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Sez. 3, Sentenza n. 43875 del 28/09/2004 Cc. (dep. 10/11/2004 ) Rv. 230306
Presidente: Postiglione A. Estensore: Fiale A. Relatore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Ambrosio. P.M. Consolo S. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib.Ries. Napoli, 5 Maggio 2004)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Zona sottoposta a vincolo paesaggistico - Modificazione dell'assetto del territorio - Autorizzazione - Necessità - Attività sottratte al regime autorizzatorio - Fattispecie.

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Massima (Fonte CED Cassazione)
Nella zone paesisticamente vincolate ogni modificazione, senza autorizzazione, dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere anche diverso da quello di tipo edilizio, integra il reato di cui all'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985 n. 431. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che le attività che si svolgono in ambienti acquatici, quali gli allevamenti ittici e gli impianti per la coltura di mitili e molluschi, non possano essere ricomprese tra gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale, la quale, in quanto non comporti un'alterazione permanente dello stato dei luoghi, è sottratta al regime dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 149 lett. b) del D.Lgs. n. 42 del 2004).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 28/09/2004
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N. 1102
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 21219/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;
avverso l'ordinanza 26.4.2004 del Tribunale per il riesame di Napoli;
pronunziata nei confronti di:
AMBROSIO Giuseppe, n. a S. Giorgio a Cremano il 7.4.1947;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. CONSOLO Santi che ha concluso per il rigetto del ricorso del P.M.;
Udito il difensore, Avv.to Giorgio FONTANA, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso del P.M.;
FATTO E DIRITTO
Il G.I.P. del Tribunale di Napoli, con decreto del 24.3.2004, disponeva il sequestro preventivo di un impeto di molluschicoltura, installato in territorio del Comune di Bacoli, nelle acque del lago Fusaro (ed esteso per mq. 293, con il posizionamento di n. 16 filari, ciascuno composto da n. 35 boe, di colore bianco e giallo, collegate a "corpi morti" poggiasti sui fondali), in relazione al reato di cui agli artt. 151 e 163 del D.Lgs. n. 490/1999, ipotizzato nei confronti di Ambrosio Giuseppe, quale legale rappresentante della s.r.l. "Ittica Lago Fusaro", indagato per avere realizzato detto impianto, in assenza del preventivo parere prescritto a tutela dei beni paesistici ed archeologici nonché alterando le bellezze naturali dei luoghi in area sottoposta a vincolo paesaggistica-ambientale. Con ordinanza del 26.4.2004 il Tribunale di Napoli - in accoglimento dell'istanza di riesame proposta nell'interesse dell'indagato - annullava il provvedimento di sequestro.
Il Tribunale - premesso che l'impianto era stato già sequestrato dalla P.G. in data 23.7.2003 e che il G.I.P., con provvedimento del 29.7.2003 non aveva convalidato il sequestro, "salve diverse conclusioni che potranno eventualmente essere prese all'esito di eventuali diversi esiti di accertamenti disposti dal P.M" - assumeva che:
a) alla realizzazione ed atta manutenzione di un impianto di molluschicoltura non si applicherebbe l'art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999, bensì il successivo art. 152 nella parte in cui prevede che "per gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro- silvo-pastorale, che non comportino alterazione permanente detto stato dei luoghi con costrizioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio... non è richiesta l'autorizzazione prescritta dall'art. 151" della stessa legge;
In tal senso doveva condividersi l'interpretazione data dalla Commissione edilizia integrata del Comune di Napoli, che, con verbale del 27,2.2003, aveva considerato applicabile (in una fettispecie analoga) l'art. 152 del D.lgs. n. 490/1999, "anche alla stregua è quanto previsto dall'art. 2135 cod. civ., come modificato dal D.Lgs. n. 228/2001";
b) la Soprintendenza per i beni ambientati ed architettoraoidi Napoli e Provincia:
- per un impianto di mitilicoltura nello specchio d'acqua antistante il Caste dell'Ovo, aveva escluso ogni propria competenza sul rilievo che "l'intervento non comportò alterazione del paesaggio, in quanto le strutture più ingombranti non emergono dal livello del mare, trattandosi - per un impianto di molluschicoltura nella zona "punta di Cavallo" a Nisida, anch'essa rientrante nel medesimo Piano territoriale dei Campi Flegrei aveva espresso parere favorevole (con provvedimento del 20.11.2000) sul presupposto che "le strutture più ingombranti non emergono dal livello del mare";
c) non poteva ritenersi configurabile l'ipotizzata violazione del vincolo archeologico, posto che:
- la Giunta Regionale della Campania, con deliberazione n. 8648 del 12.11.1997 istitutiva del Parco regionale dei Campi Flegrei), aveva specificato che "le lagune salmastre flegree, tra cui a lago Fusaro, sono zone umide di notevole importanza storica, paesaggistica, floro- faunistica e produttiva e che in esse andrebbero incentivate le attività produttive tradizionali incentrate sull'acquacoltura estensiva e sulla molluschicoltura";
- la s.r.l. "Ittica Lago Fusaro" aveva richiesto, in data 24.11.2003, il "parere di competenza" alla Soprintendenza ai beni archeologici di Napoli e Caserta e la stessa Soprintendenza aveva richiesto alla società l'effettuazione di una indagine archeostratografica sui fondali, a mezzo di ditta specializzata, il cui esito non era ancora noto.
Il Tribunale concludeva, pertanto, che non era emerso alcun elemento di novità, in punto di fatto, rispetto al precedente decreto del 29.7.2003, con il quale il medesimo GIP.
Aveva rigettato la precedente richiesta di convalida della misura di cautela reale, e che, allo stato, la misura medesima doveva considerarsi quanto meno "prematura", tenuto anche conto del mancato esaurimento delle indagini disposte in relazione alla tutela del vincolo archeologico.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso, per violazione di legge, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale ha eccepito che:
- gli elementi di novità, rispetto al provvedimento di diniego di convalida adottato dal G.I.P. in data 29.7.2003, erano costituiti dagli ulteriori accertamenti il cui esito era stato riferito dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Napoli e Casata (con nota del 21.10.2003) e dalla Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Napoli e Provincia (con nota del 3.11.2003);
- nella fattispecie in esame non può trovare applicazione l'art. 152 del D.Lgs. n. 490/1999, come evidenziato dalla Soprintendenza ai beni archeologici, con la citata nota del 21.10.2003;
- inconferente deve considerarsi il riferimento a decisioni assunte "per situazioni analoghe" ma non riguardanti la peculiare condizione del lago Fusaro;
- la contravvenzione di cui agli artt. 153 e 163 del D.Lgs. n. 490/1999 è reato di pericolo presumo, per cui devono considerarsi irrilevanti le argomentazioni del Tribunale relative alla concreta offensività della condotta in esame, non essendo l'intervento in esame "di entità talmente minima da non potere dar luogo, neppure in astratto, al pericolo di un pregiudizio ai beni protetti". Il ricorso del P.M. è fondato e merita accoglimento.
1. In punto di ratto deve rilevarsi che:
- l'intero territorio del Comune di Bacoli è assoggettato a vincolo paesaggistico con D.M. 15.12.1959;
- lo specchio lacustre del lago Fusaro (identificato dai Greci come la palude di Acheronte e già costituente parte integrante della "Chora" di Cuma), sito nel territorio di quel Comune, è archeologicamente vincolato ai sensi dell'art. 4 della legge n. 1089/1939, trattandosi di "un rilevante complesso archeologico e di un paesaggio di intrinseco valore storico", ed il vincolo risulta notificato con nota n. 9870 del 3.4.1987;
- l'area del lago e quella ad essa circostante ricadono in zona di protezione integrale del Piano territoriale paesistico dei Campi Flegrei (D.M. 6.11.1995) e sono ricomprese nella delimitazione del Parco regionale dei Campi Flegrei, istituito il 12.11.1997. 2. Deve ribadirsi, quindi, l'orientamento costante di questa Corte Suprema (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^:
27.11.1997, Zauli ed altri; 7.5.1998, Vassallo; 13.1.2000, Mazzocco ed altro; 5.10.2000, Lorenzi; 29.11.2001, Zecca ed altro; 15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, Migliore; 4.10.2002, Debertol;
7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori; 7.10.2003, Fierro;
3.6.2004, Coletta secondo il quale il reato di cui all'art. 1 sexies della legge n. 431/1985 (previsto poi dall'art. 163 del D.lgs. n. 490/1999 ed attualmente dall'art. 181 del D.Lgs. 22.1.2004; n. 42) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici vedi pure, in proposito, Corte Cost., sent. n. 247 del 1997 ed ord. n. 68 del 1988).
Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla legge a 431/1985 e sono state poi disciplinate dall'art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999 e dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, attualmente vigente - ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere, non soltanto edilizi, con le deroghe eventualmente individuate dal piano paesaggistico, ex art. 143, 5 comma - lett. b, del D.Lgs. n. 42/2004, e con le sole eccezioni per gli interventi previsti dal successivo art. 149 e già dall'art. 152 del D.Lgs. a 490/1999.
Il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa P.A., in una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta inosservante rispetto al bene finale, sia posta di fronte al fatto compiuto.
La fattispecie incriminatrice è rivolta a tutelare, dunque, sia l'ambiente sia, strumentalmente e mediatamente, l'interesse a che la P.A. preposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta funzione: la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene anticipata mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti è apprestata tutela penale. La Corte Costituzionale, in proposito, ha precisato (sentenza a 247 del 1997) che anche per i reati ascritti alla categoria di quelli formati e di pericolo presunto od astratto è sempre devoluto al sindacato del giudice penale l'accertamento in concreto dell'offensività specifica della singola condotta, dal momento che, ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato, viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta e si verte in tema di reato impossibile, ex art. 49 cod. pen. (sentenza n. 360 del 1995). Nella giurisprudenza di questa Corte Suprema, l'offensività del fatto illecito, in materia di tutela penale dell'ambiente, è stata diffusamente analizzata - nelle prospettazioni dottrinarie e giurisprudenziali e pure con riferimento ai connotati concettuali controversi - da Cass., Sez. 3^: 7.3.2000, n. 2733, Gajo e 10.12.2001, Zucchini, alle cui specificazioni si rinvia.
3. L'art. 149 del D.Lgs. n. 42/2004 (in cui è stato trasfuso l'art. 152 del D.Lgs. n. 490/1999) sottrae al regime dell'autorizzazione paesaggistica, in via di eccezione:
a) gli interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, e quelli di consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;
b) gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo- pastorale, che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;
c) il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purché previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia.
L'eccezione di cui alla lettera b), in particolare, non riguarda l'attività posta in essere, in genere, dall'imprenditore agricolo, bensì - alle condizioni ivi descritte - esclusivamente "le attività agro-silvo-pastorali", cioè quelle dirette alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura ed alla pastorizia, da intendersi quest'ultima quale attività di allevamento delle specie animali legate al fondo per essere adibite alla sua lavorazione o essere alimentate con i prodotti della terra (bestiame da carne, da lavoro, da latte e da lana, tradizionalmente allevato sul fondo ed A cui allevamento costituisce una forma di sfruttamento del fondo medesimo).
Tali attività appaiono più limitate già rispetto al novero delle attività agricole principali previste dall'art. 2135, 1 comma, cod. civ., come formulato dal D.Lgs. 18.5.2001, n. 228 (ove il riferimento allo "allevamento di animati" introduce nozione ben più ampia della "attività pastorale") ed il novellato 2 comma di tale articolo, inoltre, con previsione estensiva, specifica che "per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine".
Il D.Lgs. 18.5.2001, n. 226 (Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'art. 7 della legge 5.3.2001, n. 57) equipara poi all'imprenditore agricolo l'imprenditore ittico, definito come colui il quale "esercita un'attività diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri e dolci, nonché le attività a queste connesse, ivi compresa l'attuazione degli interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva e all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici".
Da tali disposizioni normative - però - non può farsi derivare (per il divieto posto dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale) una estensione analogica del regime di eccezione alla necessità dell'autorizzazione paesaggistica per gli interventi previsti dalla lettera b) dell'art. 149 del D.Lgs. n. 42/2004 (e già dall'art. 152 del D.Lgs. n. 490/1999) e detta autorizzazione, in particolare, non può considerarsi eccettuata per le attività che si svolgono in ambienti acquatici, quali gli allevamenti ittici e gli impianti per la coltura di mitili e molluschi.
La normativa civilistica rivolta all'individuazione dell'imprenditore agricolo rispetto all'imprenditore commerciale persegue, infetti, finalità assolutamente diverse da quelle riguardanti la tutela del paesaggio e dei valori storici ed archeologici di esso. Netta fattispecie in esame, pertanto, erroneamente il Tribunale ha ritenuto applicabile l'art. 152 del D.Lgs. n. 490/1999 (incongruamente disattendendo quanto evidenziato dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Napoli e Caserta, con nota del 21.10.2003). Evidente è l'irrilevanza assoluta di ogni e qualsiasi diversa determinazione amministrativa assunta con riferimento ad altre località e situazioni.
4. Alla stregua dei principi di diritto dianzi specificati si impone l'annullamento dell'impugnata ordinanza, con rinvio - per nuova delibazione - al Tribunale di Napoli, il quale, nella vantazione dei presupposti per l'applicazione del sequestro preventivo, dovrà attenersi ai principi medesimi nonché tenere conto della normativa posta dal Piane territoriale paesistico dei Campi Flegrei e delle disposizioni riguardanti il Parco regionale dei Campi Flegrei. A quest'ultimo proposito va rilevato che - pure avendo la Giunta Regionale detta Campania, con la deliberazione (n. 8648 del 12.11.1997) istitutiva del Parco regionale dei Campi Flegrei, specificato che "nelle lagune salmastre flegree, tra cui il lago Fusaro... andrebbero incentivate le attività produttive tradizionali incentrate sull'acquacoltura estensiva e sulla molluschicoltura" - tale prospettiva di impulso non comporta che le attività produttive medesime debbano considerarsi sottratte ad ogni preventiva valutazione degli organi di tutela.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
visti gli artt. 127, 325 e 623 c.p.p., annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2004