sesto motivo di censura (pp. 21-23 del ricorso), l’appellante principale rappresenta di aver dedotto con riguardo agli atti comunali di approvazione del PUD la censura di illegittimità derivata per la illegittimità dello SUA nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della L.R. n. 13 del 1999, che prevedeva per l’area costiera e per il relativo PUD un sostanziale mantenimento della situazione degli arenili e non una loro radicale modificazione, quale quella disposta.
15.1. Anche con riguardo a detto motivo il Tribunale sarebbe caduto nel vizio di infrapetizione, non avendo scrutinato e deciso il secondo profilo dedotto e, cioè, quello di violazione dell’art. 11 della L.R. n. 13 del 1999, che pertanto si ripropone.
15.2. Con riguardo al primo profilo – di illegittimità derivata – il Tribunale lo ha respinto consequenzialmente al rigetto di tutte le censure precedenti riproposte, con la conseguente erroneità nel caso dell’accoglimento dei motivi di appello sopra rubricati.
15.3. Anche questo motivo è infondato.
15.4. Movendo dall’assunto per cui è pacifico e fisiologico che il PUD si adegui alle linee programmatiche dello strumento attuativo, invero, l’infondatezza della tesi sostenuta dall’appellante principale in relazione ai vizi precedenti conduce anche all’infondatezza del vizio avversario relativo al PUD.
15.5. Quest’ultimo infatti rappresenta, come detto, una mera conseguenza del Piano adottato e approvato con gli atti impugnati.
15.6. Di qui per logica cogenza la correttezza della sentenza appellata, che ha rigettato il sesto motivo mediante richiamo alle ragioni di infondatezza delle censure precedenti.
16. Infine, con l’ultimo motivo di censura (pp. 23-24 del ricorso), l’odierna appellante principale deduce che, con i motivi aggiunti, essa aveva proposto un’ulteriore censura nei confronti del successivo provvedimento comunale del 28 aprile 2022.
16.1. Il Tribunale, per respingerlo, richiama quanto già scritto in risposta del primo motivo, facendo riferimento alle sentenze nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato.
16.2. Ma ancora una volta detta risposta apparirebbe, secondo Iris s.r.l., insoddisfacente alla luce delle censure dedotte nell’atto ricorsuale che già si davano conto di detti assunti, segnalandone la non risolubilità, sia in considerazione della remissione della questione davanti alla Corte di Giustizia sul rinvio del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sia soprattutto per la non invocabilità di tale sopravveniente acquisizione giurisprudenziale con riferimento alla legittimità degli atti impugnati, che devono essere scrutinati sulla base della situazione di fatto e di diritto esistente alla data della loro formazione ed approvazione e quindi antecedente a detta sentenza.
16.3. Di tali principi il Tribunale non avrebbe tenuto conto, incorrendo nell’errore che Iris s.r.l. denuncia con il motivo in esame.
16.4. Anche questo motivo va disatteso.
16.5. Deve essere qui ribadita l’applicabilità della giurisprudenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato in argomento, dal che consegue l’infondatezza delle censure proposte con il secondo ricorso contenente i motivi aggiunti.
16.6. In ogni caso, anche se si volesse prescindere da tali fondamentali pronunce che hanno riallineato la legislazione italiana al diritto europeo, va qui ribadito – v., supra, § 4.4.1. – che la Corte di Giustizia UE, con la nota sentenza della III sezione, 20 aprile 2023 in C-348/22 (Comune di Ginosa), ha confermato sul punto il proprio precedente orientamento, definendo il procedimento incidentale dall’appellante principale richiamato, come sopra si è detto.
16.7. Ne discende, quindi, che non sussiste (più) alcuna necessità di attendere gli siti della remissione della questione davanti alla Corte di Giustizia UE sul rinvio disposto dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, rinvio sul quale la Corte ha statuito con la menzionata, fondamentale, pronuncia, alla quale ha dato seguito anche la giurisprudenza di questa Sezione (v, supra, ancora § 4.4.1.).
17. Ne segue che, per tutte le ragioni esposte, debba essere respinto in tutti i suoi sette motivi l’appello principale di Iris s.r.l.
18. La reiezione dell’appello principale, con la conferma nel merito delle statuizioni rese dal Tribunale, priva di interesse la proposizione dell’appello incidentale, da parte del Comune di Ameglia, atteso che la definitiva conferma dei provvedimenti comunali nel merito è maggiormente satisfattiva per l’ente che li ha emanati rispetto, in ipotesi, ad una mera declaratoria iuris, in rito, dell’inammissibilità del ricorso proposto in prime cure dall’odierna appellante principale, avendo lo stesso Comune ammesso che «prima della ricezione dell'appello di Iris S.r.l., l’esponente non aveva interesse ad appellare a propria volta i capi della sentenza con i quali sono state respinte le eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità dedotte nelle difese di prime cure» (p. 6 dell’appello incidentale).
19. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, l’appello principale deve essere respinto, in quanto infondato, mentre deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse quello incidentale proposto dal Comune di Ameglia, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
20. La reiterata e infondata proposizione, da parte dell’appellante principale, delle questioni già disattese dal primo giudice, con argomenti invero largamente riproduttivi di quelli già esaminati dal Tribunale, giustifica la condanna di Iris s.r.l. alla rifusione delle spese del presente grado del giudizio nei confronti della Regione Liguria e del Comune di Ameglia.
21.1. Le spese del grado, invece, possono essere interamente compensate tra l’appellante principale e le altre parti private.
21.2. Rimane definitivamente a carico dell’appellante principale e dell’appellante incidentale, per la rispettiva soccombenza, il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’uno e dell’altro.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello principale, proposto in Iris s.r.l., e sull’appello incidentale, proposto dal Comune di Ameglia, respinge il primo e dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il secondo e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna Iris s.r.l. a rifondere in favore della Regione Liguria e del Comune di Ameglia le spese del presente grado del giudizio, che liquida nell’importo di € 3.000,00 per ciascuna di dette parti, oltre gli accessori come per legge.
Compensa interamente tra le altre parti le spese del presente grado del giudizio.
Pone definitivamente a carico di Iris s.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello principale.
Pone definitivamente a carico del Comune di Ameglia il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello incidentale.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2023, con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere